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781. Ombre sull’Italia

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In Italia serpeggia un potere che non mostra mai il suo vero volto ma soltanto le maschere epocali di convenienza.

In molti, in Italia hanno ormai, più che un’imprecisata sensazione, la certezza che si animano, in lungo e in largo per tutto il territorio nazionale, propositi malvagi che operano dietro facciate rassicuranti come quelle della politica corrotta, della religione come impresa di potere, dell’imprenditoria e del commercio delle disuguaglianze, delle forze dell’ordine che non difendono più, delle alte istituzioni disattente ai cittadini, delle banche salvate dallo Stato trascurando i cittadini, eccetera, eccetera.

Qualcosa e/o Qualcuno, in questa bellissima Italia, è votato al male.
Sembrano esistere, al di là dei nomi e delle forme giuridiche, delle organizzazioni tutt’altro che innocue, che mascherate nascondono intenzioni piuttosto sinistre.

Abbiamo parlato ampiamente di questo “potere nascosto” in diversi nostri lavori, potere operante sia in Italia sia in Europa e a livello mondiale: una continua lotta di potenti “gruppi” per contendersi l’egemonia del “vertice” della piramide mondiale del potere.

Le varie organizzazioni dell’alto (i cui membri si credono i padroni del mondo) tirano i “fili” delle organizzazioni del basso (economiche, religiose, sociali, criminali).

Presentiamo uno sguardo di volata, per riflettere, su una delle organizzazioni criminali che è riuscita a condizionare le istituzioni, cioè lo Stato. Stiamo parlando dell’organizzazione criminale chiamata “CAMORRA” (originaria di Napoli). Se ne hanno tracce storiche da molto prima del 1735.

Nel 1820 venne costituita la Bella Società Riformata i cui membri si riunivano nella Chiesa di “Santa Caterina a Formiello” a Porta Capuana. Veniva chiamata anche Società della Umirtà o Annurata Suggità (“Onorata Società”).

Napoli ha visto, durante il regno di re Ferdinando, solo la Camorra a tutelare la vasta fascia povera della popolazione.

L’avvento di Garibaldi in Sicilia, nel 1860, per realizzare l’obiettivo di unificare l’Italia, scatenò nell’immaginario collettivo una forte reazione che sfociò in un completo caos in tutta Napoli e la Campania: il vecchio ordine era crollato aprendo al nuovo ordine (?).
Venne eletto, per ripristinare l’ordine sociale il nuovo prefetto di polizia, Liborio Romano, che senza pensarci due volte si rivolse alla Camorra per controllare le masse (mediante il camorrista Salvatore De Crescenzo, un pluriomicida).
Mentre il re fuggiva da Napoli e stava per arrivare Garibaldi dalla vittoria in Sicilia la Camorra, accordatasi col prefetto, aveva ristabilito l’ordine per le strade. Un nuovo inizio vantaggioso per la Camorra divenuta la prima forza di polizia ufficiosa di Napoli.
La Camorra approfittò per trasformarsi da ordinaria e limitata impresa (a fine di lucro) a industria del crimine: contrabbando, minacce e ricatti facevano lievitare i guadagni (i negozianti erano costretti ad acquistare la merce dai camorristi introdotta illegalmente). I cittadini-commercianti preferivano pagare la Camorra anziché le tasse allo Stato.
Quando le autorità si resero conto fino a dove si fosse spinta la Camorra, pur volendo rimediare, gli risultò impossibile. Essa era ormai penetrata in profondità in tutta la società napoletana: anche nel DNA mentale dei singoli normali individui-cittadini, un modo di vedere, di pensare, di parlare, di fare. Una situazione impossibile da eliminare.
Pur mettendo in campo, di tanto in tanto, alcune azioni come l’arresto di mille camorristi nel 1862 finivano per essere di fatto fallimentari.

Un su e giù periodico che non ha mai fatto declinare del tutto la Camorra. Si è adattata in alcuni momenti alle circostanze epocali ma senza mai sradicarsi.

Con la Prima Guerra Mondiale si credette che le reti della Camorra fossero state debellate: così non era stato.

