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721. Su Sri Râma di Sri Sathya Sai Baba

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Il Veda Purusha (lo Spirito Supremo dei Veda)
nacque come figlio di Dasharatha.
I Veda nacquero da Pracetas
nella forma del Râmâyana.”


I quattro Veda quali figli di Dasharatha
Incarnazioni del Divino Amore!
Il Râmâyana è la manifestazione dei Veda discesi dal Cielo sulla Terra. Quattro sono le parti dei Veda: Rig Veda, Yajur Veda, Sâma Veda e Atharva Veda. Nel Râmâyana, il Rig Veda è Râma, Yajur Veda è Lakshmana, Sâma Veda è Bharata e Atharva Veda è Shatrughna. I quattro fratelli, prendendo la forma dei quattro Veda, giocano il loro ruolo nella casa di Dasharatha.
Rig Veda e Yajur Veda consistono di mantra rivolti a Dio. Essi contengono le cerimonie degli Yajña (sacrifici propiziatori) e Yâga (riti sacrificali, offerte). Per questo motivo Vishvâmitra venne a prendere Râma e Lakshmana per la protezione di un rito. I Rig Veda e Yajur Veda sono entrambi forme di mantra. Essi sono forme sia di Yajña sia di Yâga. Râma e Lakshmana andarono insieme per proteggere il rito di Vishvâmitra.
Bharata, obbedendo al comando di Râma, lasciò Ayodhyâ e andò in un villaggio, chiamato Nandi. Arrivato nel villaggio, egli cantò il Nome di Râma: per quattordici anni “Râm, Râm, Râm, Râm” fu il suo unico canto. Possiamo quindi affermare che Bharata è l’incarnazione del Sâma Veda (il Veda dei canti sacri).
Shatrughna si trova ovunque siano Yajña, Yâga e il canto del Nome di Dio, che protegge tutta l’area intorno, in modo che fantasmi, demoni e spiriti maligni non vi entrino. Non dobbiamo pertanto pensare che Veda e Râmâyana siano differenti. L’essenza dei Veda è il Râmâyana. I Veda sono la forma del Râmâyana.
Nel Râmâyana, Râma insegnò tre tipi di Dharma.
Il primo è il yakti Dharma (Dharma dell’Individuo).
Il secondo è il Kutumba Dharma (Dharma della Famiglia).
Il terzo è il Sanghika Dharma (Dharma della Società). Per proteggere la forma dei tre Dharma, Egli si espresse nella forma di Trikona (triangolo), la forma di questi tre aspetti dharmici.

Grandezza del Râmâyana
Tali divini comandi, elargiti per il benessere dell’umanità e per essere praticati, sorsero cinquecento anni prima di Bharata (figlio di Shakuntalâ e Dushyanta, remoto antenato dei Kaurava e dei Pândava - N.d.T.), molto prima che la storia del Râmâyana si svolgesse. Infatti, tutto ciò è accaduto molto tempo fa.
Sebbene siano trascorse alcune migliaia di anni da quando il Râmâyana ebbe origine, il fatto che ancora oggi risplenda nel cuore di tutti gli uomini dimostra la sua straordinarietà e sacralità. Indipendentemente dall’autore, nessun altro poema rimase nel cuore dell’uomo per così tante migliaia di anni. Solo il Râmâyana continua a fluire, a brillare e a tramandare il suo insegnamento nel cuore degli uomini.

Il messaggio di Râma e Râvana
Ci sono due messaggi importanti nel Râmâyana: uno di Râma e uno di Râvana. Soltanto Satya (la Verità) è l’autentica forma dell’uomo. Solo il Dharma rappresenta la qualità fondamentale della natura umana. Satya eDharma sono gli occhi per l’uomo; questi occhi sono le forme di tutte le Shâstra (Scritture); quindi, tutte le forme delle Shâstra sono gli occhi dell’uomo. Râma diffuse nel mondo il messaggio secondo cui l’uomo deve santificare la sua vita, insegnando e propagando Satya e Dharma. Satya e Dharma erano entrambi opposti alla natura di Râvana. Egli non accettò Satya e non praticò Dharma. Râvana rappresenta l’uomo allontanatosi da entrambi i valori. “O cittadini! Avete respinto da voi Satya e Dharma. Non fate come me. In me ci sono solo cattive qualità: incapace di soddisfare il desiderio, persi i miei figli; incapace di controllare l’illusione, rovinai i miei fratelli; incapace di conservare la mia reputazione, distrussi l’intero regno. Alla fine rovinai anche me stesso. Che cosa ottenni? Solo cattiva fama.”
Che cosa ottenne invece Râma? Una grande fama. Pertanto, chi si costruisce una buona reputazione è Râma, chi se ne fa una cattiva è Râvana. La buona e la cattiva fama vanno sempre insieme. Râma non può esistere senza Râvana e viceversa. Pertanto il Râmâyana è la combinazione di Râma e Râvana, vale a dire che il male segue sempre il bene.
(Per chiarire il concetto, Sai Baba usa una metafora – N.d.T.) La faccia risplendente come la luna ha dietro di riccioli neri arrotolati come tanti anelli; bianca luminosità sulla faccia e nera massa di capelli: qual è il significato profondo di ciò? Il Dharma, che risplende, è seguito da neri raggi che causano cattiva fama. Entrambi, buono e cattivo, rappresentano le forme dell’uomo.

