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505. “Pensare”, “vedere”, “sentire” l’Esoterismo

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L’esoterismo delinea i principi comuni di tutte le “vie” che conducono verso la verità, la conoscenza, l’infinito, la realizzazione spirituale.
Noi proponiamo sempre quanto può offrire al lettore quella giusta altezza, quel “punto di vista” che permette di individuare i principi metafisici e cosmologici nascosti dietro il velo delle apparenze. Provochiamo risonanze trasformanti per l’animo umano.
Proponiamo, ovviamente, la “Via” sopra e oltre tutte le vie, la Tradizione Primordiale, il Sanatanadharma (Dharma perenne), senza avere nulla da obiettare rispetto alle scelte verso l’una o l’altra via, che il vasto panorama umano offre ai singoli enti protesi nella ricerca.
Abbracciamo, in linea con la nostra apertura, una visione che propone quella illuminante “Philosophia Perennis”, i cui “fili d’oro” sono rintracciabili sia in Occidente (Platone, Orfeo, Ermetismo, ecc.) sia in Oriente (Veda, Upanisad, Advaita Vendata, Tao, ecc.). Si tratta di un “punto di vista” spirituale, che rispetto alla ristretta visione umana profana, si colloca nel punto più in alto possibile, verticalmente, in una realtà che è essenzialmente “non umana”. Riteniamo molto utile, per questo lo adottiamo come punto di vista centrale, il linguaggio della tradizione Hindù perché, più di altri, è capace a far attraversare il giusto livello di comprensione, a ciascuno nella propria posizione coscienziale, della visione esoterica propria della Tradizione Primordiale. Tendiamo a fare riferimenti in grado di illuminare i passi del sincero Sadhaka mettendolo nella posizione di contemplare e percorrere una “metafisica realizzativa”, o quantomeno a seguire degli stimoli di natura evolutiva.
Con i nostri scritti speriamo almeno di favorire, in chi interessato alla conoscenza, una predisposizione al pensare esoterico, a quel saper intravedere analogie, corrispondenze e approcci ad una realtà sottile in grado di far pervenire ad una sintesi conoscitiva.
Di seguito, quindi, alcuni spunti per delle considerazioni esoteriche, griglie di riferimento per giungere al pensiero metafisico della Tradizione Primordiale.

Uno sguardo all’India e alla sua tradizione.

L’India guarda ad un ternario divino (Trimurti) manifestato, la “triplice Forma” del Brahman:


Questa Trimurti rappresenta tre aspetti di un’unica Divinità Suprema, Isvara che è anche la determinazione del Brahman, il Principio Supremo.
Significa che Brahman è incondizionato ma manifesta l’universo determinando un principio condizionato che è Isvara.
Brahman trae dalla propria natura profonda il “potere di illusione” (Maya) e determina Isvara.
Isvara è lo strumento della manifestazione dell’universo.
Le Stanze della Conoscenza suprema dicono che l’universo (Jagat) nasce, si sviluppa e infine si dissolve in Brahman.
Isvara manifesta il mondo restando non-manifestato. Isvara è l’Essere Universale non-manifestato ma i suoi tre aspetti-principi (funzioni cosmiche che agiscono) sono manifestati: Brahma, Visnu e Siva.
Tutta la Manifestazione e ogni essere manifestato sono soggetti a queste tre funzioni cosmiche.
Queste tre funzioni cosmiche hanno assunto mitologicamente e teologicamente le vesti di considerate Divinità.

Brahma, riflesso diretto di Brahman (Principio Supremo) nella Manifestazione, produce gli esseri manifestati. Brahma è tutto ciò che è potenziale ma che ancora deve diventare effettivo. È Brahma che dà origine sia ai mondi sia agli individui. Da Brahma viene il dettaglio di ogni cosa. Brahma è quindi causa della Manifestazione grossolana (sthula prapanca); è detto Virat (colui che esercita il potere, il sovrano).