Al tempo del fascismo, con Mussolini, molti camorristi ricevettero la grazia e molti altri divennero “squadristi” in cambio della dimenticanza sul loro passato. Comunque il fascismo dopo essersi servito di molti di questi camorristi, una volta affermatosi, colse il pretesto, facendoli arrestare o portare al confino, per dare una dimostrazione di mano ferma alla popolazione.

Nell’immediato dopoguerra prevale ancora la “camorra” dei campi e dei mercati. La camorra, non più verticistica come nel passato, è solo un semplice vettore della mafia, non ha alcun potere decisionale sugli affari. Nel 1943 con il soggiorno obbligato a Napoli di Lucky Luciano (il potente boss di Cosa Nostra), imposto dagli USA, i camorristi vennero inseriti nella dimensione dei grandi traffici illeciti internazionali (compreso il collegamento del contrabbando di sigarette con il clan dei marsigliesi). Luciano con la sua potente influenza fece eleggere in Sicilia, come sindaci di diverse città, molti mafiosi. A potenziare questa condizione malavitosa fu l’arrivo a Napoli di un altro potente mafioso, Vito Genovese fuggito dall’America perché accusato di omicidio. A Napoli Vito Genovese stabilisce un centro di potere mafioso altamente redditizio.
La Camorra assume così veste più autorevole, in particolare nelle zone rurali a Nord e a Est di Napoli e per gli affari di bestiame nella zona di Nola (dove dal 1954 al 1956 furono commessi 61 omicidi).

Verso la metà degli anni cinquanta la Camorra aveva in controllo di tutte le aree agricole, della produzione del latte e della casearia. Gli affari e il potere aumentarono al punto che i camorristi pensarono bene di espandersi puntando al cuore della città di Napoli.

Imbastisce legami con la politica e arrogantemente lancia segnali e messaggi ad ogni occasione di natura pubblica come i funerali, nel 1955, di uno dei principali camorristi, Pascalone ‘e Nola, in cui almeno dodici poliziotti inviano corone di fiori.

Il contrabbando diventa il fiore all’occhiello della Camorra, dominato fino a quel momento dalla Mafia. Iniziano inevitabili scontri per l’acquisizione del business della droga che provocò un tutti contro tutti, perché i profitti erano rilevanti.

Negli anni 1973-1974 vennero mandati in Campania, al soggiorno obbligato, alcuni importanti mafiosi palermitani, Stefano Bontate, Salvatore Bagarella, Gaetano Riina, Vincenzo Spadaro, consentendo così di avviare proficui rapporti con importanti camorristi tra cui Michele Zaza che addirittura viene affiliato alla Mafia insieme ai fratelli Nuvoletta, Antonio Bardellino ed altri.
A metà degli anni settanta il famoso camorrista Raffaele Cutolo, in carcere per omicidio, inizia a ristrutturare la “Camorra”, un vecchio progetto (Nuova Camorra Organizzata – N.C.O. –), in senso gerarchico come la Mafia, contemplando il business della droga.
Vecchia e nuova Camorra si contendono l’egemonia facendone nascere una feroce lotta. Lo spietatissimo Cutolo con i suoi sistemi è riuscito a costruire una organizzazione di migliaia di fedelissimi (foraggiando le famiglie di quanti stavano in carcere). Aveva sparso nella società civile singoli e gruppi di persone insospettabili che svolgevano compiti per lui.

L’organizzazione opposta alla Camorra di Cutolo (nonostante la più crudele e feroce) ebbe la meglio perché le autorità dichiararono questa volta guerra aperta a Cutolo che a indebolirlo fu il presidente Sandro Pertini che lo fece trasferire in un carcere di massima sicurezza in un’isola vicina alla Sardegna.
Il famoso terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 fornì l’occasione alla Camorra di insinuarsi per bene nella politica e nella vita della società napoletana. Il sisma interessò Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia (280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2.914 morti).
La Camorra era perfettamente organizzata all’interno del governo regionale per poter vincere le gare di appalto per la ricostruzione (enormi fiumi di denaro pubblico destinato alla comunità colpita furono assorbiti dalla Camorra trionfante).

