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904. Il Sindacato non esiste senza il Lavoro e i Lavoratori

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Il primo articolo della Costituzione afferma così: 

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

Questo nobile Articolo-fondamento è rimasto inattuato, inapplicato e soprattutto violato dai governi, dalla politica, dalle istituzioni, dai responsabili dell’economia-finanza, dal Sindacato e dallo Stato stesso. Da tutti coloro che hanno piena responsabilità nei confronti di tale Articolo che non è stato applicato nella vita dei cittadini-contribuenti.

È stato ignorato, ovviamente, anche l’Articolo 4 della Costituzione:

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

È stato ignorato anche l’Articolo 23 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (del 10 dicembre 1948) che afferma:

Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un’esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, ad altri mezzi di protezione sociale.
Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.”.

Anche questo Articolo non è stato applicato nella vita delle persone ma è stato più volte sfruttato, come quello della Costituzione, per fini elettorali manipolando, ad effetto, l’opinione pubblica. La reale e concreta applicazione di quanto affermato in questi Articoli è stata sempre disattesa. Per i duelli dialettici nella politica viene utilizzato di tutto e di più sempre senza preoccuparsi della condizione bisognosa dei cittadini, che sono persone reali e non caselle elettorali o numeri statistici.

Il Sindacato è morto da molti anni per colpa dell’egoismo e della corruzione proliferati al suo interno (posti di lavoro venduti, carriere sindacali e aziendali inspiegabili, sindacalisti trasformati in dirigenti aziendali, sindacalisti di base catapultati al Nazionale, ecc.). Con il Sindacato morto-vivente si son visti fantasmi saprofiti vendutisi ai “padroni” e azionati contro i lavoratori, per far perdere loro, gradualmente, tutti i diritti e le libertà conquistati in lunghi anni di lotta (specie tra il 1968 e il 1975) e di sacrifici (anche con molto sangue sparso per le strade). Il Sindacato è morto perché ha smarrito, insieme a tutta la sinistra italiana, la “giusta idea di società” che va assolutamente ritrovata.
I cittadini-lavoratori si sono ritrovati un Sindacato al servizio del proprio egoismo e al servizio del “potere nascosto” che gli ha consentito di sopravvivere, facendo pagare il prezzo salato ai lavoratori.
L’uccisione dello Statuto dei lavoratori è avvenuto gradualmente: non si voleva far comprendere che dietro c’era un piano preciso, un piano deciso dai vertici di un “direttorio occulto sovranazionale” che manovrava un “direttorio occulto nazionale” favorito da molti uomini della politica, dell’economia-finanza, dell’imprenditoria, ecc..
Venne orchestrata la manovra che condusse per forza al referendum abrogativo del 1985, ovvero il “referendum sul taglio della scala mobile” del 9 e 10 giugno 1985: la Scala Mobile introdotta nel 1945 e applicata nel 1951 come meccanismo mediante il quale, in seguito alle variazioni dell’indice dei prezzi, scattavano aumenti corrispondenti delle retribuzioni e il punto di contingenza era identico in tutta Italia e per tutti i settori dell’economia. Da allora tutto si mosse sotterraneamente perché si giungesse all’abolizione. La raggiunta compattezza del mondo del Lavoro non piaceva ai vertici del “direttorio occulto sovranazionale” perciò cominciarono ad azionarsi per destabilizzare il Lavoro e dividere, frammentare il mondo dei lavoratori, incrementare nuovamente le disuguaglianze che si erano ridotte.
Inizia l’insospettabile manovra Bettino Craxi (incaricato dai “poteri occulti” a fare la sua parte, tre anni dopo la scoperta della eversiva Loggia P2, con i piani di cambiamento del corso della storia d’Italia), con il suo governo, varando il 14 febbraio 1984 il decreto che congelava ben 4 punti della scala mobile. Un provvedimento che ha ingannato i lavoratori con la complicità del Sindacato (Cisl, Uil e Cgil nella sua componente socialista), del Pentapartito e degli ambienti industriali, ma non solo. In termini economici il provvedimento ha rallentato il processo di adeguamento degli stipendi e dei salari all’aumento del costo della vita. La fascia dei lavoratori di reddito modesto ha subito il colpo maggiore perché il giro di vite si è ripercosso sui suoi bilanci, molto di meno sulle fasce di reddito medio e alto.

