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564. … trait d’union fra arte, scienza e spiritualità di Graziella Ricci

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“To See the World in a Grain of Sand and
Heaven in a Wild Flower, Hold Infinity in the
Palm of your hand Eternity in an hour”
William Blake

“La più bella e profonda emozione che ci è
dato sperimentare è l’esperienza mistica. È
questo che dà potere a ogni autentica scienza”
Albert Einstein

 

Il punto di vista sistemico:
trait d’union fra arte, scienza e spiritualità

 

1 Introduzione

Lo scopo di questa relazione è rivolto alla prospettiva sistemica in una cornice di tipo metodologico, vale a dire, mostrare in quale modo la prospettiva sistemica, trait d’union fra arte, scienza e spiritualità, diventi oggi un approccio quasi obbligato nella dinamica comunicativa, se vogliamo effettuare il salto cognitivo al quale ci sta portando il momento attuale.
La complessità del nostro mondo è tale che non è possibile controllare i risultati emergenti dalla sua interazione sistemica. I cambiamenti sono troppo imprevedibili di fronte a una mente che è rimasta indietro nella sua maturazione rispetto ai tempi veloci del progresso tecnologico. Alla base di un mondo che cambia ad ogni istante, la prospettiva sistemica come trait d’union delle dimensioni più rilevanti scaturite dal pensiero umano deve essere riconsiderata con uno sguardo differente, a livello di approccio metodologico e comunicativo, per imparare un nuovo modo di pensare il nostro rapporto con il mondo.
In questo sguardo differente, uno degli strumenti essenziali è la metafora, modus operandi del pensiero ed elemento costante e costruttivo del linguaggio umano. Inizierò con un breve panorama storico del pensiero sistemico e poi accennerò brevemente ad alcuni strumenti disponibili – tra cui la metafora cognitiva – per far sì che la mente riesca ad effettuare il salto qualitativo che i tempi attuali impongono.

