I simboli esoterici che noi incontriamo nei nostri studi servono a risalire la vita celata dietro i simboli stessi, e contribuiscono alla conquista interna dello studioso e alla comprensione delle forme che appartengono al sublime patrimonio della storia esoterica.
I simboli servono a renderci più chiare le idee e sanno avvicinarci di più d’ogni altro discorso espresso a parole, poiché essi adottano espressioni allegoriche invece che astrazioni linguistiche. Sono usati nel loro contenuto conscio per evocare immagini dalla mente subconscia, e portano nel piano della coscienza ordinaria quel ricchissimo mondo sommerso, chiave perduta delle nostre ricerche interiori.
Si può dare come esempio: il cuore come simbolo dell’amore, la colomba simbolo della pace, il Sole simbolo della luce, la corona simbolo della regalità.
In questi esempi, un’immagine rappresenta un’idea, concreta o astratta.
È necessario ricordare che dal punto di vista esoterico si ritiene che gli astri, e particolarmente il Sole, costituiscono l’espressione materiale di possenti entità spirituali le quali, mediante il loro corso alterno e le relazioni reciproche, influiscono su tutto il creato determinando gli eventi e ciò si rende possibile in quanto l’uomo stesso è costituito degli stessi elementi.
Il significato simbolico delle grandi festività religiose può essere svelato risalendo alla loro origine, al tempo in cui gli uomini vivevano in contatto con la Natura, e confrontavano l'alternarsi delle stagioni con il corso degli astri ed a questi ricollegavano tutti gli eventi terreni.
Dall’alternarsi delle stagioni gli antichi scoprirono l’inizio dell’inverno e della primavera, i periodi più importanti per la vita dell’uomo e per la sua sopravvivenza. Con tali periodi si sono fatte coincidere le festività religiose del Natale e della Pasqua.
La manifestazione cosmica si svolge in un susseguirsi di cicli. Per quel che ci riguarda più da vicino possiamo osservare il ciclo Zodiacale costituito dalla precessione degli equinozi, che dura circa 2.000 anni, ed il Ciclo Solare connesso alla rotazione della Terra, che dura un anno. Questo Ciclo Solare fu associato, sin dalla notte dei tempi, alla venuta sulla Terra di una Divinità Solare che portava luce e messi alla Terra e vita all’umanità. La nascita di questa divinità avveniva al solstizio d’inverno, giorno in cui la costellazione della Vergine sorge all’orizzonte, quando il Sole scende alla massima declinazione per riprendere il cammino verso l’emisfero nord apportando nuovamente luce e calore fino a raggiungere il suo Zenit al solstizio d’estate. Tale giorno, fu consacrato al “Sol Invictus”, dio persiano Mithra il cui culto risaliva al 1400 a.C., successivamente diffuso nell’Impero Romano nel primo secolo della nostra era, e veniva celebrato il 25 dicembre. Nel compimento del ciclo Solare, nella religione cristiana viene espressa la liturgia dell’Ascensione che si rapporta, secondo gli insegnamenti teosofici, al percorso compiuto dall’Ego, l’eterno pellegrino.
Il Natale, richiamandosi al ciclo solare, era considerato come la “nascita” dell’Ego nell'essere umano e la sua crescita attraverso le prove invernali fino all'equinozio di primavera (che segna il risveglio della natura) allorquando, avendo superato l’oscurità e la morte, lo spirito dell’uomo risorge dalla materia.
Il simbolo della festa occidentale della Pasqua è posto, quindi, tra l’inverno che si conclude, e la Primavera che sta per iniziare.
La Pasqua nei primi secoli era officiata ogni domenica ed in seguito una volta all’anno al plenilunio dei mesi di marzo / aprile in coincidenza con la festa che ricordava l'esodo degli ebrei dall’Egitto e quindi la salvezza dalla “schiavitù”. Appena nel sesto secolo, fu stabilita la data mobile della Pasqua che deve cadere una domenica dopo il plenilunio di primavera.