Dharma per l’Individuo, la Famiglia e la Società
Dobbiamo afferrare bene il significato profondo di una storia come il Râmâyana, che contiene molti precetti sottili. Esso non intende narrare solo storie personali. All’inizio insegnò il Vyakti Dharma (doveri relativi all’individuo, quale uomo). Vyakti significa la forma dell’uomo.
Il Dharma di Vyakti non si riferisce solo alla forma esteriore dell’individuo; infatti, il Râmâyana pone in rilievo le qualità non manifeste e latenti dell’essere umano. Si realizza l’individualità solo quando la Verità interiore si rende manifesta. Individualità è esprimere la Divinità presente nel cuore. Vyakti Dharma insegna taleDharma dell’individualità.
L’uomo oggi non pratica Verità e Rettitudine. Ciò che, celato nel cuore, guida la Verità interiore è “Individualità”. Vyakti non significa qui la forma dell’individuo. Âcharanam Vyakti significa “il vero individuo è colui che mette in pratica”. Pertanto, Râma propagò il Vyakti Dharma nel mondo.
Per obbedire agli ordini del padre, Egli si recò nella foresta, dove subì numerose difficoltà e sofferenze, anche se non le percepì come tali. In tal modo Râma protesse e sostenne il Kutumba Dharma (Dharma della Famiglia) e diffuse nel mondo la Verità secondo cui, in nessuna circostanza, avrebbe trasgredito al Kutumba Dharma della dinastia Ikshvâku.
Come Sanghika Dharma (Dharma della società), Egli tributò rispetto alla madre, al padre, alla moglie e ai figli, e portò buona reputazione ai Suoi fratelli.

Râma prende commiato da Kaushalyâ
In qual modo Râma protesse il nome della famiglia? Indossate vesti di fibra, si recò alla residenza di Kaushalyâ; andò da lei per ottenere il suo permesso. Kaushalyâ fu molto sorpresa: “Il figlio che deve diventare Re dei re indossa vesti di fibra. Che significa tutto ciò?”
Râma disse sorridendo: “Madre! Oggi mio padre mi ha nominato Re del regno della foresta. Da oggi dovrò governare il regno della foresta. Questo è il nostro Kutumba Dharma.” Mentre la conversazione procedeva in quei termini, Lakshmana entrò infuriato: “Madre! Non è accaduto così. Dando ascolto alle parole di quella Kaikâ (Kaikeyî), nostro padre è diventato iniquo.” Egli continuò a descrivere tutto quello che era successo, senza tralasciare nulla. Quindi aggiunse: “Sono in attesa degli ordini di Râma. Se riceverò il Suo comando, andrò subito a uccidere Mantharâ e Kaikâ, e farò ritorno. Poi, sarò io a eseguire l’incoronazione di Râma. Non intendo rispettare neppure il padre.”
Proprio mentre parlava così, Râma gli andò vicino e gli chiuse la bocca (Swami mostra il gesto, mettendosi la mano sulla bocca). Râma affermò: “Lakshmana! Una simile cattiveria non è degna della nostra famiglia. Mettere in praticare il Dharma è il nostro Kutumba Dharma. Sulla base del Vyakti Dharma dobbiamo proteggere anche il Kutumba Dharma. Nel mondo nulla accade senza una ragione; perciò, senza motivo, nostro padre non mi avrebbe impartito un simile ordine. Sii calmo, tranquillizzati!”
Udendo le parole pronunciate da Lakshmana, Kaushalyâ cadde a terra. Quindi, aggiunse: “Râma! Se è importante per te ubbidire alle parole del padre, non sono forse io Tua madre? Non sono la sua metà? Pertanto, tu devi ubbidire anche alle ingiunzioni della madre!” Râma allora consigliò la madre nei seguenti termini: “Madre! Dovendosi separare da me, il padre è molto addolorato e, in tale circostanza, non è possibile che tu venga via, abbandonandolo. Tu sei metà di lui; devi consolarlo, cercare di proteggerlo in tutti i modi. Tale è il tuo Dharma. Il Dharma delle donne indiane è di obbedire alla parola del marito. Questo è ilDharma della moglie. Tu dovresti fare solo tale sevâ (servizio), e non prendere parte ad altri servizi. Io sono quello che è arrivato a metà del cammino e perciò non dovresti considerarMi; tu devi ubbidire soltanto agli ordini di tuo marito.”

