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508. Simbolo di Julien Ries

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Presentiamo, di seguito, alcuni stralci dell’interessante lavoro di Julien Ries ”Simbolo. Le costanti del sacro” (Jaca Book). Apprezziamo molto la sua intera “Opera Omnia” che riesce a dare valori verticali all’intera cultura umana e alla nascente “cultura della coscienza”.

*****

Il segno e il simbolo sono due elementi essenziali dell’immaginario dell’uomo. Per immaginario G. Durand (1992) intende “l’insieme delle immagini e delle relazioni tra le immagini che costituisce il patrimonio di pensiero dell’Homo sapiens”. Il segno è una realtà che è dotata di una consistenza sua propria ma che, sia per convenzione sia per relazione naturale e intrinseca, rimanda a un’altra realtà: il fumo è il segno del fuoco. Ogni segno è un mezzo di comunicazione tra gli uomini.
Il simbolo è un segno. Presso i Greci symbolon designava un oggetto tagliato in due parti, le quali venivano conservate da due persone diverse ed erano destinate a far riconoscere coloro che le portavano: identità, garanzia, pegno, testimonianza, alleanza, forze unitive. Il simbolo è un segno che rimanda a una realtà invisibile, con la quale esso mette in comunicazione l’uomo facendo passare la sua intelligenza dal visibile all’invisibile. Il simbolo realizza un’apertura al di là dello spazio e del tempo immediati: esso inizia all’invisibile. Esso quindi possiede una struttura di significante che conduce al significato. Il significante appartiene al mondo visibile: albero, volta celeste, sole. Ogni simbolo ha una base visibile, un aspetto identificabile. Il significato è la parte invisibile e sconosciuta, il contenuto che l’uomo deve scoprire.
Gilbert Durand (1992) ha evidenziato il ruolo del percorso antropologico della simbolizzazione. Al punto di partenza di tale percorso si trovano gli impulsi provenienti dal cosmo e da tutto l’ambiente naturale, i quali però subiscono le pulsioni soggettive della psiche umana. Tra questi due poli avviene uno scambio incessante che costituisce il motore dell’immaginazione creatrice. Questo percorso antropologico permanente tra le pulsioni soggettive e le influenze oggettive provenienti dall’esterno è specifico dell’uomo. A causa di ciò G. Durand ha potuto affermare che il “simbolo è la carta di identità dell’Homo sapiens”. L’universo del simbolo è un ambito privilegiato ed esclusivo dell’uomo.

(…) Grazie al percorso antropologico che produce uno scambio incessante a livello dell’immaginario tra la vita psichica dell’uomo e gli impulsi esterni provenienti dal cosmo, l’Homo sapiens è in continua crescita. Questo è il segreto dell’uomo nel corso della storia. Attraverso il simbolo, il mondo gli parla e gli rivela modalità del reale che non sono evidenti per se stesse. Questa constatazione ci conduce a chiarire il ruolo del linguaggio simbolico nell’esperienza del sacro.
In ogni ierofania o manifestazione del sacro sono identificabili un invisibile, un mediatore – che è il mezzo di manifestazione dell’invisibile – e una dimensione sacrale, tre elementi inseparabili e costitutivi della ierofania. Il mediatore può essere una pietra, un albero, una montagna, una caverna, un fiume, un uomo (profeta, sacerdote, sciamano). Questo mediatore costituisce la parte visibile del simbolo, ed è attraverso di esso che si compie l’epifania dell’invisibile, la sua rivelazione. Nel linguaggio simbolico il ruolo del mediatore è di capitale importanza. Un esempio eloquente del linguaggio simbolico come linguaggio di rivelazione si trova nell’Apocalisse (21,9-27), nella descrizione della Gerusalemme futura. Il testo moltiplica le citazioni di pietre preziose per significare la metamorfosi della nuova creazione. Il messaggio è denso: luce, libertà, compimento e pienezza. Anche il simbolo della montagna sacra è significativo in tutte le religioni, soprattutto nella rivelazione biblica, dove la montagna è comunemente il luogo delle teofanie (Sinai, Carmelo, Oreb, Sion).
In un suggestivo studio della funzione simbolica di una serie di ierofanie, Eliade rileva quale sia il loro linguaggio e il loro messaggio per l’homo religiosus. Egli passa in rivista i culti solari, la mistica lunare, il simbolismo delle acque, le pietre sacre, i simboli della fecondità, del rinnovamento della vegetazione, dello spazio e del tempo sacri (Eliade, 1986, pp. 42-422). Al termine di questo lungo studio, che costituisce l’essenziale del suo Trattato, egli dichiara di ritenere che la struttura e la funzione autentiche dei simboli, in quanto prolungamenti delle ierofanie e in quanto forme autonome della rivelazione, costituiscono dei dati di base per la comprensione dell’esperienza del sacro. Le diverse ierofanie non sono altro che manifestazioni puntuali, mentre il simbolismo celeste, il simbolismo lunare e il simbolismo acquatico costituiscono dei sistemi autonomi attraverso i quali percepiamo un’autentica rivelazione fondata sulla loro coerenza.