H. P. Blavatsky nel suo articolo “Il carattere esoterico del Vangelo” con riferimento alla festività scrive:
“La venuta di Cristo significa la presenza di Christos in un mondo rigenerato, non già la venuta nel corpo di Cristo-Gesù. Questo Cristo non si deve cercare nel deserto o nelle ‘camere inferiori’ e neppure nel santuario di qualche tempio o Chiesa costruiti dall’uomo, poiché il Cristo – vero Salvatore esoterico – non è un uomo, bensì il Principio divino in ogni essere umano. Chi lotta per far risorgere lo spirito crocifisso dalle sue passioni terrene e seppellito profondamente nel ‘sepolcro’ della sua carne peccaminosa, chi ha la forza di rovesciare la pietra della materia dall’uscio del suo santuario interiore, fa risorgere il Cristo in lui”.
Esaminiamo i simboli collegati alla festa religiosa della Pasqua.
I simboli connessi a questa fase di transizione s’identificano astrologicamente con i segni dei Pesci e dell’Ariete, esotericamente con la Croce, e cosmogonicamente con l’uovo, simbolo di germe di vita.
Il simbolo della Croce
Per la maggior parte delle persone la Croce è semplicemente un simbolo religioso associato al Cristianesimo, ma se andiamo a vedere nella Storia del simbolo della Croce esistono molte varianti, la cui origine è molto più antica della Croce che il Cristianesimo ci ha tramandato. Tali varianti sono legate e fanno parte della filosofia pagana e della legge universale.
Noi come studiosi d’esoterismo dobbiamo considerare la Croce come uno dei più antichi simboli mistici ed accettare che essa fu adottata dalla cristianità come il più antico simbolo della dualità. Ovunque noi la vediamo rappresentata le dobbiamo manifestare un doppio rispetto, poiché è sacra come simbolo Cristiano del Sacrificio ed è ugualmente sacra come segno mistico della legge eterna la quale ci dice: “quando due opposti si incontrano si produce una manifestazione che è una combinazione della loro potenza”.
La parola “croce” deriva probabilmente dal sanscrito Krugga che significa “bastone”. I greci la chiamarono stauros “palo”; gli Ebrei “albero”. La croce, convergente con il numero quattro, era già nell’antichità precristiana un simbolo che evocava:
1 L’unione dei contrari (sopra, sotto, destra, sinistra);
2 La vita / l’asse orizzontale: il suolo e l’orizzonte sul quale vive l’uomo; l’asse verticale: il percorso terreno dalla nascita alla morte del corpo, crescita basso-alto o ascesi dell’anima al cielo;
3 Il tempo, collegando nella linea verticale il passato (in basso), il presente (incrocio con la linea orizzontale, rappresentante l’esistente) e il futuro (l’alto); ovvero l’ieri, l’oggi e il domani.
La croce era (ed è) rappresentata in varie forme:
1 Ansata o egiziana: derivata dal geroglifico ANKH, simbolo della vita, con forma di croce sormontata da un cerchio. Tale simbolo fu adottato dai cristiani copti che ne fecero un simbolo cristiano;
2 Commissa o greca: a T (lettera Tau dell’alfabeto greco);
3 Immissa o capitata o aperta o latina: la croce comune;
4 Croce di Lorena: a forma di X (lettera Chi dell’alfabeto greco);
5 Gammata: a forma di T (lettera Gamma dell’alfabeto greco);
6 Uncinata: costituita dall’unione di 4 croci gammate con orientamento verso sinistra (occidente), che schematizzava il moto apparente del Sole. Tale croce è stata anche unita al simbolo del cerchio; ricorda il movimento rotatorio e quindi la vita, nei simboli della croce runica (o celtica), e nella svastica. La croce runica (da runa, lettera dell’alfabeto arcaico delle popolazioni germaniche) unisce i due simboli sovrapposti, una croce a 4 bracci uguali ed un cerchio.
Dopo il supplizio di Cristo sulla croce si sono aggiunti altri significati religiosi e simboli:
La croce come albero della vita
L’asse verticale indica la connessione fra la terra e il cielo; questo, conficcato nella terra, simboleggia anche le radici della vita.
L’abbraccio del figlio di Dio all’umanità
L’abbraccio della Redenzione di cui il figlio di Dio si è fatto strumento, facendosi uomo.
La figura umana
La croce evoca anche la figura umana a braccia aperte ( ripresa anche dalla figura del normotipo di Leonardo da Vinci).