2 Breve panorama storico

Le caratteristiche principali del pensiero sistemico emersero simultaneamente in molte discipline,
nella prima metà del XX secolo, come risposta alle nuove conoscenze della biologia.
Con la scoperta degli organismi viventi come complessi integrati emerse la consapevolezza della complessità della vita e della totale interrelazione di tutti gli esseri ed alla scuola di pensiero meccanicistica del XIX secolo si oppose quella organica. Tuttavia, già verso la fine dell‘800, il movimento letterario e filosofico del Romanticismo aveva esercitato una forte opposizione al paradigma meccanicistico, aiutato anche dai filosofi romantici tedeschi come Schopenhauer e von Hartman. La concezione sistemica, apparsa prima in modo intuitivo in ambito artistico e filosofico, comportò una profonda rivoluzione del pensiero scientifico occidentale. Si può dire che una delle grandi divergenze tra il pensiero complesso e quello lineare risiede nel fatto che quello complesso non può essere capito attraverso l’analisi. Infatti, a partire dalle scoperte della fisica quantica, sappiamo che le proprietà intrinseche delle parti di un sistema possono essere comprese solo nella prospettiva di un insieme più ampio, che ogni sistema ha una complessità gerarchica che cresce ad ogni livello e che lo sguardo dell’osservatore modifica il sistema osservato. Questioni riguardanti la percezione e la rappresentazione del mondo diventano dunque processi piuttosto difficili da abbracciare con i soli strumenti analitici. Queste scoperte hanno cambiato completamente il rapporto sia tra le parti e il tutto, sia tra il tutto e il macrocontesto che lo contiene.
È stato il biologo austriaco Ludwig von Bertalanffy a fondare la teoria generale dei sistemi, ma già anni prima della sua pubblicazione del 1968 si parlava di proprietà emergenti e di approccio sistemico. Un’altra scoperta fondamentale in campo scientifico ebbe luogo il 25 aprile del 1953, quando apparve sulla rivista Nature l’articolo dell’americano J. Watson e del britannico F. Crick (entrambi Nobel nel 1962), che annunciarono di aver trovato la struttura a doppia elica del Dna o acido desossiribonucleico. Il rapporto tra le ricerche sul Dna, la prospettiva sistemica e le tecnologie virtuali hanno portato negli ultimi anni a sorprendenti risultati nel mondo delle cellule, anche nel rapporto tra il cervello e le diverse teorie della mente e hanno anche amplificato e collegato questioni apparentemente lontane, come l’interazione tra metafora, modalità cognitive e rappresentazione del mondo.
Fino a quel momento, cioè fino alla metà del XX secolo, in Europa specialmente, il rapporto della scienza con ciò che promulgavano le teorie filosofiche e spirituali non era dei migliori, perché il sapere non si era ancora globalizzato. Con la grande esplosione informatica degli anni ’80, con l’utilizzo massivo di internet abbinato a una tecnologia sempre più sofisticata, il mondo è mutato in modo sconvolgente. Parallelamente, negli ultimi 30 anni, si era assistito a una tale espansione delle scoperte scientifiche che la competenza specifica in un solo campo del sapere oggi è diventata obsoleta e non più sufficiente. La mente umana ha dovuto adattarsi velocemente al sapere collegiale, ai concetti di interdisciplinarità, di interrelazione, di significati trasversali e polisemantici. Tutto ciò ha richiesto una enorme apertura percettiva e mentale.
Un salto cognitivo che non tutti sono stati capaci di affrontare, perché l’esplosione dei saperi somiglia a quello che metaforicamente viene chiamato labirinto rizomatico: un labirinto senza centro, in costante espansione. Per questo motivo, le modalità di apprendimento per le nuove generazioni stanno cambiando radicalmente, visto che – con le nuove tecnologie – la loro mente si è modificata e non è più in grado di acquisire la conoscenza nello stesso modo in cui la si imparava o recepiva trent’anni fa. Oggi si parla metaforicamente di una scuola che diventa ‘liquida’ e di un ambiente d’apprendimento che non è più l’aula tradizionale bensí uno spazio policentrico, dove la lezione frontale lascia il posto ai processi collaborativi nei quali non esiste più la trasmissione della conoscenza. Questo implica per gli insegnanti un grande sforzo di adattamento nel passaggio dall’insegnamento tradizionale a un nuovo modello di condivisione dei percorsi di ricerca con gli studenti. È un’ottica nuova che comporta grossi cambiamenti cognitivi e anche comunicativi all’interno dei gruppi familiari e sociali. Cambiamenti che spingono a ripensare il modo di rapportarsi alla ricerca spirituale, per poter coinvolgere in modo effettivo anche le nuove generazioni. Infatti, la pluralità dei saperi si è spostata, non attinge più come risorsa principale al libro o al docente, come una volta, bensí alla competenza dell’utente nel sapersi addentrare nella rete virtuale. È dunque basilare saper valutare i livelli di importanza dell’informazione nella gerarchia dei saperi. In questo caso, sapersi muovere nella rete con prospettiva sistemica, cioè dal complesso al semplice, rende la ricerca molto più facile. Vediamo alcuni strumenti di supporto per effettuare il salto cognitivo richiesto dal momento storico.