Il Dharma di Sîtâ
Sîtâ si trovava vicino a Râma e quindi aveva udito quanto era stato detto. Ella commentò così: “Râma! Tu parli in modo così intelligente circa il Tuo Dharma! Quando, però, affermai che anch’io volevo venire nella foresta, tu replicasti dicendo ‘Non venire! Fai servizio alla madre e al padre anziani.’ Che siano giovani o vecchi, Tu sei mio marito in ogni caso, non è vero? E io sono tua moglie, non è vero? Dicesti a Tua madre di ubbidire alle parole del marito e di considerare che il servizio al marito è la cosa più importante. Quindi, mio marito è Dio per me. L’obiettivo più importante è servire il marito. C’è allora un Dharma differente per me e per la madre? Questo non è il modo giusto d’insegnare.”
Râma allora lodò Sîtâ, anche se era stato da lei contraddetto. Con grande intelligenza e tatto, il Dharma deve essere adattato secondo le circostanze. Con tali insegnamenti di condotta, Râma protesse il Dharma della famiglia e mantenne il rispetto per la stessa.

Rispetto per i genitori
Lakshmana aveva accusato Kaikâ molto duramente. Râma, quindi, replicò: “Lakshmana! Ella non è la mia matrigna. Io amo Kaikâ molto più di Kaushalyâ. Anche Kaikâ ama Me più di Bharata. Non dovresti accusare Kaikâ in tal modo; essa è la madre!” Infatti, si dice:
“La madre è Dio, il padre è Dio.”
Râma aggiunse: “Io obbedisco agli ordini del padre e rispetto le madri. Questo è il nostro Kutumba Dharma.” In tal modo e a quell’epoca, Egli così insegnò il Dharma.

Râma combatte da solo contro migliaia di demoni
Nel Râmâyana ebbero luogo altri eventi. Shûrpanakhâ (la sorella demone di Râvana), quando nella foresta le furono tagliati il naso e le orecchie, riportò l’accaduto al fratello. Râvana si diresse allora nella foresta con un enorme esercito. Râma chiamò Lakshmana vicino a Sé e gli disse: “Lakshmana! Ora devi aiutare tuo fratello e non devi lasciar posto ad altri sentimenti nel tuo cuore; solo il Mio ordine dovrà essere importante per te. Io combatterò da solo contro tutti; tu prendi Sîtâ ed entrambi andate a rifugiarvi in una piccola grotta.”
Lakshmana non accettò una simile idea e replicò: “Fratello! Stare con Sîtâ in una grotta, mentre Tu combatti da solo contro i demoni? Anch’io mi unirò a Te nella battaglia; i demoni sono così numerosi! Se Ti circondano, Ti ritroverai solo. Sono Tuo fratello; questo è il lavoro che farò? Non andrò quindi in quella grotta. Il mio obiettivo non è proteggere Sîtâ; il proposito più importante è proteggere mio fratello Râma. Pertanto, non vi andrò.”
Râma allora rispose: “Nel Sanghika Dharma (il Dharma della Società), si verificano continuamente molte situazioni come questa. Devo quindi applicare il Dharma intelligentemente e in conformità all’epoca; tu lo sai, non è vero? Anche se arrivassero altre migliaia di demoni, Io combatterò contro di loro. Tu proteggerai Sîtâ.” Egli si espresse così, usando buone parole, e sussurrò nell’orecchio di Lakshmana il segreto del Dharma. A quel punto Lakshmana accettò; prese Sîtâ, andò via, e la sistemò in una grotta, dalla quale, però, poteva udire urla e clamori. Lakshmana non riusciva a sopportare ciò e inoltre Sîtâ lo rimproverava continuamente: “Lakshmana! Lo lasci là da solo! Perché mai dovresti stare qui?” Sîtâ continuava a ripetere insistentemente: “Vai là! Vai, vai!”
“Madre! In qual modo posso disobbedire agli ordini di Râma? Fra i due, Râma e Sîtâ, l’ordine di Râma è più importante per me. Non andrò. Râma riuscirà a cavarsela da solo; Egli è onnisciente e onnipotente. Che cos’è la mia forza in confronto alla Sua?” Dicendo così, riuscì a calmarla. Dopo un po’ di tempo, però, divenne ansioso di rivedere il fratello. Râma aveva usato un’arma con mille facce e così tutti i demoni erano caduti. Si recò allora alla grotta per incontrare Lakshmana, il quale, vedendo Râma salvo, fu molto felice. Come poté un solo Râma uccidere un così vasto esercito? Egli non ha una sola forma, ma numerose:
“Centinaia di teste ha il Purusha (il Signore Supremo), centinaia di occhi, centinaia di piedi.”
Non appena vedevano il Suo volto, tutti i demoni svenivano.
“Più dolce dello zucchero, più saporito del burro, ancor più gustoso del miele maturo. Pronunciandolo e ripetendolo con la bocca, sembra amrita (nettare).”
“Sîtâ! Ripeti sempre il Nome di Râma, che è più dolce dello zucchero, più saporito dell’essenza del curd (cagliata) e più gustoso del miele maturo. Ripetilo in continuazione; esso è come nettare. Nessuno può descrivere, infatti, la dolcezza esistente nel Nome di Râma, che è sia questo sia quello.”
Lakshmana continuò: “Madre! Possiamo contare le onde dell’oceano, ma non ci sarà possibile determinare il potere di Râma. Ci sono poteri, in Râma, ai quali non si possono dare attributi. Chi può proteggere il potere di Râma? Noi siamo solo i Suoi strumenti; in realtà Egli possiede tutti i poteri. È quindi sufficiente per noi pronunciare il Nome di Râma.” Queste parole riuscirono a calmare Sîtâ.