La croce a quattro braccia riporta al numero (4), il più simbolico fra i numeri e, quindi, al quadrato. La croce contiene anche il centro, quindi il superamento della quadrinomia mediante il raggiungimento dell’origine dei quattro elementi attraverso il passaggio al numero successivo, il cinque, ovvero alla “quintessenza”. La quintessenza simboleggia, quindi, l’elemento puramente immateriale, lo spirito del mondo, dal quale sono stati generati, e separati dal centro, nelle quattro direzioni i 4 elementi (aria, acqua, fuoco e terra).
Gli iniziati orientali, considerano il simbolo della croce, coetaneo del cerchio dell’Infinitudine Deifica e prima differenziazione dell’Essenza, l’unione tra Spirito e Materia.
Secondo l’allegoria astronomica Mercurio è figlio di Coelus e di Lux, del Cielo e della Luce, o Sole; in mitologia è la progenie di Giove e Maia. È il messaggero del Padre Giove, il Messia del Sole; in greco il suo nome Hermes significa tra l’altro “l’Interprete”, la Parola, il Logos o Verbo. Mercurio era raffigurato anche in forma di cubo. La forma cubica è quella che mette i Termini direttamente in relazione con la Croce in quanto il cubo disteso diventa una croce in forma di T maiuscola che i greci chiamavano Tau (croce egizia).
Porfirio nel Pimandro insegna che la Parola di Hermes ora interpretata “Parola di Dio” è una Parola Creatrice “Verbum”, è il principio seminale sparso per tutto l’Universo.
In Alchimia “Mercurio” è il principio umido, l’acqua primitiva o elementare contenente il Seme dell’Universo, fecondata dal Fuoco Solare. Per esprimere il principio fecondatore, gli egiziani alla croce aggiungevano spesso un fallo (per rappresentare l’unione del maschio e della femmina, del verticale e l’orizzontale). Gli egiziani conoscevano il simbolo della Croce sotto un’altra forma: la TAU sormontata da un anello che chiamarono ANKH, la Croce dei Faraoni, chiamata anche specchio di Venere in quanto rappresenta la riproduzione. Noi la chiamiamo abitualmente con il suo nome latino, Croce Ansata.
Per gli Egiziani il simbolo della Croce Ansata è quello fra i più frequenti della medicina magico-religiosa. Essa trovò la sua più alta collocazione presso i Sacerdoti di Ammon il Dio di Tope ed era il simbolo della Creazione e della generazione. L’idea di un uomo attaccato alla croce era coordinata con quella dell’origine della vita umana, e quindi con la forma fallica. Una testa umana era a volte aggiunta al simbolo come a riprodurre l’esatta immagine dello Spirito che s’introduceva nella materia; vale a dire l’immagine del Crocefisso.
Il cerchio e la croce sono inseparabili … la Croce Ansata unisce il cerchio e la croce a quattro bracci. In conseguenza di questo, il cerchio e la croce sono diventati talvolta intercambiabili. Per esempio il Cakra (o disco di Visnu), è un cerchio; il nome denota la circolazione, la rotazione come nella Svastica (o nel Filfot del Dio Thor) dove a ciascuna delle quattro estremità della croce si trova un quarto di una curva oviforme, e se questi quattro si avvicinano formano un ovale; così la figura combina la croce col cerchio attorno, diviso in quattro parti. Il fiore di loto a quattro petali di Buddha è ugualmente raffigurato al centro di questa croce, essendo il loto una versione egiziana e indù dei quattro bracci.
Il cerchio rappresenta anche la periodicità, il ciclo del tempo. In tal senso la Croce equivale al ciclo dell’anno. I quattro archi, se riuniti insieme, formerebbero dunque, un’ellisse. Quest’ellisse denota l’orbita della Terra e si configura come croce dei due equinozi e dei due solstizi manifestando in tal modo l’aspetto astronomico del doppio glifo.
L’emblema della ruota unisce la croce e il cerchio in uno formando il nodo Ankh. Le Ankh simbolizzavano la vita, non animica solamente ma la vita nel senso di continuità. Ha avuto anche un significato speciale in un nome o un titolo come quello del Faraone Tout (Ank) Amon . Nelle decorazioni murali, nei tempi e nelle tombe egizie, i personaggi reali e i sacerdoti erano rappresentati con il simbolo della vita in mano, difatti prima della diciottesima dinastia, solo i re e i membri del clero erano considerati come aventi accesso all’immortalità e, per questa ragione, il simbolo dell’immortalità è stato reso visibile sulle loro persone. Assicurava la protezione della Divinità a chi lo portava addosso. Il simbolo della vita veniva anche esposto nei sacri templi dove la medicina era insegnata insieme alla magia. Questo binomio si protrasse fino alla riforma del Faraone Aton, quando la medicina si staccò dalla magia e tra le due si venne a formare un incolmabile abisso.
