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707. “Respirazione e Pranayama” di Antonio Naim

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Tutto l’universo respira – dice il SAMKHYA – .
Questa espressione metafisica, non esclude il concetto di respiro dal punto di vista biologico, anzi vi allude essendo la vita la più alta manifestazione dell’EVOLUZIONE.
La scienza ufficiale, però, vede nella respirazione unicamente una funzione atta a portare ossigeno alle cellule viventi. – Non altrimenti è considerata la respirazione dell’uomo, il quale, appartenendo alla classe dei vertebrati, respira prevalentemente con i polmoni. – Infatti la fisiologia insegna che la funzione respiratoria è un sistema di scambio con l’esterno, mediante il quale la miscela dell’aria viene introdotta, tramite il movimento dei muscoli respiratori e la pressione atmosferica, nelle vie aerifere, (cavità nasali, laringe, trachea, bronchi) e arriva ai polmoni, ove l’ossigeno in essa contenuto è assorbito dal sangue che si libera dei prodotti gassosi (carbonio-idrogeno), che costituiscono i rifiuti dell’attività biochimica.
La scienza YOGA, invece, analizzando l’atto respiratorio dell’uomo sotto diversi aspetti e funzioni, sostiene che la respirazione non si esaurisce in un semplice scambio di materie.
Per lo Yoga la respirazione non solo ha implicazione di ordine psicosomatico che incidono sull’attività motoria generale, sul sistema nervoso (simpatico e parasimpatico), sul sistema cardiovascocircolare; sull’attività endocrina ecc., ma ha dirette correlazioni con gli stati emotivi. In sostanza lo Yoga attribuisce alla respirazione una grandissima importanza sia per l’aspetto organico funzionale, che per i riflessi che produce sugli stati psichici e spirituali.
Poiché lo Yoga è una scienza soggettivamente sperimentale, richiede una scrupolosa applicazione delle sue tecniche per potersi rendere conto come veramente l’atto respiratorio concerne due funzioni bivalenti ma distinte che sono:

a) CIRCOLAZIONE MISCELA ARIA: che, come si è detto, assolve la funzione organica della combustione mediante l’ossigenazione del sangue e si esaurisce a livello fisico.
b) CIRCOLAZIONE DELL’ENERGIA VITALE IMMATERIALE PRANICA: che, scorrendo lungo il midollo spinale in due condotti bipolari chiamati NADI (Idà e Pingalà), agisce come sostanza vitale sui processi anabolici e catabolici, come energia psichica sui CAKRA e come energia radiante luminosa nell’area della coscienza.

Secondo la concezione cosmologica indiana l’Universo è compenetrato da due entità: Akasa e Prana.
L’Akasa o etere, spazio, luce, è una vacuità onnipervadente non è una sostanza obiettiva, ma il substrato per cui è possibile il manifestarsi di tutti gli elementi fisici. L’Akasa riempie di tutto l’infinito e tutto lo pervade. Ogni forma è compenetrata da Akasa; essa riempie tutti gli spazi infinitesimali dell’atomo, è nel nucleo, nel protone, nel neutrone. E tutto ciò che esiste di percettibile o d’impercettibile: stelle, sole, pianeti, aria, luce; tutto è immerso nell’Akasa. In breve, essa è la sostanza-insostanza preesistente la Creazione da cui tutto si genera e in cui tutto si dissolve.
La Akasa è mossa ed animata dal Prana che è forza vibrante e potenza di manifestazione; l’impulso che muove la materia insenziente nell’Akasa e vortice energetico che condensa la materia grossa e sottile.

 … “Da dove sorge il sole
laddove esso tramonta
è dal Prana che esso sorge,
è dal Prana che esso tramonta” B.A.P.