“Pravritti” (cammino esteriore) e “Nivritti” (cammino interiore)
Nessuno può descrivere la natura della Divinità. I Dharma espressi nel Râmâyana sono i Dharma dei Veda. I Veda furono divisi in due parti, di cui una è relativa a Pravritti (cammino esteriore) e l’altra a Nivritti (cammino interiore). Tutte le opere che hanno relazione col mondo sono considerate Pravritti Dharma. Pravritti si propone così: “Mio caro, hai fame? Mangia pure del cibo.” Nivritti immediatamente interviene, asserendo: “Mio caro, proprio perché hai fame, non mangiare qualsiasi cosa ti capiti. Quali cose bisognerebbe mangiare? In che modo lo si dovrebbe fare?” Il Nivritti Dharma impartisce simili insegnamenti. Ciò che induce la mente alle agitazioni mentali è Pravritti. Nivritti invece fa sciogliere il cuore. Pertanto c’è una gran differenza fra i due sentieri. Nivritti è ciò che ha a che fare con i sentimenti interiori, mentre Pravritti è in relazione con le attività esteriori. Oggi tutto ciò che vediamo con gli occhi, udiamo con le orecchie e sperimentiamo con la mente è Pravritti. La qualità oltre gli occhi, le orecchie e la bocca è Nivritti. Râma in tal modo insegnò la via di Nivritti. Questi sono gli importanti detti dei Veda:
“Il Signore Supremo dei Veda come uomo.”
Quale uomo?
“Come uomo, quale figlio di Dasharatha.” “Colui che è nato come figlio di Dasharatha” non era, tuttavia, suo figlio; non fu partorito dal grembo di Kaushalyâ. Râma nacque da Yajña Hotra (fuoco sacrificale). Veda è la forma di Yajña, non qualcosa che è in relazione con gli aspetti materiali; è oltre la mente e l’intelletto, è la qualità al di là di tutto ciò. Infatti, Râma, Lakshmana, Bharata e Shatrughna non sono soltanto delle forme ordinarie.

La precedente vita di Mantharâ come cervo
Râma era molto caro a Kaikâ, la quale lo accudiva con molto più amore del figlio, Bharata. Mantharâ, tuttavia, s’intromise fra i due. Chi è Mantharâ? Facendo una ricerca, se ne trova testimonianza anche nei Veda.
Un giorno, mentre il re di Kekaya (Kaikaya, padre di Kaikâ) era intento a cacciare, due cervi, maschio e femmina, stavano giocando. Il re di Kekaya colpì il maschio. Allora la femmina andò piangendo da sua madre: “Madre! Il re di Kekaya ha ucciso mio marito. Quale sarà ora il mio destino?” La madre cervo possedeva uno speciale yantra, un particolare talismano, che riportava in vita quelli che erano morti. “Mia cara! Non piangere; riporterò in vita tuo marito morto. Non essere triste.”
La madre cervo si recò quindi dal re di Kekaya e gli disse: “Sire! Non è bene che voi facciate cose simili. Chi è re non dovrebbe prendere parte ad azioni del genere. Non dovreste assolutamente creare separazioni. La separazione porterà soltanto ashânti (mancanza di pace) nella vostra vita. Come io sto soffrendo per la morte di mio genero, così voi, allo stesso modo, soffrirete per vostro genero. Io soltanto ne sarò la causa.” Quel cervo nacque, quindi, come Mantharâ, la quale separò il figlio, Râma, da Dasharatha e provocò lo stesso tipo di dolore.
Svolgendo un’indagine approfondita in tal senso, si può riscontrare che nei Veda esistono numerose prove simili. Infatti, i Veda (le Scritture emanate da Dio stesso), le Shâstra (le Scritture contenenti codici morali o precetti di vita) e i Purâna (antiche storie relative alle relazioni tra Dio e gli uomini) sono tutti correlati e interdipendenti. Non è possibile dividerli; non si può dire: “Questo è diverso da quello.” Solo la gente ordinaria del mondo terreno, che segue la via del mondo materiale, li divide in parti differenti.

Buono e cattivo non possono essere separati
“Non è possibile separare il buono dal cattivo. Buono e cattivo sono sempre insieme; nessuno può dividerli. Non potremo mai vedere la felicità in disparte. Quando il dolore fruttifica, la felicità è in arrivo.”
La relazione fra il nostro viso e i capelli (Sai Baba usa nuovamente la metafora del volto e dei capelli – N.d.T.) è la stessa esistente fra il buono e il cattivo, per cui non ci è assolutamente possibile allontanare il cattivo. Senza Râvana, la maestà di Râma non avrebbe potuto propagarsi nel mondo. Pertanto il Râmâyana, nei suoi insegnamenti, unì insieme il buono e il cattivo e li elargì all’umanità.