Ai cittadini-lavoratori non è mai stata raccontata tutta la verità sui veri scopi da raggiungere a sue spese. Cancellata la Scala mobile viene introdotta l’“inflazione programmata dal governo”: un altro inganno. I lavoratori (uomini e donne) sono stati scelti dai ceti ricchi e benestanti per pagare, con i sistemi escogitati, l’entrata dell’Italia nei parametri di Maastricht, cioè nell’Europa dell’euro, puntando, consapevolmente, allo smantellamento delle conquiste in termini di salario, orario, diritti e sistema di welfare.

Gli ingegneri della manipolazione sociale sanno come intervenire sull’opinione pubblica, come convincerla sull’esistenza di qualcosa che invece non c’è. La persuasione occulta, mediante mantra di martellamento, ha portato ai risultati che il “potere nascosto” voleva. L’“inesistente” che bisognava far credere “esistente” era la tesi che “l’inflazione era alimentata dagli aumenti salariali dovuti alla Scala mobile”. Cosa non vera dal momento che l’inflazione scattava a seguito dell’aumento dei prezzi e non prima. Oggi lo si sa perfettamente che l’inflazione non è generata dal recupero automatico: lo attesta il fatto che oggi la Scala mobile non c’è più, ma l’inflazione vola in presenza di salari da miseria, con i cittadini che non riescono ad arrivare a fine mese. Inoltre quando si nota che l’inflazione rallenta è solo perché sono calati drasticamente i consumi, compresi quelli dei beni essenziali. Ecco cosa volevano davvero: un popolo di cittadini da sottomettere mediante i bisogni, far accettare qualsiasi condizione di precarietà nella speranza di qualche bisogno soddisfatto, non per diritto ma per privilegio meritato. Un cittadino sottomesso dal bisogno e reso suddito-schiavo è meglio di un cittadino che pensa e si ribella alle ingiustizie.

La destrutturazione, della compattezza del mondo del lavoro raggiunta, ha portato alla critica situazione dell’oggi in cui milioni di giovani non hanno un futuro perché non hanno un lavoro e se lo hanno è un lavoro precario schiavizzante o un lavoro in nero. Il mondo del lavoro oggi è un mondo minaccioso che non dà certezze, non dà sicurezza, non dà futuro, è un mondo oscuro che sottrae la dignità a cui ogni essere umano ha diritto.
Hanno contribuito e facilitato tale situazione tutti i governi che si sono avvicendati, da quelli di destra a quelli di sinistra fino ai governi tecnici: un inganno silenzioso diretto al popolo sovrano.

Gli illegittimi governi degli ultimi sette anni hanno condotto, giocoforza, all’attuale governo innaturale, per mancanza di alternative, tra il Movimento 5 Stelle e la Lega di Salvini (ma che è sempre la stessa, quella di Bossi, quella dei 49 milioni di euro rubati e fatti sparire). Un governo del cambiamento che fa le stesse cose degli altri precedenti, con qualche gioco di specchi diverso: nulla di vero e di buono per i cittadini, specie per quelli davvero in difficoltà.

L’uccisione dello Statuto dei lavoratori (Legge 20 maggio 1970, n. 300) è un colpo micidiale per il diritto del lavoro: era stato una delle principali normative della Repubblica italiana in tema di diritto del lavoro. Ha significato buttare al mare le migliori condizioni di lavoro ottenute, ma anche quei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori che finalmente avevano raggiunto una via di ragione e di equilibrio mediante le rappresentazioni sindacali.
Lo Statuto dei lavoratori (che non può essere affatto considerato superato come vogliono far credere ma che, anzi, potrebbe essere aggiornato e ampliato) e la cancellazione dell’Art. 18, sostituiti da un diabolico Jobs Act, partorito da una mente discutibile, che favorisce il moderno istituto di schiavitù, sono i simboli di una degradazione dell’onestà intellettuale della politica, della società civile, delle istituzioni, dei responsabili dell’economia-finanza, dell’imprenditoria e del Sindacato sottomesso al potere.
Il Sindacato è corresponsabile della degradazione, della corruzione e del decadimento della società umana perché ha permesso che smantellassero il mondo del lavoro: la società, con i cittadini senza lavoro e il rischio povertà in aumento, è una società immersa in uno stato confusionale che spinge gli individui a raccogliere il peggio di quello che viene offerto in fatto di corruzione, di criminalità e di razzismo (che favorisce le forze estreme a prendere il sopravvento, per ignoranza, per bisogno, per rabbia).
Il Sindacato ha permesso che venissero violati, nel peggiore dei modi, il primo e il quarto Articolo della Costituzione. Da essi dovrebbe ripartire per rinascere: metterli come linea guida di un programma a sostegno, a tutto campo, del mondo del lavoro e dei diritti dei cittadini.

