L’ente planetario è un essere intelligente e corporeo che sintetizza l’immagine di Dio e del mondo. L’ente planetario è, in realtà, un’Anima spirituale (Jivatman), un corpo fisico grossolano e un complesso di corpi sottili. I corpi-veicoli velano l’Anima, la circoscrivono successivamente e concentricamente.
In sintesi l’Anima utilizza i seguenti corpi-veicoli:
1 corpo causale, cioè karanasarira, che nell’ordine individuale corrisponde all’anandamayakosa, allo stato di coscienza non differenziato prajna e alla condizione di “sonno profondo senza sogni” susupti. Nell’ordine universale corrisponde alla forma principiale o causale, lo stato informale (Isvara). La psicologia lo colloca nell’inconscio;
2 corpo sottile, cioè lingasarira o suksmasarira, è il corpo mentale-energetico-luminoso che corrisponde allo stato coscienziale di taijasa e alla condizione di “sonno con sogni” svapna. Questo corpo sottile, in realtà, si suddivide in tre veicoli: il veicolo intellettivo (buddhimayakosa o vijnanamayakosa) appartenente al piano causale; il veicolo mentale (manomayakosa); il veicolo pranico-energetico (pranamayakosa). In dettaglio è costituito dai cinque elementi sottili (suksmabhuta), comprende le cinque facoltà di percezione (jnanendriya), le cinque facoltà di azione (karmendriya), i cinque soffi vitali (prana) e la mente-organo interno (antahkarana e le sue quattro funzioni: buddhi, ahamkara, manas e citta). Il corpo sottile accompagna l’Anima nel processo di trasmigrazione; la morte non lo distrugge, ma esso permane, nel lungo viaggio samsarico, fino alla soluzione finale. La psicologia lo colloca nel subconscio;
3 corpo fisico grossolano, cioè sthulasarira, composto da annamayakosa (involucro prodotto dalla trasformazione, elaborazione e assimilazione del cibo) che corrisponde allo “stato di veglia” jagrat. La psicologia lo colloca nel conscio.
Queste tre dimensioni corrispondenti ai veicoli karanasarira (corpo causale), lingasarira (corpo sottile) e sthulasarira (corpo fisico grossolano) si suddividono in ulteriori cinque veicoli chiamati kosa che costituiscono l’espressione totale della personalità dell’ente planetario, dalla più grossolana alla più sottile dimensione di esistenza:
1 annamayakosa, è il corpo elaborato dall’alchimia del cibo (sangue, carne, ossa, ecc); è il livello di consapevolezza del piano fisico denso;
2 pranamayakosa, è il corpo pranico e la rete energetica (formata dalle nadi) inerente alla struttura umana;
3 manomayakosa, è il corpo mentale, riguarda le operazioni coscienti entro la sfera della mente. È il livello di consapevolezza dei procedimenti mentali ed emozionali;
4 buddhimayakosa, è il corpo psichico, è la dimensione della personalità che opera nel piano astrale. È il veicolo con cui si esperienza durante i sogni, nelle fuoriuscite dal corpo fisico e nei diversi tipi di fenomeni psichici. È il livello della consapevolezza dei piani psichico e causale;
5 anandamayakosa, è il corpo di beatitudine, il rivestimento più interno del Jiva. Costituisce il corpo causale ed è la sede del Jiva nello stato di sonno profondo (susupti). È la dimensione trascendentale della personalità umana esistente nella totale assenza di piacere e dolore. A tale livello lo strumento dell’esperienza è trasceso perché privo di vrtti, fluttuazioni e modificazioni.
Nel mondo della ricerca spirituale, profonda e meno profonda, spesso si limitano a definire il corpo sottile (lingasarira) come il “corpo astrale” con alcune generiche caratteristiche, compresa quella dell’uscita dal corpo fisico grossolano, ecc.
Il corpo sottile è molto importante nel campo della ricerca esoterico-spirituale, a maggior ragione in un consapevole sentiero realizzativo intrapreso.
Il corpo sottile ha delle funzioni importanti anche per l’ente planetario profano, l’uomo comune, ordinario nonostante ne sia inconsapevole. Perché questo? Perché come sopra menzionato un suo costituente è l’antahkarana, cioè l’organo interno, ovvero la mente nella sua intera estensione (buddhi, ahamkara, manas e citta).
L’ente planetario ordinario vive senza connessione tra le diverse parti della mente, dell’antahkarana, mentre il risvegliato, anche ai primi gradini di tale processo di accensione, comincia ad intuirne l’importanza e la necessità, mentre l’iniziato invece è pienamente consapevole dell’unità di tutte le parti che fanno l’Intero e sa anche come utilizzare le varie funzioni sconosciute ai più, perché anche i corpi sottili possiedono, al loro livello di esistenza, la loro anatomia e le corrispondenti caratteristiche.