(…) La conoscenza umana – Dobbiamo cominciare con un breve approccio al nostro modo di conoscenza del cosmo nel quale viviamo. È grazie agli organi dei nostri cinque sensi (gusto, olfatto, udito, tatto, vista) che entriamo in contatto con il mondo e che il nostro cervello riceve un numero infinito di impulsi che esso registra, smista, mette in connessione. Siamo così di fronte ai problemi dell’intelligenza, della memoria, dell’immaginazione, della parola, del linguaggio e della creatività, così come a tutti i problemi connessi alla crescita alla formazione, all’educazione, problemi psicologici, sociali, familiari, culturali, religiosi. Non è immaginabile affrontare qui questo immenso ambito dell’uomo, dell’umano e dell’umanesimo.
Per la nostra ricerca sul simbolo facciamo una distinzione importante tra il concetto e il simbolo, due elementi di base per la nostra conoscenza.

Il concetto – Il concetto è il frutto, il prodotto di ‘un’operazione dell’intelligenza, è il pensiero astratto, indicato da una parola, ad esempio: il concetto di giustizia, di necessità. Secondo Jacques Maritain, “il concetto è la natura intelligibile ricevuta dai sensi grazie all’astrazione e portata dallo spirito dentro di al supremo grado di immaterialità” (Gradi del sapere, p. 233). La via dello spirito consiste in un doppio movimento, che va dal concetto al reale e dal reale al concetto.
La concettualità è un’azione mentale che consiste nel formare, a partire dai dati dell’esperienza, la rappresentazione intellettuale di un oggetto del pensiero. La concettualità è indispensabile in vista della riflessione umana.

L’immaginario e la simbolizzazione – La conoscenza umana bon funzione unicamente grazie a dei concetti. Si deve fondare anche su delle rappresentazioni percepite a partire dal mondo esteriore, sulla percezione di immagini. Stiamo assistendo a una rivalorizzazione delle funzioni dell’immaginario. La scuola di Gaston Bachelard e di Gilbert Durand ha creato un nuovo spirito antropologico che ha lottato contro i diversi positivismi e razionalismi e ha valorizzato il ruolo dell’immaginario nel pensiero umano, mostrando che l’immaginazione è un dinamismo organizzatore e come tale è un fattore di omogeneità nella rappresentazione. Così facendo, essi hanno dato all’immaginario un ruolo importante nella vita, nel pensiero e nel comportamento umano. L’immaginario non è più considerato come “il pazzo del paese”, ma come il fratello della ragione, indispensabile cioè al funzionamento del pensiero. A lato del pensiero concettuale c’è un pensiero simbolico. Tra i due esiste una coerenza, vero fattore di armonia dell’uomo.
Bisogna dunque smettere di scavare un fossato tra ragione e immaginario. I due sono indispensabili per il funzionamento normale dello spirito.

