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561. L’Islam non è il nemico

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Lo sconosciuto o il diverso non è il nemico. Ciò che non si comprende non è necessariamente il Male o “Qualcosa” da combattere. Onestà, buon senso, buona volontà, tolleranza, senso di responsabilità e amore potrebbero risolvere molti dei problemi e dei conflitti in questo mondo, indipendentemente dall’appartenenza ad una religione, dall’essere laico, ateo o satirico. Soprattutto, per essere veramente utili all’umanità, è importante essere onesti intellettualmente, senza inseguire mascherate logiche del profitto, del potere, del sovvertimento mondiale.

Prima di sviluppare l’argomento è importante far chiarezza sul significato di certi termini, motivo per il quale di seguito li presentiamo in tema della “Questione” affrontata: voci prese dal Vocabolario della lingua italiana (Devoto-Oli).

Religione s. f. 1. Il rapporto, variamente identificabile in manifestazioni interiori ed esteriori di omaggio, venerazione e adorazione, che lega l’uomo a quanto egli ritiene sacro o divino: r. naturale, quella che trae i suoi principi dalla ragione umana; r. rivelata, quella fondata su una rivelazione divina; r. cristiana, islamica, ebraica; storia delle r.; assol., la religione cristiana, e part. quella cattolica. 2. Comunità riconosciuta dall’autorità ecclesiastica, caratterizzata dai voti pubblici e intesa a svolgere opera di apostolato.

Religiosità s. f. 1. Partecipazione a un ideale religioso anche se non legato ad una particolare religione storica: un uomo di profonda r.; la r. mazziniana. 2. Profondo attaccamento o scrupolosa esattezza: conservare con r. un ricordo; osservare con r. i propri doveri.

Laicismo s. m. Atteggiamento che propugna la completa indipendenza e autonomia dello stato nei confronti di qls. Confessione religiosa.

Laicità s. f. Assoluta indipendenza e autonomia nei confronti della Chiesa Cattolica o di altra confessione religiosa: difendere la l. dello stato.

Laico agg. e s. m. (pl. –ci). 1. Credente cattolico non appartenente allo stato ecclesiastico (contrapposto a chierico); come agg. , concernente i credenti laici: apostolato l., i membri l. di una comunità / Religioso non sacerdote (detto anche frate l. o converso). 2. Contrapposto a confessionale, che nel proprio campo di attività rivendica un’assoluta indipendenza e autonomia di scelte nei confronti della Chiesa cattolica o di altra confessione religiosa: scuola l., stato l.

Ateo agg. Che nega l’esistenza di Dio / Come s. m. , chi professa l’ateismo.

Materialismo s. m. 1. Posizione filosofica che, identificando ogni aspetto della realtà con la materia, esclude la presenza e l’efficacia di un qls. Elemento superiore di carattere spirituale / M. storico, la concezione marxiana della storia, per cui la causa originaria e determinante di tutti i processi della vita sociale, politica e spirituale, è rappresentata dalla struttura economica della società, ossia dai rapporti di produzione, distribuzione e circolazione della ricchezza. 2. estens. Inclinazione ai godimenti terreni e ai piaceri dei sensi.

Spirituale agg. 1. Appartenente a una realtà immateriale, per lo più concepita come superiore o trascendente: sostanza s.; gli angeli sono creature s. 2. Relativo all’ambito proprio della vita religiosa, morale e intellettuale: valori s.; esigenze di carattere s. / Con opposizione più esplicita alla sfera materiale o sensibile: vantaggio s.; godimento s.; un amore s.; potere s., il potere del Pontefice e della Chiesa in quanto pertinente alla vita spirituale dei fedeli (contrapposto a temporale) / Relativo alla pratica religiosa e ascetica: esercizi s.

Spiritualità s. f. 1. Sensibilità ai valori spirituali: uomo di profonda s. / part. I complesso dei motivi che delineano una determinata concezione religiosa: la s. cristiana. 2. Natura o carattere spirituale: la s. di un rapporto.

Discriminazione s. f. Distinzione operata nel corso di un giudizio o di una classificazione / D. razziale, la politica attuata da diversi paesi nei confronti delle popolazioni di colore, negando loro gli stessi diritti dei bianchi e imponendo loro la segregazione in ghetti.

