La realizzazione dell’”Uomo Universale” viene simboleggiata, dalla maggior parte delle dottrine tradizionali, con un segno che è dappertutto il medesimo, poiché, come abbiamo detto all’inizio, è di quelli che si ricollegano direttamente alla Tradizione primordiale: si tratta del segno della croce, che rappresenta perfettamente il modo in cui viene raggiunta tale realizzazione, mediante la comunione perfetta della totalità degli stati molteplici dell’essere, ordinati gerarchicamente in armonia e conformità, nell’espansione integrale secondo i due sensi dell’”ampiezza” e dell’”esaltazione”. Si può infatti considerare che questa doppia espansione dell’essere si effettui da una parte orizzontalmente, cioè ad un determinato livello o grado di esistenza, e dall’altra verticalmente, cioè nella sovrapposizione gerarchica di tutti i gradi. Il senso orizzontale rappresenta quindi l’”ampiezza”, cioè l’estensione integrale dell’individualità assunta come base della realizzazione, estensione che consiste nello sviluppo indefinito di un insieme di possibilità soggette a condizioni particolari di manifestazione; nel caso dell’essere umano, sia ben chiaro, questa estensione non si limita affatto alla parte corporea dell’individualità, ma dell’individualità comprende tutte le modalità, lo stato corporeo non essendo che una di esse. Il senso verticale rappresenta la gerarchia, anch’essa a maggior ragione indefinita, degli stati multipli, ognuno dei quali, considerato nella sua integralità, rappresenta un insieme di possibilità corrispondente ad uno dei tanti “mondi” o gradi che sono compresi nella sintesi totale dell’”Uomo Universale”. In questa rappresentazione della croce, l’espansione orizzontale corrisponde dunque all’indefinità di modalità possibili in un determinato stato d’essere considerato integralmente, mentre la sovrapposizione verticale corrisponde alla serie indefinita degli stati dell’essere totale.
È evidente che lo stato il cui sviluppo è raffigurato dalla linea orizzontale, può essere uno qualunque; in particolare sarà lo stato in cui si trova in quel momento, per quanto riguarda la sua manifestazione, l’essere che realizza l’”Uomo Universale”, stato che è per lui punto di partenza, supporto o base di questa realizzazione. Qualsiasi stato, come si vedrà meglio in seguito, può fornire ad un essere questa base; il considerare particolarmente a questo a proposito lo stato umano è dovuto al fatto che, trattandosi del nostro, è quello che ci riguarda più direttamente, per cui il caso che ci troviamo più comunemente di fronte è quello di esseri che intraprendono da questo stato la realizzazione di cui parliamo; ma dal punto di vista metafisico, sia ben chiaro, ciò non significa affatto che esso sia un caso privilegiato.
È di fondamentale importanza capire sin d’ora che la realizzazione effettiva della totalità dell’essere, che come tale è al di là di qualsiasi condizione, è precisamente ciò che la dottrina indù chiama “Liberazione” (Moksa), e che l’esoterismo islamico chiama “Identità Suprema”. D’altra parte, in quest’ultima forma tradizionale si insegna che l’”Uomo Universale”, nella sua rappresentazione mediante la coppia “Adamo-Eva”, ha il numero di Allah, il che è appunto un’espressione della “Identità Suprema” (Questo numero, 66, è la somma dei valori numerici delle lettere che compongono i nomi Adam wa Hawa. Secondo la Genesi ebraica, l’uomo, “creato maschio e femmina”, cioè in uno stato androginico, è “ad immagine di Dio”; d’altro canto, secondo la tradizione islamica, Allah ordinò agli angeli di adorare l’uomo [Qoran, II, 34; XVII, 61; XVIII, 50]. Lo stato androginico originale è lo stato umano completo, in cui gli elementi complementari, anziché opporsi, si trovano in perfetto equilibrio; dovremmo ritornare in seguito su questo punto. Aggiungeremo solo che, nella tradizione indù, un’espressione di questo stato è contenuta simbolicamente nella parola Hamsa in cui, inoltre, i due poli complementari dell’essere sono messi in corrispondenza con le due fasi della respirazione, che rappresentano quelle della manifestazione universale).
A questo proposito bisogna fare un’osservazione abbastanza importante: si potrebbe infatti obiettare che la designazione “Adamo-Eva”, pur essendo certamente suscettibile di trasposizione, non è tuttavia propriamente applicabile, con esattezza, che allo stato primordiale umano; ma anche se l’”Identità Suprema” può essere realizzata effettivamente soltanto con l’integrazione della totalità degli stati multipli, si può dire tuttavia che essa, in un certo qualmodo, è già realizzata virtualmente allo stadio “edenico”, con l’integrazione dello stato umano ricondotto al suo centro originale, centro che d’altronde, come si vedrà, è il punto di comunicazione diretta con gli altri stati.
Si può dire, del resto, che anche l’integrazione dello stato umano, o di un altro stato qualsiasi, rappresenta, nel suo ordine e al suo livello, la realizzazione stessa della totalità dell’essere; nel simbolismo geometrico, che verrà esposto in seguito, ciò si potrà vedere chiaramente. Se è così, è perché in tutte le cose, ma specie nell’uomo e particolarmente nell’uomo corporeo, si può ritrovare la corrispondenza e quasi la prefigurazione dell’”Uomo Universale”; ogni parte dell’universo infatti, si tratti di un mondo o di un essere particolare, è ovunque e sempre analoga al tutto.
Perfino un filosofo come Leibnitz ebbe ragione ad ammettere che ogni “sostanza individuale” (con le riserve già manifestare circa il valore di questa espressione) deve contenere in sé una rappresentazione integrale dell’Universo, cosa che corrisponde ad una corretta applicazione dell’analogia tra “macrocosmo” e “microcosmo”; senonché egli, arrestandosi alla considerazione della “sostanza individuale” e a questa volendo ridurre l’essere stesso, un essere completo e per giunta autosufficiente, quindi senza comunicazione reale con tutto ciò che lo trascende, si è interdetto il passaggio dal senso dell’”ampiezza” a quello dell’”esaltazione”, privando così la sua dottrina di qualsiasi portata metafisica vera.
Non è certo nostra intenzione dedicarci qui allo studio di concezioni filosofiche, qualunque esse siano, né tanto meno di cose di carattere altrettanto “profano”; ma questa osservazione ci si presentava del tutto naturale, come applicazione quasi immediata di quanto abbiamo detto, sui due sensi secondo cui si compie lo sviluppo dell’essere totale.
Per ritornare al simbolismo della croce, dobbiamo far notare ancora che questa, oltre al significato metafisico e principiale di cui abbiamo esclusivamente parlato fin qui, ha diversi altri sensi più o meno secondari e contingenti; secondo quanto abbiamo detto, in generale, sulla pluralità dei significati dei significati inclusi in ogni simbolo, è normale che sia così. Prima di sviluppare la rappresentazione geometrica dell’essere e dei suoi stati multipli, quale è racchiusa sinteticamente nel segno della croce, e prima di penetrare in modo più specifico tale simbolismo alquanto complesso, specie se gli si vuol dare il massimo sviluppo possibile, ci occuperemo un po’ di questi altri significati: infatti, benché le considerazioni che li riguardano non siano l’argomento specifico del presente studio, tra tutte queste cose esistono legami talora assai più stretti di quanto si potrebbe credere, e ciò sempre a causa di quella legge di corrispondenza che, sin dall’inizio, abbiamo indicato come fondamento stesso di ogni simbolismo.
René Guénon
tratto da Il Simbolismo della Croce
Edizioni Studi Europei