Vogliamo dare solo qualche semplice cenno, allo scopo di stimolare riflessioni, intuizioni e visioni utili, per chi volesse intraprendere concretamente un consapevole sentiero di autorealizzazione, con un minimo di conoscenza iniziale sulla complessa costituzione interiore dell’ente planetario del pianeta Terra.
“Qual è, dunque, l’Atman? Innanzitutto è quell’intima Essenza la quale è distinta da tutti gli oggetti che sono stati sin qui presi in considerazione ed esposti; è onnipervadente come l’etere, eterno, senza parti né distinzioni, privo di attributi, incontaminato, privo di movimenti quali il crearsi e il dissolversi, completamente esente dalle nozioni di ‘io’ e di ‘mio’ nonché libero dal desiderio, dall’avversione e dall’attività interna, auto luminoso per natura come il fulgore e lo splendore del sole; non ha connessione con gli elementi come l’etere-spazio, ecc., non possiede funzioni come l’intelletto e le altre; privo di attributi quali il sattva e gli altri e distinto dal prana e dalle altre varie forze vitali. Esso non è toccato da fame o sete, dolore o illusione, decrepitezza o morte, i quali sono [invece] rispettivamente caratteristiche del prana, dell’intelletto e del corpo. L’Atman è Colui che dimora nel cuore di tutti gli esseri ed è il Testimone dei loro stessi intelletti”.
Sankara in Atmajnanopadesavidhi (2.1)
Il Sé dell’essere, l’Atman (senza dualismo, il Fattore trascendente) è l’Assoluto nell’ente planetario, fuori del tempo-spazio-causa. È quindi già perfetto e completo: non deve evolvere, svilupparsi, perfezionarsi, progredire.
Quando l’Atman discende-incarna in un ente planetario del pianeta Terra, cioè in un ego-corpo-personaggio sviluppa una personalità (mediante l’azione-funzioni dei veicoli, fisici e sottili) per acquisire esperienza nel processo del mondo del divenire e creare una individualità.
L’individualità si forma lungo le molteplici incarnazioni con le più svariate esperienze di ogni nuova personalità (ego-corpo-personaggio) sperimentata. L’individualità è il veicolo che si deve formare attraverso il risultato di uno sviluppo integrale tale da poter svolgere un elevato compito per l’umanità e per il Piano Divino.
La personalità (Tony, Mario, Michela, Ornella, ecc.) dura solo un’incarnazione, è una maschera, è mortale, è il ruolo interpretato nel palcoscenico del divenire: con la morte l’ego-corpo-personaggio scompare. Nell’incarnazione successiva del Sé (dell’Atman) apparirà un’altra personalità (un altro ego-corpo-personaggio).
L’individualità non cambia, permane, progredisce in esperienza con le diverse personalità delle tante incarnazioni sperimentate. L’individualità permane nel processo di trasmigrazione, cioè lungo il ciclo espressivo nascita-vita-morte-rinascita. Ogni rinascita, nel flusso del divenire, presenta differenti condizioni di coscienza e di esistenza: diverse esperienze-possibilità.
Il Sé deve riuscire a costruire, tra le tante difficoltà del mondo del divenire, dei veicoli attraverso i quali potersi esprimere e manifestare pienamente, trasformando tutto in consapevolezza e saggezza. Necessita, per il Sé, una personalità ben integrata, uno sviluppo integrale dell’ente planetario.
L’ente planetario quale essere spirituale incarnato si ritrova in mezzo a mille difficoltà fatte di pericoli, lotte da affrontare, condizionamenti da superare, sofferenze da sopportare, illusioni che lo fanno cadere, ecc.
L’ente planetario se non è avviato verso un certo risveglio non è in grado di distinguere tra ciò che viene dal Sé (l’individualità) e quanto viene dalla personalità (l’ego-corpo-personaggio). Senza un buon risveglio avanzato l’ente planetario si scontra continuamente con il “dualismo”, vivendo il conflitto continuo tra due forze opposte: ovunque, l’ente planetario ordinario (non risvegliato), vede e incontra contrapposizioni. È come se ci fosse un campo di battaglia dove si svolgono incontri-scontri tra ciò che vuole la “personalità” e ciò che vuole l’”individualità”.
Nel mondo del divenire, contrassegnato dal dualismo, l’ente planetario ordinario fa l’esperienza inevitabile dell’immersione nel conflitto che divide, separa, facendo crescere il desiderio di un’unità possibile che un giorno diventerà un consapevole, concreto sentiero per ritrovare l’Unità consapevolmente.
Ci sono dei veicoli a costituire e rappresentare alcuni la “personalità” e altri l’”individualità”.
I veicoli, dal più grossolano (il corpo fisico denso) al più sottile sono compenetrantisi l’uno con l’altro, occupano cioè lo stesso spazio. Questi veicoli hanno il compito di cercare di offrire l’ambiente più adatto alla Coscienza del Sé (Atman) per manifestarsi.