Visnu è il principio conservatore: anima e conserva gli esseri. Egli è garante dell’equilibrio e della perfezione del cosmo: controlla la Legge Universale (il Dharma) che resta fissa e non modificata. È Visnu che quando si produce uno squilibrio (aumento dell’Adharma) nella Manifestazione interviene manifestandosi all’interno del mondo umano come discesa avatarica (da qui la Dottrina degli Avatara). Visnu è principio di manifestazione sottile (suksma prapanca); è definito Hiranyagarbha (l’Uovo Cosmico; è il piano formale sottile della manifestazione nell’ordine universale). Visnu è, quindi, il principio di non modificazione (mantenimento di tutte le caratteristiche della manifestazione). È identificato allo spazio. Visnu costringe all’ordine cosmico (rta).

Siva è il principio trasformatore che determina le modificazioni (comprese morte e rinascita). È identificato al tempo. Siva è principio di manifestazione causale (karana prapanca); è definito avyakrta (seminale). Siva, quindi, scombina ogni ordine fino all’esaurimento del mondo.

Queste tre funzioni cosmiche sono collegate ai tre guna, le tre tendenze o qualità che caratterizzano la manifestazione:

  • SattvaVisnu – luce intellegibile – conoscenza – tendenza ascendente

  • RajasBrahma – l’impulso all’espansione – movimento

  • Tamas Siva – oscurità – ignoranza – tendenza discendente


Nella indifferenziazione primordiale della Prakrti (Sostanza Universale) i tre guna sono in perfetto equilibrio. È con la rottura dell’equilibrio che hanno inizio i mondi e gli esseri manifestati, cioè tutta la Manifestazione. Sia i mondi sia gli esseri partecipano dei tre guna con proporzioni variabili.
Tutte e tre le qualità (guna) generano attaccamento al Ciclo di morti e rinascite (samsara) e solo il raggiungimento della totale trascendenza dalle qualità che compongono l’Universo permette di ottenere la Liberazione (Moksa o Mukti). Sattva costituisce la materia luminosa originaria, dalla cui degenerazione ha avuto origine Rajas, che a sua volta ha subìto un abbassamento vibrazionale dando origine a Tamas.

Gli Avatara (rappresentanti di Visnu) assumono nelle loro “discese”, nella Manifestazione, una forma umana conforme alle regole del Ciclo cosmico.
La forma assunta è prevalentemente costituita da Sattva, nell’età dell’oro (krta o satya); da Sattva mescolato a Rajas nell’età dell’argento (treta); prevalentemente costituita da Rajas nell’età del bronzo (dvapara); da Tamas nell’età del ferro (kali).
L’età dell’oro è quella della perfezione, della verità ed il suo colore è Bianco; l’età dell’argento è quella in cui la perfezione comincia a ridursi e la verità a velarsi ed il suo colore è Rosso; l’età del bronzo è quella in cui si evidenzia la fase discendente ed oscurante della Manifestazione ed il suo colore è Giallo; l’età del ferro, il Kaliyuga, è quella dell’oscurità intellettuale e spirituale ed il suo colore è Nero.
Le discese avatariche di Visnu (discesa del Principio Divino nel Mondo), avvenute in un intero ciclo di quattro Yuga (età, ere), sono dieci: Matsya, Kurma, Varaha, Narasimha (questi primi quattro Avatara nel Satyayuga-età dell’oro), Vamana, Parasurama, Rama (questi successivi tre nel Tretayuga-età dell’argento), Balarama, Krsna (questi ulteriori due nel Dvaparayuga-età del bronzo) e Kalkin Avatara (quest’ultimo nel Kaliyuga-età del ferro).

In un autentico “sentiero realizzativoSattva rappresenta il “punto più in alto” (la Vetta) prima di potere esperire il balzo verso l’Assoluto. Tutta la Sadhana deve essere improntata a seguire Sattva quale migliore riferimento sapendo che verrà il momento in cui il sentiero della montagna percorsa (i passi nella Manifestazione, nell’immanenza) dovrà essere abbandonato (per la Trascendenza, il ritorno-salto-reintegrazione alla “Sfera dell’Alto”).