Satira s.f. 1. Genere di composizione poetica a carattere moralistico o comico, che mette in risalto, con espressioni che vanno dall’ironia pacata e discorsiva fino allo scherno e all’invettiva sferzante, costumi o atteggiamenti comuni alla generalità degli uomini, o tipici di una categoria o di un solo individuo: le s. di Orazio; la storia della s. latina; la s. del Parini; s. acerba, amara, mordace. 2 estens. Critica più o meno mordace (dal sarcasmo alla caricatura) verso aspetti o personaggi tipici della vita contemporanea: s. politica . (dal lat. tardo satira, class. satura; v. satura)

Satirico agg. (pl. m. – ci). Relativo alla satira: la letteratura s. latina / Rivolto a mettere in risalto gli aspetti negativi di un costume o di una situazione: un articolo s. // Come s. m., scrittore di satire.

Satireggiare v. tr. E intr. (satireggio, ecc.), lett. Colpire col moralismo o con lo scherno della satira: s. i costumi / intr. (aus. avere). Comporre satire.

Diritto s. m. (…) 3. Possibilità offerta e garantita ad una persona o ad una comunità da una valutazione morale (oggettiva o soggettiva) di meriti, fatti, circostanze: sostengo il d. di esprimere la mia opinione; chi ti dà il d. di darmi ordini?; avrò anch’io d. a un po’ di riposo; a buon d.; per giusti motivi (contrapposto a torto); a maggior d., con tanta più fondatezza, a più forte ragione. (…).

Libertà s. f. Stato di autonomia essenzialmente sentito come diritto, e come tale garantito da una precisa volontà e coscienza di ordine morale, sociale, politico: conquistare, mantenere, rivendicare la l.; la l. non deve degenerare in licenza / genrc. La situazione relativa all’assenza di costrizioni o limitazioni(l. di scelta; la l. dei mari) o, estens., di impegni o legami (il lavoro non mi lascia un attimo di l.), o anche, sempl. di motivi di ostacolo, impedimento, restrizione, pregiudizio (l. d’opinione, di parola, di voto); può anche riferirsi all’idea di agio, comodità (stare, mettersi il l.) o ritrovarsi in formule di cortesia che introducono un’opinione o una azione personale (scusi se mi prendo la l. di fare un’osservazione) / Negativamente, atto o episodio che rivela mancanza di controllo o di ritegno, o eccessiva confidenza o mancanza di rispetto: prendersi delle l.

Devoto-Oli Vocabolario della lingua italiana

Dalla enciclopedia della Treccani online stralci sull’Islam e sull’ateismo.

Islam. La grande religione monoteistica fondata in Arabia nel 7° sec. da Maometto e, collettivamente, il sistema sociale, culturale e politico che ne assume i principi.

1. Il sistema religioso

L’i. è l’ultima delle grandi religioni monoteistiche rivelate, dopo l’ebraismo e il cristianesimo. Suo fondamento è il Corano, testo rivelato in arabo a Maometto, attraverso l’arcangelo Gabriele, ritenuto ‘parola di dio’ e come tale perfetto e immutabile. È una religione universale, aperta a tutta l’umanità: per appartenere alla comunità dei credenti (umma) al seguace è sufficiente formulare in presenza di testimoni e con sincerità di intenti la professione di fede (shahada) ‘non c’è altro dio che Allah e Maometto è il suo inviato’.

1.1 Dio

Allah è unico, onnipotente, onnisciente, con illimitata libertà di volere: unico creatore dal nulla, agisce su tutte le cose dell’universo, giudice supremo, retribuisce gli uomini con il paradiso o l’inferno. Dal Corano e dalla tradizione (sunna) si sono tratti 99 epiteti, da cui la corrente teologica maggioritaria ha desunto i 13 attributi (sifat) di Dio: esistenza, eternità nel passato, eternità nel futuro, dissomiglianza da ogni cosa creata, indipendenza, unicità, vita, onniscienza, onnipotenza, volontà illimitata, udito, vista, parola. Ministri di dio sono gli angeli, e un angelo decaduto è il diavolo (Iblis) che istiga gli uomini al male. Inferiori agli angeli ma superiori all’uomo sono i ginn, creature soprannaturali del paganesimo arabo, divisi in buoni e cattivi.