Il Prana è il respiro del Signore, è la vita stessa. Esso è il principio del movimento, il ritmo universale in cui si susseguono, una all’altra, le creazioni e le dissoluzioni dei mondi. Questa energia pranica contiene tutte le forze dell’universo, tutte le qualità dinamiche e statiche. Da essa derivano tutte le possibili trasformazioni delle materie così come ne deriva ogni processo fisico, organico e spirituale.
In altri termini si può pensare al Prana come a una specie di vibrazione permanente, un moto che fluisce e rifluisce in eterno tra due poli differenziandosi per l’azione instabile dei guna in una serie infinita di gamme, di gradi e quanti secondo la funzione evolutrice assegnata dal Creatore alle infinite forme del’universo.
Da ciò si potrebbe quindi dedurre che fra le forme più rozze della manifestazione e la più eccelsa e sottile energia della mente vi è solo differenza in gradi o gamma di vibrazioni praniche.
Se questo è il principio regolatore che si rinviene nelle leggi universali, il conoscere ed applicare tale principio, mediante la modulazione di ritmi e tempi della respirazione pranayanica, significa poter regolare le proprie ed altrui vibrazioni ed esercitare anche un certo potere sulle cosiddette leggi fenomeniche.
Lo Yoga insegna come usare questo dono divino onde sopprimere i vortici mentali e vitali per sublimare l’essenza pranica verso la suprema realtà dell’Atman così come è detto nel Prasna Up. “Lo spirito vitale (Prana) nasce dal Sé spirituale. Come l’ombra dell’uomo, così pure il Prana è disteso dall’Atman, è in virtù del manas che esso accende in questo corpo”.
Negli antichi testi vedici il Prana viene definito con analogie: “IO SONO PRANA – dice INDRA – quindi mente, coscienza, sempre presente in tutto”.
Prana è vayu, vento cosmico, forza attiva di Siva, che diviene shakti nell’atto formale della creazione – Soffio e veicolo che muove l’embrione nell’interno del seme, gli dà vita e lo nutrisce.
Prana è il filo conduttore che unisce, per così dire, la continuità permanente ed eterna dello spirito “ATMAN”, con i vari momenti esperiti dalla coscienza individualizzata “JIVATMAN”.
Prana è dunque forza e sostanza intelligente e vivente; essa può essere accumulata nel complesso biofisico, come nutrimento ed energia dinamica; può essere usata come luce della mente intellettiva ed intuitiva; può anche essere emanata all’esterno del corpo come energia bioradiante; come vibrazione di pensiero (telepatia) o manifestazioni; infine, con la radiante aureola del beato.
“… il Prana, loro principale, disse: non cadere in errore: sono io che, avendo diviso in cinque soffi la mia propria essenza, penetro in questo corpo e lo sorreggo” Prasna Up.
Questa misteriosa sostanza è dunque, secondo la Prasna Up., un fluido informale suddiviso in cinque soffi i quali assolvono a molteplici funzioni, a seconda su quale dei cinque piani o guaine del corpo operino e in relazione ai corrispondenti Cakra.
Questi sono:

  1. PRANA – Presiede tutte le energie vitali e i sensi. È detto soffio del suono e va dal naso alla bocca al cuore e ai polmoni;
  2. SAMANA – Spirito vitale che si manifesta come energia metabolica, detto anche soffio del nutrimento, che vibra tra il cuore ed il plesso solare; sprigiona il “tapas-calore”, le sette fiamme o forme dalle quali scaturiscono le diverse energie che permeano gli involucri eterei che reggono l’organizzazione fisica. Si estende dal cuore a tutto il plesso solare;