Il corpo sottile, lingasarira, è luminoso-energetico: possiede una sorta di luce fissa e una parte di luce volatile. Il lingasarira è un corpo fluidico che possiede una parte volatile, cioè una specie di fluido magnetico. L’Anima può agire su questo fluido con la sua volontà (può attrarre, proiettare, concentrare e dissolvere). L’iniziato usa questa luce (fluido, energia, forza, prana) consapevolmente. Questa luce volatile è sempre movimentata dalla continua variazione degli equilibri (l’alternanza continua dei guna, finché l’ente non diventa più stabile).
Il lingasarira, costituito anche dall’antahkarana, riproduce le forme corrispondenti alle idee (produce le forme-pensiero). I pensieri-idee si strutturano in forme-pensiero la cui potenza è data da come e da quanta attenzione viene ad essi indirizzata.
L’iniziato conosce la scienza in grado di generare specifiche forme-pensiero, come utilizzarle e come estinguerle.
Le forme-pensiero generate inconsciamente dall’ente planetario ordinario hanno forme indefinite, corrispondenti alla natura instabile della sua mente che salta da un pensiero all’altro senza essere in grado di soffermarsi solo su uno per concentrarvisi. Un pensiero di preoccupazione può, in esso, diventare un pensiero-forma ossessivo che lo disturberà anche quando consciamente non ci pensa.
Le forme-pensiero personali tendono a connettersi a pensieri-forma collettivi perché si aggregano per affinità.
L’”energia segue il pensiero” quindi, se un pensiero è divenuto una forma-pensiero parassita che disturba, influenza la persona, sarebbe sufficiente non fornire più energia per evitare di alimentarla, cioè evitare il più possibile di pensare a quel pensiero motivo di assillo o di ossessione. Anche se non è una cosa facile bisognerebbe impegnarsi al massimo per depotenziare la forma-pensiero che assilla, per liberarsene.
Chi si risveglia, e vuole ottenere un buon successo nella propria sadhana, deve subordinare il lingasarira all’intelligenza (tramite il buon lavoro sull’antahkarana), altrimenti si generano energie distruttive incontrollabili (il serpente negativo degli antichi miti).
L’intenzione (le volizioni) dell’ente planetario, giusta o ingiusta, armoniosa o pervertita, configura il lingasarira dandogli delle attitudini, e queste vanno ad influire non solo sul sottile ma anche nell’edificio corporeo fisico grossolano (nella sua chimica e nelle risposte neuronali) e nel mondo esterno, plasmando la realtà del divenire secondo le attrattive provate (nel bene come nel male, senza chiedersi se giusto o sbagliato quanto sta plasmando).
La vita dell’ente planetario è sottoposta ad una condizione come quella di una statua sempre in fusione per modificarne la forma (come fa lo scultore), perché il lingasarira è il mediatore plastico che riporta i suoi pregi o i suoi difetti (i vizi o le virtù) nella forma di vita espressa.
Per il sadhaka è importante lavorare per dominare, controllare e in ultimo ridurre, fino all’estinzione, l’egoismo (il lavoro sull’ahamkara), cosa fondamentale per la superiore funzionalità del lingasarira: l’egoismo offusca, limita, impedisce di comprendere le cose sottili.
L’ahamkara è il principio del senso dell’io separativo, è ciò che agisce, ciò che sperimenta ciecamente. È il corpo-personaggio in balia dei guna, trascinato continuamente dal frutto delle proprie azioni (karma), azioni che svolge con i propri veicoli a disposizione (il grossolano, il vitale e il mentale).
Gli enti planetari che soffrono di allucinazioni o visioni, possono essere certi che tali fenomeni nascono da problemi sorti nel lingasarira, problemi dovuti ad un errato stile di vita, o ad un abuso di farmaci (specie antidepressivi), di droghe, di alcol, di pratiche psichiche improprie (channeling, sedute spiritiche, riti vari di cui si è incompetenti). Si tratta di una specie di ferite o di parziali paralisi che si vengono a formare nel lingasarira.
In certi casi riesce a far male anche la sola vicinanza-presenza di una persona sintonizzata su regioni oscure dell’esistenza, o da un egoismo vorace (distruttivo), o da una specie di vampirismo psico-energetico. Ciò accade perché nella normalità tutti gli esseri irradiano gli uni verso gli altri e si attirano o si respingono gli uni con gli altri. L’attrazione può essere manipolata negativamente da un mago nero (un evoluto del Lato Oscuro) o trattata positivamente da un iniziato (un figlio della Luce) in grado di aumentarla, diminuirla e dirigerla secondo la giusta necessità.