1.2 Pratiche del culto 

Manca nell’i. una chiesa gerarchicamente costituita. Appartengono a ciò che impropriamente è chiamato clero , oltre all’insieme degli addetti alle moschee, privi di carattere sacro, l’imam o guida della preghiera comune, il khatib, che tiene la preghiera del venerdì, il mu’adhdhin, che dal minareto annuncia il momento delle preghiere, gli esperti di diritto canonico, e in generale i dotti (ulama), conoscitori delle cosiddette scienze rivelate, Corano, sunna e loro esegesi.
Le pratiche cultuali obbligatorie, a cui ogni musulmano in possesso delle sue facoltà psicofisiche è tenuto, sono i cinque arkan (‘pilastri’): a) la shahada, formulazione della professione di fede; b) la salat, preghiera canonica, da compiersi 5 volte al giorno (all’aurora, a mezzogiorno, a metà pomeriggio, al tramonto, alla sera), in stato di purità rituale ottenuta mediante abluzioni, in direzione (qibla) della Mecca, compiendo prosternazioni (rak’a) e recitando formule rigorosamente prescritte; particolarmente importante è la preghiera in comune del venerdì, tenuta poco prima di mezzogiorno e preceduta dalla khuṭba o predica rituale; c) il ṣaum, digiuno del mese di ramaḍan, cioè la completa astensione diurna da cibi, bevande, rapporti sessuali e fumo; d) la zakat, o elemosina rituale esclusiva dei musulmani; e) il hagg, pellegrinaggio alla Mecca, cui ogni musulmano che ne abbia la possibilità è tenuto almeno una volta nella vita. (…).

1.3 I libri rivelati, i profeti

Il Corano menziona il Pentateuco, o forse anche l’intero Antico Testamento, e il Vangelo; testi sacri che secondo Maometto differiscono dal Corano per la forma, non per la sostanza, salvo il caso in cui Dio abbia voluto abrogare con la definitiva rivelazione coranica precetti contenuti negli altri due. Ampliando spunti coranici, tuttavia, i musulmani ritengono l’Antico Testamento e il Vangelo nella loro forma attuale gravemente alterati.
Obbligatoria è la credenza nella missione divina dei profeti (rusul), inviati da Dio alle varie nazioni con testuali rivelazioni o messaggi divini: la serie coranica di tali inviati si apre con Adamo e termina con Maometto; profeta è anche Gesù, di cui il Corano ammette la nascita verginale, ma non che sia figlio di Dio e che sia stato realmente crocifisso. (…)”.

da http://www.treccani.it/enciclopedia/islam/

Ateismo Nel suo significato generale, negazione del divino. Il termine individua diverse posizioni a seconda del concetto di divino cui si oppone; storicamente quindi esistono vari a. in rapporto ai numerosi contesti speculativi e religiosi. Il significato del termine diviene tanto più ambiguo quando è usato polemicamente da chi difende un determinato sistema religioso contro chi vi si oppone: fu considerato ateo Socrate dai suoi giudici, atei i cristiani dai pagani (e reciprocamente i pagani dai cristiani), ateo nel Cinquecento (è appunto attorno alla metà del 16° sec. che i termini a. e ateo cominciarono a circolare in Europa in latino e nelle lingue volgari) chi favoriva la Riforma, ma atei anche i teologi cattolici per i teologi riformati, e così via. Senza dubbio può dirsi che in Occidente, l’a., malgrado la presenza di atei nelle più antiche dossografie (fra questi antesignano dell’a. compariva Diagora, l’‘ateo’), è proprio della filosofia moderna in rapporto alla erosione di scale di valori spiritualistico-cristiane e al costituirsi di orizzonti di pensiero gelosi della propria autonomia umana e mondana retta da un uso critico della ragione.
Dal punto di vista della storia delle religioni, mentre alcuni storici e sociologi del 19° sec. hanno affermato l’esistenza di un a. primordiale inteso come assenza di qualsiasi nozione del divino, altri invece hanno sostenuto che non esistono comunità prive di religione, per quanto embrionali ed elementari possano essere le sue manifestazioni. Riguardo poi alle cosiddette religioni atee, quali il buddhismo e il jainismo come anche altri sistemi filosofici indiani, questa denominazione è nata soltanto in relazione alla mancanza in esse della nozione di un Dio personale supremo e creatore.”.