3 Alcune strategie metodologiche di supporto alla prospettiva sistemica

Tra i cambiamenti fondamentali della società globale in cui viviamo si collocano le dinamiche comunicative che, proprio per la sempre più ampia interdipendenza e differenziazione dei saperi, assieme al dilagare di tablet, notebook e smartphone, porta a una crisi nelle dinamiche di ascolto e di reciproca convivenza e obbliga a una gestione creativa dei conflitti in rapporto alle forme di interazione dialogica. Il piacere di ascoltare, di saper osservare e di condividere i nuovi punti di vista, se possibile, con maggior consapevolezza, diventa un’arte che è importante sia imparare sia insegnare, se non vogliamo arrenderci alla crisi mondiale che s’intravvede a breve termine.
Due sono le prospettive che Gregory Bateson, noto studioso nel campo delle scienze sociali, considerava importanti nel mondo della complessità: mi riferisco alle dinamiche dell’umorismo e all’input cognitivo delle emozioni (Sclavi 2003: 10-11). Da un punto di vista fenomenologico, queste due prospettive, oltre alle metafore già menzionate, permettono di uscire dalle cornici lineari nelle quali siamo immersi e che sono parti del nostro modo di percepire il mondo. Sono strumenti che vanno abbinati a una metacornice di apprendimento. Quando si arriva a capire concetti come deuteroapprendimento (ossia apprendere ad apprendere o apprendimento di secondo grado), ci rendiamo conto che quasi nessuno di noi, nella cultura occidentale in cui siamo cresciuti, è in grado dispiegare come ha fatto a portare avanti questo deuteroapprendimento. Infatti, tutti crediamo di sapere come si fa a guardare un’opera d’arte, a leggere un buon libro, ad ascoltare la musica o a capire una nuova scoperta scientifica, il mondo del nostro prossimo. Ma non è detto che le credenze siano in tutto e per tutto d’accordo con la realtà dei fatti. La dimostrazione è la quantità di conflitti riguardanti la comunicazione tra i diversi campi del sapere. Conflitti generati da credenze in gran parte inconsapevoli ma che, come insegna la teosofia (e anche la biologia delle credenze), si possono modificare. Ad es., si dice che per gestire l’impulsività ci voglia il controllo dei sentimenti e delle emozioni, quando invece non è il controllo che ci rende consapevoli. La funzione delle emozioni è fornire l’informazione che stiamo attivando un pattern più o meno inconscio, perché ritenuto il più adeguato a una percezione scontata di un contesto. Questo presuppone un buon grado di autoconsapevolezza emozionale, che non ha nulla a che fare con il sentimentalismo o con la spontaneità, bensí con l’input cognitivo delle nostre emozioni. Eppure, anche se possiamo modificare l’automatismo delle credenze, e anche se parliamo spesso di cambiamento, quanto abbiamo davvero modificato di noi stessi nella nostra realtà, nel comportamento quotidiano nell’arco di 5 o 10 anni? Siamo ad anni luce da un comportamento che rispecchi la prospettiva sistemica e le nuove modalità mentali di insegnamento/apprendimento che il momento storico richiede.

