D – Per anni ho girato tanti paesi alla ricerca di qualcuno che mi desse l’iniziazione. Ho frequentato gruppi esoterici, occultisti, ecc. senza risultato. Finalmente ho incontrato uno Svāmi indiano che mi ha dato l’iniziazione con un particolare rito; però apprendo da un mio amico che non v’è nessuno oggi che possa dare l’iniziazione ad un Occidentale.
Mi vuole dare qualche delucidazione in merito? È vero questo?
R – Era più interessato alla preparazione o all’iniziazione propriamente detta?
- Vede, il mio problema è complesso e semplice nello stesso tempo. Ma non vorrei parlare troppo di alcune mie peripezie perché potrebbero non interessare. Se mi potesse dare qualche indicazione, mi libererebbe da una perplessità.
R – non comprendo perché la sua iniziazione non dovrebbe essere valida. Mi scusi se chiedo questo: lo Svāmi era veramente tale?
- Sì. Sono stato anche in India nel suo āśram.
R – E allora di che cosa deve temere? Cerchi di andare avanti nella sādhanā e segua i consigli del suo Istruttore.
- Vede, l’amico di cui gli ho parlato prima mi dice che per un Occidentale l’iniziazione è impossibile.
Per ricevere l’iniziazione da uno Svāmi o da un Guru indiani o da un Lama tibetano bisogna essere indiani o tibetani. Dal momento poi che in Occidente non vi sono organizzazioni iniziatiche, al discepolo occidentale ogni strada viene ovviamente preclusa.
R – Se non erro lei dice che esistono le iniziazioni nazionali e anche regionali? C’è l’iniziazione indiana, tibetana, araba-palestinese o africana, italiana, ecc.? Insomma l’universale diventa razzista?
Lei pensa che l’iniziazione sia un fatto di territorio, di colorazione di pelle, di appartenenza ad un organismo politico o sindacale?
Lei pensa che la vera dīkṣā sia in riferimento agli ordini sociali considerati sotto l’aspetto dell’ereditarietà familiare?
Non vorrei che confondesse quella che è una semplice cerimonia d’aggregazione di un individuo ad un’organizzazione sociale – che è poi di ordine esteriore, exoterico, orizzontale e particolare – con la vera iniziazione che è di ordine verticale e prescinde da ogni ordinamento sindacale o corporativo. Vi sono cerimonie d’investitura e vi è l’Iniziazione spirituale. V’è da tener presente, poi, che le qualificazioni delle persone appartenenti ai vari ordini sociali sono il risultato della combinazione dei tre guṇa. In altri termini, un “nato due volte” non è tale perché ha ricevuto il certificato o l’attestato del suo ordine né perché è nato da un particolare genitore, ma perché possiede quelle qualificazioni, rispondenti ai guṇa, che lo fanno essere veramente quello che è. Vi sono “nati due volte” pure in Occidente anche se non hanno l’investitura sindacale indiana o tibetana. Un genio non è tale perché ha ottenuto l’investitura del titolo di professore da qualche università: l’investitura può essergli utile semplicemente per essere abilitato all’esercizio della sua attività in un determinato contesto sociale perché la si richiede espressamente, ma per sé può fare anche a meno di certificati burocratici.
Il Buddha poteva anche non curarsi (e in effetti così fece) dei vari ordini sociali, in quanto tali, perché nessuno, a livello sociale, gli poteva impedire di essere ciò che veramente era. Con ciò, attenzione, non vogliamo disconoscere la funzione degli ordini sociali, anzi a tale riguardo possiamo dire che per quanto oggi in India siano stati aboliti, tuttavia nessuno può annullare lo status coscienziale di un individuo. Quindi, insistiamo sulle qualificazioni, che sono di ordine interiore, verticale e coscienziale, più che su aspetti esteriori, orizzontali, familiari e ritualistici. Ricordiamoci che l’influsso spirituale è universale, e ciò che conta per la sua “discesa” è una coscienza preparata; sono dunque le qualificazioni quelle che si richiedono per la vera Iniziazione. Bisogna pure ricordare che il Sé non ha bisogno di iniziazioni, né deve ricevere qualcosa dall’esterno. È l’individualità che deve riorientarsi e prepararsi a ricevere l’influsso sovraindividuale. E per stimolare l’individualità a certe possibilità le strade sono tante e possono anche non seguire la prassi comune. V’è, ad esempio, un passo nell’Evangelo che ha una sua connotazione profondamente esoterica: «Laddove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono ivi in mezzo ad essi».