Oggi, con Maurizio Landini, nominato segretario della Cgil, si affaccia all’orizzonte una possibilità: un nuovo e animato dibattito politico. La sua prima affermazione da segretario nazionale lascia ben sperare: “Noi siamo il vero cambiamento”. La rinascita di un vero Sindacato è ora possibile. Non crediamo in un miracolo ma in una concreta possibilità anche se riteniamo che la via non sarà facile.
Con Maurizio Landini se non si lascia stritolare dai “poteri forti” e dai “poteri occulti” e resta l’incorruttibile di oggi, molte cose potrebbero cambiare. L’alchimia di trasformazione dovrà farla anche all’interno del Sindacato stesso.
Si è fatta passare per lungo tempo, per troppo tempo, l’idea che si debba accettare qualsiasi condizione di lavoro, anche quella senza diritti e con poca retribuzione: bisogna che il Sindacato si rimetta in moto culturalmente, equipaggiato in una mano della cultura dei diritti e dei doveri e nell’altra della Costituzione, per smentire e bandire una tale inappropriata idea che certi poteri hanno diffuso e fatta attecchire nella cultura dominante.
I giovani che subiscono il precariato, la disoccupazione, il lavoro in nero e la perdita dei lavori esistenti dovrebbero ascoltare la sua “voce”, genuina e sincera, seguirlo per lasciare accendere in loro la fiamma dei diritti, dei doveri, delle libertà e della dignità morale ed economica.
Quella di Landini è una “voce” per l’opinione pubblica, non per influenzarla ma per risvegliarla alla consapevolezza necessaria. Egli è dotato di grande capacità: il suo linguaggio è semplice, tagliente, efficace, sa stilare proposte concrete e sa incontrarsi con equilibrio con le forze sociali e con tutti i partiti; è il giusto rappresentante per ristabilire un rapporto stretto e diretto con la base sindacale e soprattutto con i lavoratori. La figura di Landini è una figura pubblica che richiama fortemente i temi fondamentali: il Lavoro che non viene creato e il Lavoro maltrattato; i diritti del cittadino-lavoratore secondo la Costituzione, ma anche i doveri, che tutti dovrebbero perseguire per ripristinare le giuste condizioni sociali che la diffusione delle disuguaglianze ha prodotto; la sicurezza e le giuste condizioni di vita nel lavoro; la dignità morale ed economica sottratte alla maggior parte dei cittadini, lavoratori, disoccupati e pensionati.
La figura di Landini potrebbe essere la giusta risposta dei tempi che si stanno attraversando costringendo tutti gli attori, del governo, della politica, delle istituzioni, del sociale, di tutta la cultura a pronunciarsi, non per allontanare i problemi o per tamponarli momentaneamente (come fatto finora) ma per risolverli.
Landini è un’opportunità per ridare voce al cittadino-lavoratore alienato dal mondo del Lavoro, ridotto in schiavitù, minacciato e ricattato in ciò che ha il diritto di avere, il Lavoro fatto passare per privilegio. È l’opportunità per risvegliare l’idea-Paese che tutti i cittadini hanno smarrito per troppi anni di crisi economica-esistenziale.
Maurizio Landini è stato, negli ultimi anni, l’unico vero sindacalista, l’univa vera voce sindacale nell’immenso deserto del Sindacato: è fiaccola che può accendere innumerevoli altre fiaccole.
La lunga crisi dal 2008 ad oggi ha sottratto la ragione di coscienza degli esseri umani che hanno smesso di agire gli uni verso gli altri con spirito di fratellanza. Il risultato è una società frammentata, senza più spirito unitario, dove tutti sono contro tutti, dove l’appartenente ad una fascia sociale si sente nemico delle altre, dimenticando che la società è un corpo unico vivente che “se un organo si ammala tutto ne risente”. Tutti dovrebbero essere interessati ad azionarsi per curare la “parte” malata, quella che ha maggior bisogno per far riprendere il funzionamento sano della totalità. Se non ci si aziona in tal senso tutto può solo peggiorare. Il moto insano è pericoloso perché ha scatenato forze distruttive che non possono costruire nulla di buono.
Ci chiediamo come sia possibile che si sia spenta quella consapevolezza, diffusasi un tempo a livello popolare, che ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona? Come si può pensare di ridurre in schiavitù un essere umano con il pretesto del lavoro e di un elevato profitto a tutti i costi, mediante condizioni inumani e degradanti? Ci chiediamo come si possa avere un’Idea-Paese in cui una minoranza elitaria continui ad accaparrarsi risorse, posizioni e potere, ottenendo sempre diritti, libertà, sicurezza e benessere ed una maggioranza non protetta è abbandonata alla sopravvivenza. E di questa maggioranza non protetta solo chi si fa “servo” riceve privilegi, raccomandazioni e oscuri favori e tutto per potenziare il sistema corruttivo e assicurarne la sussistenza, utile alla minoranza elitaria.
La scala sociale in Italia è immobile, è stata bloccata per la protezione della minoranza elitaria: le disuguaglianze e i bassi redditi imposti sono funzionali ad aumentare i redditi e la ricchezza della minoranza elitaria. Non esiste, quindi, una mobilità della scala sociale perché è stata volutamente bloccata e così vengono evitati i provvedimenti governativi che possono sbloccarla. È ormai una evidenza per tutti che non si può negare: dei molti governi che si sono avvicendati (sinistra, centro e destra) nessuno ha tentato davvero di farlo. Solo suggestive annunciazioni che non si trasformano mai in fatti concreti utili al problema. Tutto resta come sempre se non peggio. Del cambiamento annunciato solo impressioni provocate dai giochi mediatici. Si inventano sempre dei nemici inesistenti per distrarre l’opinione pubblica e spaventarla e dei motivi del momento per ignorare le iniquità strutturali del Paese di cui continuano ad essere responsabili. Il blocco della scala sociale esclude, ingiustamente, interi strati sociali dalla possibilità di poter aspirare ad un lavoro dignitoso su cui far carriera e avanzare su quella scala sociale fatta solo per pochi.
La disuguaglianza è frutto della disonestà di chi dovrebbe, avendone il mandato, ridurla fino ad eliminarla.
Uno Stato di diritto come l’Italia come può permettere che ogni individuo non abbia un tenore di vita sufficiente a garantire benessere e salute a stesso e alla propria famiglia, quando è la stessa Costituzione a garantire tutto ciò? La Costituzione non è una Fake news.