Ognuna delle tre Divinità (Brahma, Visnu e Siva) ha una propria peculiare forza, la Sakti, sotto forma femminile:


Il devoto che si rivolge all’aspetto femminile della Divinità si chiama Sakta perché adora la Sakti.
I Sadhaka dediti a Visnu si chiamano vaisnava e quelli dediti a Siva, saiva. Tutti i Sadhaka fanno uso di simboli (pratika) quali supporti per la meditazione (Dhyana). Quando un Sadhaka sceglie un aspetto divino più consono alla propria natura questa diventa la sua “ista devata” (divinità di elezione).

Altri riferimenti simbolici per le tre funzioni-divinità:

  • Brahma – Terra – Cielo

  • Visnu – Acqua – Sole –

  • Siva – fuoco – Luna


Visnu
viene considerato la Forma Suprema (param rupa) del Brahman. Un’immagine di Visnu molto considerata è quella di “Visnu maunavratin”, il Dio che mostra l’indice portato alle labbra a indicare “il silenzio di fronte a ciò che non può essere espresso” (cioè la Verità Suprema). Questo gesto iniziatico viene utilizzato fra i membri dell’antichissimo “Ordine dei Silenziosi” che collabora con la Fratellanza Sarmoun.

Il Kaustubha è il gioiello che orna il petto di Visnu, gioiello emesso dalla zangolatura dell’oceano di latte, insieme alla dea Laksmi, alle Apsaras (ninfe celesti, spose dei Gandharva), ecc. Questo gioiello sul petto di Visnu rappresenta l’insieme (samuha) luminoso (jyoti) delle coscienze (Caitanya) di tutti gli esseri individuali-viventi (Jiva) che hanno realizzato la Bhakti (la devozione-amore per il Divino).

L’indiviso (Avyakrta, non-manifestato) è detto Caitanya (la “pura coscienza”) che è la totalità dei corpi causali (karanasarira o karanadeha) sotto forma di Sostanza Universale (Prakrti).
Karanasarira corrisponde, nell’ordine individuale, all’Anandamayakosa (permeato di puro senso di essere) mentre, nell’ordine universale, all’identificazione con Isvara.

È al di sopra di Avyakrta che è presente, invece, il “Quarto Stato” (Turiya) lo stato che è al di là delle cause e degli effetti (Karya-Karanatita).

Secondo la “Dottrina del Samkhya” (tra i più antichi Darsana, codificato dal Saggio Kapila) la Manifestazione è costituita da venticinque principi (Tattva). La Prakrti è il primo principio (Tattva), la Sostanza Universale indifferenziata, dalla quale tutte le cose procedono per modificazione di essa tranne che per il Purusa.
La Buddhi è l’intelletto puro (Buddhi Atmico), trascendente in rapporto agli individui.
L’Ahamkara (la coscienza individuale, il senso dell’io), che procede da Buddhi, produce i successivi Tattva (principi).
I Tanmatra (determinazioni sottili) generano i cinque Bhuta, gli elementi corporei.
Gli Indriya (le undici facoltà individuali), prodotte da Ahamkara:

  • Manas (facoltà interna), la mente più le dieci facoltà esterne;

  • Jnanendriya, le cinque facoltà di sensazione;

  • Karmendriya, le cinque facoltà di azione.


I Bhuta sono i cinque elementi corporei: l’etere, l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra.
Purusa
è il venticinquesimo principio (Tattva), l’essenza, la causa efficiente della Manifestazione, cioè il principio non-manifestato. È la sua influenza sulla Prakrti che determina la Manifestazione.
Purusa e Prakrti procedono entrambi da Isvara, l’Essere Universale.

Il simbolo è una chiave per aprire profondità esplorabili ma l’efficacia del suo utilizzo dipende dalla posizione coscienziale dello sperimentatore. Ad esempio il “camminare sulle acque” di alcune divinità simboleggia il dominio sul mondo delle forme e del mutamento. Oppure la figura di Visnu (nel Padma Purana) che viene rappresentata in ben ventiquattro forme: sono rappresentazioni dei vari stati della Manifestazione.
Un “simbolo composto” (articolato) ha lo scopo di disporre alcuni attributi (portatrici ciascuno di una parte precisa del significato complessivo del simbolo; nel nostro caso si tratta sempre di simboli) secondo quanto si vuol comunicare, consegnare al percipiente. Nell’esoterismo i simboli possono avere significati molteplici ma appartenenti a due “punti di vista” complementari, l’uno macrocosmo, l’altro microcosmo.

