Ramana Maharshi (Tiruchuli, India, 30 dicembre 1879 – 14 aprile 1950) è un Maestro dell’AdvaitaVedanta (non-dualità) del XX secolo. È uno dei saggi più celebrati in India. Dall’età di 17 anni visse la sua vita ai piedi del monte Arunacala, la sacra montagna associata a Siva, uno dei più sacri dell’India. Vi rimase fino al Mahasamadhi. Ad essa dedicò la grande opera in versi “Arunacalapancakam” (“Cinque inni ad Arunacala”). L’Asram si formò spontaneo intorno a Lui.
Di Lui si può dire con certezza che è un vero Maestro che ha realizzato l’Atman per intuizione diretta ed iniziazione dall’Alto. La sua singolare esperienza lo ha fatto eminente rappresentante dell’Advaita, della forma più pura, conforme alla Tradizione Primordiale.
Ha indicato il sentiero realizzativo dell’Atman facendo comprendere la necessità di una introspezione coscienziale (Atmavicara), naturalmente ben predisponendo l’Antahkarana per una ricerca, delle Origini, consapevole (“Ko ‘ham”, “Chi sono?”). Ha insegnato la suprema disciplina della Ricerca del Sé.
Il messaggio fondamentale: risolvere la mente nell’Atman, sia nella quiete sia nell’attività. Bisogna retrocedere dagli oggetti-pensieri individuando la loro sorgente.
Il mercoledì del 13 aprile del 1950 alle 8,47, mentre Ramana Maharshi entrava in Mahasamadhi, Sai Baba (a Puttaparti, a quasi 300 Km di distanza) rivelava ai devoti presenti ciò che stava accadendo a Maharshi, levitando dal suolo e producendo quasi due chili di vibhuti (cenere sacra) dal piede destro (che dava l’impressione come di essersi aperto).
Sai Baba menzionava spesso Ramana Maharshi, la sua vita, il suo insegnamento in riferimento all’Advaita Vedanta.
Ramana Maharshi chiamò René Guénon “Il Grande Sufi” ma non perché avesse preso l’iniziazione al Sufismo (nel 1912) ma per il fondamentale contributo manifestato nell’illuminare e tramandare, come mai era stato fatto in occidente, i significati più profondi e universali della Tradizione Primordiale, offrendo così un sicuro modello di riferimento. Guénon con la propria vita (esperienze, scelte, insegnamenti, comportamenti-paradossi) ha formulato il messaggio iniziatico per quanti, sinceri in cuor loro, intendano intraprendere e percorrere fino in fondo il viaggio dell’individuale nell’Universale (l’ottenimento della realizzazione metafisica). Egli, nelle sue opere, fa comprendere chiaramente come non siano sufficienti solo le letture e le meditazioni per progredire in campo spirituale ma necessaria una piena adesione sia all’esoterico sia all’exoterico per intraprendere un percorso autenticamente iniziatico.
Di seguito alcune perle di Bhagavan (Ramana Maharshi):
“Ciascuno dovrebbe poter andare per la sua strada, quella sola che può aiutarlo a formarsi. Non sarà bene convertirlo a un altro sentiero con la violenza. Il Guru andrà con il discepolo lungo il suo sentiero e gradualmente lo volgerà, quando il tempo è maturo, verso il sentiero supremo. Supponiamo che un’automobile vada a tutta velocità. Frenare e svoltare all’improvviso porterebbe a una catastrofe”.
“’Io sono Brahman’ è solo un pensiero. Chi lo dice? Brahman non lo dice di certo. Che bisogno ha di dirlo? Né può dirlo l’ ‘io’ reale. Infatti, l’ ‘io’ permane sempre come Brahman. Quindi è soltanto un pensiero. Pensiero di chi? Tutti i pensieri provengono dall’ ‘io’ irreale, cioè il pensiero dell’ ‘io’. Rimani senza pensare. Finché ci sarà il pensiero, ci sarà la paura”.
“In realtà non esistono manifestazioni della Sakti separate dal Sé. Il Sé è diventato tutte queste Sakti. Quando lo yogi raggiunge il più alto stato di consapevolezza spirituale (samadhi), è il Sé nel Cuore che lo sostiene in quello stato, sia che se ne renda conto o no. Ma, se la sua consapevolezza è centrata nel cuore, egli vede chiaramente che, quali che siano i centri o gli stati in cui si trova, è sempre la stessa verità, lo stesso cuore, l’unico Sé, lo spirito che è presente dal principio alla fine, eterno e immutabile. Il Tantra Sastra chiama il cuore Surya Mandala, orbita solare, e Sahasrara Chandra Mandala, orbita lunare. Ciò mostra l’importanza relativa dei due”.