L’iniziato “conosce e sa” e per questo ha, come proprie ausiliarie, le forze della natura che volentieri accorrono, con il giusto richiamo, verso le necessità del corpo fisico grossolano o dei corpi sottili.
L’ego ha i suoi simboli dell’inconscio, accumulatisi durante le varie esperienze di vita, sono quelli che vengono chiamati samskara o impressioni: esprimono memorie dolorose, inibizioni, paure, frustrazioni, desideri inesauditi, complessi, nevrosi. Questi samskara condizionano i pensieri e le esperienze: spingono ad agire in un certo modo. Sono spesso causa di tensioni, di ansia, di attacchi di panico, di disturbi vari. I samskara se assillanti diventano pensieri-forma che sarebbe bene estirpare.
Una tecnica Yoga insegna il procedimento della visualizzazione che permette di purgare tali samskara dalla mente.
Il praticante sceglie il simbolo che più di altri rappresenta il problema e che provoca, senza motivo apparente, lo stato di ansia. Un simbolo rappresenta o contiene l’implicazione di una più vasta area di informazioni. In uno stato normale l’ente planetario non ha accesso alla mente inconscia perché la sua consapevolezza non è sintonizzata con la natura di tali simboli (informazioni condensate da leggere). Invece in uno stato di rilassamento profondo si può creare un ponte di consapevolezza tra lo stato di veglia e l’inconscio. È importante che il praticante effettui il graduale ritiro dei sensi (pratyhara) per trasferirsi nel corpo psichico, nel dominio dei cakra, perché ciò induce lo stato di rilassamento profondo e in tale stato può procedere la visualizzazione di immagini (guidata da se stessi o da un istruttore). Bisogna praticare senza alcuno sforzo lasciando che l’immagine-simbolo del problema emerga da se entro la coscienza senza proiettarne una.
I simboli possono dividersi in due categorie: i “simboli condizionati” (quelli delle esperienze quotidiane che variano secondo i differenti paesi, la razza, il sesso, la cultura, ecc.); i “simboli universali” di cui parlava Jung.
Il praticante deve osservare il simbolo-samskara scelto, osservarlo in modo distaccato (come un film) restando consapevole dell’immagine. È fondamentale non svolgere alcuna analisi e nessun coinvolgimento con l’immagine mediante il giudizio o la condanna.
Con tale procedura (la semplice osservazione dell’immagine) l’ego diviene temporaneamente inattivo. L’ego non si identifica più con le inibizioni e con il piacere o non piacere che rinforzano la natura individuale.
A questo punto “… l’ego non elabora più il materiale che è in conflitto con i rispettivi preconcetti e non arriva ad una conoscenza selettiva del solo materiale che sostiene le opinioni e i pregiudizi. Nella mente cosciente emergono schemi e desideri irrazionali, paurosi o non pratici e, quando questi vengono osservati obiettivamente, scompaiono o vengono integrati nella coscienza. Come risultato, l’energia precedentemente usata per reprimere questi elementi dell’inconscio può essere diretta ed utilizzata per altre attività. L’individuo ottiene una maggiore comprensione della propria natura e viene ridotto il conflitto tra la mente conscia ed inconscia” (Swami Satyananda Saraswati).
La tecnica di visualizzazione dei simboli dell’inconscio è molto potente per riuscire a risolvere conflitti, memorie insopportabili, desideri ossessivi e samskara soppressi, ma anche per avviare una nuova fase più consapevole del proprio percorso di risveglio (sadhana).
Ogni sadhaka dovrebbe avanzare lungo la propria sadhana con la consapevolezza della propria infrastruttura energetica-pranica sapendo come le energie praniche e psichiche fluiscono dai livelli più sottili a quelli più grossolani.
Il buon sadhaka-praticante è destinato a vivere l’esperienza della transizione dalla consapevolezza mentale a quella psichica dove potrà incontrare l’intera visione delle dimensioni di esperienza astrale e psichica. Ma l’obiettivo è riuscire a far cessare tutte le fluttuazioni e le modificazioni mentali, far cadere quei limiti che imprigionano nelle restrizioni di spazio, tempo e personalità individuale e aprirsi all’illuminazione della mente inconscia in grado di rivelare lo stato superconscio.
L’ente planetario comune è un non-risvegliato alla sua Realtà Essenziale.
La sadhana è un cammino che si svolge a spirale, a guisa di una scala a chioccia, con un’infinità di tappe ove ognuna si ritrova, ritmicamente e periodicamente, allo stesso punto, ma su di un gradino più alto. La durata di ogni tappa dipenderà dagli sforzi individuali di ciascun sadhaka, lo stesso vale per il raggiungimento della Vetta, l’autorealizzazione.