gototopgototop
Registrazione

Centro Paradesha

SEI QUI: Home / Articoli / 528. Ego contro ego
A+ R A-

528. Ego contro ego

E-mail Stampa PDF

Nella società di oggi sembrano diventati, i rapporti umani, rapporti di sofferenza: sofferenza nata dalla insofferenza nei confronti della presenza degli altri. Gli esseri umani sembra abbiano smarrito quel sano senso di cercare di instaurare retti, giusti ed equi rapporti umani per la Bellezza del vivere del Buono, del Vero.
L’egoismo lievita a vista d’occhio riducendo gli spazi naturali e vitali tra gli individui: tutti voglio di più per se stessi fagocitando, o tentando di farlo, gli spazi vitali degli altri. L’ego più ingombrante assegna a se stesso una specie di mandato, o di diritto divino ad avere la meglio sugli altri.
Delle conseguenze degli effetti di una “causa” deve assumersene la responsabilità chi quella causa l’ha provocata. La Legge del Karma regola tutto ciò equamente.

Se stai oscillando tra “i su e giù” della vita credendo di essere le tue ansie, i tuoi successi, i tuoi fallimenti, le tue emozioni sei in errore, sei nella trappola dell’ego che ha preso tutta la tua attenzione: sei dentro la rete delle cinque cause (Klesa-afflizioni) di sofferenza dello spirito umano.
L’avidya (ignoranza metafisica, ignoranza sulla Realtà) è la causa delle afflizioni (Klesa). Parliamo della sofferenza di carattere esistenziale che l’addormentato nella coscienza (l’ente planetario comune, ordinario che non ha messo i due emisferi del cervello, destro e sinistro, in comunicazione, in connessione) è incapace di comprendere, di comunicare, di esprimere, di definire.

Le forme originarie dei Klesa sono:

  • Avidya – ignoranza metafisica
  • Asmita – senso dell’individualità
  • Raga – attaccamento-attrazione
  • Dvesa – avversione-repulsione
  • Abhinivesa – sete di esperienza

Sono veramente pochi quelli che alla scelta di un percorso spirituale fanno seguire un’autentica auto-penetrazione coscienziale, il guardarsi veramente allo specchio interiore con piena consapevolezza.
Finché gli individui restano confinati, al di là delle belle intenzioni dichiarate, nelle limitazioni delle relazioni e delle identificazioni non saranno mai capaci veramente di astrarsene e vedere chiaramente per rispondere alla domanda: Ko’ham (“chi sono io?”). Bisogna comprendere che non si tratta di un processo verbale (un auto-interrogarsi con parole organizzate o rappresentative (immagini mentali).

L’ego è il “senso dell’io”, è ciò che definisce l’individuo, è ciò che viene chiamato Ahamkara, una “parte” dell’Antahkarana, la mente nella sua intera estensione.
L’ego, di per , non è né buono né cattivo, né positivo né negativo ma esprime, e si connatura, con quanto si relaziona, con quanto si identifica. Bisognerebbe dire con quanto “sceglie” di identificarsi: ne può nascere, quindi, un “ego” gradino per il Sé Sovrano oppure, al contrario, un “ego” oscurato, debole, instabile, egoista, narcisista, cinico, materialista, ecc. L’ego che resta “piccolo io”, che si sente un essere superiore è quello che si nutre esclusivamente di illusioni.
L’ego va concepito come strumento-funzione coscienziale, quella “parte” della mente (l’Antahkarana), utile a vivere in un mondo materiale (mondo del divenire) per servire lo scopo spirituale per la quale gli esseri si incarnano (si reincarnano).
La maggior parte degli enti planetari del pianeta Terra usa con accezioni negative l’ego: da qui il fatto che tale termine (ego) sia diventato sinonimo di qualità negative.
L’ego è ciò che fa sentire gli individui distinti dal resto che, fino ad un certo punto va bene, è naturale ma facilmente finisce per diventare più che distinto “separato” dal resto, dagli altri, dalla natura, da Dio.
La maggioranza degli ego si nutre di fattori esterni e di superficialità (della vita).
L’ego limita lo sguardo spirituale e lascia che lo squilibrio dei guna guidi l’umore esplodendo in varie forme di auto definizione.
La tendenza dell’ego ai confronti alimenta la sofferenza o l’insofferenza delle sconfitte, dei fallimenti nelle relazioni, del benessere psicofisico, del livello di soddisfazione nell’attività lavorativa, ecc.
Anche un momento di felicità, di successo l’ego riesce a trasformare, con il confronto, in motivo di sofferenza: sta lì a misurare, a pesare se è di più o se è di meno il successo suo di quello degli altri, creando nemici o concorrenti inesistenti.
Questo accade anche con l’ego di molti Sadhaka che si confrontano coi risultati dei compagni di viaggio spirituale, come se ciò fosse possibile: accade quando si riportano le tendenze del mondo profano, nella via spirituale scelta, senza modificarle.
La vera essenza di un essere non sta nell’ego (solo funzionale al mondo del divenire) ma nell’Atman (il “” dell’essere) avulso da qualsiasi dualismo, senza alcuna connotazione individuale: l’ego riconosce solo il corpo (bello, brutto, magro, grasso, sano, malato, ecc.), la casa (il mondo degli oggetti), la posizione-stato sociale (povero, benestante, ricco, potente; sono ingegnere, sono manager, sono operaio, sono disoccupato; “c’è la crisi”, ecc.).
L’ego è fatto di maschere, sovrapposte, acquisite per identificazione.
Per arrivare al Sé Sovrano bisogna distinguere tra ciò che è essenziale e quello che non lo è.
Una Sadhana non vuole l’annullamento di sensazioni, di emozioni e sentimenti ma la capacità di saperli riconoscere (se di “casa” propria o scaturiti dal riflesso di altri), di saperli trasformare o superare senza nascondersi.
Una Sadhana ben praticata porta al “centro” di ciò che si È realmente.

La Sadhana comincia quando ci si pone la domanda:

Ko’ham (“chi sono io?”)

e finisce quando si è pervenuti alla “Risposta” …

N.B.
Il Sadhaka che riconosce in sé, umilmente, con coraggio, ancora una forte prevalenza egoica potrebbe inserire nelle proprie “pratiche” un’asana dalle grandi risposte sottili: Pascimottanasana.

Pascima = retro; Uttana = allungamento

La corretta esecuzione di Pascimottanasana con il suo estremo allungamento della parte posteriore del corpo offre, all’io-ego la possibilità di sottomettersi, di equilibrare, armonizzare l’Antahkarana (calmare manas) e spianare la strada essenziale per il pieno destarsi del Sé Sovrano (l’Atman-Brahman).

 

Centri Consigliati

centri consigliati

Libri consigliati

Libri consigliati

Riviste consigliate

Riviste consigliate

Link consigliati

Link consigliati