3 a. La metafora cognitiva

Uno degli strumenti che ci viene in aiuto per comprendere questo salto di livello è la metafora cognitiva, diventata oggi un elemento di studio basilare nella ricerca scientifica. Da Aristotele in poi, la metafora (dal greco metà-phérein, spostare al di là, fuori dal campo originario) era una figura retorica, basata sull’analogia, atta ad abbellire il linguaggio poetico, il quale presupponeva un utilizzo inusuale del linguaggio. La metafora era pertanto considerata l’elemento chiave di tutte le forme di arte. Infatti, i simboli e le metafore dei vari tipi di arte e letteratura sono stati, lungo i secoli, strumenti privilegiati che hanno aiutato la mente umana non solo ad aprire nuove finestre sulla realtà, interiore ed esteriore, ma anche a far emergere e a rimodellare gli aspetti nascosti della psiche, in modo da permetterle spesso di trascendere le frontiere dell’Io.
Negli anni ’70, nasce una nuova attenzione epistemologica intorno alla metafora, quando si capisce la sua particolare complessità, in quanto modus operandi del pensiero e non solo componente essenziale del linguaggio. Vengono pubblicati numerosi studi sulla metafora e il suo elemento base, l’analogia, da prospettive diverse, all’incrocio tra semantica, linguistica, retorica, pragmatica e scienze cognitive, nell’intento di capire la dimensione ontologica, conoscitiva e interattiva delle figure metaforiche. Quindi, a partire dagli studi di Max Black, Paul Ricoeur, Lakoff e molti altri, la metafora come modo di conoscenza inizia a comparire anche nel linguaggio scientifico e il suo utilizzo in ambiti diversi da quelli tradizionali si espande in modo macroscopico. Nascono nuovi campi di ricerca e linguaggi innovativi collegati alla biogenetica, alle scienze neurocognitive e ai linguaggi artificiali. Campi dove la metafora, come componente cognitiva dei testi sia parlati sia scritti, viene impiegata con un doppio uso: a) come elemento sostitutivo, cioè come esempio pedagogico del discorso scientifico (ad es. il sistema solare in miniatura come modello per la struttura dell’atomo); b) come elemento costitutivo o interattivo, vale a dire come strumento del pensiero che crea campi nuovi attraverso isomorfismi e collegamenti innovativi. L’utilizzo differente della metafora come struttura cognitiva espande la densità semantica del discorso scientifico con grappoli linguistici di metafore ‘figlie’, permettendo cosí una ridescrizione metaforica del mondo. Si ha a che fare non solo con metafore basate sulla somiglianza ma anche con metafore creatrici di somiglianze e di isomorfismi, quindi strumenti di conoscenza. Si produce allora un capovolgimento dei risultati rispetto al linguaggio poetico perché, mentre la metafora poetica perde pregnanza significativa e diventa metafora morta o catacresi, a mano a mano che, con la ripetizione nel discorso quotidiano, la sua innovatività decresce, la metafora cognitiva acquista in campo scientifico una pluralità di significati sempre più validi, via via che il suo utilizzo si diffonde e irradia.
Anche in campo spirituale, la metafora è utilizzata nelle due modalità del discorso scientifico, come esempio pedagogico o illustrativo e come possibilità di accrescimento della conoscenza attraverso modalità isomorfe tra campi semantici diversi, oppure attraverso insight che possono illuminare il percorso evolutivo della mente. Anche in questo dominio la sua pregnanza significativa non decresce con l’uso. Ad es., ne La Voce del Silenzio, la densità semantica e poetica delle metafore apre al lettore un mondo di risonanze che intensificano la possibilità di approfondire la conoscenza spirituale. In questo senso, la metafora cognitiva avvicina i due mondi, quello scientifico e quello spirituale, oltre ad essere un valido supporto per utilizzare la prospettiva sistemica in chiave comunicativa.
La comprensione di ciò che implica la suddetta prospettiva sistemica, come trait d’union tra diversi domini, anche se non facile da applicare nella realtà a livello comunicativo e di apprendimento, dovrebbe portare l’essere umano mediamente maturo a capire la necessità imprescindibile di praticarla, visto che è anche quella che dovrebbe far modificare veramente il nostro punto di vista in ogni campo di ricerca.
Questa prospettiva, che spinge a fare un salto cognitivo dalle dinamiche dualistiche verso uno sguardo unificante e integrato, implica non soltanto saper modificare le nostre abitudini percettive e interpretative. Imparare ad imparare ad osservare, ad ascoltare e a collegare gli eventi in modo sistemico comporta poter riconoscere e praticare la distinzione tra cambiare punto di vista in un contesto noto e cambiare quel contesto. Questa sottile variante è la differenza che fa la differenza oggi nella pratica spirituale e, in modo specifico, in un contesto come quello delle diverse sedi teosofiche nel mondo.
Imparare e/o insegnare questo modo sistemico di ascoltare/osservare non è semplice per un duplice ostacolo: il primo è che ogni cultura, basata su credenze secolari, tende ad educare ad un etnocentrismo inconsapevole; il secondo è che ogni cultura tende a dare per scontati i contesti in cui si opera, quando ciò che si dovrebbe esplorare sono proprio quei contesti (Sclavi 2003:16). Il salto cognitivo non è una conseguenza del prova e riprova o dell’illustrare la questione con esempi e belle immagini, tutti strumenti che agiscono sempre allo stesso livello di apprendimento. Bisogna capovolgere la prospettiva, partire dal complesso per arrivare al semplice, e non viceversa. Se partiamo dal semplice, arriviamo velocemente al complicato, non al complesso.
Teniamo presente che più un ambiente è complesso, più le stesse cose e gli stessi eventi hanno significati diversi e incompatibili tra di loro. Questo vuol dire essere attenti alle situazioni di interfaccia, alla competenza comunicativa non riduzionista composta dalla seguente triade: ascolto attivo, autoconsapevolezza emozionale, gestione creativa dei conflitti (Sclavi 2003: 14-15). È un triangolo che richiede d’impratichirsi nelle tre dimensioni; se una manca, allora la dinamica non funziona bene. Mettere in pratica questo triangolo vuol dire accettare un ascolto attivo in modo da creare un’interazione di reciprocità nei gruppi di lavoro. Vuol dire gestire i conflitti creativamente senza l’urgenza di giudicare ed essere consapevoli delle eventuali tensioni o emozioni in atto. Vuol dire abituarsi a un modello del mondo pluri/verso anziché uni/verso, ma anche accettare umilmente lo sconcerto, l’imbarazzo degli sbagli, le dissonanze rispetto al commento altrui. Questi spiazzamenti interdialogici in un mondo sempre più complesso permettono al nostro piccolo io di capire che egli non è importante, che il suo essere un granello di sabbia nell’universo va riconsiderato nel gioco plurale di una comunità che mira all’Unità della Vita come possibilità fraterna di essere uno nella diversità. In questo senso, l’approccio umoristico – basato sul dialogo con le proprie emozioni – e la negoziazione sulla propria e altrui identità sono parte fondamentale della dinamica interattiva. L’abilità del buon comunicatore si manifesterà quindi non tanto nell’osservare le differenze nei comportamenti bensí nel sapersi muovere tra i processi circolari e le dinamiche di mutua coordinazione e cambiamenti dei contesti.

