69. L’estremo confine della schiavitù è la non consapevolezza di essere schiavi.
Il mondo della schiavitù è il mondo del Sé svuotato del Sé.
L’appetire è la sorgente della schiavitù: la Libertà è equanimità in azione. Se desideri non sei libero, se desideri di non desiderare sei ancora nella schiavitù.
L’alienazione, l’oggettivazione, la proiezione all’esterno della coscienza significano un perdersi nelle nebbie della māyā-avidyā, un rendersi schiavi del divenire e della frammentarietà.
Una libertà che risulti dalla necessità non è libertà vera, è solo un elemento nella dialettica della necessità.
70. La sparizione della schiavitù è la scomparsa dell’avidyā oggettivante, è la soluzione del gioco accattivante del piacere conflittuale.
Chi pensa che da schiavo debba diventare padrone non ha compreso.
Non cercare la poltrona del comando, ma cerca semplicemente e unicamente di essere libero.
Il padrone è esso stesso uno schiavo. L’asservimento dell’altro è anche asservimento di sé.
Padrone e servo sono legati a una stessa fune: la schiavitù.
Schiavo e padrone sono una triste polarità. Vidyā (Conoscenza) ti dona la libertà che trascende ogni possibile polarità
71. Il padrone è uno schiavo che tenta di rendere schiavi gli altri.
La volontà di potenza non è altro che volontà-rivalsa da povero, da servo, da oppresso.
Il Liberato è integralmente libero; libero da umane istituzioni di ogni ordine e grado, libero di agire e non agire; ciò che lo lega agli uomini è l’Amore non vincolante, non passionale, non gratificante, non duale.
72. La libertà è libertà non solo dai padroni, condizionati dalla volontà di potenza, ma anche da coloro che sono schiavi, condizionati dalla debolezza mortificante.
73. Per quanto il mondo tenti di asservirlo, il Liberato è sempre un essere libero. Per quanto costretto fisicamente, il Liberato vola in libertà.
74. L’avidyā si manifesta spesso nella volontà di potenza.
La volontà di potenza può essere esercitata tramite l’invidia, la vanità e persino tramite l’amore. L’amante può essere un appassionato oppressore.
75. L’uomo è schiavo della paura, del complesso di colpa, del sentimento, delle proprie idee, del proprio ambiente, della propria notorietà, della propria violenza, della propria intelligenza, delle proprie allucinazioni e della propria nullità; è schiavo dell’invidia, della reazione, della propria posizione sociale, del proprio miglioramento economico e culturale. L’individuo è nato schiavo perché la natura dell’io è schiavitù.
La vera libertà risiede di là da questa incompiutezza, e può essere afferrata e svelata quando la coscienza integrale dell’essere prende, appunto, consapevolezza della sua più profonda e incondizionata Essenza.
76. Quella stessa forza che assoggetta lo schiavo, asservisce anche il padrone. L’identificazione con l’energia è fonte di dolore.
L’uomo libero non fa servo nessuno, né ha bisogno di adulatori perché non è divorato dalla volontà egoica di potenza, dalla vanità e dall’orgoglio.
Una volontà libera è libera da tutto: anche dalla stessa idea di libertà.
77. Una delle cose più difficili è rendere liberi gli schiavi, siano essi padroni o servi. Il loro io è imbevuto di avidyā, e l’avidyā è una potente forza che fa incurvare la schiena e rimandare l’Ascesi.
La rinuncia alla Dignità di essere, l’accettazione di dissolversi nel mondo della necessità possono qualche volta alleviare il dolore e la sofferenza, possono anche appagare gli istinti e i desideri per cui l’uomo spesso cede e si vende.
Quando l’individuo ha preso l’abitudine al gusto della schiavitù, rimane difficile fargli odorare il profumo della libertà.
78. La via della Liberazione si trova di là da ogni concetto relazionato d’immanenza e trascendenza, di positivo e negativo. Volare verso la Libertà significa non sottomettersi alle dicotomìe inventate dall’uomo, ma sottomettersi alla Verità che è Via, Porta e Vita.
La Verità è inseparabile dalla libertà; essa si ricerca e si svela attraverso la libertà.
La schiavitù e la volontà di potenza sono negazioni della Verità, quindi della libertà.
L’amore per la libertà, prima o poi, sconfigge il fantasma deformante e patologico della paura, del dubbio, del potere coercitivo, del passato che si perpetua nel presente.
79. Il tempo asservisce, ma la Verità sconfigge il tempo.
Il tempo è memoria, è passato, è storia, è agonia che cerca di accattivarsi le simpatie del presente. Chi vive di passato è un defunto senza saperlo.
80. Il vero Liberato vive al di fuori di ogni tipo di contrapposizione soggetto-oggetto, di ogni mito storico e cosmologico.
La società dei Liberati è una società in cui l’Essere ha ritrovato se stesso nella sua integralità esistenziale.
La società dei Liberati è una società di Compiuti. Nella società dei Compiuti non ci sono né padroni né schiavi perché in essa non vive l’io acquisitivo che appetisce e stordisce, che desidera e paragona.
Ai Liberati compete il compito di preparare il regno della libertà, libertà dall’io e dallo stordimento ch’esso inesorabilmente cagiona.
Gli schiavi non possono preparare il regno della compiutezza e della libertà. Capita spesso che la loro stessa ribellione crei nuove forme di schiavitù.
Colui che è schiavo della competizione, del desiderio, della vanità, della volontà di potenza, della demagogìa conscia o inconscia, della paura e del dubbio non può preparare il regno dell’Armonia.
Tocca alla società dei Liberati preparare la strada dell’ordine e del giusto.
81. Bisogna scegliere tra due filosofie: la filosofia che riconosce il primato della libertà dall’io e quella che riconosce il primato della libertà dell’io. La prima porta a risolvere i problemi dell’individuo e del suo rapporto con la vita, la seconda porta alla volontà di potenza, all’orgoglio separativo e alla competizione violenta.
La felicità riposa sulla libertà dall’io, sulla consapevolezza che l’individuo è una maglia della catena universale dell’essere.
L’io di distinzione e acquisitivo non può né generare né determinare la libertà. Nel suo mondo non esistono presupposti per la libertà, ma rotture, eruzioni, abissi, paradossi, antinomìe e conflitti psicologici.
Liberazione significa ritorno allo stato primordiale, ritorno all’unità. Liberazione significa reintegrarsi nel Principio.
82. Quando l’insaziabile desiderio di oggettivare, di gratificare, di accumulare viene a cessare, allora l’essere scopre la sua più profonda natura che è gioia senza oggetto.
Per non oggettivare occorre saper direzionare le proprie energie, comprendere il dinamismo psichico, capire che la mèta dell’individuo non è quella di soddisfare esigenze egoiche, ma di creare commensura con la vita.
L’essere ha il compito di svelare Armonia, Amore e Accordo.
Raphael
tratto da Alle Fonti della Vita
Edizioni Asram Vidya