“Il Sé è la Coscienza Pura. Tuttavia un uomo si identifica con il corpo, il quale non è senziente e non dice: “Io sono il corpo”. Qualcun altro lo dice. Il Sé, che non ha limiti, no. Chi lo dice? Un ‘io’ spurìo sorge a interporsi fra la Coscienza Pura e il corpo non-senziente e immagina di essere limitato al corpo. Cercatelo e svanirà come un fantasma. Il fantasma è l’ego o mente o individualità. Tutti i sastra si basano sul sorgere di questo fantasma, la cui eliminazione è il loro scopo. Il presente stato è pura illusione. Il traguardo è la sua dissoluzione e nient’altro”.
“Ci sono soltanto due vie per vincere il destino o rendersene indipendenti. Una è cercare di sapere chi subisce questo destino e scoprire che solo l’ego ne è schiavo, e non il Sé, e che l’ego è non-esistente. L’altra via è uccidere l’ego abbandonandoci completamente al Signore, rendendoci conto della nostra impotenza e dicendo tutto il tempo: ‘Non io, ma Tu, o mio Signore’, rinunciando a ogni senso di ‘io’ e ‘mio’ e lasciando al Signore di fare di noi ciò che Gli piace. L’abbandono non può mai essere considerato completo finchè il devoto vuole questo o quello dal Signore. Vero abbandono è l’amore di Dio per se stesso e per nient’altro, neppure per la salvezza. In altre parole, per vincere il destino, è necessario cancellare completamente l’ego mediante la ricerca del Sé o mediante il bhakti-marga”.
“Ciò che in verità esiste è solo il Sé. Il mondo, l’anima individuale, e Dio sono apparenze in esso, come l’argento nella madre perla; questi tre appaiono e scompaiono nel medesimo istante. Il Sé esiste dove non c’è assolutamente un ‘Io’ – pensiero. Ciò viene chiamato ‘Silenzio’. Il Sé stesso è il mondo; il Sé stesso è l’ ’Io’; il Sé stesso è Dio; tutto è Siva, il Sé”.
“Shankara diceva anche che questo mondo è Brahman o il Sé. Ciò a cui si opponeva è il pensiero che il Sé sia limitato dai nomi e dalle forme che costituiscono il mondo. Diceva semplicemente che il mondo non ha una realtà separata da Brahman. Brahman o il Sé è come uno schermo cinematografico, e il mondo come le immagini che vi sono proiettate. L’immagine si vede solo finché c’è uno schermo. Ma, quando l’osservatore stesso diventa lo schermo, rimane solo il Sé”.
“Ciò che viene chiamata ‘mente’ è un meraviglioso potere che risiede nel Sé. Essa origina tutti i pensieri. Tolti i pensieri, non esiste una tale cosa come la mente. Quindi, il pensiero è la natura della mente. Tolti i pensieri, non c’è un’entità indipendente chiamata mondo. Nel sonno profondo non ci sono pensieri, e non c’è mondo. Nello stato di veglia e di sogno, ci sono pensieri, e quindi anche il mondo. Così come il ragno emette il filo (della ragnatela) fuori da se stesso e poi lo riavvolge dentro, allo stesso modo la mente proietta fuori da se stessa il mondo e poi lo ritira dentro se stessa. Quando la mente esce dal Sé, appare il mondo. Quindi, quando il mondo appare (essere reale), non appare il Sé; e quando il Sé appare (brilla) il mondo non appare. Quando si investiga con persistenza la natura della mente, la mente finirà per lasciare il Sé (come un residuo). Quando si parla del Sé ci si riferisce all’Atman. La mente esiste sempre solo in dipendenza da qualcosa di grossolano; non può esistere da sola. È la mente che viene chiamata corpo sottile o anima (Jiva)”.
“Se i meriti e i demeriti si equivalgono, si rinasce immediatamente sulla terra; se i meriti prevalgono sui demeriti, il corpo sottile va in cielo; se prevalgono i demeriti, va all’inferno. Ma in entrambi i casi rinascerà più tardi sulla terra. Tutto ciò viene detto nelle Scritture, ma se si rimane semplicemente ciò che si è davvero, non c’è né nascita né morte”.