La Mafia, comunque, era sempre presente all’interno della Camorra grazie ai camorristi affiliati, Zaza, i fratelli Nuvoletta e Bardellino, rappresentanti della Camorra opposta a Cutolo, nella nuova forma denominata Nuova Famiglia (NF).

Storico è il momento epocale, 27 aprile 1981, in cui si viene a creare una connessione tra la Camorra e le Brigate Rosse (con il Caso Ciro Cirillo). Viene rapito a Torre del Greco il democristiano Ciro Cirillo, assessore all’urbanistica della Regione Campania, in cui viene ferito il segretario Ciro Fiorillo, mentre muoiono il poliziotto Luigi Carbone e l’autista Mario Cancelli.
Si scatena un caso politico e giudiziario e lo Stato annuncia una linea dura contro i rapitori. Nello stesso tempo si intesse un oscuro intreccio occulto tra politica, uomini dello Stato, Camorra, Mafia, P2, servizi segreti. L’Italia ha ancora vivo in il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro di tre anni prima, ma stranamente qui le cose sembra possano andare diversamente: di diverso ci sarà solo la volontà di voler salvare Ciro Cirillo, volontà che non c’è stata con Aldo Moro (altre le motivazioni provenienti dall’alto, da quel “potere nascosto” che sempre indichiamo). I servizi segreti si rivolgono alla Camorra di Cutolo mediante il funzionario del SISME Giorgio Criscuolo ma occorreranno più situazioni per giungere ad una trattativa (Camorra-Cosa Nostra-Brigate Rosse-Democrazia Cristiana-Stato). I brigatisti chiedono tre miliardi di lire, il mediatore propone 4 miliardi e cinquanta e nasce l’accordo e il 24 luglio 1981 Ciro Cirillo viene lasciato libero.
Nell’ombra i discussi democristiani Antonio Gava e Flaminio Piccoli, Vincenzo Scotti, hanno azionato tutti i loro contatti politici illegali mai confessati ma sospettati dalla stampa e non solo. I dettagli di tutta l’operazione sono destinati a restare oscuri come oscure sono le coscienze di tutti gli attori della vicenda. All’intera vicenda il ministro dell’Interno, Virgilio Rognoni, ha prestato allo Stato la sua diplomatica voce mediatica (per una menzogna di Stato).
La Camorra ha tratto profitti da tale coinvolgimento e instaurato possibili fili utili per la sua rete di relazioni (nacque un’incredibile disponibilità da parte di un consistente numero di politici  nei confronti della Camorra per una redditizia collaborazione).
Nel 1992 il 46% dei commercianti di Napoli pagava il pizzo alla Camorra.
Durante gli anni novanta la Camorra rafforza tutta la sua struttura orizzontale, mediante varie forme di bande territoriali, al di là delle lotte intestine inevitabili.
Nel 1997 si scopre che i tentativi di debellare la Camorra risultano un’impresa impossibile perché oltre ai politici molti alti ufficiali della polizia e membri della magistratura erano sul libro paga della Camorra.

La condizione da terzo mondo di Napoli, la sovrappopolazione, le spiccate disuguaglianze che evidenziano gli strati più poveri, l’analfabetismo, l’immoralità diffusa, proteggono e rafforzano la Camorra.

Dal vulcano al golfo si mostra una incredibile bellezza paesaggistica ma si nasconde, come in una giungla, un’immane violenza.
Un vasto territorio degradato sembra non offendere i napoletani che convivono con una feroce decadenza, umiliante incompiutezza (edifici, autostrade, ecc.) e maleodorante spazzatura quasi ovunque.
Ricchezze private sfacciate fanno a cazzotti con la penuria diffusa.
Camminare per le strade di Napoli è un piacere per la bellezza che offre ma nello stesso tempo si percepisce fortemente come l’illegalità sia l’elemento fondamentale della sopravvivenza della città.
La politica svolta in quel territorio è da terzo mondo. Napoli è una delle città più vaste d’Europa oltre che sovrappopolata.
La Camorra sembra assicurare uno standard di vita per tutti: sostituisce perfettamente lo Stato perché questi è assente.