da http://www.treccani.it/enciclopedia/islam/

La civiltà islamica è tra quelle orientali che più di tutte si avvicina all’Occidente. È, l’Islam, il naturale intermediario fra l’Oriente e l’Occidente: le sue caratteristiche ma anche la sua situazione geografica lo affermano. Nell’Islam si hanno due tipi di aspetti distinti da considerare, l’aspetto religioso e l’aspetto metafisico: quello religioso che ricollega le istituzioni sociali, e quello metafisico proprio dell’aspetto orientale. Il termine Islam incarna il senso esatto di questa tradizione che significa “sottomissione alla Volontà Divina”.

Molte delle affermazioni che fanno preoccupare gli occidentali sono solo delle affermazioni di principio, che hanno un carattere dottrinale.

Il vero Islam è pacifico e gli islamici vivono il senso spirituale della dottrina.
Le frange deviate che si sono fatte conoscere disseminando il terrore in Occidente non sono il vero Islam e non lo possono rappresentare: in tali espressioni è presente la corruzione Occidentale capace di avvelenare, con i suoi sistemi, ogni latitudine e longitudine del globo.
Si parla e si legge della jihad (degli jihadisti) come se questa fosse l’Islam o lo rappresentasse totalmente. Associare il vero Islam agli jihadisti è un grande errore: tutti coloro che uccidono e compiono stragi in nome della jihad sono solo terroristi assassini, vittime però di una disumana manipolazione esercitata da chi serve un potere (il “potere nascosto”) che non c’entra nulla con l’Islam ma lo utilizza. C’è un potere che, per creare strade favorevoli ai propri interessi pianificati, fa inscenare terribili coreografie (da una regia occulta), attentando alla vita e alla libertà di tutti. La diffusione strategica della paura e la restrizione delle libertà di tutti favoriscono l’oscuro piano planetario del “potere nascosto”.