  3. APANA – Soffio – vibrazione o spasmo che fa funzionare gli organi escreatori e generatori – Si estende dal plesso solare ai piedi;
  4. UDANA – Soffio delle aere vitali – Elevazione ed esteriorizzazione della coscienza ‘Samadhi’ – Sede dello spirito individuale – È fluente verso l’alto come espansione della coscienza o della morte. Si estende dal naso alla fessura sagittale (foro di Brahma);
  5. VYANA – Soffio onnipervadente che si diffonde nei 70.000 canali sottili che presiedono alla circolazione del respiro pranico.

 Vi sono altri cinque soffi detti ESTERNI che interrompono il flusso e riflusso del fiume pranico e sono pertanto da evitare. Sono: la tosse, lo sbadiglio, lo starnuto, il singhiozzo ed il sospiro.
Come si vede, è QUESTO Prana che costituisce la forza vitale di ogni essere, la cui più raffinata ed elevata manifestazione risiede nel pensiero. Poiché questa piccola onda, fra le onde dell’oceano infinito di Prana, rappresenta tutte le energie fisiche, mentali ed ultrafisiche, imparando a padroneggiare questa piccola onda si può sperare di padroneggiare l’intero Prana.
Lo Yogi che sa fare ciò, raggiunge la perfezione, soggioga tutte le leggi, possiede tutti i poteri, “Siddhi”, diventa quasi onnipotente.
Vi sono uomini che hanno spontanee facoltà, come i guaritori e gli ipnotizzatori, i medium ecc., consapevoli o no tutti hanno una base comune: il dominio del Prana.
È sommamente importante per l’adepto Yogi saper dirigere i Prana e focalizzare questi soffi interni, mediante il controllo del respiro.
È sempre lo stesso Prana che imprime il ritmo del respiro vitale; il controllo di questa energia “Pranayama” diventa come un filo di seta sottilissimo che bisogna saper dipanare senza turbamento con la mente assorbita ed il corpo rilasciato.
Uno dei problemi fondamentali delle pratiche Yoga consiste appunto nel controllo di questa energia pranica: controllo che deve essere correttamente dosato, armonicamente ritmato e indirizzato sui vari strati: fisico, mentale e spirituale.
Questo sistema di controllo, detto PRANAYAMA, non è, come superficialmente si ritiene, l’esecuzione della respirazione in un certo modo e con un certo ritmo, ma è invece uno dei cardini più importanti e delicati delle pratiche Yoga, perché agisce sugli strati più profondi dell’essere e può, in caso di errore, provocare reazioni psichiche pericolose, così come può promuovere, se ben armonizzato, la purificazione del corpo, il risveglio della mente, l’acquisizione di SIDDHI, l’autorealizzazione o addirittura il risveglio di Kundalini.
Patanjali dedica al Pranayama pochissimi sutra, ma tutti i commentari, compresi Boja e Sahmità, riconoscono al Pranayama una funzione primaria per preparare la mente agli stati superiori dello Yoga: DHARANADHYANA – SAMADHI.
Patanjali definisce il pranayama “VICCHEDA” – arresto del respiro – cioè quello stato sublime di astrazione sensoria completa, che precede l’anabasi mistica, il vuoto nirvanico e l’ananda samadhica.
Il termine pranayama è una parola composta; la desinenza AYAMA sta per lunghezza, estensione, stiramento e controllo per cui i commentari deducono che l’energia pranica, anch’essa di due polarità, può subire quattro doppie modificazioni e modulazioni che si traducono nei seguenti termini:

INTERIORE – ESTERIORE –
SPAZIO – TEMPO
SOSPENSIONE – CONTINUITÀ
INVISIBILE – VISIBILE

 

Secondo l’esperienza yogica i termini:
INTERIORE – ESTERIORE : sono due facce dello stesso tessuto, un intreccio interdipendente di tutto ciò che esiste nelle cose; centro e superficie. La psicologia yoga ha scoperto che nel corpo umano esistono due correnti praniche: una centrifuga e l’altra centripeta. Quando il Prana viene assorbito, mediante la respirazione spontanea, agisce sul fisico, cioè sulla realtà esteriore bio-fisiologica e mentale, irrorando di vita le cellule – (azione rajasieca tamatrica) -, e determina la potenza fisica dell’uomo comune. Quando, invece, il Prana è coscientemente e scientemente diretto attraverso i nadi nelle ruote superfisiche “CAKRA” la sua azione sottile si sviluppa internamente nel profondo dell’Essere e funziona come luminosità della coscienza infinita “Sattvica”.
SPAZIO – TEMPO : lo spazio “AKASA” o etere è l’elemento fondamentale del cosmo ed è il principio dell’Unità che tutto abbraccia. La sua natura è il vuoto perché solo il vuoto può contenere ed abbracciare ogni cosa. Opposto allo spazio è il principio della sostanza e dell’oggettività, cioè Prana Condensato. Poiché senza la sostanza nulla può esistere, né è immaginabile oggetto privo di sostanza; si deduce che tutto l’universo è Prana e, pertanto, si comprenderà perché l’infinità della coscienza e dello Akasha sono uguali. Lo spazio tridimensionale, che si esperimenta a mezzo del corpo e dei sensi, non è altro che una piccolissima fra le infinite molte possibili dimensioni. Quando in termini di pranayama si parla di spazio e di tempo si intende quel tipo di spazio e di tempo che non può essere avvertito corporeamente e sensoriamente, ma solo come possibilità di movimento infinito senza direzione e senza limiti temporali. Il tempo non è una realtà a sé stante, omogenea, che dal di fuori misura la durata delle cose o l’agire dell’uomo, ma è il movimento interiore della piccola limitata coscienza dell’io, cioè la vita. Il tempo appare alla mente come causa ed effetto, solo perché la percezione è limitata, soggettiva nei concetti di inizio e fine; di prima e di poi, di giorno e di notte. Il tempo astronomico e solare è sì una misura intrinseca che riguarda l’attività concreta dell’individuo e gli avvenimenti condizionati dai fenomeni momentanei, ma fantasticando e sognando, questa misura non esiste come misura limitata ad un arco di tempo reale, poiché nel sonno e nel samadhi, in un istante solo, si può abbracciare un’intera era.
La scuola tantrica, infatti, afferma che lo yogi deve dissolvere nel respiro ogni ciclo temporale e spaziale. Ciò deve nascere con il pranayama, inteso, nell’atto pratico, anche come sistema di misurazione, nel susseguirsi in successione e non successione del respiro, del tempo e dello spazio. Il pranayama è quindi il mezzo per superare la limitazione temporanea e spaziale, nonché per separare la coscienza degli oggetti limitativi, svincolandola dal condizionante oggettivo, onde realizzi la sua qualità eterica onnisciente.
SOSPENSIONE – CONTINUITÀ : il Prana esiste in eterno come energia ed anche la fisica moderna lo conferma, dimostrando che la somma totale delle energie che esistono nell’universo è costante. Ma è stato anche provato che queste energie si presentano sotto due forme: dinamica e statica. Quindi l’energia che esiste, dapprima in potenza, passa dallo stato dinamico a quello di quiete e di riposo e da questo ancora si manifesta incessantemente nell’uno e nell’altro per l’eternità.
Si ha continuità in ogni manifestazione della vita – Rajas. Si ha discontinuità nella materia inorganica – Tapas.
Nella respirazione pranayamica si verifica una certa continuità delle fasi respiratorie:
Inspirazione: fase neutra; Espirazione: fase attiva.
Nel “bhaya Kumbaca”, vuoto d’aria, il flusso pranico continua perché si stabilisce l’armonia con il cosmo, infatti il “bhaya Kumbaca” immerge il jivatman nel paramatma che è senza causa e senza principio, fuori del tempo e dello spazio uno con il Prana.
INVISIBILE – VISIBILE : I sensi hanno certi limiti, una barriera che essi non possono superare e il cerchio nel quale essi agiscono è estremamente ristretto. Tuttavia certi fatti, definiti paranormali, qualche volta fanno irruzione in questo cerchio: ectoplasma, materializzazioni, voci, rumori ecc.; cose che la nostra ragione e l’intelligenza ordinaria non possono spiegare. Occorre cercare le cause di questi fenomeni nella possibilità che l’uomo ha di governare il Prana. Quando ciò avviene, la mente “Buddhi” può innalzarsi fino alla forma più elevata – coscienza samadica – od anche attraverso una certa quantità di materia da trasformare, nello spazio di qualche secondo, in un turbine manifesto.
Queste opposte modificazioni e modulazioni del Prana si attuano variamente in ciascuno degli otto temi basilari di pranayama da praticare utilmente seduti in padmasana o in siddhasana, concentrati e raccolti nella potenza Divina del Signore.
Le otto classi più importanti del pranayama sono:

  1. UJJAVA – HA LO SCOPO DI IMMAGAZZINARE FORZA PRANICA;
  2. SITKARI – SUONO SIBILANTE;
  3. SITALI – DIMINUISCE LA TENSIONE PRANICA;
  4. BHASTRICA – RESPIRAZIONE A MANTICE DISINTOSSICANTE;
  5. SURYA-BEDANA – PENETRAZIONE DI PIANGALA’ – NADI DEL SOLE;
  6. BHRAMARI’ – RONZIO – CANTO DEL CUORE;
  7. MURCCHA’ – RESPIRAZIONE ESILIRANTE;
  8. PLAVINI – RESPIRO LIEVE; LETARGICO

Per ogni tema o tipo di Pranayama vi sono modulazioni e ritmi diversi che potranno essere approfonditi, volendo, nell’ottimo testo di Patrian, ove sono egregiamente descritti i minimi e i massimi dei tempi con le relative tecniche di esecuzione.
Tutti i tipi o tecniche di pranayama, comunque essi siano, modulati in successione di respiro o di ritmo MATRÀ, che equivale alla sillaba OM, sono imperniati sulle quattro fasi della respirazione dette:

PURAKA – INSPIRAZIONE
KUMBAKA – RITENZIONE
RECHACA – ESPIRAZIONE
SUNIAKA – SOSPENSIONE

Vi è inoltre da ricordare che alcuni pranayama possono essere rafforzati con adeguati mantra per aiutare il distacco mentale ed amplificare le vibrazioni che aprono i loti di chakras.
Chiaramente questa breve sintesi non può abbracciare l’intero argomento, anche perché ogni corrente o scuola dell’India ha, nel corso dei secoli, elaborato tecniche speciali di respirazione, alcune delle quali sono ancora coperte da segreto fra le quali emergono quelle tantriche.
I “Tantra” che rivendicano la loro origine da antichissimi testi e dalla “BHRAD-ARANYAKA” – UPANISHAD, la quale tratta, fra l’altro della Genesi dell’Universo in cui lo spirito “PURUSA” vi configura coinvolto in una trama di rapporti di causa ed effetto con il mondo fenomenico, rimanendo prigioniero nella corporeità umana come potenza divina, cioè “KUNDALINI”; per fare esplodere la latente potenza della Dea dormiente “KUNDALINI” i maestri tantrici hanno escogitato tecniche respiratorie che mettono in correlazione i tempi, le estensioni e le sospensioni pranayamiche con i movimenti orbitali della terra, della luna e del sole. Il sistema formulato dalla scuola tantrica differisce senza contraddirlo, da quello postulato dallo YOGA classico di PATANIALI, in quanto le tematiche tantriche, discostandosi dagli astrattismi filosofici, si avvalgano dei mezzi potenziali pratici di realizzazione, idealizzandoli sotto l’aspetto di “deità” o forze divine.
Essi riconoscono che il divenire grandioso del “cosmo”, che incessantemente si genera, si rigenera e si dissolve nello eterno fluire del tempo e  nella divorante immensità dello spazio, altro non è che l’illusorio gioco dell’UNO BRAHMANLILA”, ma sostengono anche che, pur essendo la materia tutta e la vita stessa l’effetto manifesto di questo illusionante gioco, per ricondurre lo spirito alla originaria qualità universale, si deve opportunamente operare con i mezzi che la contingente natura umana ha sulla terra.
Vero è, dicono i maestri tantrici, che per il “SE” la realtà ontologica dell’Universo è illusoria “(MAYA)”, ma questa illusione radicata nella mente può cedere di grado in grado e a mano a mano che il pensare oggettivo diviene soggettivamente generalizzato nella visione cosmica e quindi divenga coscienza pura. Questa coscienza pura, suprema eternamente luminosa è rappresentata da SIVA, ma non per tanto e ugualmente vera e reale, qualunque altra conoscenza, anche a livello della speranza dell’IO empirico, contenendo essa in germe SIVA medesimo.
SIVA è l’origine di qualsiasi manifestazione o vibrazione, anche del Prana; per cui EGLI È “IL PRINCIPIO PRIMO” che diviene “S P A N D A” ossia causa materiale ed efficienza finita dei mondi, pur passando attraverso le categorie della “MAYA” di tempo e spazio, perché tutte le forme cosmiche non sono una realtà assoluta ed eterna, ma finiscono per riassorbirsi nella grande dissoluzione “PRALAYA” nello stesso SIVA.
È chiaro che, per interrompere il rapporto di solidarietà con il cosmo e sottrarsi al circuito del KARMA, l’uomo deve via via rompere l’ambivalenza fra realtà e illusione: (Potere di discriminazione).
Sostanzialmente si può dire che il “Tantrismo” si propone il problema di stabilire la relazione che intercorre fra lo spirito – l’Uomo ed il Cosmo, relazione questa che, costituisce, in definitiva, il problema centrale del Mistero dell’Incarnazione.
L’equazione “Uomo: Cosmo” nasce dalla presunzione che la compagine umana sia un microcosmico universo che omologamente riproduce l’intero ordinamento dei mondi.
La soluzione di questa ardua equazione, che vuole scoprire l’incognita “SPIRITO”, sta per il “DARSANA” tantrico, in un certo senso anche per l’HATHA YOGA, nell’unificare le funzioni mentali e vitali “LOKA-PALA” con l’armonia universale cosmica per ridurle poi, tramite il Prana e la meditazione, alla sola modalità della coscienza (SAT-TAT).
Conseguentemente tutte le tematiche pranayamiche tendono al risveglio della KUNDALINI, sede del potere divino, onde stabilire l’unione (SIVA-SAKTI) cioè la realtà del mondo fisico sensibile con l’eterno spirito.