Educazione ed “Edu-care”
Râvana non era un tipo comune; aveva studiato tutto quello che anche Râma aveva studiato. Che cosa accadde, tuttavia, allo studio appreso da Râvana? A causa delle cattive qualità presenti in lui, esso assunse la forma d’indigestione, mentre lo studio fatto da Râma fu digerito, messo in pratica e servì all’elevazione dell’umanità.
Ci sono pertanto due tipi di studio: uno è interiore, l’altro è esteriore. Noi studiamo, studiamo, studiamo, impariamo tutto a memoria e lo scriviamo agli esami: questo è studio esteriore.
Portare invece ciò che si è studiato nel profondo del cuore, conferisce dolcezza allo stesso. È studio interiore quello che insegna al mondo la beatitudine del cuore.
Lo studio esteriore è denominato istruzione, mentre l’educazione interiore è detta “Edu-care”. Senza “Edu-care”, da dove proviene l’educazione? Voi tutti dovreste quindi apprendere “Edu-care”. Avere soltanto istruzione non serve a nulla. “Istruzione” è quella cosa che, non appena si entra nell’aula degli esami, la si scrive e la si dimentica. È “Edu-care” che fa sorgere l’educazione. Pertanto Râma e Râvana ebbero proprio due diversi tipi d’educazione.

L’influsso di Mantharâ
Mantharâ aveva in sé tale antico sankalpa (decisione, volontà). Cominciò a raccontare falsità costruite contro Dasharatha, perché voleva distruggere l’amore che Kaikâ aveva per il marito. Fuori c’era gran musica; i cavalli nitrivano, gli elefanti barrivano! Si sentiva un tale frastuono! Che cosa stava accadendo? Dasharatha stava arrivando in processione per comunicare a Kaikâ la notizia della prossima incoronazione di Râma.
All’udire tanto subbuglio, la gobba Mantharâ si raddrizzò. Salì sulla terrazza in cima al palazzo e si domandò: “Che succede? Il re sta entrando da solo, nessun altro entra con lui.” Mantharâ non era tranquilla nel vedere che il re arrivava con tanto sfarzo. Scendendo le scale, incontrò un’inserviente di Kaushalyâ di nome Dîra. Questa, con le vesti di seta e i gioielli che Kaushalyâ le aveva donato, andava a mostrarli a Kaikâ. Kaushalyâ, invece, non aveva regalato nulla a Mantharâ. Poveretta, c’era tanta rabbia in lei!
Mantharâ domandò: “Che succede! Che cosa sono tutti questi ornamenti? Chi te li ha dati e perché?”
“Il figlio di Kaushalyâ sarà re. Per la gran gioia, Kaushalyâ ha donato a tutti i suoi servitori vesti di seta e gioielli (ella disse).” All’udire simili parole, Mantharâ diventò una furia. Disse: “Aspetta!” ed entrò. Vide Kaikâ. “Kaikâ! Che cosa significano tali grandiosità e tutti i tuoi ornamenti? Perché ti comporti così?” Kaikâ non le diede retta. Allora Mantharâ la chiamò vicino (e disse): “Madre Kaikâ! Stai commettendo un grosso errore. Pensi che il re ti ami, ma è solo un amore artificiale. Tu credi a tale amore e ne resti ingannata. La tua buona sorte presto svanirà. Ascoltami!”

Il contatto con gli altri ci trasmette le loro qualità
Così dicendo, diede un colpetto sulla spalla di Kaikâ. (Swami si batte su una spalla – N.d.T.). Quando Mantharâ batté sulla spalla di Kaikâ, i suoi sentimenti carichi di cattive qualità si infiltrarono nella regina. Non dovremmo mai stare con chi possiede qualità cattive. Il solo contatto ci porta una quantità di rischi. Per via di quel tocco sulla spalla, in Kaikâ comparvero delle cattive qualità. Prima, ella stimava Râma moltissimo; da quel momento fu contro di Lui.
Kaikâ domandò che cosa stesse accadendo. Dasharatha stava arrivando. Mantharâ suggerì: “Prima che arrivi, togliti tutti i gioielli e gettali via. Va’ nella krodha griham (la stanza dell’ira, dove la regina poteva ritirarsi per farsi passare un malumore – N.d.T.) e gettati a terra. Resta là come giace un’edera morta.” La regina seguì le parole di Mantharâ e andò a buttarsi nella stanza dell’ira.