La mancanza di lavoro ed il lavoro pagato poco ha significato, in tutti questi anni, l’aumento dell’egoismo, della paura e dell’ignoranza in corrispondenza della diminuzione delle risorse economiche disponibili. Le crisi economiche-finanziarie uccidono le virtù e diffondono la mentalità corruttiva e gli espedienti illeciti. Il crollo dei consumi, che ha fatto perdere ricavi ed aumentato i costi, ha fatto perdere, sempre per egoismo ed assenza di vera solidarietà, migliaia di posti di lavoro (che continuano a diminuire anche mentre scriviamo). L’egoismo dei datori di lavoro, concentrato solo sull’elevata misura del profitto, licenziando per ingiustificata paura, hanno aggravato la realtà del mondo del lavoro invece di pretendere piani di investimento, piani sociali, piani industriali e interventi concreti, non virtuali, dalla politica. I bonus a raffica, veri e finti, non hanno risolto né aiutato nessuno veramente: molti datori di lavoro hanno approfittato delle agevolazioni del fallimentare Jobs Act per subito dopo licenziare nuovamente.
Le forti disuguaglianze emerse hanno fatto nascere “nemici” inesistenti e creato “mostruosità” come quello del razzismo, alimentato dalla rabbia e sfruttato dalle solite “forze nascoste” che manipolano l’ignoranza.
Nessuno vuol più investire sul futuro con i “sacrifici” e con la “solidarietà”, perché la cecità intellettuale ha preso il sopravvento rafforzando l’egoismo che avvelena il vivere civile.
Si è corrotta la visione dell’esistenza, l’Idea-Paese, l’Idea dei retti rapporti umani, esacerbando un barbaro senso di accaparramento per sé e nulla per gli altri che hanno bisogno, perché non meritato (l’idea pretesto per non aiutare).
Con tale innaturale clima sociale nulla di buono può nascere: le parole ingannevoli di abbonimento non funzionano più.