(…) L’Homo habilis e l’Homo erectus hanno potuto contemplare la volta celeste che appariva ai loro occhi come il tetto della terra sulla quale prendeva appoggio. Ciò spiega perché nelle diverse cosmologie, più tardi, il disco della terra è rappresentato circondato da una catena di montagne che sono le colonne della cupola celeste. Poiché il taglio delle selci manifesta la sensibilità dell’uomo arcaico ai colori, dobbiamo pensare che sia stato impressionato dai colori del cielo, dal sorgere e dal calare del sole, dalla successione del giorno e della notte.
La creazione della prima cultura da parte dell’Homo Habilis, amplificato dall’Homo erectus con la presa di coscienza di essere creatore della dimensione simbolica e della dimensione estetica, provata dai colori e dalla simmetria, mostra l’uomo arcaico che si ambienta progressivamente nel cosmo. Nel mio libro Le religioni, le origini, ho lungamente spiegato come, attraverso un metodo di comparazione genetica, lo storico delle religioni arrivi a ritrovare la prima esperienza del sacro alle origini dell’umanità. Si tratta della scoperta della Trascendenza attraverso la semplice contemplazione della vita celeste. Nel suo Trattato, Mircea Eliade (1976) ha già insistito sul fatto che siamo in presenza di un simbolismo che è un dato immediato della coscienza totale dell’uomo che prende consapevolezza della sua posizione nell’Universo. Il cielo esiste: è elevato, è infinito, è potente. Le religioni celesti sono inaccessibili all’uomo. Esse possiedono le suggestioni del trascendente, della realtà assoluta, della perennità.
La volta celeste è un significante che rivela il mistero e questo mistero è la Trascendenza. L’Homo habilis e l’Homo erectus si sentono legati da un vincolo misterioso a questa Realtà trascendente che rivela la volta celeste con il movimento del sole di giorno, il movimento della luna e gli astri di notte. È la prima esperienza del sacro che si concretizza più tardi con i culti solari e lunari e il culto degli astri a partire dal Neolitico. L’immaginario dell’uomo antico, creatore della cultura, spettatore di ciò che lo circonda e alla ricerca del suo destino si è trovato sotto l’influsso dei cinque grandi simboli di base, volta celeste, simboli solare e lunare, acqua, montagne e albero, ma il simbolo determinante è quello del cielo.
Questo simbolo è restato rivelatore per l’esperienza del sacro, poiché lungo i millenni la contemplazione della volta celeste stellata ha esercitato sull’uomo un fascino straordinario e gli ha rivelato l’ordine sacro dell’universo. Pensate a tutti i culti solari e lunari della Mesopotamia, dell’Egitto, della Cina, del mondo mediterraneo, dell’America precolombiana, dell’Arabia. Pensate all’astrologia babilonese, mesopotamica, iraniana, cinese, alle costellazioni studiate dagli astronomi delle grandi civiltà. Più che la forma delle costellazioni, è l’immenso movimento di rotazione che fa del cielo un aldilà della terra. Siamo in presenza di una simbolicità, di una ricchezza inaudita che alimenta la Bibbia e le sacre scritture delle varie religioni, delle visioni mistiche come quelle di san Benedetto, di san Gregorio il Grande, di san Basilio, dei testi grandiosi come quelli di san Tommaso e di Dante.

(…) L’acqua costituisce un simbolo primordiale, fondamento di ogni manifestazione cosmica, sorgente della vita, principio di rigenerazione.

L’acqua sorgente della vita – Le acque simboleggiano la sostanza primordiale che precede ogni forma e costituisce il supporto della creazione. Questo tema si ritrova in numerose cosmogonie. In Egitto, il Noun è il grande oceano, prima sorgente e condizione della vita.
È anteriore al creatore di tutte le cose. In India, i miti cosmogonici hanno trasmesso numerosi racconti delle acque originali creatrici dell’albero cosmico o del loto. La Genesi (1,2) parla del soffio di Dio che aleggia sulle superficie delle acque.
Questo tema delle acque madri della vita ha segnato la storia religiosa dei popoli. Nella Bibbia i pozzi e le sorgenti sono i luoghi di incontro e di alleanza degli uomini e di Dio; la roccia colpita da Mosè, il pozzo di Giacobbe, segno dell’acqua viva del Vangelo. La rugiada è il simbolo della benevolenza di Dio. Il savio è paragonato a un pozzo (Sal 3,20).