L’incontro tra Dasharatha e Kaikâ
Il venerato re arrivò. Alla sua domanda: “Dov’è Kaikâ?” nessuno rispose. Solo Mantharâ gli disse: “Va’ a vederla tu stesso subito.” Entrando, il re vide che Kaikâ era tremendamente cambiata. I gioielli erano sparsi a terra. Dasharatha si spaventò a tale vista. “Kaikâ! Perché ti comporti così?” Nessuna risposta. “Questo non va bene. L’incoronazione di Râma è prossima; è un fatto molto grande, molto importante nella mia vita. È un giorno di grande gioia nella mia vita. Non devi essere addolorata.” Le andò vicino e si mostrò affettuoso in ogni modo. “Qualsiasi gioiello tu voglia, casa, palazzo, ogni lusso tu voglia, io lo realizzerò”, egli promise; al che ella rispose: “Non mi serve nulla di tutto ciò.” Egli cadde svenuto. (Il re perse i sensi a seguito di quanto, come narrato più avanti, la regina gli chiese successivamente – N.d.T.)
Lentamente Mantharâ si avvicinò a Kaikâ, dicendole: “Tu fosti così coraggiosa sul campo di battaglia. Quando combattesti a fianco di Dasharatha durante una battaglia, gli fosti di grande aiuto! Per quell’aiuto egli ti promise di soddisfare due desideri, e ti disse che avresti potuto richiederglieli quando tu avessi voluto. Questo è il momento! Chiedi adesso di mantenere la promessa.” (Disse Kaikâ:) “Quali promesse? Io non me ne ricordo neppure!”
Mantharâ le ricordò l’accaduto. Alla comparsa del demone Saradûshana, Dasharatha aveva preso Kaikâ con sé e mosso guerra contro quel demone. In quella circostanza, quando al carro di Dasharatha si ruppe l’asse di una ruota, Kaikâ vi mise il proprio dito e tenne ferma la ruota, permettendo al marito di sconfiggere il nemico e salvandogli così la vita. Per il suo prezioso aiuto, Dasharatha promise: “Tu sei stata di così grande utilità e hai protetto la mia vita. Io voglio donarti qualsiasi cosa tu chieda.” Ella allora si era domandata: “Che cosa mai potrei chiedere?”
Oggi come allora, una donna separata dal marito può rimanere lontana per tredici anni; ma se si giunge al quattordicesimo anno, la ricongiunzione con il marito non è più possibile. A corte o in altro luogo, questo è il giusto Dharma.
Kaikâ disse: “Io desidero che, per quattordici anni, Egli debba stare nella foresta. Râma deve essere mandato nella foresta. Mio figlio, Bharata, deve essere incoronato. Giura subito che farai questo!” Nell’udire tali parole, Dasharatha fu sopraffatto dalla tristezza. Svenne, perse conoscenza e non fu più in grado di pronunciare una sola parola.

Kaikâ è gelosia
Ella richiese che le fossero concessi quei doni. Mantharâ penetrò fortemente nella mente di Kaikâ. Chi è Kaikâ? Non ha importanza chi sia; tuttavia se subentra la gelosia, essa ha una presa molto forte, tanto è vero che nessuno è in grado di rimuoverla. Mantharâ, che è gelosia, fece presa molto saldamente.
Dasharatha allora osservò: “Nessuno può curare coloro che possiedono la malattia della gelosia, Kaikâ! Perché hai in te un simile male, la gelosia? Essa ti conferirà cattiva reputazione, ti porterà ingiustizia, diffonderà una brutta fama nel mondo. Ciò non va bene, non è buono.” Egli le diede questi insegnamenti.
“Tu puoi dire quello che vuoi; Mantharâ è il mio guru e io obbedirò ai suoi ordini: incoronazione di mio figlio ed esilio nella foresta per tuo figlio Râma.” Questo è ciò che chiese. Ciò significa che le cattive e le buone qualità sono in stretta e intima relazione in numerosi modi. Ecco perché a volte dico: “Abbandonate ogni relazione con le persone cattive.”
In qualsiasi momento vi tocchi chi è posseduto dalla gelosia, essa entrerà in voi. Non siate amici di persone gelose. È meglio perdere la vita piuttosto che accompagnarsi a una persona gelosa. Mantharâ è l’incarnazione della gelosia. Avendo relazioni con una simile gelosa, in Kaikâ avvenne un gran cambiamento, anche se prima Râma le era caro come il suo stesso respiro. Di nuovo Dasharatha le diede molti insegnamenti, tuttavia Kaikâ non gli diede ascolto.