Questo simbolo era inciso sulle tombe come amuleto per vegliare i morti e conferire loro l’attribuzione di una nuova vita. La Croce ansata simbolizzava l’immortalità divina trasmessa all’uomo. In chiave astronomica, la parte superiore della Croce ansata è il geroglifico Ru, posto sopra la croce del Tau. Il Ru è la porta, l’entrata e l’apertura d’uscita; denota il luogo nel quadrante settentrionale del cielo, dal quale il Sole Nasce. In questo quadrante settentrionale, la Dea delle Sette Stelle, l’Orsa Maggiore disegnava in cielo nel suo movimento di rivoluzione la prima forma della croce Ank, un semplice cappio che avrebbe contenuto in una sola immagine il cerchio e la croce. Questo rappresenta il cerchio percorso nel cielo settentrionale dell’Orsa Maggiore che costituì il quadrante e luogo della nascita del tempo.
Il nodo Ank lo troviamo nell’induismo sotto il nome di Pasa, una corda che Siva con quattro braccia tiene nel suo braccio destro inferiore, e significa la “porta stretta” che conduce nel Regno dei Cieli, piuttosto che il “luogo di nascita” in senso fisiologico.
Tornando a parlare della Croce connessa con la Pasqua e l’equinozio di Primavera possiamo fare le seguenti osservazioni:
Fino al Concilio di Nicea dell’anno 325 la più antica rappresentazione del dramma di Gesù, il Maestro, il rappresentante in Terra del Dio solare il quale era rappresentato col simbolo dell’agnello (ariete); fu in seguito che si adottò il simbolo della Croce e della crocifissione. Le tre croci del Monte Calvario rappresentano le croci zodiacali: mutevole, fissa e cardinale le quali rappresentano, inoltre, le forme di Dio immanente nella materia. Da allora questa festa fu commemorata il venerdì seguente il plenilunio dell’ariete e ricordata sul Monte Calvario, che in ebraico significa cranio, ad indicare che in questo posto venne sepolto prima il primo uomo Adamo, e poi Abramo, progenitore degli israeliti.
Attraverso il mistero del Golgota e la morte di Gesù ci furono descritti la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra.
La Pasqua va vista quindi con la tradizione cosmica collaterale. La morte della crocifissione si contrappone alla tradizione mistica del Dio della vegetazione. Da un lato il Dio solare che rinasceva dopo essere entrato nel grembo della terra, e dall’altro la morte del Dio della vegetazione, festeggiata dopo tre giorni.
Dal “Viridarium chymicum” di Daniele Stolcio di Stolcenmberg pubblicato a Francoforte nel 1624 si legge nella sesta tavola:
Putrefactio
È necessario che il seme per prima cosa imputridisca e simultaneamente muoia affinché rinasca alle superne facoltà.
Mai nulla vidi crescere senza tale procedimento.
Senza tale procedimento anche tu sarai vacuo.
Pertanto, mentre la pallida morte con la Falce ucciderà gli amanti,
In quel momento stesso Vulcano darà nuovi fili alla vita.
Il simbolo dell’uovo
L’uovo, che nel suo stesso involucro e per la sua forma racchiude il germe della vita, della riproduzione, della continuità e, quindi, dell’immortalità, rappresentò nel tempo l’archetipo psichico della cellula primaria, sorgente magica della vita.
Preso come simbolo della potenza femminile della natura, è stato rappresentato come vergine madre, come caos, come abisso primordiale; ed essendo sferoide, come emblema dell’eternità e dell’infinito, origine del microcosmo e del macrocosmo, la manifestazione in miniatura del processo creativo dell’evoluzione cosmica.
Fin dalle primissime concezioni dell’uomo, esso fu considerato da tutti i popoli come il simbolo che avrebbe rappresentato nel miglior modo possibile l’origine ed il segreto dell’Essere e, per questo, fu venerato tanto per la sua forma quanto per il suo mistero interiore.
L’uovo fu venerato anche per la sua forma sferoidale che fu individuata quale rappresentazione primordiale di tutte le cose, dall’atomo al globo, dall’uomo visto nel suo involucro aurico, all’Angelo (i serafini sono detti Globi alati).
