Presentiamo, di seguito, l’Introduzione al nostro ultimo composito Vita occulta di un “risvegliato”. Un piccolo volume in cui approfondiamo ciò che è, e deve intendersi, quando si parla di “risveglio spirituale”: un argomento che finisce per restare sempre un mistero per i più. Indichiamo e spieghiamo quanto affiora in un “risvegliando”: i segni inequivocabili di un vero e autentico “percepire-vedere” che lo qualificano realmente lungo i passi di una sadhana, di un “sentiero realizzativo” che conduce all’iniziazione. Il sadhaka vede in sé risvegliarsi quanto in lui costituisce il “grossolano” e il “sottile”, nella propria “struttura esistenziale” (nadi, cakra, aura, kundalini, correnti citta-vrtti-prana, egregore, pensieri-forma, luci, colori, suoni, forme, viaggi astrali, ecc…).
La descrizione di alcune forme di esperienze reali offre la possibilità di comprendere l’insorgere di un “risveglio” autentico: l’ascesa della kundalini fino al sahasrara, l’esperienza Siva-Sakti nel sahasrara e nel cervello, e la discesa consapevole nella dualità, discesa di Colui che si è Liberato (il mukta) per assumere la sua parte (di iniziato) nella Commedia Divina.
Il processo di risveglio del sadhaka apre, volente o nolente, alla naturale conoscenza della Manifestazione Universale (prakrti).
Il “risvegliando” va scoprendo che la Manifestazione Universale, nel suo aspetto grossolano, sottile e causale, è l’”unità di Tre nell’Uno”, un vascello universale in grado di condurre, gli “esseri dell’incorporeità” nella “corporeità del grossolano”. È tramite questa “unità di Tre nell’Uno” che avviene la discesa-presenza-divina, un movimento discensionale che può sfociare o in una “affermazione divina” (discesa e manifestazione conforme alle leggi universali) o in una “corruzione degli esseri” (uno stato dell’involversi). In questa Umanità, in cui ha prevalso la Mescolanza e la corruzione, la maggior parte degli esseri è imprigionata nella catena del samsara, e per la liberazione (moksa) da questa necessita un risveglio spirituale, sostenuto da una sadhana, un sentiero realizzativo.
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Introduzione
Potremmo cominciare col dire chi o cosa è un “risvegliato”, chi è un “illuminato”, ma non vogliamo partire dalla “vetta” di arrivo, di ciò che dovrebbe essere il cammino fondamentale per tutti gli enti planetari del pianeta Terra, dalle più diverse posizioni coscienziali (basse, medie ed evolute) ai possibili stati molteplici dell’essere.
Tutti coloro che discendono-cadono-incarnano in questo mondo del divenire si misurano con le proprie paure, i propri assillanti desideri, le passioni che tritano, con la propria ignoranza metafisica (avidya). Gli ignoranti si identificano con gli oggetti, le condizioni e gli eventi e il loro sguardo mentale è sempre poggiato su di essi, così usano in modo erroneo la mente e si ammantano del rumore dei loro pensieri, che non riescono ad abbandonare, e mancano di “essere presenti a sé stessi”: cercano di evitare i fenomeni, ma non i pensieri nel mondo del divenire. Che cosa fa invece il saggio, il risvegliato, l’illuminato? Egli, nel muoversi nel mondo del divenire, evita i pensieri, ma non evita i fenomeni, vive, osserva, resta aperto, disponibile a quelli che sono i flussi fenomenici, ma non li va a cercare, li inquadra, per quello che sono veramente, quando si presentano, senza riverirli, sapendo che ciò che sembra il più delle volte non è.
Non tutti nascono con la possibilità, la probabilità di diventare saggi, risvegliati, illuminati, fino a ottenere la liberazione (moksa). Per la maggior parte è una questione di karma. Solo i tanti sforzi fatti, in molte vite precedenti, creano la condizione-possibilità, in una vita in particolare, per il risveglio.
La maggior parte degli enti planetari viene sulla terra senza avere una idea chiara di chi è, di cosa essere, di ciò che viene a fare e perché.
Nella vibrazione della materia grossolana si perde la memoria spirituale: occorre un risveglio spirituale della coscienza, è il sonno della coscienza che va rimosso, l’oblio che va bandito.