“Alla morte del corpo materiale, la mente rimane inattiva per un certo intervallo, come quando è priva di corpo nel sonno senza sogni. Poi diventa di nuovo attiva in un nuovo corpo, il corpo astrale, sino a riassumere un altro corpo materiale in quella che viene chiamata ‘rinascita’. Ma il Jnanin, il realizzato la cui mente ha già cessato di agire, non è influenzato dalla morte. Per lui la catena delle illusioni si è spezzata per sempre”.
“Gli Yoga Sastra dicono che il sahasrara o cervello è la sede del Sé. Il Purusa Sukta dichiara che la sua sede è il Cuore. Per mettere l’aspirante in grado di evitare ogni possibile dubbio, gli consiglio di prendere il filo o il bandolo dell’’io’ e seguirlo fino alla sua sorgente. In primo luogo, perché è impossibile a chiunque avere dubbi su questa nozione dell’’io’; in secondo luogo, perché, qualunque mezzo si adotti, la meta finale è la Realizzazione della sorgente dell’io-sono, che è ciò da cui prendere le mosse nella vostra esperienza. Se, dunque, praticherete la ricerca del Sé, raggiungerete il Cuore, che è poi il Sé”.
“… Alcune Upanisad parlano anche di centouno nadi che si diramano dal cuore, una delle quali è la nadi vitale. Se l’ego discende dall’alto e si riflette nel cervello, come dicono gli yogi, ci deve essere una superficie riflettente. Questa deve essere anche capace di confinare la Coscienza Infinita entro i limiti del corpo. In breve, l’Essere Universale diventa limitato come un ego. Tale mezzo riflettente è fornito dagli aggregati delle vasana dell’individuo. Si comporta come l’acqua in un vaso che riflette un oggetto. Se si vuota il vaso, l’immagine riflessa sparisce. L’oggetto rimarrà senza essere riflesso. Qui l’oggetto è l’Universale Essere-Coscienza, che è onnipervadente e perciò immanente. Esso non deve essere conosciuto per solo riflesso. È autorisplendente. Perciò i ricercatori devono mirare a vuotare il cuore delle vasana e a non lasciar ostruire la luce della Coscienza Eterna da nessuna coscienza riflettente. Ciò si consegue con la ricerca dell’origine dell’ego e immergendosi nel cuore. Questo è il sentiero diretto per l’Autorealizzazione. Chi lo adotta, non deve preoccuparsi di nadi, cervello, susumna, kundalini, del controllo del respiro e dei sei centri yogici.
Il Sé non proviene da nessun dove né entra nel corpo attraverso la corona del capo. È com’è, sempre risplendente, sempre costante, immobile e immutabile. I cambiamenti che si notano non sono inerenti al Sé, perché il Sé sta nel cuore ed è auto luminoso al pari del sole. I cambiamenti si vedono nella sua luce. La relazione fra il Sé e il corpo o la mente può essere paragonata a quella fra un cristallo trasparente e il suo sfondo. Se il cristallo è posto contro un fiore rosso, emette luce rossa, se contro il verde, luce verde, e così via. L’individuo si tiene entro i confini del corpo mutevole o della mente che deriva la propria esistenza dall’immutabile Sé. Tutto ciò che è necessario è abbandonare questa falsa identità e, fatto questo, si vedrà che il sempre-risplendente Sé è l’unica, non-duale Realtà”.
“Come ve lo immaginate un Jnani? È il corpo o qualcosa di diverso? Se è qualcosa di separato dal corpo, come può essere influenzato dal corpo? I libri parlano di diversi tipi di Liberazione, la videhamukti (senza il corpo) e la jivanmukti (con il corpo). Ci possono essere differenti stadi sul sentiero, ma non ci sono gradi di Liberazione”.
Consigliati
Sii ciò che sei. Ramana Maharshi ed il suo insegnamento, Il Punto D’Incontro
L’insegnamento di Ramana Maharshi, Vidyananda Edizioni 2004
L’Insegnamento Spirituale di Ramana Maharshi, Mediterranee
La presenza di Ramana Maharshi. Il suono del silenzio. Scritti inediti
Opere Ramana Maharshi, Astrolabio Ubaldini Edizioni 2012
La Verità Rivelata, L.S Gruppo Editoriale 2006
Chi sono io?, Il Punto D’Incontro 2013
Consigli per la pratica spirituale, Astrolabio Ubaldini 1999