Presentiamo, di seguito, la presentazione ad un libro davvero interessante scritto da Devdutt Pattanaik: “Business Sutra”, Edizioni LSWR. Un libro che può insegnare molto non solo nel mondo del lavoro ma anche nella creazione di retti e giusti rapporti umani, prima nella realtà sociale (profana) e poi soprattutto nell’ambito delle organizzazioni spirituali che hanno la pretesa di migliorare il mondo, quando invece molte volte si comportano peggio della profanità che vorrebbero far evolvere, giudicando, manifestando indifferenza e insensibilità che chiamano “distacco”. Un responsabile, una guida di risorse umane può avere vero successo solo se riesce a sviluppare la capacità di essere “empatico”, capace di ascoltare sinceramente col cuore (con l’amore, che ha potenza unitiva) e non solo con la mente (che sa ascoltare solo le ambizioni) che è in grado solo di dividere, separare, frammentare perché l’ahamkara (l’ego) possa imperare. L’opera unitiva del cuore con le capacità della buddhi, discriminativa e illuminante, può essere possibile attraverso l’espressione della compassione. Un libro di grande spessore spirituale per chi è in grado di percepire tale verticalità. In esso si intravedono chiaramente i motivi perché questo mondo sta vivendo le conseguenze di un terribile oscuramento morale, intellettuale e spirituale.
il Centro Paradesha
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Presentazione
di Leonardo Previ (Presidente di Trivioquadrivio)
Sutra è una parola bella. Significa “cucitura” e in essa risuonano azioni preziose: cucire, tenere insieme, rimarginare. Nel sutra indiano agisce la riunificazione, a sua volta una pratica fondamentale, alla quale la cultura greca ha dedicato una delle sue invenzioni più importanti, la parola simbolo. Come il sutra, anche il simbolo consente di riunire (sumballein) e di opporsi alla separazione (diaballein), che nasconde sempre un aspetto diabolico, maligno.
Tenere insieme è più impegnativo che arrendersi alla distanza; ci vogliono pazienza e comprensione profonda delle ragioni altrui. Per suturare occorrono attenzione e capacità negoziale – una sponda deve dialogare con l’altra sino a trovare le condizioni per fronteggiarsi. Sono queste le qualità del negoziante, colui che fa da tramite e unisce l’offerta e la domanda. Il business non è altro che questo, un’occupazione incessante, un’attività di cucitura nella quale è possibile ottenere il segno del successo, un affare concluso. In questa apparente pochezza del business si trova la nostra ricchezza. È il destino della specie che ci condanna alla relazione incessante: stiamo a cucire tutto il giorno, tutti i giorni, e in questo perpetuo sutra diventiamo umani.
Nella cultura europea moderna ha assunto crescente importanza una disciplina dedicata all’analisi delle pratiche che ruotano attorno ai negozi umani. Ma questa disciplina, l’economia, ha perso memoria dell’intensità e della bellezza che ogni sutra veicola. Più attenta alla regola (nomos) che alla comunità (oikos), l’economia ha perso di vista il valore che ogni affare offre a chi lo pratica: l’incontro. Gli economisti si concentrano sempre più sugli esiti dello scambio e sempre più trascurano la rilevanza delle relazioni da cui prende vita qualsiasi business.
Alla radice della sua inavvicinabile antichità, la cultura indiana custodisce l’opportunità di riconoscere questo equivoco e di restituire alla relazione il primato sull’esito. Pattanaik ci aiuta a vedere cosa c’era prima che la lingua ingarbugliasse la mente e rendesse impercettibile la scaturigine di ogni business. Per farlo, Pattanaik deve retrocedere ben oltre la nostra lingua attuale e disfarsi di quella che era diventata anche la sua lingua, dopo tre secoli di dominazione britannica. Lo studioso ha tralasciato i testi delle biblioteche indiane, riscritti dagli inglesi allo scopo di renderli più funzionali ai propri business, e si è spinto nei pressi della fonte, affidandosi alla lingua sanscrita, la cui originaria funzione è stata quella di fissare sulla pagina primigenia, che rende accessibile questo scavo senza compromettere la profondità. Un piccolo miracolo. Se riusciamo a leggere questo libro con l’opportuna disposizione, possiamo giovarci del miracolo e trovare lo spago con cui rimarginare la ferita che più ci minaccia, quella che il business apre nei nostri affari ogni volta che si fa guidare dai soli risultati e rimane indifferente alle relazioni tra le persone.
Leonardo Previ
Presentazione
di Anna Zanardi Cappon, PhD
Board Advisor e Change Management Consultant, Executive Coach
Libertà individuale e ricchezza dell’impresa: come la diversità e l’inclusione creano valore
Per un lungo periodo di tempo, la storia si è sviluppata insegnando all’umanità che la miglior forma di difesa consiste nel chiudere i propri territori, porre muri e confini invalicabili, escludere chi sta fuori, il nemico. È una modalità di cui il collettivo è ancora pregno; la nostra evoluzione ancora oggi soffre del peso del collettivo, che troppo spesso sottostimiamo. I nostri meccanismi di sopravvivenza si sono plasmati nei lunghi millenni della preistoria, quando ancora vivevamo nel branco, e saltano subito fuori di fronte a ciò che percepiamo come minaccia, per quanto infondata o falsa sia tale percezione.
L’atteggiamento dell’inclusione è l’esatto contrario; è contro intuitivo, è faticoso per un cervello abituato a ripetere il vecchio automatismo, è una modalità che porta all’apertura e dunque allo svelamento delle nostre vulnerabilità. Eppure è proprio questo ciò che ci rende più forti: mostrare come realmente siamo e includere ciò che non conosciamo, un processo che ci porta nuova informazione e pluralità di scelta. Perché, pare ovvio, più risorse e conoscenze abbiamo, più alte sono le nostre probabilità di successo, in un mondo in cui questa pluralità aumenta esponenzialmente grazie alle tecnologie e alla varietà dei fatti.
Quello in cui crediamo è ciò che ci porta a vivere come viviamo. La certezza delle nostre convinzioni, in questo caso, non ci aiuta. Il dubbio, solamente ed esclusivamente il dubbio, può risvegliarci dalle facili ipnosi che troppo spesso ci costano care: l’abbandono di una persona che amiamo, il conflitto con una persona che può condizionare il nostro benessere, la distanza da una cultura organizzativa che invece potrebbe accoglierci e che potremmo usare a nostro favore.
Di fronte a ciò che non conosciamo, dovremmo dunque mettere da parte le nostre antiche certezze, lasciar emergere il dubbio.
Il dubbio che chi è diverso da noi – e chiunque lo è, vista la nostra unicità – sia portatore di aspetti curiosi, interessanti, nuovi. Il dubbio che lasciarsi stupire possa rendere il nostro futuro più grande del nostro passato, qualsiasi sia la nostra età. Il dubbio che imparare cose nuove, per quanto scomodo sia, passi sempre da un “diverso”, sconosciuto, la cui accoglienza ci costringe a diventare migliori. E anche il dubbio, ultimo e finale, che la Vita abbia il suo senso solo se prima di chiudere gli occhi e lasciare il corpo, possiamo essere fieri della nostra capacità di averle dato spazio. La Vita, così ricca di diversità, tutte da vivere e da scoprire.
Anna Zanardi Cappon
tratto da Business Sutra, di Devdutt Pattanaik, Edizioni LSWR