Râma va nella foresta
Râma, pensando che si stava facendo tardi, arrivò indossando vesti regali, pronto per l’incoronazione. Arrivò per porgere i suoi rispetti ai Suoi genitori, ma quando vide la scena si sentì molto male e chiese a Kaikâ: “Madre! Qual è la ragione di tutto ciò?” Kaikâ non diede alcuna risposta.
Che cosa ha Mantharâ? Gelosia. Allora Mantharâ disse tutto: mandar Lui in esilio nella foresta per quattordici anni e incoronare re il figlio di Kaikâ, Bharata. “Quando ci fu la battaglia contro Saradûshana, tuo padre le fece questa promessa e proprio oggi egli ritira la parola data.”
Râma era molto triste e si avvicinò a Suo padre: “Padre! Qualunque cosa avvenga, non devi ritirare la parola data. La parola data non deve mai essere ritirata. La dinastia degli Ikshvâku ne trarrebbe cattiva reputazione. Pertanto accetta. Io andrò nella foresta.”
Non appena Egli ebbe accettato, Mantharâ portò delle vesti di fibra e le gettò lì. La gelosia è pronta a fare anche cose come questa. Mantharâ portò le vesti, le mise nelle mani di Kaikâ e aggiunse: “DiGli di indossarle.” Râma le indossò immediatamente.
Ella disse: “Ora devi andare.” Non Gli venne concesso neppure un momento di tempo. Râma si accinse così ad andarsene. Si avvicinò al padre e s’inchinò davanti a lui. Il padre non si accorse neanche che Egli gli aveva rivolto Namaskâr (atto di saluto rispettoso). La mente di Dasharatha era del tutto assente; egli era completamente ignaro di se stesso.
Kaikâ diede allora il comando e disse: “Râma! Il padre e la madre sono diversi per Te? Tu mi consideri come una madre: quindi, io ti ordino: devi partire immediatamente.” Egli andò.

Mantharâ – la gelosia – non può morire
In questo modo, poche cose cattive s’insinuano e rovinano il mondo in tanti modi. Nel Râmâyana, Râvana e Mantharâ vengono paragonati. Un bel giorno Râvana morì, ma Mantharâ, tutt’oggi, non è ancora morta. Questa Mantharâ di gelosia vive sempre. Infatti, non esiste nessuno in grado di uccidere tale Mantharâ. È nostro importante dovere non dare retta a simili Mantharâ.
Lakshmana cercò di provare a ucciderla, ma Râma lo fermò dicendogli: “È una donna; ucciderla non è cosa buona.” Pertanto nessuno può ucciderla.
Tra tutte le cattive qualità, la gelosia è pessima. Il mondo va male in larga misura – per tre parti – a causa della gelosia. Un individuo vede un altro che possiede ricchezza, vede uno che è benestante e si chiede come poterlo rovinare. Qualcuno vede un altro bello e vuole renderlo brutto; vede quelli che arrivano in “prima classe” e vuole rovinarli.
In tal modo la gelosia non ha alcun tipo di limite. L’obiettivo della gelosia è di mandare in rovina.
Non dovremmo, quindi, dire parole cattive, non dovremmo mai ascoltare parole cattive, non dovremmo compiere azioni cattive.
Il Râmâyana rappresenta un importante ideale a tale riguardo.

Cattiva reputazione per quelli che dicono e ascoltano il male.
Chi disse parole cattive è Mantharâ, mentre Kaikâ le ascoltò. Poiché le cose si svolsero così, che cosa accadde poi a entrambe? Non c’è nessuno al mondo, che le ricordi. C’è forse qualche donna che porti il nome di “Mantharâ”? Al di là del fatto che non si usi il nome “Mantharâ”, c’è forse qualcuno che abbia avuto anche il nome “Kaikâ”? Nessuno l’ha voluto. Possono magari tenere il nome di Kaushalyâ, ma nessuno porterà il nome di Kaikâ. Nessuno porterà il nome di colui che dice parole cattive, né di chi le ascolta.
Kîchaka rivolse a Draupadî sguardi cattivi. A causa di ciò, Bhîma andò e gli ruppe la testa. C’è forse qualcuno fra gli uomini, che abbia tenuto il nome “Kîchaka”? Nessuno vuole portarlo.
Colui che ascolta parole cattive, coloro che dicono parole cattive e quelli che guardano con sguardi cattivi, ebbene per costoro non c’è proprio alcuna chance al mondo.
Il Râmâyana dà esempi del vivere ideale; per tale motivo genti di tutti i paesi e di tutte le lingue hanno anche adesso rispetto per il Râmâyana, che emana costantemente sempre nuovo splendore. Non è qualcosa che a un certo punto avvizzisce, non appassisce mai. È sempre splendidamente fresco e deliziosamente ridente. La principale ragione per la quale gli indiani hanno tenuto il Râmâyana in tanta considerazione per tutte queste migliaia di anni è la sua santità.