L’esempio della conchiglia (sankha-simbolo di Visnu): è, ovviamente, legata all’elemento acqua, quindi all’oceano primordiale, l’origine dell’esistenza; la sua forma ha la caratteristica di una spirale, segue la proporzione aurea; nello stesso tempo è legata, anche, all’elemento etere perché produce un suono (il suono primordiale [AUM]).

L’esoterico parte dalla ricerca, per lui inizialmente necessaria, di trovare una conoscenza completa di ciò che significa essere umani in senso pieno, nel mondo del divenire, e finire per trovare una connessione, una via immateriale, con l’Alto. Percorre sentieri a tratti intuitivi e a tratti mosso dalla predisposizione di una mente filosofica, infuocato dalla passione per il Sacro (e nell’oggi si dice anche per la Semiotica e l’Estetica).
La cultura, nell’oggi, affronta molti interessanti temi riguardanti la forza dei sistemi di segni che si basano sui simboli ma è il livello, il “punto di vista” che si differenzia da quello dell’esoterico, però certamente viene offerto un interessante bagaglio a chi si trova coscienzialmente in un punto di ricerca mediano, pronto a fare, da un momento all’altro, una scelta per lui fondamentale in quanto risulterà esistenziale.
Metafore, simboli, icone, miti svolgono un ruolo importantissimo più di quanto si rendano conto gli stessi esperti che dissertano con compositi impreziositi da analogie e corrispondenze che tanto eccitano i loro intelletti: indugiano volentieri sugli aspetti dell’autonomia e l’eteronomia delle rappresentazioni.

Innumerevoli sono i simboli (il Loto, la Rosa, il Linga, lo Zodiaco, il Polo, la Croce, l’Ankh, la Triskele, il Sole, la Luna, lo Svastika, il Tomoye, la Montagna, la Caverna, l’Uovo del Mondo, l’Albero della Vita, il Taijitu, ecc.), sia in Oriente sia in Occidente, che vivono dentro la Vita dell’essere umano, simboli che sono in grado di svelare e rivelare molteplici significati utilissimi al risveglio della coscienza (non ancora risvegliata) che nella profanità si arrabatta in uno sterminato labirinto.

Il Loto (Padma), ad esempio, è un simbolo importantissimo nella tradizione dell’India.
Il Loto, come la Ruota, mostra un irradiamento intorno ad un “centro”: ha infatti dei petali-raggi. Il Loto simboleggia il dispiegarsi della creazione, principio femminile per eccellenza (Prakrti), Sostanza Universale. Il Loto richiama la Coppa (sempre Prakrti), ricettacolo delle influenze provenienti dal Purusa, il motore immobile la cui azione sulla Prakrti determina la Manifestazione, lo sbocciare del Loto. Il Loto, in Occidente, è la Rosa.

"La giada è una ‘pietra preziosa’ che ebbe un ruolo notevole nella simbolica arcaica cinese. Nell’ordine sociale incarna la sovranità e la potenza; in medicina è una panacea, e viene ingerita per ottenere la rigenerazione del corpo; è anche ritenuta nutrimento degli spiriti, e i taoisti credevano che potesse garantire l’immortalità. Da questo viene l’importanza della giada in alchimia, e il posto che ha sempre occupato nelle teorie e nelle pratiche funerarie. Dice un testo dell’alchimista Ko-Hung: ‘Ponendo oro e giada nei nove orifici del cadavere, sarà preservato dalla putrefazione’. D'altra parte il trattato ‘T'ao Hung-Ching’ (V secolo) dà questi particolari: ‘Se, aprendo una tomba antica, il cadavere che contiene sembra vivo, sappiate che, dentro e fuori del corpo, vi sono grandi quantità di oro e di giada. Secondo le disposizioni della dinastia Han, i Principi e i Signori erano sepolti con i loro vestiti ornati di perle e con astucci di giada, per preservare il corpo dalla decomposizione’.
Recenti scavi archeologici hanno confermato i testi relativi alle giade funebri. Ma la giada racchiude tutte queste virtù soltanto perché incarna il principio cosmologico ‘yang’, e pertanto è investita di tutto un complesso di qualità solari, imperiali, indistruttibili. La giada, come del resto l'oro, contiene il ‘yang’ e diventa immediatamente un centro carico di energia cosmica’.”
(…) ma questa funzione non esaurisce il simbolismo della giada: nel senso che il numero, il colore e la disposizione delle pietre di giada che una persona porta non si limitano a solidarizzare la persona con il Cosmo o le Stagioni, ma proclamano inoltre la sua ‘identità’, precisando, ad esempio, che è zitella, maritata o vedova, appartenente alla tale classe sociale e alla tale famiglia, alla tale regione e che il fidanzato o il marito in viaggio ecc. “.