Il risvegliato che inizia un percorso realizzativo non può sottovalutare l’importanza di lavorare sulle proprie paure e sui propri desideri, fino alla loro estinzione, altrimenti il peso delle passioni potrebbe schiacciarlo a un punto avanzato del processo di risveglio innescato. Privo delle paure e dei desideri sarà libero da spiacevoli interferenze: le paure e i desideri fanno scivolare sulla via del potere (il “potere su”, nocivo alla spiritualità), ma il risvegliato deve scegliere la via dell’Autorealizzazione.
La mente sospinta dalle paure e dai desideri focalizza lo sguardo su ogni cosa e così scattano continuamente le associazioni mentali dei pensieri che fanno interiormente rumore e non fanno stare l’ente in questione “presente a sé stesso”, nel necessario silenzio interiore. Un ricercatore della verità dovrebbe diventare un “abitante del silenzio”, il più spesso possibile.
Molti sono i sadhaka, i praticanti di una ricerca spirituale, anche negli stadi più avanzati, che anziché riesaminare la propria sadhana per comprenderne l’incompletezza realizzativa, preferiscono reinterpretare gli “Insegnamenti” dei grandi del passato per riadattarli non solo alla propria inconfessata carenza (l’incapacità di andare oltre il livello raggiunto), ma anche per farli concordare con le moderne ipotesi più all’avanguardia della psicoanalisi e della fisica quantistica.
Nella cosiddetta modernità (corruttiva) i puri Insegnamenti (quelli del puro dharma) sembrano essersi eclissati perché scomodi. Tali nuovi maestri, così amano farsi considerare, hanno archiviato l’immagine-funzione del vero Maestro (perché irraggiungibile con le moderne e incomplete, oltre che insincere, istanze nella sadhana) e offrono percorsi “fuorvianti”. Molti hanno costruito ad arte impalcature intellettuali per giustificare-velare la propria incapacità a raggiungere la “Meta”, quella prevista e insegnata dai Maestri del passato, o degli attuali veri ma rarissimi: le costruzioni dichiarano, in modo palese o nascosto, che quelle “Vette” mostrate dai Maestri del passato erano solo indicazioni “ideali”, rappresentazioni simboliche per spingere i discepoli a dare il meglio di sé e, quindi, non esistenti realmente. Affermano, con un linguaggio moderno forbito, che quelle “Vette” non si possono raggiungere, che non si può raggiungere una libertà realizzativa completa e irreversibile come dicono gli Insegnamenti della Tradizione Primordiale, unica e universale, romanzata dai Maestri per infiammare la passione della ricerca.
Niente di più falso e fuorviante: esistono, invece, falsi o cattivi discepoli incapaci e disubbidienti; esistono anche possibilità vere per veri discepoli, per quei naturali “qualificati” in grado di realizzare la Verità-Realtà.
Questi sapientoni che amano spacciarsi per maestri, per grandi iniziati, non riescono ad andare oltre perché non si sono liberati di quelle zavorre egoiche premesse dai Maestri veri, liberazione ritenuta fondamentale per spiccare il volo: invece, questi signori restano con i piedi in due staffe, nell’accattivante mondo del divenire, con le sirene che offrono di tutto e di più, e la filosofia dell’Essere che invece libera dalle trappole del mondo del divenire. Così facendo però dalla filosofia dell’Essere non riescono a trarre nulla di concreto se non sola apparenza, quella che a loro occorre per offrire l’immagine di maestri, che in realtà non sono.
Si potrebbe dire che la Spiritualità, nella modernità, è anch’essa precipitata nella degenerazione che ha oscurato il mondo, è caduta nelle vie corrotte dei molti, troppi, maestri irrealizzati.
Di seguito, sperando di contribuire alla riduzione della confusione che si è diffusa sul risveglio spirituale e sui segni che ne indicano l’attuazione, offriamo informazioni, possibilità di metodi da poter seguire, esempi di manifestazioni che ne attestano la sua reale presenza.
“La verità è aldilà delle parole. Non ammette spiegazione. Tutto ciò che è possibile fare è indicarla”.
Ramana Maharshi
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