Marco Ferrini è filosofo, ricercatore, guida spirituale e fondatore del Centro Studi Bhaktivedanta – Accademia di Scienze Tradizionali dell’India (PI), autore di oltre un migliaio di pubblicazioni, tra audio, video e libri. Con la sua opera, ripropone in chiave attualizzata il pensiero spirituale dell’India classica del dialogo tra Oriente e Occidente, tra contemporaneità e tradizione. È Adjunct Professor della Dev Sanskriti University di Haridwar. Nel 2012 il Rettore di questa Università e il Presidente dell’India lo hanno insignito del titolo Honoris Causa di Ph.D Doctorin Pholosophy, “in riconoscimento del suo contributo alla divulgazione nel mondo della conoscenza vedica per il miglioramento e il benessere dell’umanità”.
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C’è un celebre passo della Brihadaranyaka Upanisad che riporta il dialogo tra Maitreyi e Yajnavalkya, marito e moglie. Lui sta per ritirarsi nella foresta a meditare (forse per sempre) e lei le chiede, prima del distacco definitivo, di rivelarle il segreto dell’immortalità. La sua risposta è questa: “Non a causa dell’amore per il marito è caro il marito, ma a causa dell’amore per il sé è caro il marito. Non a causa dell’amore per la moglie è cara la moglie, ma a causa dell’amore per il sé è cara la moglie. Non a causa dell’amore per i figli son cari i figli, ma a causa dell’amore per il sé (…). È il sé dunque che bisogna guardare e sentire, è al sé che bisogna pensare e rivolgere la propria attenzione. O Maitreyi, soltanto guardando, ascoltando, considerando, conoscendo il sé si conosce tutto questo universo”.
Il messaggio di questo antichissimo testo è chiaro: per poter amare davvero qualcuno si deve prima aver trovato sé stessi, essere entrati nel proprio centro e dimorare in esso.
Questo centro non è un posto di miseria, di paura, di freddo. È al contrario un posto ospitale, accogliente. È il luogo del tepore, dello splendore, della pace gioiosa, dove si celebra la festa della vita, dove sorge la vista interiore (darshana), la capacità di vedere oltre le apparenze.
Una volta che ci si è centrati, che si abita stabilmente il proprio centro, si può andare alla ricerca del centro degli altri e far incontrare due centri. Questo incontro è ciò che si chiama Amore.
Ciascuno di noi, racconta sempre la Brihadaranyaka Upanisad, è un essere completo in sé. Questa completezza va però realizzata. A differenza di quanto si pensa ordinariamente, l’Amore vero nasce dall’incontro di due completi, non di due metà.
OCCORRE ESSERE COMPLETI
Ma come si realizza, allora, la completezza del sé? Attraverso lo Yoga. Servono tempo, energia, risorse. Serve una disciplina. Non si realizza sé stessi, non si trova l’Amore senza disciplina. Lo Yoga è disciplina: asana, pranayama e prima ancora yama e niyama, l’etica dell’essere e dell’agire. La disciplina serve a renderci contenitori degni, capienti. C’è un gran lavoro da fare sul cuore che non è pronto, non è disponibile subito, che fa l’altezzoso, che si volta dall’altra parte, che, pur desiderandolo immensamente, rifiuta l’Amore.
Che lo distorce in senso narcisistico, riducendolo a godimento e possesso, con tutte le dolorose instabilità che ciò comporta. Nel Bhakti Yoga, la tradizione a cui ho dedicato la vita, oltre alla disciplina c’è un altro formidabile strumento per far divampare nel cuore l’Amore, ed è la relazione, l’incontro, lo scambio con persone che lo hanno già realizzato.
“Tu sei sempre gioioso perché hai realizzato la felicità dell’Amore. Io al contrario sono molto triste perciò vengo da te”. Così recita una strofa di una lauda di Narottama Dasa Thakura, un acarya (maestro) della nostra tradizione. Un cuore che arde d’Amore, infatti, accende i cuori degli altri, per contatto, per contagio. In questo modo si porta l’Amore nella nostra vita: attraverso una sadhana (disciplina) rigorosa e costante in grado di rimetterci in contatto con il nostro centro e attraverso l’amicizia, la frequentazione, con persone che conoscono l’arte di Amare. Ovviamente, dipende dal tipo di amore si cerca. Se si cercano delle contraffazioni o se si cerca l’Originale. Io mi riferisco alla forma più elevata di Amore, l’unica in grado di trarre il pellegrino fuori dal pelago “che non lasciò già mai persona viva”, citando Dante o, se si preferisce, liberare il prigioniero dalla buia caverna del mito di Platone.
È una forma di Amore, questa, che ricomprende e potenzia tutte le altre. Quando noi siamo colmi di questo Amore lo irradiamo intorno a noi come un pezzo di metallo incandescente irradia luce e calore. E questo luminoso calore è indirizzato a chiunque, non solo agli amici, alle amiche, non solo ai simpatici, ma anche agli antipatici, ai cattivi, ai rabbiosi, ai violenti. Non solo agli esseri in forma umana, ma anche agli animali, alle piante, a tutto ciò che esiste, con forma o senza forma, visibile o non visibile. È un Amore, questo, che fa intravedere, dietro le apparenti differenze, l’essenza che accomuna tutti i viventi al Paramatma, all’Anima suprema, alla Fonte della vita..
L’Amore o è per tutti o non è: anche questo è un principio che va realizzato.
La perfezione dello Yoga sta proprio qui: dopo averlo trovato in sé, portare l’Amore nelle vite degli altri.
È il viaggio più bello che si possa fare.
Ed è ancora migliore se fatto con gli altri, condividendo successi ed insuccessi, alla ricerca della perfezione.
Marco Ferrini
Articolo tratto dalla Rivista Bimestrale N° 80 (Aprile-Maggio 2018) Vivere lo Yoga