Un gruppo di persone qualificate posto in certe condizioni può far “discendere” l’influsso spirituale sì da determinare effetti specifici nella coscienza dei suoi membri.
D – Penso che molti si trincerano in un dogmatismo teologico per creare un alibi alla loro incapacità di comprendere lo spirito di certe cose. D’altra parte, il Buddha, Gesù e lo stesso Śamkara non sono venuti per infrangere i dogmi dei farisei, dei tradizionalisti, dei farneticanti del rito e del formalismo?
Inoltre, ho conosciuto degli Svāmi occidentali regolarmente inseriti negli Ordini monastici indiani e anche tibetani.
R – A volte certe forze della contro iniziazione tentano proprio di portare il discepolo in un vicolo cieco. Con la scusa che non si è indiani, arabi o israeliti, questi gruppi, usando semplicemente il loro potere manasico, inchiodano l’allievo ben intenzionato, e a volte anche qualificato, a disertare la spiritualità; lo portano in una condizione di angoscia o di “complesso” dell’iniziazione.
- Sono dei tradizionalisti che sostengono queste cose.
R – Non tutti. In ogni modo, le forze antitradizionali non stanno fuori della Tradizione, ma dentro. Sono proprio esse che sviano e creano confusione, soprattutto se sono ben addottrinate, se fanno leva sul manas (mente) sviluppato, se hanno un ricco “vocabolario” capace di impressionare probandi ancora deboli, e si ostinano a inquadrare certe cose entro schemi fissi, rigidi, farisaici.
D – Il mio problema è un altro. Non mi sono posto in condizione di essere iniziato dagli Ordini orientali perché mi sembra di tradire la mia condizione spirituale occidentale.
È un atteggiamento sbagliato?
R – Dobbiamo ricordarci che vi è una sola Filosofia dell’Essere con differenti modalità di adattamento.
Partendo da questo principio non vi è motivo di esagerare con certe impostazioni di ordine sentimentale. Vi possono essere rami di questa Filosofia più o meno conformi alla nostra costituzione spirituale. Se poi costatiamo che in quest’epoca alcuni rami tradizionali, in determinate zone planetarie, hanno perso la loro efficacia e operatività, è logico supporre che i ricercatori debbano rivolgersi altrove. Quindi non è questione di abiurare la propria “fede”, ma di armonizzarsi con quella Dottrina che è più aderente all’aspirazione. Non è il caso di sottolineare che ci siamo espressi in termini di armonizzazione coscienziale con un ramo tradizionale e non di semplice aderenza per curiosità sentimentale o intellettiva.
Se si tenesse sempre presente il principio dell’unità della Dottrina, si potrebbe avere maggiore osmosi spirituale tra i vari rami, ma, purtroppo, i fanatici della “lettera”, della “forma” e del “territorio” sono sempre all’opera per difendere l’esclusivismo e sostenere che il “mio” è superiore al “suo”. Parlare di campanilismo nell’ambito della Tradizione è un’assurdità.
- Allora non occorrono l’iniziazione e la sādhanā?
R – Non andiamo adesso dall’altra parte; gli estremismi non rappresentano la saggezza. L’iniziazione è una realtà ed ha una sua specifica ragion d’essere. Non siamo nel satya yuga, poi.
Comunque diciamo che: «Tu sei Brahman», e le possibilità del Brahman sono tante. Quasi tutti gli Ordini iniziatici dell’India, e dell’Oriente in genere, riconoscono, per esempio, la Śāmbhavī-dīkṣā, l’iniziazione data direttamente da Śiva o da Viṣṇu. È un evento raro, ma è possibile; dipende dallo “status” coscienziale del neofita. Non tutti sono allo stesso grado di “risveglio”. Vi sono persone che “entrano” nella dimensione umana con uno stato coscienziale tale che basta un semplice sguardo dell’Istruttore o Maestro spirituale, o una stimolazione dello stesso ambiente, per far scattare in loro l’Influsso o Presenza spirituale sovraindividuale.
Sarebbe opportuno, però, fare qualche precisazione.
In Oriente – in linea generale – l’Iniziazione avviene per via diretta, vale a dire da Maestro a discepolo. Un guru che abbia conquistato la coscienza universale (e questi dovrebbe essere considerato il vero guru), trasmette direttamente l’Influsso al discepolo; ma perché ciò avvenga occorrono due condizioni indispensabili: le qualificazioni del discepolo e lo stato effettivo di realizzazione del guru.