Tutti i veicoli e i livelli o piani di esistenza che servono il Sé (l’Atman) sono composti di “Materia” (matrice) della Manifestazione universale (la Prakrti) che contiene la triplicità virtuale, quella dei tre guna (sattva-equilibrio, rajas-attività, tamas-passività), le qualità costitutive nelle molteplici determinazioni.
Il Sé (l’Atman), nella Manifestazione universale è soggetto ad una sovrapposizione velante, quella dei vari veicoli per l’appunto.
Partendo dal piano-guscio più sottile, anandamayakosa, a rivestire il Sé (l’Atman che diventa nella Manifestazione Jivatman), abbiamo quello che il Vedanta chiama karanasarira, il corpo causale; segue un piano-kosa (guscio, rivestimento), il vijnanamayakosa o buddhimayakosa (veicolo intellettivo), che completa il rivestimento del corpo causale, che corrisponde allo “stato di sonno profondo senza sogni” (susupti).
È a questo livello che si ha l’individualità cui si accennava sopra.
Seguono i piani-gusci (sempre sottili) manomayakosa (veicolo mentale) e pranamayakosa (veicolo pranico-energetico) che costituiscono il corpo sottile o mentale, il lingasarira o suksmasarira (corrisponde allo “stato di sonno con sogni”, chiamato svapna). Questo corpo sottile o mentale è comprensivo di due aspetti, uno superiore e uno inferiore: l’aspetto superiore va a costituire quanto rappresentato dall’individualità; l’aspetto inferiore riguarda quanto va a formare, in una incarnazione, la personalità (che con la morte si estingue).
Il lingasarira, cioè il corpo sottile, nel suo aspetto superiore è costituito anche dal piano-guscio vijnanamayakosa che lo completa per l’importante funzione che svolge: il corpo sottile accompagna il Jivatman nel processo di trasmigrazione, dopo la morte, lungo la ruota del samsara. È chiara quindi la sua corrispondenza all’individualità.
A seguire, per finire, il piano-guscio annamayakosa (veicolo fisico denso) che costituisce il corpo grossolano, lo sthulasarira quello che corrisponde allo “stato di veglia” (jagrat). A questo livello esiste solo un riflesso di coscienza incarnata, la personalità.
Si può sintetizzare dicendo che l’individualità viene man mano a crearsi, in modo sempre più integrato, mediante le azioni-funzioni di vijnanamayakosa (il kosa intellettivo); di manomayakosa (il kosa mentale); e il pranamayakosa (il kosa pranico-energetico).
Il lingasarira, nel suo aspetto superiore, è utilissimo all’individualità, comprende infatti: i cinque elementi sottili (suksmabhuta, cioè etere, aria, fuoco, acqua e terra); le cinque facoltà di percezione (jnanandriya); le cinque facoltà di azione (karmendriya); i cinque soffi vitali (prana); e l’“organo interno” (l’intera mente estesa), ciò che viene chiamato “antahkarana”, con le sue quattro funzioni: buddhi (intelletto, intuizione, capacità discriminativa, discernimento), ahamkara (senso dell’io, ciò che fa l’io, l’ego), manas (mente empirica selettiva) e citta (memoria proiettiva, predisposizioni del subconscio).
Colui che si risveglia e inizia a percorrere consapevolmente un sentiero di autorealizzazione comincia a lavorare per edificare una perfetta individualità integrata (una impersonalità che bandisce le identificazioni del senso dell’io, dell’ego, dell’ahamkara): il sentiero è costituito soprattutto da auto-esplorazione, da profonde osservazioni interiori, dall’uso di un metodo di investigazione (vicara). Si tratta di procedere riconoscendosi sempre di più nel Sé e disconoscendo l’io, scoprire di essere il Sé, l’Atman e di poter contribuire, tramite l’individualità edificata, alla Grande Opera degli esseri realizzati, capaci di collaborare con il Piano Divino per un’Umanità bisognosa di risvegliarsi alla coscienza spirituale.
La realizzazione, di una individualità a tale stadio, comporta la possibilità di effettuare una grande libera scelta: quella di procedere oltre estinguendo l’individualità edificata (il riassorbimento con l’Assoluto, viene chiamato) o proseguire e far parte di coloro che hanno fatto la scelta di aiutare l’umanità a risvegliarsi dal sonno della coscienza.
Queste due posizioni coscienziali sono state chiamate in molti modi, sia in modi positivi sia in modi negativi. Ambedue le scelte sono sacrosante: non c’è nulla di sbagliato né nell’una né nell’altra. Qualcuno ha avuto l’interesse a confondere le idee e sono nate molte controversie lungo la storia umana. Nei dipartimenti delle conoscenze esoteriche e sulle Strade Alte le cose sono state sempre molto chiare. A volere una grande confusione, a vantaggio di una spiritualità rovesciata, non è altro che la contro-iniziazione.