La sfera o il circolo è l’emblema dell’eternità e dell’infinito; citiamo a questo proposito il simbolo del serpente che si morde la coda.
I fenici considerarono l’uovo il “grembo” dell’amore e del genere umano, il “mezzo” che reca in sé la vita e tutto ciò che può servire ad essa nell’universo. La stessa concezione dei Fenici fu conosciuta dalla Fenicia all’India, dalla Cina all’Oceania ed all’Iran.
Nella cosmogonia orfica veniva rappresentato come “uovo cosmico”, contenitore del tempo, dello spazio e della materia, dal quale derivarono tutti gli esseri, dei e semidei.
Fra i greci l’Uovo Orfico faceva parte dei Misteri Dionisiaci, durante i quali L’Uovo del Mondo veniva consacrato e ove si spiegava il suo significato.
Aristofane, in Nuvole, 693, dice “Il Caos, La Notte, L’Erebo ed il Tartaro erano esseri primitivi: La Notte produsse un uovo nel seno infinito dell’Erebo e ne uscì l’Amore che legò tutte le cose insieme e produsse il Cielo, l’oceano, la terra e gli dei”. Dall’uovo di Leda della tradizione greca nacquero Apollo e Latona, Castore e Polluce.
Secondo la mitologia greca, il primogenito del Mondo fu Dionisio che uscì dall’Uovo del Mondo e dal quale derivarono i Mortali e gli Immortali. Similmente alla visione gnostica di Sophia che esce dal Pleroma.
Diodoro Siculo ci dice che Osiride fu generato dall’uovo. Allo stesso modo di BRAHMA della tradizione indù sorge dall’Hiranyagarbha, uovo d’oro (Hiranya significa risplendente, brillante, piuttosto che d’oro).
In Egitto l’uovo era consacrato ad Iside ed era il simbolo della vita immortale e dell’eternità, preso come glifo della matrice generatrice. Nel rituale egiziano si parla di Seb, il Dio del Tempo e della Terra che depone un uovo o l’Universo nel KHOOM, acqua dello spazio, principio femminile astratto.
Nel Libro dei Morti, il Dio RA è rappresentato come radiante nel suo Uovo (il Sole).
I Cinesi descrivono la nascita del loro primo uomo da un uovo che Tien, il loro Assoluto, lasciò cadere dal Cielo sulla terra.
I testi sanscriti alludono ad un immenso uovo da cui sarebbero sgorgati i celesti.
L’autrice della “Dottrina Segreta” Helena Petrovna Blavatsky, nel Proemio descrive la visione di un manoscritto arcaico “Le Stanze del Libro di Dzyan”, formato di foglie di palma rese inalterabili all’acqua, al fuoco e all’aria mediante un processo specifico sconosciuto. Sulla prima pagina di questo Testo appare un disco bianco immacolato, su fondo nero. Sulla seguente vi è un disco simile, con un punto nel centro. Lo studioso di teosofia sa che il primo rappresenta il Cosmo nell’Eternità, prima del risveglio dell’Energia ancora assopita. Il punto nel circolo fino allora immacolato, Spazio ed eternità in Pralaya, indica l’aurora della differenziazione. È il punto nell’Uovo del Mondo, il Germe che diverrà l’Universo; un Germe che è periodicamente ed alternativamente latente ed attivo. Il circolo intero è l’Unità divina da cui tutto procede, a cui tutto ritorna. E’ su questo piano che cominciano le manifestazioni Manvantariche, cioè la realizzazione del Mondo manifestato.
Nella Stanza III, del manoscritto citato, al terzo versetto è così riportato: “La Tenebra irradia la Luce e la Luce lascia cadere un Raggio Solitario nelle acque, nella Profondità Madre. Il Raggio dardeggia attraverso l’Uovo Vergine, il Raggio causa un fremito nell’Uovo Eterno ed esso lascia cadere il Germe Non Eterno che si condensa nell’Uovo del Mondo”.
Nella visione moderna degli astronomi, dei fisici, e dei filosofi più avanzati, la teoria nebulare dell’Universo è raffigurata con la cellula uovo contenente un centro vibrante che eccita il centro stesso della vita della stessa cellula. Questa teoria ricalca i miti attorno all’uovo, embrione caotico Primum della materia, eterno pellegrino che dopo un processo evolutivo libera dal suo seno il frutto della vita ripetendo in eterno la fine di un periodo, o di uno stato d’essere, e l’inizio di un altro.