Il sole rimane sempre eguale a stesso, senza alcun ‘divenire’. La luna, invece, è un astro che cresce, cala e sparisce; la sua vita è soggetta alla legge universale del divenire, della nascita e della morte. Precisamente come l’uomo, la luna ha una ‘storia’ patetica, perché la sua decrepitezza, come quella dell'uomo, termina con la morte. Ma questa morte è seguita da una rinascita: la ‘luna nuova’. La scomparsa della luna nell’oscurità, nella ‘morte’, non è mai definitiva. Secondo un inno babilonese a Sin, la luna è ‘un frutto che cresce da sé’. La luna rinasce dalla propria sostanza, in virtù del proprio destino.
Questo eterno ritorno alle sue forme iniziali, questa periodicità senza fine, fanno sì che la luna sia per eccellenza l’astro dei ritmi della vita. Non c’è dunque da meravigliarsi che domini tutti i piani cosmici retti dalla legge del divenire ciclico: acque, pioggia, vegetazione, fertilità. Le fasi della luna hanno rivelato all'uomo il tempo concreto, distinto dal tempo astronomico, che senza dubbio venne scoperto più tardi.
Già all’epoca glaciale il senso e le virtù magiche delle fasi lunari erano definitivamente conosciuti. Il simbolismo della spirale, del serpente, del lampo – tutti derivati dall’intuizione della luna in quanto norma del mutamento ritmico e della fertilità – lo incontriamo già nelle civiltà della regione glaciale della Siberia (Irkutsk). Il tempo concreto fu indubbiamente misurato dappertutto per mezzo delle fasi lunari; ancora nei nostri giorni, certe popolazioni nomadi di cacciatori e di agricoltori (“Jäger – und Sammlervölker”) utilizzano soltanto il calendario lunare.
(…) Il tempo controllato e misurato sulle fasi della luna è, dicevamo, tempo ‘vivo’, si riferisce sempre a una realtà biocosmica, pioggia o maree, semina o ciclo mestruale. Sotto l’influenza del ritmo lunare si coordina tutta una serie di fenomeni dei ‘piani cosmici’ più diversi. Lo ‘spirito primitivo’, avendo penetrato le ‘virtù’ della luna, stabilisce relazioni di simpatia o di equivalenza fra queste serie di fenomeni. Così, per esempio, fin da tempi molto antichi, certo fin dall'epoca neolitica, contemporaneamente alla scoperta dell’agricoltura, lo stesso simbolismo collega fra loro la Luna, le Acque, la Pioggia, la fecondità delle donne, quella degli animali, la vegetazione, il destino dell'uomo dopo morto e le cerimonie iniziatiche.
Le sintesi mentali rese possibili dalla rivelazione del ritmo lunare mettono in corrispondenza e unificano realtà eterogenee; le loro simmetrie di struttura o le loro analogie di funzionamento non si sarebbero potute scoprire se l'uomo ‘primitivo’ non avesse percepito intuitivamente la legge di variazione periodica dell'astro, come fece in epoca molto remota. La luna misura, ma unifica anche; le sue ‘forze’ o i suoi ritmi, ‘riducono allo stesso denominatore’ una moltitudine infinita di fenomeni e di significati. Il Cosmo intero diventa trasparente e soggetto a ‘leggi’. Il mondo non è più uno spazio infinito, animato da presenze eterogenee e autonome: nell’interno di questo spazio si distinguono coordinazioni ed equivalenze. Tutto ciò, ben inteso, non per mezzo di un’analisi razionale della realtà, ma per una intuizione sempre più precisa dell’insieme.
Se esistono serie di commenti rituali o mitici laterali, staccati da una funzione ben determinata, e in certo senso specializzata, della luna (per esempio gli esseri mitici lunari con un piede solo o con una mano sola, che con la loro magìa possono ottenere la pioggia), non esiste nessun simbolo, rituale o mito lunare che non implichi la totalità dei valori selenici già rivelati nell’epoca considerata. In qualsiasi frammento, è presente l’insieme. Per esempio, la spirale, simbolo lunare già conosciuto all’epoca glaciale, si riferisce alle fasi della luna, ma comprende egualmente i prestigi erotici derivati dall’analogia vulva-conchiglia, nonché prestigi acquatici (luna = conchiglia) e quelli della fertilità (doppia voluta, corna, eccetera). Una perla portata come amuleto rende solidale la donna con le virtù acquatiche (conchiglia), lunari (conchiglia simbolo della luna, creata dai raggi della luna, eccetera), erotiche, genitali ed embriologiche. Una pianta medicinale concentra in sé la triplice efficienza della luna, delle acque e della vegetazione, anche se una sola di queste virtù è esplicitamente presente. Ciascuna di queste virtù o efficienze è soggetta, a sua volta, a un numero importante di ‘piani’. La vegetazione, per esempio, implica le idee di morte e di rinascita, di luce e di oscurità (considerate come zone cosmiche), di fecondità e di opulenza, eccetera.
Non esiste simbolo, emblema o efficienza che sia monovalente o singolarizzato. Tutto è collegato, ogni cosa è legata alle altre, formando un insieme di struttura cosmica”.

