Dopo la morte e la resurrezione del Maestro, il mondo gnostico, in particolare quello gravitante intorno ad Alessandria d’Egitto, erede dei grandi misteri egizi del Mediterraneo, era in pieno fermento. L’eco dell’Uomo che aveva vinto la morte non fece altro che confermare la grandezza degli insegnamenti della Tradizione Primordiale sul Corpo di Luce, scienza santa che i sacerdoti israeliti di Melkitzedeq (poi esseni), già dai tempi di Mosè, ereditarono dai sacerdoti di Horus-Mezdau del tempio di Heliopolis. Questi erano i custodi del segreto dell’energia-Djed di Osiride, la liberazione delle energie divine nell’uomo attraverso l’emissione di un fascio di energia elettro-magnetica che fluisce a doppia spirale lungo l’asse dorsale dell’uomo. La corona di spine indossata dal Maestro è una potente allusione all’occulto potere elettromagnetico latente nella spina dorsale umana, potere che, noto come risveglio del doppio serpente kundalini nella tradizione esoterica induista e simboleggiano dal caduceo mercuriale in quella ermetica, è capace di riattivare i sette cakra (vortici eterici) o le 10 sephiroth (potenze di luce) dell’Albero della Vita interiore. A queste luci animiche accenna perfino il Corano, custode della sapienza esoterica sufica, in una delle più belle e misteriose pagine della spiritualità di ogni tempo: “Dio è luce dei cieli e della terra e la sua luce ricorda una nicchia, in cui è una lampada, e la lampada è in un cristallo, e il cristallo è come una stella lucente. […] Ed è luce su luce” (Corano 24:35).
Quest’ultima espressione rimanda alle luci sephirotiche (i “cieli” del Padre Nostro) che corrisponderebbero nella moderna fisica quantistica ai 10 strati quantico-dimensionali del livello sub-atomico compenetrati l’uno nell’altro, una vera e propria Scala di Giacobbe che l’iniziato Gesù percorse in sé stesso al fine di distruggere la morte e far trionfare la Vita Eterna, ritornando a essere ciò che era sempre stato: un Dio o meglio un Ben ah Elohim (in ebraico, “Figlio di Elohim-YHWH”).
E solo la scienza alchemica poteva consentire al Gesù di riuscire nell’impresa: opera la trasmutazione della materia in energia, dell’anima carnale in anima spirituale e luminosa. Il Cristo insegnò che se lo spirito si trasforma in materia è la meraviglia, ma il processo opposto, decisamente più arduo e lungo, è la “meraviglia delle meraviglie” (Vangelo di Tommaso 34). All’uomo Gesù accadde esattamente questo: trasformò la materia dell’anima in pura ed eterna luce e la prova è proprio nella scarica plasmica che ha impresso con qualità fotografica il telo sindonico. La riattivazione delle 10 potenze sephirotiche – perché di riattivazione si tratta – ridesta il Dio (il Padre) in noi dal suo lunghissimo letargo e la morte è sconfitta per sempre. Gesù divenne il Melkitzedeq, o meglio, lo manifestò al suo grado più alto, spostandosi su una dimensione (axis mundi) che doveva essere sua fin dalle origini, e alta a tal punto da consentirgli di schiacciare con i suoi piedi il serpente, ossia i poteri immondi che tiranneggiano invisibilmente e subdolamente su questo mondo di materia densa. Il destino superiore vuole che anche altri uomini di buona volontà dovranno pervenire a questa reintegrazione spirituale, secondo la dichiarazione solenne del Cristo: “E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Luca 24:49).
Il Cristo-Stella
La scuola ermetica ha da sempre insegnato che l’uomo, con la morte mistica, possa partorire sé stesso, non emettendo il suo spirito (soffio vitale), ma un secondo sé stesso che contenga lo spirito e gli fornisca un corpo simile o uguale all’umano, di materia invisibile, eterna e indistruttibile. La Luce di tale corpo non è di questo mondo, è una Luce aliena ed eterna, “generata da sé stessa” (Vangelo di Tommaso 55). I cabalisti la chiamavano “en sof aur” (“luce senza fine” o “luce eterna”), la quale si manifestò per brevi attimi nel corpo di Gesù allorché salì su di un monte: “Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti (eteriche, N.d.A.) divennero splendenti (Marco 9:2) sfolgoranti (Luca 9:29) il suo volto brillò come il Sole (Marco 9:2)”. Ma quel giorno, forse per la prima volta nella storia umana, un uomo acquisì il Corpo di Luce a titolo definitivo e lo fece con una potente emissione di plasma, di natura simile a quella delle stelle. Perché ciò? Semplicemente perché l’anima umana, come tramandato dalla Tradizione Primordiale, è segretamente una stella decaduta nella materia corporale, il cui corpo di luce deve essere reintegrato per vivere in regni più consoni alla sua vera natura. Gesù, come sopra citato, accenna a una promessa del Padre fatta agli uomini di buona volontà. È la promessa del ritorno in stato di stelle fatta a Gesù e a tutto l’Istrael spirituale (non la nazione di Israele, così è chiamato il popolo della luce.)attraverso la Nuova Alleanza espressa da YHWH in Giovanni 12:28: “Lo glorificai (come Adam primordiale, N.d.A.) e di nuovo lo glorificherò”, e che conferma l’antica promessa fatta ad Abramo di ritornare a essere stelle (esseri di luce): “Osserva le stelle […] tale sarà la tua discendenza” (Genesi 15:5). Ora, in senso mistico, la discendenza