Gli effetti aggravati e devastanti sulla popolazione e sulla città di Napoli (materiali, morali, culturali, economici, ecc.) sono ancora quelli provenienti dalla mano devastatrice di re Ferdinando II di Borbone (dal 1830 al 1859) che non si sono esauriti e riscattati nonostante le diverse fasi storiche che Napoli ha attraversato.

Non c’è mai stata una vera ripresa: una condizione ottimale per il ramificare sul territorio della Camorra. Uno stato di profondo degrado della città di Napoli, con una educazione monarchica abituata (resa incapace) a non ribellarsi, a non insorgere, è la condizione ideale per l’imperare della Camorra.

La situazione sociale generale della città è disastrosa e preoccupante ma non lo fanno avvedere. Il controllo delle carceri è nelle mani dei camorristi e i detenuti dipendono, per qualsiasi cosa, dal permesso da loro rilasciato.
Il gioco, in tutte le sue forme, è un grande affare nelle mani della Camorra. Un vero business, difficilissimo da smantellare, è l’importazione e l’esportazione delle varie merci transitate dal porto di Napoli (gestiscono il furto e le tangenti perché tutto fili liscio).
In molte zone della città la camorra assume il ruolo della polizia ma per assicurarsi la giusta condizione per i propri interessi.
Ogni sistema che si dichiara contro la Camorra non fa che accrescerla e rafforzarla: essa è sempre più forte e più potente.

Questo spiega la evidente tracotanza verbale, con cui vengono aggrediti giornalisti, onesti cittadini, uomini delle istituzioni retti: una aggressione tale che fa presumere possa esistere anche una nascosta tracotanza d’azione, aggressiva e violenta, di questi politici senza vergogna nel territorio campano, che si esibiscono in perfetto stile camorristico. Dicono di essere politici onesti.

Ma la Bellezza Campana può restare in mano alla criminale Camorra? Possibile che uno Stato non possa, non voglia fare nulla di serio e di concreto che funzioni a contrastare la Camorra?

Una Bellezza come quella delle Isole principali non dovrebbero essere amministrate con sistemi illegali come fa presumere il disastro del terremoto di Ischia:

  • Ischia, una meraviglia divisa in 6 comuni: Ischia, Casamicciola Terme, Lacco Ameno, Forio, Serrara Fontana e Barano d’Ischia;
  • Capri, divisa nei comuni di Capri e Anacapri;
  • Procida, comune omonimo;
  • Vivara, parte del comune di Procida;
  • Nisida, parte del comune di Napoli.

La Bellezza delle isolette minori è carezzevole e andrebbe salvaguardata dalle mani voraci:

  • l’isolotto del Castello Aragonese di Ischia fuori Ischia Ponte;
  • l’isolotto di San Martino nel comune di Monte Procida;
  • l’isolotto della Gaiola alla punta estrema di Posillipo (compreso nel Parco sommerso di Gaiola);
  • l’isolotto di Megaride, su cui si trova il Castel dell’Ovo, a Napoli;
  • lo scoglio di Rovigliano (già Revigliano), nei pressi della foce del fiume Sarno, tra i comuni di Torre Annunziata e di Castellammare di Stabia;
  • a Capri i famosi tre Faraglioni (chiamati “di terra”, “di mezzo”, “di fuori”), e poi lo scoglio del Monacone a poca distanza da essi;
  • le tre isole de Li Galli (il Gallo lungo, la Castelluccia, la Rotonda), sulla Costiera Amalfitana;
  • lo scoglio di Vetara (anche detto Vivaro), posto 3 km ad ovest de Li Galli.


Che la forza della Bellezza, che il calore della Bontà e la potenza della Verità possano un giorno non molto lontano bandire l’oscurità, quell'oscurità che si adopera tramite la mano dell’uomo ignorante e corrotto, e far diffondere ovunque la luce, realizzando una società migliore, più illuminata e più felice.

Che le Ombre sull’Italia possano eclissarsi per mezzo delle coscienze più illuminate dei cittadini che hanno preso consapevolezza della realtà delle cose, della Verità oscurata per troppo tempo.

 

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