Mircea Eliade
nel suo Trattato di Storia delle Religioni
Universale Bollati Boringhieri

Per lo storico delle religioni ogni manifestazione del sacro è importante; ogni rito, ogni mito, ogni credenza, ogni figura divina riflette l’esperienza del sacro, e di conseguenza implica le nozioni di essere, di significato, di verità. ‘È difficile immaginare – facevo già notare in altra occasione – come lo spirito umano potrebbe funzionare senza la convinzione che nel mondo vi sia qualcosa di irriducibilmente reale; ed è impossibile immaginare come la coscienza potrebbe manifestarsi senza conferire un significato agli impulsi e alle esperienze dell’uomo. La coscienza di un mondo reale e dotato di significato è legata intimamente alla scoperta del sacro. Mediante l’esperienza del sacro lo spirito umano ha colto la differenza tra ciò che si rivela reale, potente, ricco e dotato di significato, e ciò che è privo di queste qualità: il flusso caotico e pericoloso delle cose, le loro apparizioni e le loro scomparse fortuite e vuote di significato’ (La Nostalgia delle Origini). Il ‘sacro’ è insomma un elemento nella struttura della coscienza, e non è uno stadio nella storia della coscienza stessa. Ai livelli più arcaici di cultura vivere da essere umano è in sé e per sé un atto religioso, poiché l’alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno valore sacrale. In altre parole, essere – o piuttosto divenire – un uomo significa essere ‘religioso’”.

Mircea Eliade
Storia delle credenze e delle idee religiose
(3 Vol.)
BUR Biblioteca Universale Rizzoli

Il ricercatore, lo studioso, il Sadhaka scoprono che il simbolo collega e lega il visibile e l’invisibile, la superficie e la profondità, l’Alto e il Basso mettendoli in comunicazione. Chi guarda attentamente il “Tutto” lo vede composto di simboli: linguaggio, gesti, numeri, geometrie, musica, architetture che si trasformano in forze cosmiche.
Colui che si “risveglia” trova nei simboli, incredibilmente, un linguaggio primigenio di una Tradizione di “origine non-umana (Sruti).

 

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