Molti popoli dunque hanno avuto e continuano ad avere in comune la tradizione dell’uovo che fu inserita in una delle più grandi feste annuali che segnavano la fine di un ciclo astrologico cosmico e l’inizio di un altro. Fu Mosè il primo che attivò in occidente la festa ebraica della Pasqua nella quale l’uovo e l’agnello erano stati da allora adottati come simboli d’immolazione e resurrezione della divinità.
Da tempi immemorabili l’Umanità ogni anno nell’equinozio di Primavera festeggia la presenza immanente della divinità nella materia, collegando la tradizione mistica del dio della vegetazione, il dio Sole, che sacrifica se stesso penetrando il grembo della materia e rinascendo dopo tre giorni dalla mutazione chiamata morte.
Ricordiamo che l’equinozio è l’istante in cui il Sole muovendosi sull’eclittica si trova esattamente sull’equatore terrestre vale a dire ad uno dei due nodi della sua orbita rispetto all’equatore celeste. L’equinozio di primavera cade il 21 marzo.
I Magi dell’antichità, che erano fra l’altro anche astrologi, sapevano che con l’entrata della precessione degli equinozi nel segno zodiacale dei Pesci, veniva sacrificato l’Ariete che era l’espressione della volontà e del potere della vita che si incarnava nella materia.
In tutte le antiche religioni, in questo periodo dell’equinozio di primavera, si celebrava la morte e resurrezione di una divinità solare, di un uomo divino, o di un grande eroe celeste. Era il segno della fine di un grande ciclo cosmico.
Dal punto di vista astrologico l’Ariete, come si sa, fa parte con il Leone e il Sagittario della triplicità del segno del fuoco, il fuoco divino che consuma purificando.
Quindi il simbolo della materia, con una serie di resurrezioni, fa ritorno nel Regno di Dio, nel Regno del Padre.
Tutte le dottrine delle principali religioni sono fondate su questa verità, ed è la stessa che troviamo rappresentata allegoricamente nella Bhagavad-Gita, nella battaglia sostenuta da Arjuna contro il suo “Io”, per potersi unire a KRISNA; è l’ego che rinasce e muore di nuovo più e più volte, ed in ogni ricorrenza della Pasqua ripete l’atto cosmogonico: in altre parole la fine di un periodo di tempo e l’inizio di un nuovo, basato su un sistema di ritmi cosmici della rigenerazione della vita.
Anche Krisna, nei libri sacri indiani, è ucciso dopo aver compiuto l’opera di redenzione.
Nell’antica Persia si parla anche di resurrezioni: Mitra il Figlio di Dio redime per mezzo della resurrezione. Nell’Atharva, antico testo persiano, leggiamo: “Egli verrà e la vita non avrà più paura della morte, il tempo della putrefazione avrà fine, Egli rinnoverà il sangue di tutti gli esseri, purificherà le anime e tutti i corpi risorgeranno”.
Nelle iniziazioni degli antichi misteri era vissuta questa fase del Dio che s’incarna e risorge. Nell’antico Egitto, nei giorni d’equinozio, il candidato all’iniziazione doveva scendere nel sarcofago ed entrare simbolicamente nel grembo della terra per uscirne il mattino successivo a rappresentare la resurrezione della vita, dopo la mutazione chiamata morte. Nei Grandi Misteri, questo rito durava due giorni. Il candidato veniva legato ad un letto a forma di croce, e dopo atroci prove, e lasciato al buio, il candidato otteneva lo sdoppiamento della personalità; al sorgere del terzo giorno, ormai in possesso della relazione tra visibile ed invisibile, veniva liberato.
In Babilonia si commemorava il Dio Tammuz. Così avveniva anche in Persia col Dio Mitra.
In Grecia Bacco veniva fatto a pezzi simbolicamente dai Titani, ma dopo tre giorni di permanenza nell’Ade, risuscitava, così come in Egitto Osiride veniva ucciso da Tifoen, il serpente del male.
Anche nell’antico Jucatan (America Centrale) il Dio Bacab veniva crocefisso e dopo tre giorni risuscitava e saliva in cielo.