Una società umana civile è tale se riesce a far convivere pacificamente più “modelli di pensiero”, anche opinioni contrastanti ma vissute in un clima di accettazione reciproca e di tolleranza. La guerra nasce prima nella mente e nel cuore degli individui e poi si concretizza con gli scontri d’opinione che se mantenuti, sostenuti e sponsorizzati, passano all’aggressione, alla violenza, alla guerra legalizzata.
Una società civile dovrebbe rispettare e far rispettare tutte le forme d’opinione, tutte le fedi religiose, tutte le espressioni filosofiche, tutte le concezioni dell’esistenza (materialista, spirituale). Ogni “punto di vista” merita rispetto, ma deve, a sua volta, rispettare tutti gli altri. Nessun “punto di vista” deve assumere atteggiamenti di superiorità e adoperarsi per conquistare una posizione sociale privilegiata sugli altri. Nessuno deve imporsi sugli altri: questa è l’espressione della vera libertà; la consapevolezza che ogni libertà di espressione deve darsi dei limiti, per non prevaricare, imporsi, opprimere.
Un religioso che uccide in nome di Dio è solo un assassino ma lo è anche un ateo se dovesse uccidere per difendere la propria opinione (politica, filosofica, esistenziale) opposta ad un’altra. Non c’è alcuna espressione di libertà nel provocare, a tutti i costi, un “animale inferocito” (il rifermento è a tutti quegli esaltati, da cui i veri islamici hanno preso distanza) senza ricorrere al buon senso e alla prudenza (che non è sottomissione o prova di debolezza ma solo di saggezza). Istigare un pazzo con un’arma in mano significa essere incoscienti e irresponsabili, occorre prendere in considerazione il contesto generale in cui il fatto avviene e le eventuali conseguenze che si possono scatenare. Non è un io creativo quello che a tutti i costi, in nome di una presunta libertà di espressione, preferisce affermare l’io egoista per non darla vinta a dei pazzi armati. Dare segno di saggia prudenza non mortifica la democrazia ma la migliora e la rafforza. Il saggio non istiga l’assassino feroce (fanatico, pazzo, terrorista, ecc.), specie se con un’arma in mano. Difendere un principio, a qualunque costo, sapendo di poter provocare una strage che può far male a tutti è un atto di grande irresponsabilità perché significa che la guerra che non c’è, la si vuole scatenare per forza e contro un falso e ingannevole obiettivo: significa voler entrare in una logica di guerra.
Una società civile deve certamente riconoscere, garantire e tutelare il diritto di espressione, ma questo diritto di espressione non deve essere identificato nel diritto di insulto, di offesa, di provocazione. E mai, comunque, reagire con la violenza. Una società è veramente civile ed evoluta se tiene conto, come sistema di governo, della identità-dignità di tutti.
Ogni religione merita rispetto. Ogni religione deve avere rispetto di tutte le altre religioni ma anche di coloro che esprimono una visione dell’esistenza senza un Dio. L’aspetto trascendentale di una religione non mortifica la ragione umana. Ogni scuola di pensiero materialista deve avere rispetto di ogni religione.
Un ateo che parla tanto di diritto alla libertà di espressione come mai, per affermare il proprio ateismo non conosce altra strada che il giudicare, l’offendere, il dare a stesso una posizione di superiorità rispetto al credente che ama definire ridicolo o tragico?
Il diritto di libertà di espressione vale, forse, solo per sé stesso in quanto ateo?
Perché chi crede in un principio superiore (invisibile) non deve meritare rispetto da parte di chi non crede ed essere, da esso, considerato dedito a delle vane stramberie?
Si sente dire che un credente non deve fare l’offeso finché non dimostra che l’essere invisibile in cui crede esiste. Questa affermazione è una vera cretineria che evade astutamente dalla vera questione fondamentale: il diritto della libertà di espressione è di tutti, sia religiosi, sia laici, sia atei. Il problema, infatti, non è se ciò in cui crede un credente esista davvero o meno ma che il credente ha diritto di essere rispettato in ciò che crede, come lo pretende l’ateo.
L’amore, ad esempio, è invisibile ma tutti ne hanno fatto esperienza concreta nella vita. Un innamorato, se viene offeso sull’oggetto del proprio amore, prima di offendersi deve forse dimostrare che il sentimento invisibile provato esiste? Non è forse umanamente normale e legittimo mostrare il proprio disappunto alla presenza dell’offesa ricevuta e perpetuata (ovviamente senza ricorrere alla violenza)? L’innamorato, comunque, dimostra la realtà dell’esistenza dell’amore provato con precise risposte comportamentali e comunicazionali di cui tutti possono rendersi conto. La stessa scienza, inoltre, ha dimostrato egregiamente come certe forze possano esistere senza poterne dare la dimostrazione ma osservandone soltanto gli effetti consequenziali.
Non è civile offendere, prendere in giro, considerare uno stupido chi considera “sacro” il proprio principio spirituale di riferimento.
Religiosi, laici e atei hanno lo stesso diritto di libertà di espressione: nessuno ha diritto però di esercitare la supremazia sull’altro, di dare potere sociale alla propria espressione.

Non tutti sanno che i metodi utilizzati per “governare” un Paese, per tenerlo forzatamente sotto controllo, sono metodi da intelligence. Ogni Paese, infatti, sembra non poter fare a meno di uno o più servizi di intelligence: a loro vengono affidati ingrati compiti, davvero disdicevoli. Su di loro si fanno cadere, a convenienza, le cose peggiori che uno Stato non si può permettere di confessare. Capita, a volte, in questo strato segreto dello Stato che si verifichi qualche scheggia impazzita che tradisce il segreto del proprio Paese per il segreto di un pagante migliore. È così che gli stessi Stati hanno creato inenarrabili vie della corruzione. Si fanno cose terribili per coprire, sovrapporre cose segrete ad altre ancora: così è nato l’invisibile mondo che avvelena con il suo operato oscuro il mondo visibile degli uomini-cittadini ignari.
Ai servizi segreti è affidato il compito della gestione del terrorismo: in molti casi crearlo, dirigerlo, controllarlo, diffonderlo o farlo fallire secondo l’utilità di chi governa segretamente il mondo.
I cittadini di un Paese vengono manipolati per mettere loro in bocca delle opinioni convenienti al “potere nascosto”. Per realizzare tali tecniche di manipolazione vengono assoldati uomini di tutte le discipline: psichiatri, psicologi, biologi, medici, fisici, chimici, informatici, cibernetici, comunicatori, giornalisti, coreografi, pubblicitari, militari, scienziati, ecclesiastici, ecc.