Il simbolismo della purificazione – L’acqua cancella le colpe e abolisce la storia. Tutte le tradizioni del diluvio vi si trovano. A causa dei suoi peccati l’umanità scompare nel diluvio: è la distruzione di tutte le colpe e di tutte le iniquità. Questo simbolo si trova anche nei rituali di aspersione e di immersione. Prima di entrare nei templi e nei santuari, i fedeli sono invitati a fare delle abluzioni. In Egitto, vicino a ogni tempio, si trova un lago sacro richiamo del Noun primordiale. Prima delle loro funzioni sacerdotali, i preti dovevano immergersi. La preghiera rituale musulmana è obbligatoriamente preceduta dall’abluzione, poiché il fedele deve prima mettersi in stao di purezza.
Contrariamente al fuoco che distrugge, l’acqua lava e dissolve l’impurità, poi ridà una forza vitale. Presso gli Aztechi e presso i Germani, il nuovo nato era immerso in un bagno purificatore poi dedicato alla divinità. Giovanni il Battista predicava un battesimo di penitenza e di remissione dei peccati (Lc 3,3).
Il simbolismo della rigenerazione – L’acqua opera una rinascita, cioè spiega i rituali antichi del bagno sacro nei culti della fertilità, dove le dee erano immerse nelle acque sacre allo scopo di assicurare la pioggia e la fecondità della terra. Si conoscono gli stagni sacri di Pessimonte, di Ancyre e di Paphos. La Chiesa ha lottato per secoli per estirpare questi riti, che i pagani convertiti portavano nel cristianesimo.
I riti funebri parlano della sete dei defunti. Il Vangelo di Luca cita il ricco che domanda ad Abramo di mandare Lazzaro a intingere il dito per rinfrescargli la lingua (Le 16,24). Nelle tombe orfiche delle tavolette d’oro parlano di questa sete che tortura il defunto; in Grecia e in Egitto si prevedeva la possibilità di alimentare con acqua le tombe.
Aggiungiamo ancora la simbologia terapeutica delle acque che spiega le tradizioni popolari e i culti dell’acqua attorno a numerose sorgenti e fontane e attorno a fiumi come il Gange e il Nilo. Alcuni di questi culti risalgono al Neolitico.
Il battesimo cristiano dà all’acqua tutto il suo valore simbolico e il suo senso del mistero, poiché si ricollega direttamente alla storia biblica che si compie in Gesù Cristo, l’autore del battesimo. La pienezza simbolica del battesimo cristiano viene dall’Incarnazione, dalla Redenzione e dalla Chiesa. Il sacramento cancella la storia antica e fa nascere il cristiano alla vita nuova (Gv 3,3-7). Tutte le tradizioni antiche trovano un senso plenario grazie al Cristo Redentore.

Simbolismo del centro e dello spazio sacro

La simbologia dello spazio sacro è universale; si tratta di spazi naturali e di spazi costruiti dall’uomo come i santuari, i templi, gli altari. Ma la costruzione stessa si fonda su un archetipo; è il caso dell’altare sacrificale vedico o dello stupa buddhistico.
Ma l’idea di spazio sacro si riferisce a una simbologia più fondamentale, quella del centro, essa stessa radicata nel simbolo della montagna sacra dove si incontrano il Cielo e la Terra e che si trova al centro del mondo. Ritorniamo così alla prima esperienza vissuta grazie alla contemplazione della volta celeste che fa scoprire all’uomo l’Altezza e la Trascendenza. Poiché la montagna è considerata come luogo di incontro tra Cielo e Terra, essa diviene centro del cosmo. Le cosmogonie antiche ci hanno tramandato delle montagne sacre celebri: il monte Meru in India, il monte Sumbar dei popoli uralo-altaici, Haraberezaiti in Iran, Himingbiorg dei Germani e degli Scandinavi, Fuji-Yama in Giappone, K’ouen-Louen in Cina, l’Olimpo greco, il Kailasa residenza di Siva in India. In Mesopotamia si costruiva il centro dell’incontro del Cielo e della Terra, degli uomini e degli dei, la ziggurat, montagna cosmica artificiale, torre a piani allo scopo di salire verso le divinità. Nella tradizione biblica numerose montagne sono sacre e simboleggiano un centro ierofantico per l’incontro degli uomini e del Dio unico: Sinai, Oreb, Tabor, Garizim, Carmelo, Golgota. Numerosi salmi scandiscono l’ascenzione degli uomini verso le altezze dove avverrà l’incontro con Jahvè. Così il Salmo 48 comporta una catena simbolica sacra: Dio-montagna-città-palazzo-cittadella-tempio-centro del mondo. Il tempio è assimilato alla montagna. In Egitto ogni tempio fa riferimento alla collina primordiale emergente dalle acque alla creazione, così che l’offerta fatta ogni giorno agli dei nei templi faraonici era ritenuta indispensabile alla continuazione della creazione.
È nel centro, spazio sacro per eccellenza, che si realizzano la rivelazione divina e il compimento dei misteri; celebrazioni del sacrificio, oracoli divini, riti di iniziazione, consacrazioni e benedizioni. Secondo Nicola Cusano il centro è l’immagine perfetta della Coincidentia oppositorum, riserva di dinamismo e focolare dal quale partono i movimenti dell’uno verso il multiplo e dell’eterno verso il temporale. In senso inverso al centro si ricongiungono tutti i processi di convergenza verso l’unità; ciò ne fa un luogo di salvezza nel quale l’uomo tenta di ritrovare la sua condizione primordiale.
Il pellegrinaggio illustra nel modo migliore il simbolo del centro come rivelatore del mistero per l’uomo. Il pellegrinaggio è in effetti un fatto umano universale dalle grotte di Lascaux e di Rouffignac, dove i maddaleniani conducevano gli adolescenti per iniziarli ai riti di clan, fino ai grandi pellegrinaggi attuali di Lourdes, di Loreto e di Compostella. Il pellegrino marcia verso un centro per incontrarvi l’invisibile, al fine di entrare in una dimensione nuova suscettibile di cambiare la sua condizione.

