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728. Natale … di Giuseppe Balena

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Di seguito, l’Articolo di Giuseppe Balena, tratto dalla rivista mensile Mistero, la rubrica “Misteri Antichi e Moderni”, n. 33 – Gennaio 2017.

 

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Natale … Avanti Cristo

“In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l’impero. Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno alla sua città. Dalla Galilea, dalla città di Nazaret, anche Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto; ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. In quella stessa regione c’erano pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge. E un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore risplendé intorno a loro, e furono presi da gran timore. L’angelo disse loro: ‘Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia’”.
Nel secondo versetto del Vangelo di Luca così viene descritto l’evento più importante nella storia dell’umanità. Il Natale è certamente la festa più simbolica dell’anno e quella dal punto di vista religioso più carica di significati, sebbene proprio la valenza religiosa si confonda con altri aspetti più prosaici: il consumismo, i regali, le vacanze.
Certamente la Natività riveste un’importanza notevole, tanto da determinare addirittura uno spartiacque nella datazione storica ufficiale: l’anno zero, infatti, per convenzione è proprio quello della nascita di Cristo.
Tutti sappiamo, dunque, che il Natale è la festa più importante del Cristianesimo con la quale viene ricordata la nascita di Gesù: un fatto dato ormai per scontato, anche se non è propriamente così.

Che cosa dicono i Vangeli
I vangeli sinottici descrivono l’avvenimento più o meno alla stessa maniera con qualche lieve discrepanza narrativa, ma stranamente, a dispetto dell’importanza dell’evento, in essi non sono indicati con esattezza né il giorno, né il mese, né tanto meno l’anno.
La narrazione della natività di Gesù è contenuta nel vangelo di Matteo e in quello di Luca, oltre che in quello apocrifo di Giacomo.
Certo, i vangeli non possono essere tout court assimilabili al rango di fonte storica, ma l’essenza della collocazione temporale precisa fa riflettere, alla luce del fatto che nel testo biblico altri avvenimenti, hanno riferimenti temporali spesso abbastanza precisi.
Secondo il vangelo di Luca, come abbiamo visto, sappiamo che Gesù Cristo è nato sotto l’impero di Cesare Augusto perché è scritto espressamente che fu proprio lui a emanare il decreto del censimento; sappiamo anche che quando è nato Gesù regnava sulla Giudea Erode il Grande (Matteo 2,1); sappiamo, inoltre, che quella stessa notte nelle vicinanze vi erano alcuni pastori che stavano nei campi e facevano la guardia al loro gregge e che a essi apparve un angelo del Signore per annunciare la nascita del Salvatore (Luca 2,8-14).
Quest’ultimo elemento è fondamentale perché ci fornisce un indizio importante: in quella zona difficilmente nel periodo di dicembre i pastori avrebbero potuto sostare all’aperto nelle tende. Molto probabilmente, invece, il periodo descritto potrebbe essere quello della Festa delle capanne che era celebrata il quindicesimo giorno del settimo mese per ricordare che gli Israeliti avevano dimorato nelle tende durante il loro pellegrinaggio nel deserto (Deuteronomio 16, 13-15; Levitico 23, 34). Si tratterebbe del periodo corrispondente circa alla metà del mese di settembre.
Allora da dove deriva la celebrazione del Natale nella data del 25 dicembre? Ed è effettivamente questa?