Nell’Antico Testamento leggiamo che fu Mosè il primo ad istituire la festa ebraica della Pasqua per ricordare la liberazione degli Israeliti dall’Egitto, quando l’Angelo sterminatore imperversando sull’Egitto lasciò indenni gli Israeliti che avevano segnato preventivamente le porte delle loro case col sangue dell’agnello che veniva immolato in quel tempo, e le carni mangiate insieme al pane azzimo (tradizione comune anche ad altri popoli antichi).
I simboli dei Pesci e dell’Ariete.
Il segno astrologico dei Pesci, abbraccia l’arco dei giorni che vanno dal 22 febbraio al 21 marzo d’ogni anno. Questo segno è rappresentato da due pesci legati che nuotano uno rivolto al nord e l’altro allo Zenit. Questo segno simboleggia la fase di passaggio tra il periodo invernale, che termina, e la primavera che sta per iniziare e il suo motto è: “Io lascio la casa del Padre e, tornando indietro io salvo”.
A questo segno nell’antichità furono accostati: il simbolo del delfino e dell’elefante, rappresentazioni di Giove, pianeta e divinità, che aveva il domicilio notturno nella costellazione dei pesci.
L’elefante fu preso come simbolo di potenza e di saggezza e preso a modello di longevità, poiché i suoi anni di vita si prolungano oltre quelli dell’uomo.
Il delfino, dal punto di vista mitologico, era collegato al Dio Apollo, a Dionisio, Bacco e a Poseidon-Nettuno. Appariva agli occhi degli antichi come cavalcatura degli dei marini e simboleggiava l’amicizia fra gli uomini e le divinità marine.
Questo segno è l’ultimo dei segni dello Zodiaco, l’ultima prova. È un segno d’acqua, è mutevole e appartiene al secondo Raggio o Raggio dell’Amore- Saggezza, ha affinità col piano astrale o piano emotivo, tanto nel suo lato mistico, purificatore ed evolutivo, quanto nel suo lato più basso con tutto ciò che si riferisce ai sensi.
Il segno dei Pesci è la dodicesima porta che l’aspirante deve oltrepassare affinché il ciclo sia completo. È la dodicesima fatica che il grande iniziato Ercole ha dovuto sostenere prima di iniziare il suo compito cosmico.
Il significato del segno dei Pesci è dunque quello dell’interazione con l’Universo, dell’adesione all’unità superiore, della liberazione totale dei veicoli con la dimensione della materia.
Lo stesso segno è stato ripreso dall’iconografia cristiana che vi ha raffigurato Cristo stesso amico dell’Umanità, Salvatore e guida nelle acque procellose dell’esistenza.
Analizziamo, adesso il segno dell’Ariete unito simbolicamente al cavallo bianco degli antichi Arii Vedici e al cavallo bianco descritto nell’Apocalisse:
Col 21 marzo entriamo nell’Equinozio di primavera sotto il segno dell’Ariete. L’Ariete è un segno di fuoco ed è legato alla seconda persona della sacra Trinità o della divina Trimurti.
È sotto il segno dell’Ariete che ha inizio nell’Umanità l’individualizzazione. In pratica l’uomo dal regno animale passa al quarto regno della natura, vale a dire all’Uomo, sviluppando il corpo mentale attraverso il quale il pensiero divino si manifesta.
La simbologia del cavallo bianco degli antichi inni Vedici ha la stessa simbologia dell’ariete e ricordiamo che il cavallo bianco chiamato KALKI o ASHVA veniva allevato e reso poi libero per un anno di vagare per i campi e dopo un anno, in una manifestazione che durava tre giorni, e veniva sacrificato come l’ariete degli ebrei.
Nell’Apocalisse Cap. 19 leggiamo: “ Poi vidi il cielo aperto ed ecco un cavallo bianco e colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e il Verace …, gli eserciti che sono in cielo lo seguivano sopra cavalli bianchi”.
Il cavallo bianco e l’ariete rappresentano l’attività intellettuale, il corpo mentale illuminato dell’uomo spirituale. Essi sono legati alle dodici fatiche di Ercole e ai dodici figli di Giacobbe. Sono entrambi presi come simboli cosmici dell’anno solare e come canale lungo il quale la conoscenza è distribuita nei diversi regni.
Difatti il motto del segno dell’Ariete è: “Io mi manifesto e dal piano della mente governo”.