Potenza del Nome di Râma
Oggi si ricorda la nascita di Râma. Râma è uno che possiede qualità molto sacre. Una volta, a casa di Kaushalyâ, arrivò lei. Chi arrivò? Añjani. Non l’attrice del cinema, Anjali Devi (famosa attrice indiana che recentemente ha girato una serie sulla fanciullezza di Swami – N.d.T.); Añjani (Añjanâ, la madre di Hanuman, che è infatti anche chiamato Âñjaneya – N.d.T.). Dunque, ella arrivò e cominciarono a conversare. Kaushalyâ domandò: “Madre, chi siete?” Añjani rispose: “Madre, mio figlio è un grande guerriero che saltò con un balzo tutto l’oceano fino a Lañkâ. Sono la madre di Hanuman.”
Arrivò un’altra donna, la madre del Saggio Agastya. “Chi siete voi?” “Mio figlio bevve l’oceano (metafora per indicare il samsâra, l’oceano delle nascite e delle morti – N.d.T.) in un sorso.” Kaushalyâ si trovò in imbarazzo. “Madri! Il figlio che bevve l’oceano e quello che raggiunse Lañkâ ci riuscirono con il potere del Nome di mio figlio!”
In quel momento Râma entrò. “Che accade, madre? State litigando?” “Figlio! Stiamo parlando della grandezza del Tuo Nome.” Allora Râma disse: “Madre! Non è la grandezza del Mio Nome. Questa è solo la grandezza del Mio Sankalpa (Volere Divino). Non sono forse molti quelli che portano il nome Râma? Il potere di Râma Nâma è forse manifesto in tutti loro? No. È solo la sacralità del Mio cuore la causa principale di tutto ciò.”
Colui che ha in sé sempre queste tre – Purezza, Pazienza e Perseveranza – sarà sempre uguale a Dio. Deve esserci determinazione, buona determinazione. Se qualche negatività entra, la bontà dovrebbe essere protetta. Anche se si verificano molti tipi diversi di difficoltà, siate pazienti; deve esserci sempre la pace. Chiunque sviluppi queste tre qualità, sarà uguale a Dio. Tutti sono incarnazioni del Divino. Tuttavia, chi possiede queste tre qualità è l’incarnazione manifesta di Dio.

Potere e Maestà di Râma
Non lottate per ottenere notorietà e fama. Sviluppate un cuore puro e raggiungete la sacra Pace. Nelle cose sante abbiate forte determinazione. Solo così otterrete il giusto tipo di reputazione. Anche Tyâgarâja asserì:
“Avrebbe potuto una semplice scimmia attraversare l’oceano?
Poteva Egli venir legato a una macina? Bharata, dalla sottile intelligenza, guardando e osservando, si sarebbe forse inchinato (al Suo cospetto)? Quanto è meraviglioso e maestoso il potere di Râma!”
Riuscirebbe altrimenti una scimmia ad attraversare l’oceano? Potrebbe una scimmia attraversarlo d’un balzo? È forse possibile legarLo (il Divino – N.d.T.) a una pietra? Lo amerebbe forse la Dea Lakshmî? Tutti si riuniscono e adorano Lakshmî. Lakshmî, che è adorata dal mondo intero, dice: “Io voglio Lui.” Ella Lo ama. La Dea Lakshmî, altrimenti, Lo amerebbe? Lakshmana Lo servirebbe? Bharata, dalla sottile intelligenza, guardando e osservando, s’inchinerebbe? Il potere di Râma è veramente immenso!
La grandezza in quel Nome, la grandezza in quelle qualità, nessuno sarebbe in grado di descriverle come “questa o quella”. Ogni singolo uomo deve sviluppare santità e mantenere la Pace. Nelle cose buone dobbiamo avere determinazione. Ecco il lavoro che dobbiamo compiere oggi.
Già da molte migliaia di anni continuiamo a fare le stesse cose, a ripetere il Nome di Râma, a distribuire legumi pesera (legumi rinvenuti in acqua e poi distribuiti crudi, quale prasâd, cibo benedetto, per il Râm Navamî – N.d.T.). Continuiamo a bere pânaka (acqua e zucchero di canna, sempre come prasâd per il Râm Navamî - N.d.T.). Ebbene, neppure una delle cattive qualità presenti in noi si allontana. Qual è lo scopo di celebrare, che motivo c’è nel celebrare queste festività?
Celebrando i panduga (le festività), il cuore dovrebbe diventare un pandu (frutto maturo). Il cuore dovrebbe trasformarsi e diventare dolce. Solo allora, per aver celebrato la festività, avrete ottenuto il giusto tipo di santità.

I giovani hanno un lungo viaggio
Studenti!
Siete in tenera età, siete coloro che devono percorrere un viaggio molto lungo. Nel “treno” della società tutti i giovani sono quelli che faranno un lungo viaggio. Nel “treno” della società, tutte le persone vecchie e anziane sono coloro che scenderanno alla prossima fermata. Dove scenderanno e che faranno?
Voi invece non sarete quelli che scenderanno, ma quelli che faranno un lungo viaggio. Dovete mantenere pulito il vostro scompartimento; tenetelo pulito. Fate il viaggio gioiosamente. Ricercate il Sûkshma Tattvam (la Realtà Sottile) e ricevete il frutto della grazia: ecco il lavoro che dovete compiere.
In occasione del giorno natale di Râma ricordatevi con tutto il cuore del Suo Nome, installate i sentimenti di Râma nel cuore e santificate la vostra vita. Per tale motivo Egli ha il Nome di Âtma Râma. Râma è in ogni singolo cuore nella forma dell’Âtma. L’Âtma non subirà mai modificazioni. Pertanto l’Âtma è Svarûpa (la Vera Forma). Sviluppate la fede in: Io sono Dio, Io sono Dio, Io sono Dio.

Sri Sathya Sai Baba(1926-2011)
(Festa di Sri Râma, Prashânti Nilayam, 2 aprile 2001)

 

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