L’incognita della data
Al contrario di quanto di può pensare, non vi è una certezza assoluta che il 25 dicembre sia la data “giusta” per celebrare la nascita di Gesù. Anzi, alcuni elementi portano a pensare il contrario.
Una prima ipotesi parte da una possibile lettura simbolica della data di nascita: visto che il giorno della morte di Gesù nei vangeli si colloca tra il 25 marzo e il 6 aprile del nostro calendario, per calcolare la nascita secondo alcuni studiosi si sarebbe seguita la tradizione secondo la quale la morte sarebbe avvenuta nell’anniversario della sua venuta al mondo.
Secondo questa ipotesi, si è tenuto conto che Gesù è morto nell’anniversario della sua incarnazione o concezione (non della sua nascita), e così si è pensato che la sua data di nascita dovesse cadere nove mesi dopo la data del Venerdì Santo, cioè tra il 25 dicembre e il 6 gennaio.
Si arriva, però, a un’altra soluzione procedendo in base alle informazioni rintracciabili nei passi del vangelo. La ricerca parte dalla descrizione dei turni del sacrificio al tempio del sacerdote Zaccaria, padre di Giovanni il Battista.
L’evangelista Luca ci dice che Zaccaria era sacerdote della classe di Abijah. Costui esercitava le sue funzioni nel tempio quando l’arcangelo Gabriele gli annunciò la nascita del figlio (Luca 1, 5-13). Secondo il calendario qumranico solare, i turni per il servizio nel tempio della famiglia di Abijah capitavano due volte l’anno: dall’8 al 14 del terzo mese e dal 24 al 30 dell’ottavo mese. Ponendo la data del servizio al tempio di Zaccaria nel secondo turno corrispondente all’ultima decade di settembre, e interpolando questo dato con la data dell’annunciazione dell’angelo a Maria nel sesto mese successivo al concepimento di Giovanni (Luca 1, 26), risulta, dunque, che la nascita di Gesù si dovrebbe collocare intorno al 23 settembre.
Questa tesi potrebbe essere in linea con quanto narrato nel vangelo di Luca a proposito del particolare dei pastori delle tende, poiché il periodo intorno alla metà del mese di settembre coinciderebbe con la Festa delle Capanne, quando i pastori dimoravano abitualmente nelle tende.
Una terza ipotesi, infine, farebbe coincidere la data proprio con il 25 dicembre, seguendo questa sequenza: l’annuncio di Gabriele a Zaccaria della nascita di Giovanni Battista (23 settembre), l’annuncio dell’arcangelo Gabriele a Maria (25 marzo) e, infine, la nascita di Gesù nove mesi dopo (25 dicembre).
Per quanto riguarda l’anno, il problema è più complesso. Abbiamo due avvenimenti come punti di riferimento: la morte di Erode il Grande e il censimento di Quirinio. Nel 63 a.C., con la presa di Gerusalemme da parte di Pompeo, la Palestina è divenuta provincia romana.
Il senatore Publio Sulpicio Quirinio (morto nel 21 d.C.) è stato governatore della Siria una prima volta dal 12 all’8 a.C., e una seconda nel 6 o 7 d.C..
Il primo mandato di Quirinio è terminato nell’8 a.C., perciò la nascita di Gesù cadrebbe nel periodo del primo censimento citato anche da Luca e in anticipo su quello che consideriamo come l’anno “zero”, cioè quindi nel 6 o 7 a.C..

L’istituzione della festività
Quasi sicuramente, in origine il Natale non veniva affatto festeggiato né ricordato.
Intorno al 200 d.C., secondo quanto riportato da Clemente Alessandrino, per alcuni era il 19 aprile, per altri il 20 maggio, mentre lo stesso Clemente riteneva che la data esatta fosse il 17 novembre.
La nascita di Gesù iniziò a essere ricordata in Egitto nel II secolo, ed era festeggiata il 6 gennaio, giorno della nascita del dio Eone. Questa tradizione è rimasta nel mondo ortodosso dove festeggiano il Natale il 7 gennaio.
Fu solo a partire dal 353 d.C. che la Chiesa indicò il 25 dicembre, data nella quale ricorreva la festività di Mitra. Il centro del culto e il luogo di incontro dei seguaci di questa divinità era il mitreo, ossia una cavità o caverna naturale adattata; questo offre un’importante parallelismo con la nascita di Gesù in una capanna o una caverna.
Secondo il mito, Mitra affrontò il dio Sole e lo sconfisse. Il Sole, allora, stringe un patto di alleanza con la divinità donandogli la corona raggiata che sarà poi mutuata nell’iconografia del cristianesimo, divenendo l’accessorio sacro dell’aureola.
Già nel 274 d.C., l’imperatore Aureliano aveva deciso che il 25 dicembre si dovesse festeggiare il “Dies Natalis Solis Invicti”, ossia la ricorrenza dedicata alla nascita del Sole (Mitra), introdotta a Roma da Eliogabalo, imperatore dal 218 al 222 d.C..
Risale proprio a questo periodo l’origine della tradizione dell’accensione dei ceppi che sarebbero bruciati per dodici giorni consecutivi; il ceppo doveva essere preferibilmente di quercia, poiché era considerato un legno propiziatorio: da come bruciava, si presagiva come sarebbe stato l’anno futuro. I fuochi dei ceppi nei nostri giorni si sono trasformati nelle luci e nelle candele che addobbano case, alberi, e strade.
Il solstizio invernale e il culto del “Sol Invictus” nel tardo impero romano hanno verosimilmente avuto un ruolo importante nell’istituzione e nello sviluppo del Natale, anche se non ci sono evidenze definitive di questa relazione.
È curioso notare come questa sovrapposizione fatta essenzialmente per ragioni politiche ebbe un buon riscontro perché parecchi cristiani identificavano il Sole nella figura di Gesù Cristo, dato che in Malachia egli è chiamato “il sole della giustizia” (Malachia 4,2).
Simbolicamente, inoltre, la festa del Sole aveva affinità con la figura di Gesù e con la sua nascita: subito dopo il solstizio d’inverno, infatti, le giornate si allungano ed è come se il sole rinascesse portando una luce rinnovata.
Come risulta evidente, le similitudini con la figura di Gesù sono notevoli: il simbolismo teologico “Cristo-luce” è rintracciabile in particolare anche nel vangelo di Giovanni, che mette spesso in evidenza la contrapposizione tra luce e tenebra.
È importante notare come il culto solare abbia profondamente influenzato il cristianesimo del primo periodo; basti considerare che il giorno dedicato al Signore, la domenica, in inglese si indica con “sunday”, ossia letteralmente “giorno del sole”.
Nonostante l’introduzione del Natale cristiano, i culti pagani collegati alla celebrazione del Sole durarono molto tempo, infatti ancora nel Natale del 460 papa Leone I affermava: “È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei”.