La “trasmissione” può effettuarsi anche nel tempo (da qui la “vicinanza dei Saggi” come fattore di stimolo realizzativo di cui si parla nei testi); il discepolo qualificato gradatamente si accorda sulla nota del suo guru stabilendo così una specie di cordone ombelicale mediante cui l’Influsso circola ed opera.
Siano costretti a dare una sintesi di un intero processo iniziatorio che è molto complesso, interessante e bello.
In Occidente – sempre in linea generale – l’Iniziazione avviene per via indiretta, nel senso che è un’Istituzione iniziatica nel suo complesso, regolarmente funzionante, a darla. L’istituzione è rappresentata da un raggruppamento di persone che, con un particolare rito, fa scattare certe possibilità. Possiamo dire che in Occidente l’Iniziazione avviene per un atto magico-ritualistico, mentre in Oriente si determina per l’incontro di “due cuori qualificati”, anche se il guru è unito alla catena dei suoi predecessori.
Per quanto riguarda la prassi e il rito, essi possono differire da un’organizzazione all’altra; i riti indiano, tibetano e occidentale possono essere dissimili, ed è sotto questa prospettiva che possiamo dire che sono diversi da un paese all’altro; ma l’Influsso spirituale è uguale dappertutto, e le qualificazioni del discepolo, indipendentemente dalla forma d’iniziazione che riceve, sono sempre le stesse.
Un rito d’iniziazione massonico è diverso da un rito d’iniziazione islamico, ebraico, vedanta, tibetano e così via. Ma tutti attingono allo stesso Influsso, alla stessa Cit-conoscenza-coscienza. L’essere può rivelarsi di là dal rito, per quanto questo possa essere opportuno a certi livelli, e indispensabile ad altri. Ma ciò che soprattutto vorremmo dire è questo: preparatevi all’evento, acquisite le adeguate qualificazioni, senza tergiversazioni, senza rinvii, senza essere disturbati dai dogmatici, dai recensori e dai farisei. Preparate l’aura in modo adeguato perché l’Influsso spirituale possa essere attirato. Purezza di movente, aspirazione alla trascendenza, superamento dello psichismo, compostezza coscienziale sono alcuni dei fattori indispensabili per accostarsi all’iniziazione.
D – Un Lama tibetano, in una serie di conversazioni come queste, ha detto che l’iniziazione è l’incontro di due menti (Maestro-discepolo). È dello stesso parere?
R – Sì. Quando certe sintonizzazioni avvengono, si determinano effetti specifici secondo precise leggi.
D – Mi perdoni se prolungo il discorso, però vorrei dire una cosa: in che senso si può parlare di rito nella realizzazione metafisica tipo advaita, asparśa, zen e taoista?
R – Sì, comprendo. Diciamo, per concludere, che le possibilità e le modalità di realizzazione sono tante; ma è anche bene sottolineare che qualcuno può illudersi se crede semplicisticamente che una mattina possa alzarsi d’un tratto con la coscienza risvegliata, come s’illude colui che rifiuta in modo assoluto ogni forma di rito, soprattutto in questo periodo oscuro.
- Se nessuna cosa è mai nata e nessun ente è quindi esistente, né può esserci alcun agire, in che modo si può parlare di azione e di rito, d’iniziazione e liberazione, di caste e di affiliazione?
R – Ripetiamo che vi sono delle persone che entrano nella “dimensione” umana con uno speciale “status” coscienziale.
Una coscienza reintegrata certamente ha compreso, e chi ha compreso si è fermato; per chi ha compreso il movimento è svanito, l’andare è cessato. Il Sé è di là dal rito, dall’iniziazione, dagli ordini e dalla stessa liberazione.
D – Mi perdoni una domanda: la Filosofia dell’Essere perché è eterna e non-umana? Non comprendo lo spirito di quest’affermazione. Gli amici perdonino la mia ignoranza.
R – Se dico: prima che l’uomo nascesse, già nel sole l’idrogeno si trasformava in elio, mi comprende?
Se diciamo che l’Essere era prima dell’uomo empirico, adesso dovrebbe comprendere. La Verità è l’Essere stesso e quindi essa non è umana, ma l’uomo può recepirla, svelarla e incarnarla. Ecco perché parliamo di Conoscenza principiale, metafisica, di Philosophia perennis.
Vede, tutte le verità scientifiche scoperte dall’uomo esistevano già da molto tempo; la legge di gravitazione universale non l’ha inventata Newton, egli l’ha solo scoperta, svelata; quella legge esisteva anche prima che l’uomo nascesse su questa terra.
Raphael
tratto da La Filosofia dell’Essere
Edizioni Ashram Vidya