Si suppone che sul processo della creazione operino due principi opposti:
Principio primo maschile o positivo, identificato appunto con SIVA e la natura madre o principio femminile/negativo identificato con la SAKTI o DURGA.
Questi due principi, che non sono normalmente percettibili, sono presenti in forma pura nell’uomo e sono situati in due centri o CAKRA che si delimitano fra il foro di BRAHMAN (12 pollici sopra il foro sagittale) ed il MULADARA CAKRA o ruota di sostegno radiale situata sotto il coccige.
Fra questi due cakra estremi vi sono gli altri cinque – Ciascuna delle sette ruote corrisponde: nella prospettiva cosmologica, ai sette mondi chiamati Bhur, Bhuavas, Svar, Mahas, Sana, Tapas e Satya; che secondo la prospettiva biofisica, corrispondente ai cinque elementi costitutivi cioè: terra, acqua, fuoco, aria ed etere, nonché alle categorie dette forze di azione (mani e piedi, voce, organi escretori, e diffusori del nutrimento). Tutte queste forze ed elementi stanno alla base della coscienza riflessa, mentre la coscienza pura, che tutte le trascende, è localizzata in sahasraracakra – 12 pollici sopra la testa – Tutti i Cakra sono collegati con i nadi Ida e Pingala nei quali palpita l’energia cosmica cioè il Prana -.
La scienza tantrica, che non è fondata su principi filosofici astratti ma, al contrario, è basata su una serie di tecniche mistiche, si serve di tutte le facoltà pratiche dell’uomo per realizzare la gnosi.
Tra i mezzi pratici che questa scienza propone, a parte certe forme di meditazione contemplativa e vari altri aspetti iniziativi e ritualistici, la respirazione – soffio vitale – occupa un posto preminente.
Questa è, anzitutto, associata alle varie forme di coscienza: oggettiva - soggettiva; spaziale – temporale ed è considerata il fattore determinante dello sviluppo biopsichico dell’uomo il quale, proprio per mezzo della respirazione, può inserirsi nella grande evoluzione cosmica, la quale è, per questa scuola, un semplice trasporto dell’unico originario potenziale, cioè il Prana.
La scuola tantrica afferma inoltre che nello spazio di un atto respiratorio, perfettamente controllato, viene portato alla evoluzione quanto è involuto nella natura umana. Pertanto dell’atto respiratorio essi ne fanno due prime grandi distinzioni: Respiro grosso e respiro sottile. Il primo si effettua con la respirazione normale, inconscia ed aritmica ed il Prana che anima il corpo assolve alle funzioni proprie biofisiche; nel secondo, la respirazione ritmica “pranayama”, coscientemente diretta ai loti dei cakra, il Prana diviene, invece, una specie di sentimento sottile, di luce e colore e si presenta come un fervore di coscienza. Esso è lo spiraglio, l’andito o la porta di entrata delle esperienze ultrasensoriali e spirituali, che accelerano il lento procedere della evoluzione naturale.
È proprio per il presupposto contenuto nel concetto basato sul parallelismo – uomo cosmo – che per i tantra, i quattro momenti della respirazione: PURAKA, KUMBAKA, Antara e Bhaya KUMBAKA, assumono prospettive particolari e vengono associati ai movimenti astrofisici, con particolare riferimento al sistema solare, essendo la vita umana influenzata principalmente dal sole. Si avrà così una coordinazione corrispondente, fra ciascuno dei quattro momenti suddetti del ritmo respiratorio, con i quattro punti cardinali, con gli asterismi zodiacali (4 stagioni); con le quattro fasi della luna.
Inspirazione ed espirazione simboleggiano, rispettivamente, anche la notte e il giorno, nonché le fasi di luna vuota e piena, essendo la ispirazione considerata la fase buia della mente e l’espirazione la fase luminosa.
Mentre ritenzione e sospensione vengono rispettivamente paragonate agli equinozi ed ai solstizi. Questi due momenti: Antara e Bhaya Kumbaka rappresentano inoltre il divorare del tempo e dello spazio, ossia la sospensione dei fattori tempo e spazio dall’area della coscienza finita. L’uomo soffre della presunzione di essere vincolato allo spazio e al tempo, cioè alla vita, ma questo pensiero, che ci tiene imprigionati, deve diventare, con la ritenzione e la sospensione del respiro, lo strumento di liberazione, in quanto nella ritenzione e sospensione non vi è né vita né morte, ma eterni momenti che appartengono all’anima la quale non ha bisogno di respirare essendo Essa – già in armonia con il supremo soffio divino, cioè il Prana. Soffio che è riconosciuto come il fluido primordiale della realtà senza tempo che vibra, fin dal passato senza inizio, con eterno ritmo, in tutto ciò che si muove nella innata legge delle cose.
La perfetta armonia delle modulazioni del Prana, in virtù della totalità reale del suo espandersi al di là del tempo e dello spazio, racchiude l’infinità del Se la cui vera natura è però anche contemperata dallo sviluppo organico e dalle perfette relazioni fra tutte le parti psicofisiche e spirituali.
Fra gli strumenti di realizzazione, detti anche “varietà dei supporti”, tramandati dalla dottrina tantrica, emergono quattro vie che si coinvolgono fra loro:

  1. LA VIA DEL PRANA O SOFFIO VITALE, consiste in vari esercizi respiratori accomunati anche con asana.
  2. LA VIA DELLO SPAZIO che elimina, nelle fasi pranaiamiche di Kumbaka, antara e bhaya, tutto ciò che possiede estensione od ha assunto una forma o apparenza spaziale.
  3. LA VIA DEL TEMPO. Tutto quello che esiste è frutto della piccola coscienza dell’IO, cioè della mente e della sua forza vitale, o potenza di azione. Ogni azione è racchiusa in uno spazio di tempo; quindi il tempo, come numeratore di un ritmo respiratorio, non è altro che il vario succedersi delle azioni. La Bhaya Kumbaka, cioè il vuoto pranayamico producendo una sospensione di azione, distrugge il tempo.
  4. LA VIA DEL MANTRA (Varna) basata sui suoi bija o fonemi. Questa via, creando sottilissime vibrazioni, corrobora il soffio vitale nella apertura dei piccoli petali dei loti.

Ogni vibrazione sonora tocca il sistema nervoso, raggiunge i centri superfisici dei cakra e, amplificata da questi ultrasensibili gangli, modifica le vibrazioni interne di tutte le cellule, penetra in ogni fibra fisica e psichica, provocando, conseguentemente, reazioni non soltanto fisiche anche psichiche.
Ogni nota è come un raggio di luce, un’onda d’urto: benefica o malefica; calmante o eccitante, stimolante o dirompente. Sappiamo che alcune melodie possono commuovere fino alle lacrime, altre filtrano come nettare in tutto il corpo, altre inebriano la mente ed elevano lo spirito, altre ancora, al contrario, eccitano ed esaltano o irritano. È chiaro che le note dei mantra siano esse la salmodiante ripetizione dei versetti o la sola pronuncia di Japa o Bija esercitano una grande influenza sul corpo e sulla mente. Inoltre il mantra ha il potere di svuotare completamente la mente e sostituirsi alle ideazioni che la rendono instabile.
Anche per i tantrici al forza primordiale del Prana viene suddivisa in cinque soffi: ascendente, discendente, equilibrante, verticale e pervadente; ma questa suddivisione assume un significato più vasto di quello tradizionalmente accettato dalla concezione penindiana cioè prana, apana ecc., che come si è già detto si identifica con le vibrazioni che attendono alle funzioni organiche. Secondo la visione tantrica i cinque soffi sono altresì visti anche come canali e veicoli che sublimano il jiva verso l’ATMAN – La SAKTI verso SIVA. Così come è detto nella B.A.U. “Su che cosa siete fondati tu e l’Atman? Sul Prana – Ed il Prana su che cosa è fondato? Sull’Apana – E l’Apana su che cosa è fondato? Sul Vyana – E il Vyana su che  cosa è fondato? Sull’Udana – E l’Udana su che cosa è fondato? Sul Samana – Questo è il Brahman ecc.”. Dunque per la disciplina tantrica i cinque soffi sopra specificati vanno intesi anche come vie sottili in cui il Prana deve essere indotto al fine di sublimare le forze potenziali, perforare i vari totji eliminare le scorie impure – Vasanas Karmatici – onde distruggere le limitazioni che tengono prigioniera la coscienza. In altre parole svegliare la Kundalini – nella quale risiede tutto il futuro evolutivo dell’uomo.
Secondo la teoria evoluzionistica indiana ogni manifestazione della vita cela una provvista infinita di energia. La vita, all’inizio, può essere un po’ di fango, una microscopica bolla che attinge, senza posa, dalla inesauribile unica fonte di energia e che lentamente, molto lentamente, si trasforma per diventare, forse, dapprima una pianta, poi un animale e con il passare dei millenni, forse un uomo o un Dio. Certo dovranno passare miliardi di anni perché questo si compia. Ma che cosa è il tempo? È una eternità senza fine e senza principio. Ma quando diviene un traguardo, una meta, il tempo può ridursi in un attimo, in una sola vita.
Una corsa più rapida, una lotta più intensa possono accorciare il lento processo evolutivo che normalmente richiede moltissimo tempo, ma l’uomo, comune che attinge lentamente nella massa infinita dell’energia pranica esistente nell’universo, metterà centinaia di migliaia di anni per raggiungere la meta della liberazione. Lo Yoga insegna come accorciare questo tempo. Vi è l’esempio di molti Yoghi, dei santi, dei profeti di tutto il mondo, che hanno saputo, nello spazio di una sola vita, sperimentare la vita di tutto il genere umano. Essi respirano con questa sola speranza e non vivono un solo istante con altra idea.
Questo è il vero rapporto che esiste fra il pranayama e lo spirito. Il complesso organico del corpo umano è costituito da vari organi: cellule e mente compresa, tutti sono azionati dal Prana. Talvolta la provvista di Prana affluisce in più o in meno verso l’uno o l’altro punto del vostro corpo, l’equilibrio è allora rotto, e da questa rottura dell’equilibrio pranico ne consegue quello stato anormale che viene chiamato malattia. Per guarire di questa malattia, occorre sopprimere il Prana superfluo o fornire di più colà dove esso difetta.
La respirazione pranayamica ci insegna anche a riconoscere se vi è più o meno Prana, ad esempio nell’alluce, e a regolarne l’afflusso a seconda della quantità e qualità di vibrazione pranica ivi necessaria.
Con al pratica costante del pranayama non solo si può aumentare o diminuire l’intensità del Prana nelle più disparate parti del corpo, attraverso canali sottili, ma si può addirittura riempirlo tutto, saturarlo fino a farlo diventare luminoso, trasparente, leggero più dell’aria, dilatarlo, fino a contenere tutto l’universo. Le vie obbligate per raggiunger questi stadi di vibrazione, secondo i tantra, sono appunto i seguenti cinque soffi:

  1. SOFFIO ASCENDENTE, si produce dalla inspirazione alla espirazione. Ma, spirando esso non più come nella esalazione la quale spinge il Prana verso il basso (soffio discendente) e muta il suo nome in quello di apana, al contrario, invece, esso spira verso l’alto partendo dal cuore “Anahata” e arriva al foro di Brahman (a proposito del soffio discendente apana, di cui si è parlato sopra, questo non deve essere confuso con l’apana vero e proprio che è di ordine discendente e conduce in basso gli escrementi; il soffio discendente in questione ha una funzione diversa, come si chiarirà in seguito). Il soffio ascendente si svolge in uno spazio simbolico di 33 dita. In questo spazio si conclude il tempo in tutte le sue partizioni dai periodi di 24 secondi (tempo di una esalazione) ai periodi via via maggiori di minuti – giorni ed anni solari e di Rhudra. Il soffio ascendente è costantemente attivo in tutte le ore del giorno e della notte. Rispetto al mantra risuona con la sillaba “YAM”.
  1. SOFFIO DISCENDENTE , si produce nelle fasi di inspirazione ed espirazione. Scorrendo verso il basso come Prana e apana-corrente positiva e negativa – sole e luna – spira rispettivamente nei nadi Idà e Pingalà e giunge fino a Muladhara cakra, dissolvendo nel suo fluire verso il basso tutte le impurità, (purificazione dei nervi), elimina le inferenze sensorie; dischiude il loto di muladhara provocando la contrazione e la dischiusione degli organi genitali la cui secrezione sublimata per effetto del soffio udana, produce il soffio verticale.
    Rispetto al tempo esso spira 8 volte ogni sei ore cioè: 8 volte dall’alba a mezzogiorno; 8 da mezzogiorno al tramonto; 8 dal tramonto a mezzanotte ed 8 da mezzanotte all’alba. Rispetto allo spazio esso riempie, simbolicamente, le due fasi della luna calante e sei asterismi zodiacali.
    Rispetto al mantra vibra con la sillaba “LAM”.
  1. SOFFIO EQUILIBRANTE , si produce nei due tempi di ritenzione la sospensione – Antara e Bhaya Kumbhaka – Spira nel petto e nel ventre orizzontalmente e va anche su e giù per i canali Idà e Pingalà e susumna; Circola in dieci direzioni per i condotti sottili o petali di loto.
    Rispetto al tempo rispecchia la rotazione terrestre-equinozi e solstizi. Rispetto allo spazio simboleggia i quattro punti cardinali; tutti i 12 asterismi zodiacali e le quattro fasi lunari. Il ciclo del soffio equilibrante è privo di inspirazione ed espirazione, spirando esso in continuazione 60 volte nello spazio di un’ora. La sua azione rende il corpo puro e trasparente. Divora il tempo e lo spazio come unità di misura.
    Rispetto al mantra risuona con le sillabe corrispondenti ai cakra: Manipura, Anahata, e Visuddha, rispettivamente a Ram, Yam, Ham.
  1. SOFFIO VERTICALE , si produce durante la espirazione e può durare per tutto il tempo della sospensione e in casi eccezionali per lungo periodo. Ha origine dal soffio discendente dopo che questo, avendo penetrato, con prana e apana, il muladhara, si riversa su sushumna smuovendo l’energia ancestrale concentrata del Bija serpentino.
    Il soffio verticale sale, perforando tutti i cakra fino a sahasrara – 12 pollici sopra la testa – congiungendo Siva e Sakti; esplode come suprema coscienza atemporale e adimensionale, sublime e divina.
    Ma se questo fluido è intermittente e la corrente diviene discontinua può succedere la morte o la pazzia o nei casi più benigni la fluttuazione della coscienza fra zone di ombre e di luce.
    Occorre molta prudenza nel tentare simile esperienza. In ogni caso bisogna sempre saper dominare il prana. Rispetto al tempo sono propizie le ore comprese fra l’alba e il mezzogiorno. Rispetto allo spazio ideale sono propizi i quarti di luna piena e i solstizi.
    Rispetto al mantra la sillaba “OM”.
  1. SOFFIO PERVADENTE : pervade tutto il corpo dopo aver distrutto le latenze psichiche – semi karmatici – ; schiude tutti i petali dei 7 loti. Diviene uno stato permanente di beatitudine; la realizzazione completa del “SE”. Si genera dalla caduta di potenza dei soffi: ascendente, verticale ed equilibrante. Nel soffio pervadente il Prana diviene coscienza cosmica. Fisicamente rigenera tutte le cellule del corpo. Spira, come un vortice, in ogni direzione. Nel SAMADHI e nello stato di TURIYA è l’aldilà di ogni dimensione di tempo e spazio e dagli effetti causali.
    Rispetto al mantra è “OM”.

Le difficoltà, che presentano le complesse e complicate tecniche respiratorie tantriche, possono essere felicemente superate dall’adepto HATHA YOGI, se iniziato, mediante speciali diagrammi astratti detti YANTRA – impartiti da un maestro; se non iniziato: con altri diagrammi illustrativi anche su carta che riproducono le vie che il Prana dovrà percorrere per raggiungere, attraverso i nadi, i condotti sottilissimi dei petali dei loti. Inoltre, però, per utilizzare bene i rispettivi “Tattva” forze sottili della natura, occorre, conoscere ed applicare anche le relative unità di misura, in tempi e spazi, dei ritmi respiratori adatti per ogni soffio – SAMBHAVA -.
È noto che il ritmo di respirazione differisce in ciascun individuo, oltre che per le possibili alterazioni provocate dagli stati emotivi, anche per le diversità di sesso, di struttura somatica, di età, di abitudine, ecc.; pertanto il mezzo più idoneo per fissare i tempi delle fasi pranayamiche, è il sistema detto dei SIGILLI. Questo sistema, usato dai maestri tantrici, consiste nella apposizione della mano sui fuochi dei tre cakra aeriferi (manipura, anahata, visuddha) eseguendo nel contempo, su ciascuno di essi speciali “Sambhavi-mudra” pressioni. Tenendo conto della fluttuazione del respiro e dei battiti del cuore si può stabilire, la sopportabilità massima di estensione e sospensione pranayamica che il soggetto deve sostenere all’inizio della pratica. A mano a mano che il ritmo respiratorio diventa fluido e sicuro, automaticamente si estende, e si sintonizza sull’armonia cosmica.

In conclusione il pranayama mira a mettere l’uomo in armonia con il cosmo, eliminare gli effetti causali del Karma, le divisioni spaziali e temporali ed elevare l’essere nella più alta sfera degli ideali che è la realtà assoluta UNO – Brahman.

Antonio Naim
tratto dalla Rivista “Conoscenza” del Centro Studi Esoterici ed Iniziatici

 

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