Il collegamento con i culti solari
Il Natale costituisce probabilmente l’esempio più significativo di come una tradizione pagana sia stata assorbita dal Cristianesimo e abbia assunto un nuovo significato.
Nell’antica Roma, si festeggiavano i Saturnali in onore di Saturno, dio dell’agricoltura; era considerato un periodo di pace, si scambiavano i doni e si facevano sontuosi banchetti, proprio come nel nostro periodo natalizio.
Era anche l’occasione per festeggiare la fine dell’inverno in attesa del ritorno del Sole per riscaldare la terra, in modo che la semina primaverile potesse avvenire con successo.
È importante notare che praticamente ogni civiltà ha un dio del fuoco o del Sole. Già dal punto di vista semantico l’italiano “dio”, il latino “deus”, il greco “theos” e il sanscrito “dyaus” derivano tutti da un’unica radice che significa “luminoso” o “splendente”; il concetto primitivo dunque di divinità è strettamente legato al culto solare.
Oltre agli Egizi e ai Romani, lo ritroviamo anche presso i Greci che lo chiamavano Crono, mentre i Fenici lo indicavano come Saturno. I Babilonesi, invece, lo veneravano come Tammuz.
Già nel 3000 a.C., nel periodo corrispondente al 25 dicembre veniva festeggiato il dio babilonese Shamash. Era il dio del Sole, della giustizia e della predizione. In Babilonia successivamente comparve il culto della dea Ishtar e di suo figlio Tammuz che veniva considerato l’incarnazione del sole.
Attorno alla testa di Tammuz si rappresentava un’aureola di dodici stelle che simboleggiavano i dodici segni zodiacali. È interessante aggiungere che anche Tammuz muore per risorgere dopo tre giorni.
Il simbolismo solare permane ancor oggi nei rituali della Chiesa, principalmente nell’uso dell’ostensorio in cui l’ostia consacrata viene esibita come un Sole che emana raggi dorati.
Come si può osservare, la contaminazione pagana nella festa del Natale è notevole. A conferma della legittimità della matrice comune con i culti pagani, si è espresso addirittura anche il papa emerito Benedetto XVI, il quale nel 2006 ha dichiarato: “Il mondo in cui sorse la festa di Natale era dominato da un sentimento che è molto simile al nostro […]. Il 25 dicembre, al centro com’è dei giorni del solstizio invernale, doveva essere commemorato come il giorno natale, ricorrente ogni anno, della luce che si rigenera in tutti i tramonti […]. Quest’epoca, nella quale alcuni imperatori romani avevano cercato di dare ai loro sudditi in mezzo all’inarrestabile caduta delle antiche divinità, una fede nuova con il culto del Sole invitto, coincide col tempo in cui la fede cristiana tese la sua mano all’uomo greco-romani. Essa trovò nel culto del Sole uno dei suoi nemici più pericolosi. […] Molto presto i cristiani rivendicarono per loro il 25 dicembre come giorno natale della luce invitta, e lo celebrarono come Natale di Cristo, come giorno in cui esse avevano trovato la vera luce del mondo. Essi dissero ai pagani: il Sole è buono e noi ci rallegriamo non meno di voi per la sua continua vittoria”.

Giuseppe Balena 

 

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