Il simbolo nella vita dell’homo religiosus

a Homo symbolicus, homo religiosus
Nel libro già citato Le religioni, le origini, ho studiato simultaneamente, senza separarli ma per unirli, l’homo symbolicus e l’homo religiosus in base ai documenti forniti dai paleontologi e dagli archeologi, dall’Homo habilis di Olduvati fino all’Homo sapiens sapiens dell’età del Bronzo. Tutta questa ricerca si fa secondo un doppio metodo comparato: storico-comparativo e genetico. I risultati sono eloquenti poiché vediamo attualmente il profilo dell’uomo della preistoria, il meccanismo del suo immaginario e della sua coscienza, le sue diverse esperienze del sacro, la crescita della sua coscienza religiosa dai primi presentimenti del divino fino alle rappresentazioni delle divinità.
L’homo symbolicus agli occhi dell’antropologo è l’uomo che è dotato di una facoltà che lo rende capace di afferrare l’invisibile partendo dal visibile e così, grazie alla sua immaginazione, diviene creatore della cultura e delle culture.
L’homo religiosus è l’uomo in quanto soggetto dell’esperienza del sacro. Questo concetto implica un’esperienza che può essere vissuta in modo rudimentale, come nel caso dell’uomo di Neandertal, seppellendo i defunti. Questa esperienza può essere una vera esperienza religiosa come quella degli oranti della Val Camonica o del Neolitico, che alzano le mai verso il cielo. Presso i fedeli sumeri o egiziani l’esperienza del sacro raggiunge un livello di venerazione della divinità. Così il concetto di homo religiosus è legato all’esperienza del sacro in un luogo determinato: greco, romano, indù, giudeo, cristiano.

b Il passaggio dalla religiosità alle religioni
L’Homo habilis e poi l’Homo sapiens hanno conosciuto l’esperienza del sacro grazie ai simboli del cielo, della volta celeste, del sole, della luna, degli astri, della montagna, dell’acqua. Attraverso i grandi simboli l’Homo sapiens del Paleolitico superiore ha già conosciuto i primi miti, è entrato nei riti di iniziazione e ha coscienza di una storia sacra delle origini.
Una grande svolta si è avviata con la sedentarizzazione poiché nuovi simboli hanno ossessionato l’immaginario dell’uomo del Vicino Oriente, che ha tradotto il divino con due nuovi simboli: la donna e il toro. Si tratta di una profonda mutazione mentale che ha preso il suo slancio nel Neolitico con le statue divine, i santuari, gli affreschi di Anatolia, di Siria, di Palestina. L’umanità è passata alle grandi religioni della Mesopotamia, dell’Egitto, del Mediterraneo.
In questa crescita permanente dell’umanità sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista religioso, i simboli e il simbolismo hanno avuto un ruolo importante. La personificazione del divino e le sue rappresentazioni simboliche con statue e con altre figure hanno spinto l’homo religiosus a costruire dei templi, dei santuari, delle ziggurat, allo scopo di incontrare le divinità. Così i santuari sono divenuti luoghi dove gli dei parlano con l’intermediazione degli oracoli. Calendari delle feste, libri sacri, riti e teologie fissano la memoria, accrescono il patrimonio simbolico e diventano sorgenti di iniziazione e di rivelazione.

(…) Nel suo libro Sacro, simbolo, creatività (Jaca Book, Milano 1992), Jacques Vidal scrive: “Perché studiate il simbolo? Dal momento che si tratta di un personaggio misterioso, è necessario che studiamo la sua oggettività, la sua universalità, la sua qualità scientifica. Esso può aiutare l’uomo disorientato, nella propria cultura ad avere vedute più ampie, a cogliere il proprio vero orientamento al di là dei determinismi socio-culturali.
Scopriamo che il pensiero simbolico è intimamente legato al sacro, vi è una correlazione tra l’identità del simbolo e l’identità dell’esperienza religiosa. L’uno e l’altra vanno insieme”. (…)

stralci tratti da Simbolo. Le costanti del sacro
Julien Ries
(Jaca Book).

 

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I Cristiani e le Religioni (dagli Atti degli Apostoli al Vaticano II)
L’Uomo e il Sacro nella Storia dell’Umanità
L’Uomo Religioso e la sua esperienza del Sacro
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La Scienza delle Religioni
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