Bisogna dire basta alla confusione: la Verità è sempre di fronte a noi a volerci guidare; bisogna superare l’ostacolo dell’illusione che ci viene messa innanzi da chi invece della Luce vuole offrire il potere del Lato Oscuro che fa rimanere nell’inganno dei limiti delle personalità che si avvicendano eternamente.
Quando si è giunti alla piena realizzazione di una “individualità” (aver conseguito atmaprapti, cioè la realizzazione dell’Atman), formata in modo integrale e illuminata dall’atmajyotis, dallo splendore interiore, si presenta la soglia per una decisione importante: occorre un esercizio conscio della volontà per effettuare una scelta consapevole priva totalmente di auto-illusione.
Esiste il sentiero dell’unione con la Realtà Universale (chi dice Dio, chi dice Natura). Si tratta di un sentiero nel quale, quando questa unione viene completata, l’”individualità” viene annientata (sacrificata), cioè il Sé, (l’Atman) diventa Uno con il Divino (identico al Brahman), l’Uno-senza-secondo (ekadvitiya), il Supremo.
Esiste il sentiero della non-unione in cui l’“individualità-Sè” permane indipendente ad uno stadio precedente l’Unione definitiva. Questo sentiero in cui permane l’“individualità” illuminata nella Manifestazione universale non è separazione da Dio come sostengono certi ambienti sotto l’influenza della contro-iniziazione, per far apparire tale scelta di natura maligna.
A far degradare un sentiero è sempre e solo la motivazione profonda di natura maligna di colui che sceglie un oscuro obiettivo pensando di raggiungerlo con metodi, pratiche, caratteristiche, criteri e principi del Male, identificandovisi. Sono coloro che si identificano con il Maligno che creano i sentieri oscuri del Male (magia nera, satanismo, ecc.) al servizio della contro-iniziazione.
Alla fine dunque si tratta di effettuare la scelta dell’Unione definitiva col Divino oppure la scelta di mantenere l’“individualità”, quale veicolo del Sé (l’Atman), al servizio di una umanità non ancora risvegliata mediante un’indipendenza responsabile.
Al di là di questi due sentieri, riguardanti il vero Scopo, non possono esisterne altri. Quelli che sembrerebbero esistere sono vie oscure, contorte, perverse, sono vie di una Spiritualità Rovesciata.
I due sentieri sono Uno: chi ne vede due o più di due è separato, non è “parte” (non si sente parte) del Tutto, dell’Uno-senza-secondo, significa che sta nella “condizione di decaduto”.
La “personalità” (non illuminata) vive come separata dal Tutto; prova un “sentire” come se il Tutto fosse contro di essa, che è la “parte”.
In realtà la “parte” è da sempre ad “immagine e somiglianza” del Tutto, ma questa realtà non è percepita dalla “personalità” profana.
La “personalità” vive in uno stato di irrequietezza continua e cerca in ogni dove, di far parte di una “parte” e non del Tutto: cioè cerca di essere-sentirsi “parte” di qualcosa; vuole nutrirsi di un sentimento di appartenenza. Il senso di appartenenza, che dà pienezza, interezza, non è quello dell’identificazione in una “parte” ma quello del Tutto.
Tutte le tradizioni relative hanno offerto questi insegnamenti, con linguaggi e simboli diversi. Troviamo questa conoscenza della “parte” e del “Tutto” espressa anche nel Nuovo Testamento.
“31 Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. 32 E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, 33 e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. 34 Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35 Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36 nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. 37 Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? 38 Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? 39 E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? 40 Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. 41 Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. 42 Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; 43 ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. 44 Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? 45 Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. 46 E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna”.
Dal Vangelo Secondo Matteo 25, 31-46 (C.E.I.)
Se sei la “parte” (“immagine e somiglianza del Tutto”) non separata dal “Tutto” ti comporti come quelli posti alla “destra” (34) menzionati, ma se ti comporti come quelli posti alla “sinistra” (41) sei una “parte” separata dal “Tutto” (sei separato perché ti sei sentito “parte” separata). Una posizione coscienziale che vede frammentazione, divisione, separazione vive la condizione di una coscienza degradata, decaduta e riesce a concepire solo il rifugio della “parte” in un’altra “parte” e non di far “parte” del “Tutto”. La visione dell’ego è un limite invalicabile; la “personalità” senza luce è assemblaggio di “parti” che non riconoscono l’”individualità-Sé”.
La Luce e la Verità illuminata fermano la ruota dell’ignoranza per fare la scelta giusta.
Rosario Castello
da Il Segreto della Conoscenza esoterica
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Upanisad, a cura di Raphael, Bompiani Milano 2010
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