4 Conclusioni

Sappiamo che far fare un salto cognitivo alla nostra mente e allargare la nostra consapevolezza non è facile. Non lo era in passato ed è ancora più complicato nel nostro presente, così movimentato e complesso. Non a caso, i primi due requisiti del sentiero spirituale sono sempre stati viveka (discernimento) e vairagya (distacco), che acquistano oggi un significato ancora più profondo alla luce delle nuove problematiche create sia dal mondo virtuale sia dalla velocità delle scoperte scientifiche. Eppure la storia dell’evoluzione umana ci insegna che è basilare sfidare l’inerzia del nostro io e imbarcarci in un viaggio avventuroso verso le terre ignote dei nuovi comportamenti richiesti dalla prospettiva sistemica. L’urgenza del momento esige di cambiare per comprendere e non comprendere per cambiare, perché quest’ultima possibilità richiederebbe un tempo che non abbiamo più a disposizione. Questo significa che l’essere umano deve accettare di fare il salto coscienziale che gli permetterà di muoversi nell’ambito relazionale della triade già menzionata, in un’epistemologia alternativa in cui non solo l’osservatore è parte del sistema osservato, ma è anche consapevole di questo processo e può guardare se stesso muoversi dentro e fuori della circolarità comunicativa. E questo vale non solo per i contesti di ricerca scientifica ma anche per i contesti di ricerca spirituale.
Nel volume La biologia delle credenze, Bruce Lipton descrive il modo in cui la ricerca cellulare capovolse totalmente il suo sguardo sulla realtà, gettando nuovi ponti tra il mondo della Scienza e il mondo dello Spirito. Secondo Lipton, solo quando tutte e due le prospettive saranno riunite avremo a disposizione i mezzi per creare un mondo migliore.
Penso abbia tralasciato il fatto che il cambiamento nel mondo si produce a partire da un mutamento sostanziale nella coscienza dell’umanità, come ha spiegato per anni Krishnamurti. La nostra biosfera è stata segnata da almeno cinque estinzioni di massa e ognuna ha quasi spazzato via la vita del pianeta (Lipton 2006: 218). Se non riusciamo allora a cambiare velocemente la nostra programmazione biologica attraverso una trasformazione profonda della nostra consapevolezza, non riusciremo a risolvere la prossima sesta estinzione planetaria provocata, questa volta, dalla cecità dell’uomo.
Solo innescando un nuovo modo di pensare, di osservare e di ascoltare si possono trovare, come direbbe Einstein, soluzioni creative ai problemi prodotti dal vecchio modo di pensare e solo così Scienza e Spiritualità, in un mondo sempre più complesso, potranno andare avanti in un’unica danza gioiosa che le coinvolga entrambe.

Graziella Ricci
tratto dalla Rivista Italiana di Teosofia ANNO LXXI N. 1, Gennaio 2015
(www.teosofica.org)

 

Graziella Ricci è la Presidente del Gruppo Teosofico “Ars Regia H.P.B.” di Milano

 

Riferimenti bibliografici
Capra, Fritjof (1996), La rete della Vita (trad.it.), Milano, Rizzoli 1997.
Kandel, Eric. C. (2012), L’età dell’inconscio. Arte, mente e cervello dalla grande Vienna ai nostri giorni, (trad. it.), Milano, R. Cortina 2012.
Lipton, Bruce H. (2005). La Biologia delle Credenze (trad. it.), Cesena, Macroedizioni 2006.
Morabito, Carmen ed., La metafora nelle scienze cognitive, Milano, McGraw-Hill 2002.
Ricci, Graciela N., Il viaggio infinito. Tecniche e percorsi di trasformazione, Roma, M. Bonanno
Ricci, Graciela N. ed., Simboli e metafore di trasformazione nella dimensione pluriculturale delle lingue, delle letterature, delle arti. Heteroglossia n. 12, Macerata, EUM 2013.
Sclavi, Marianella, Arte di ascoltare e mondi possibili, Milano, Mondadori 2003.

 

 

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