Riguardo all’avvento di Maurizio Landini, a nuovo segretario della Cgil, la questione non è se egli riporterà il Sindacato a sinistra quanto se lo riporterà al centro dei veri problemi del Paese, quelli di tutti i cittadini (lavoratori, precari, malpagati, sfruttati, disoccupati, mal pensionati, disuguagliati, ecc.). Egli si ritrova di fronte alle macerie di una sinistra imprigionata dal Partito Democratico che ha smarrito l’ispirazione e le motivazioni originarie (storiche della Sinistra) già distorte a suo tempo dagli ambiziosi ed egoisti del Ds e della Margherita che si son fusi. Un obbrobrio che ha prodotto una confusa Idea-Paese che ha decolorato la democraticità, trasformandola in respiro compulsivo destroso del suo leader che ha reso mediocre la funzione-partito oltre che irrimediabilmente inefficace, come ha dimostrato il Referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, il parto di una legge elettorale demenziale (Rosatellum del 3 novembre 2017 n. 165) e il risultato elettorale del 6 marzo 2018. La disastrosa situazione politica della sinistra è il risultato delle conseguenze molto gravi dell’egoismo e delle brame di potere di un “gruppo” (il cerchio magico renziano che ha permesso l’ignobile “patto del Nazareno” con un piduista e un pregiudicato) per niente interessato al bene del Paese e dei suoi cittadini. Il Pd ha solo rappresentato e legittimato la leadership con sistemi rocamboleschi incontrollabili. Un Pd che da anni parla solo di “vincere”, di mantenere le cariche qui e là, che distribuisce uomini nei più diversi posti di potere (pubblici e privati), che in occasioni pubbliche non ha mai manifestato un vero interesse per i cittadini in difficoltà, neanche in campagna elettorale, ostentando frasi riferite solo alla volontà di vincere. Mai discorsi di vera politica dalla bocca dell’ex segretario del Pd e dell’ex premier. Il Pd, da molti anni, non rappresenta più gli elettori di sinistra, i più deboli e gli afflitti e neanche l’Idea-Paese per una democrazia di qualità: ha solo partecipato con i “poteri forti” a indebolire la democrazia.