Gli esseri umani-cittadini ignorano di essere visti, dall’occhio invisibile del potere, come cavie per un oscuro progetto planetario. La cultura dominante viene appositamente alimentata per fornire opinioni confezionate per il cittadino, modelli di pensiero con cui pensare, parlare e comportarsi. Esistono apposite officine, in ogni ambito sociale, dove si preparano situazioni volte a fomentare la competitività e la frustrazione, in modo da generare conflitti: questi metodi vengono utilizzati all’interno di un paese ma anche a livello sovranazionale, quando si vuole mettere un Paese contro un altro Paese, o una cultura contro un’altra cultura, e finanche un genere sessuale contro l’altro (uomo, donna, omosessuale). Per ottenere tali voluti risultati il potere si serve degli specialisti della manipolazione e, tra questi, i più esperti sono i servizi di intelligence o, all’occasione, una sua scheggia inscenata come deviata. Per servire gli interessi del “potere nascosto” viene manipolato di tutto nel mondo: la politica, le istituzioni, l’economia, la finanza, il mercato del lavoro, il sindacato, i media, l’Educazione-Istruzione, il mondo dello spettacolo, lo sport, la scienza, il mondo ricreativo (sale da gioco, locali da ballo, ecc.).
I giovani, come quelli che hanno sfilato a Parigi, vengono bombardati da troppe parole che stanno tutte sullo stesso piano superficiale (come spot), parole che fanno massa ma non trasmettono nulla, parole che ingannano, parole che parlano sempre di cose che si rompono, che si oppongono, che si combattono, parole che ignorano le atmosfere eterne che si possono respirare, parole che parlano della vita mortale, parole che ricordano solo il futuro a loro sottratto.

La vera liberà è uno stato di coscienza: in mancanza di tale stato si è sempre schiavi di qualcuno. Alla presenza (interiore) di questo stato di coscienza i rapporti (che sono legami) vengono sentiti diversamente e, all’atto pratico, gestiti senza condizionamenti.
Tale stato è vissuto solo da una evoluta posizione coscienziale: quella dei grandi saggi.
La sincera via dell’esperienza può condurre lungo i gradini evolutivi del rapporto con la libertà nel quotidiano.
Ogni individuo deve trovare la giusta risposta, dentro di se, sulla libertà: chiedersi se si tratta di un concetto, di un principio filosofico o di una concessione. Non va cercata un’erudizione sulla libertà ma una risposta-esperienza interiore.
Di fronte a certi eventi, come quelli di Parigi, abbondano certi difensori della libertà che, inconsciamente o coscientemente, cercano di rendere schiavi gli altri alla propria opinione di libertà.
Non è con il plagio che si può diffondere il giusto senso della liberà, non è imprigionando il pensiero degli altri che si può difendere la libertà.
Un sano senso della libertà, quale diritto sacrosanto per tutti, dà la possibilità di porsi correttamente nel processo vitale dell’esistenza.

Sperimentare una interiore visione di connessione con tutti i membri liberi di un’umanità più illuminata può aiutare a trovare delle risposte e delle soluzioni sagge, quale il mondo di oggi ha bisogno.

La comunità umana è composta da molti individui, per questo esiste la libertà socio-politica, per armonizzare i singoli che reclamano legittimamente i loro propri diritti ma senza offendere o danneggiare il proprio simile.
La libertà socio-politica non deve essere licenza ma neanche libertà assoluta.
È impensabile poter fare ciò che si vuole squilibrando e disarmonizzando il corpo sociale.
Il rapporto cittadino-comunità si deve basare sulla libertà di poter fare delle richieste l’uno all’altro, cioè l’individuo alla comunità (richiesta dei diritti) e la comunità all’individuo (richiesta degli obblighi) in modo che la libertà applicata possa evolvere.

La libertà socio-politica può evolversi veramente quando i singoli individui affrontano dentro di sé la libertà psicologica, che riguarda il rapporto con le proprie istanze e il proprio sentire.

 

 

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