Anticamente gli uomini avevano stabilito grandi feste in onore del potere generativo, il potere della natura (al momento in cui questa produceva i frutti) attraverso il Culto di Priapo e con l’esibizione in pubblico del simbolo della generazione, il fallo, o di un albero con fronde o senza. Queste feste segnavano sempre cadenze di un tempo strutturato secondo il ciclo della stagione ed erano rituali di pratiche magico-religiose volti a propiziare, attraverso l’offerta delle primizie o l’esibizione di simboli, l’abbondanza della natura e la continuità della vita.
Nel Medioevo in tutta l’Europa si celebravano nei mesi d’Aprile e maggio feste che comprendevano Pasqua, May day e la festa del solstizio d’estate; feste che sembravano mescolate all’origine del culto di Priapo, festa caratteristica degli antichi Romani.
Molte di queste feste, con l’immissione di pregiudizi acquisiti durante secoli dall’umanità (non esistenti certamente all’epoca in cui i simboli della generazione erano simboli mistici di culti), con l’aggiunta dell’avvento del feticismo della morale corrente, sono diventate da simboli del principio creatore in simboli di peccato, del male, e perciò ritenuti impuri, combattuti e sostituiti con altri simboli che conservano sempre, per chi sa leggere, l’origine dei simboli stessi. Le feste dei Liberalia si sono tramandate fino ai nostri giorni e sembra che in Francia presso la Rochelle in Santiague sussistesse fino a poco tempo fa il costume di fare piccoli dolci in forma di fallo e offrirli a Pasqua trasportandoli di casa in casa.
Lo scrittore francese Dulonne ci dice anche che la domenica delle Palme veniva chiamata la festa dei pini, “pine” che in linguaggio popolare e volgare in Francia è il nome comune del membro virile. Anche a Saint-Feou d’Angely esisteva un simile uso di fare dei piccoli dolci chiamati fateux e portarli in processione alla Fete de Dieu o Corpus Cristi.
Questa usanza derivata dai Romani sembra si sia perpetuata durante tutto il Medioevo e se ne trova traccia fino al XIV e al XV secolo.
Tornando indietro anche nell’antica Grecia si svolgevano in questo periodo allegre processioni che vedevano i giovani sfilare carichi di rami d’ulivo o di lauro, da cui pendevano dolci frutti, vasetti d’olio e di vino, tutti simboli delle rinnovate forze della natura.
Queste feste si ricollegavano ai riti agricoli nati, quando l’uomo imparò a coltivare la terra.
Come abbiamo potuto vedere, la festa della Pasqua dei Cristiani e le altre feste che la precedono o che sono state poste dopo, affondano le radici nella notte dei tempi e sono state e sono ancora comuni a tutte le religioni.
La Pasqua anticamente era intesa dagli ebrei, non solo come l’Esodo dall’Egitto, ma anche come una festa patriarcale che si celebrava con canti, danze e offerta delle primizie, specialmente degli agnelli nati nell'anno. In questo modo 1’agnello rappresentava il simbolo del riscatto dalle forze oscure dell’inverno e l’inizio del nuovo ciclo primaverile.
Pasqua che in ebraico significa passare oltre, ci ricorda che l’umanità è passata da un lungo e doloroso ciclo di morte e di distruzione con la crocifissione che è il “tema del sangue” e che domina tutto l’anno con il ritratto del Cristo, ma che con la Pasqua il Cristo come presenza viva emerge alla luce dopo tre giorni in un anno nuovo.
Questi simboli in precedenza esaminati sono alcuni dei più importanti simboli mistici della verità. Spesso i simboli appaiono complessi di fattura e rendono oscuro il senso che è loro dato.
È necessario, in tal caso cercare le parti essenziali, semplici che costituiscono i simboli, e dalla comprensione di queste si passa in seguito, a quelle degli elementi più complessi, scoprendo così l’idea generale esaminata.
Allorché noi saremo divenuti degli attenti osservatori della natura e dei suoi metodi di lavoro, avendo adottata la pratica di scoprire in loro i segni per le nostre riflessioni, i simboli saranno più agevolmente compresi e potremo trarne l’utile necessario per le nostre ricerche.
Pietro Francesco Cascino
Pietro Francesco Cascino è il Vice presidente del Gruppo Teosofico
“Ars Regia H.P.B.” di Milano