non è una generazione carnale ma spirituale, una generazione espletata dall’iniziato stesso, come insegnatoci dal grande Paolo con sufficiente chiarezza: “Non dice la scrittura: “E ai tuoi discendenti”, come se si trattasse di molti, ma: “E alla tua discendenza”, come a uno solo, cioè Cristo” (Galati 3:16). Quindi il Cristo-Stella è la vera generazione dell’iniziato ed è per questo che egli era chiamato “Figlio dell’Uomo”, essendo compito dell’uomo, col sacrificio d’amore al modo di Melkitzedeq, a rigenerarlo come una madre amorevole e a reinfondergli la vita con la propria morte mistica. Gesù partorì il Cristo ed è questa la santa verità cui si deve attenere chiunque voglia avere un minimo di rapporto con la propria divinità interiore. Gesù conosceva bene tutto questo e poneva spesso l’accento sul concetto di rinascita in vita, affinché potesse essere confermata la promessa del Padre di manifestare il Melkitzedeq/Stella (Kokhba, cioè “Stella”, era il messia per gli esseni): “Il Signore ha giurato e non si pente: tu sarai sacerdote eterno al mondo di Melkitzedeq” (Salmi 110:4). È la generazione, o meglio l’autogenerazione del Melkitzedeq (Lettera agli Ebrei 7:3), Principe di Luce, auto-generatosi come auto-generata è la Luce Eterna. Ciò getta luce su Numeri 24:17 che profetizza il futuro arrivo (o manifestazione) della stella in forma umana, destinata a porsi al di sopra del sominio dei famigerati Arconti Planetari: “Io lo vedo ma non ora […] una stella spunterà da Giacobbe […] egli dominerà i suoi nemici”. Come a volersi idealmeonte agganciare a questa profezia, il Cristo dice di essere la “radiante stella del mattino” (Apocalisse 22:16). Il tema della stella intrappolata nella forma umana è molto antico. Leonardo lo espresse attraverso l’uomo vitruviano, una rappresentazione pentalfica a gambe divaricate. Lo si ritrova nelle segretissime Tavole di Smeraldo di Toth che testualmente recitano: “L’Uomo è una stella incatenata a un corpo fino alla fine, fino a quando si libera attraverso la propria lotta. Colui che conosce il principio di tutte le cose, libera la sua stella dai regni della notte”.
La Sindone: un’effusione
Ancor oggi, molti studiosi del reperto sindonico ritengono che, se vi fu irradiazione, essa dovesse essere dall’esterno verso l’interno, ma la Pistis Sophia, il vero vangelo del Corpo di Luce e della Luce eterna, rivela il contrario: “In quel giorno, dunque, era uscita, dalla Luce (il Luz ebraico, N.d.A.) delle luci […] dall’interno verso l’esterno, una grande forza luminosa, molto splendente, la cui luce era al di là di ogni misura […]. Quella forza luminosa (Merkabah, N.d.A.) scese su Gesù e lo avvolse interamente” (1,2,2-4). La prova dell’effusione cristica, intesa come energia irradiante dall’interno, è in Atti 2:32: “Questo Gesù, Dio l’ha resuscitato e noi tutti siamo testimoni. Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che Egli aveva promesso, lo ha effuso”. Nel sistema esoterico del Corano il simbolismo dell’effusione divina si riferisce alle parole del profeta Maometto: “Dio creò il mondo nelle Tenebre, poi effuse su di esso la sua luce”. Di questo beneficiò proprio il microcosmo Gesù, effuso dal Cristo e pregno di tutte le sue potenze. L’effusione (alla lettera “versare all’esterno”) è sostanzialmente una potentissima irradiazione energetica proveniente dal chakra cardiaco (sacro cuore) che i cabalisti chiamavano “luce in estensione” o “energia radiante”. Il centro segreto di irradiazione di questa energia è quella indistruttibile particella di luce chiamata Luz o prodigio dell’osso sacro, risiedente, nell’uomo dormiente, all’interno dell’osso denominato “sacro” proprio per siffatto motivo, e necessaria per la reintegrazione dell’essere. Il Cristo in noi è proprio il Luz. L’iniziato deve assolutamente elevare il Luz all’altezza del centro eterico cardiaco affinché, liberato dalla stretta di Satana e delle influenze nefaste del plesso ventrale, e potenziato dalla pratica alchemica e dalla continenza volontaria, inizi a irradiare dall’interno verso l’esterno. La luce-plasma – ciò che è nota come quintessenza e oggi come “quanto” (essenza) – intrappolata nei gusci atomici (klipphoth, sigilli) li spacca e si libera. Si tratta di una folgorazione, un’energia globulare di natura elettromagnetica, che investe come un fulmine (detto “fulmine della creazione”) l’asse cerebro-spinale, distruggendo i sigilli, riattivando i sette centri energetici e lacerando il velo dell’illusione. Ovviamente, risulta difficile credere un uomo possa irradiare energia-plasma, essendo noto che il plasma si produce ad altissime temperature. Eppure il mistico Jacob Bohme disse che “lo Spirito di Dio entra come un lampo” (Tre Principi 11:45), facendo eco alla rivelazione di Gesù in Matteo 24:27: “Come il fulmine viene da oriente (il 7° chakra, la testa, N.d.A.) e brilla fino a occidente (il 1° chakra, il sesso, N.d.A.), così sarà la venuta del Figlio dell’Uomo”. Quel fulmine si sprigionò al termine dei simbolici tre giorni e impresse il telo sindonico. Dio lo volle per testimoniare al mondo la sua onnipotenza.
Mike Plato
tratto dalla Rivista “Fenix” N. 46, Agosto 2012 – Diretta da Adriano Forgione