Landini ha la capacità di saper guardare per vedere che nel mondo del lavoro disastrato rimasto ci sono “sfruttati” e “sfruttatori” e non si tratta di una visione antiquata sorpassata ma della vita reale di persone vere. Landini, per la sua indole naturale, non può che richiamare i valori fondamentali della Costituzione e la direzione di un antirazzismo necessario a quietare le acque sociali increspate da troppi sassi lanciati impropriamente da ogni dove.
Una larga fascia di cittadini ha bisogno di un aiuto concreto, di misure sociali urgenti, e quello di un vero “Reddito” sarebbe di grande aiuto per moltissime famiglie. Non lo squallido “Reddito di inclusione” né il “Reddito di cittadinanza”, trasformatisi in presa in giro dei cittadini, nulla di quello annunciato alle origini. Entrambi sono lontanissimi da quello che dovrebbe essere un civile ed evoluto “Reddito di base universale”. Per introdurlo occorrerebbe fare dei veri e seri “interventi” nel mondo del lavoro, anziché continuare a distruggerlo e a sprecare risorse economiche in inutili bonus. Azzerare tutti i bonus esistenti e i vari ammortizzatori sociali realizzando il “Reddito di base universale” aiuterebbe per davvero.
La maggioranza non protetta sta subendo la perdita di ricchezza che la affligge ogni giorno di più, mentre la minoranza elitaria assiste felice alla crescita del proprio patrimonio. Qualcosa non va. Il sistema è malato e va curato.
La disuguaglianza disincentiva la produttività perché si diffonde insieme allo scontento e alla rabbia e tutto ciò può minacciare seriamente la democrazia rimasta.
Bisognerebbe intervenire sull’Educazione-Istruzione per contrastare la degradazione in atto e ridare un nuovo corso alla cultura dominante corrotta. Un intervento sulla Sanità sarebbe un importante segnale per i cittadini, visto che in molti sono stati costretti a rinunciare alle cure necessarie per motivi economici.
Un governo, invece di asservirsi a certi poteri per un vano consenso, dovrebbe tassare con coraggio le grandi multinazionali e i big data per impedire, tra questi, la crescente evasione fiscale e direzionare le risorse ottenute per l’ingresso al lavoro dei giovani invece di continuare a sottrarre loro il futuro. Anche una giusta politica fiscale (patrimoniale, ecc.), che giunga ad un maggior prelievo fiscale a chi ha di più, può frenare la povertà crescente. Le maggiori entrate fiscali possono incrementare la domanda di lavoro, integrare i salari impoveriti e ridare un nuovo avvio all’intera società, anche con una ripresa graduale dei consumi.

Simbolo identitario dell’Italia di questi giorni è il bando del Monte dei Paschi di Siena, emesso per 50 assunzioni a “tempo determinato” per 24 mesi (per 1.330 euro mensili) a cui hanno risposto, al momento che scriviamo, con 7000 richieste. Un sogno-speranza-traguardo in una Italia stagnante in una crisi che degrada e immobilizza il Paese. Cinquanta posti in una città (Siena) che ruberà ai fortunati almeno la metà dello stipendio per un affitto.

I numeri sul Lavoro mettono la paura della disoccupazione: in Italia risultano 2,6 milioni di disoccupati ma vi sono anche 1,6 milioni di scoraggiati che non lo cercano più. Le previsioni degli industriali dicono che entro il 2021 serviranno 193 mila figure professionali; quelle di Unioncamere dicono che entro il 2023 ne serviranno 427 mila.
Tra annunciazioni, dati di tabelle statistiche e previsioni sta di fatto che, al momento ancora dopo tanti anni c’è una disoccupazione mostruosa e un mondo del lavoro traballante che non dà fiducia.

Prevale nella società italiana la paura della povertà.
Dal 2012 al 2018 risultano, infatti, 988 casi di persone che si sono tolte la vita e 717 che hanno tentato di farlo, tutte per motivi economici. In termini di percentuale si hanno il 41,8% di “imprenditori” mentre il 40,1% è di “disoccupati”. Non si tratta, quindi, solo di “imprenditori” ma anche di normali cittadini “disoccupati” e “malpagati”. È un fatto clamoroso, per uno Stato di diritto, ma che viene letteralmente ignorato, anche dall’Istat con puerili giustificazioni. Ignorare il problema non significa risolverlo: è vergognoso non volerlo far sapere. Nel frattempo, nel nostro cosiddetto Paese civile e democratico alcuni cittadini, abbandonati dalle istituzioni, sfiduciati continuano a “suicidarsi” dopo aver perso il lavoro, sommersi dai debiti, per paura della povertà.
Con tale preoccupante fenomeno, anche se il numero di coloro che si tolgono la vita non raccoglie l’attenzione degli istituti statistici, la Costituzione italiana è più che violata: tutti questi cittadini potevano essere aiutati e salvati, anziché salvare cose come le banche (responsabili del proprio disastro per illeciti commessi da qualcuno al loro vertice a tutto vantaggio proprio e dei soliti amici degli amici). Essi, se aiutati, sarebbero ancora vivi, con la propria famiglia e tra noi.

Rassicura l’Articolo 3 della Costituzione:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Ai posteri l’ardua sentenza.

 

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