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906. Lo Yoga: una “Chiave” iniziatica

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Lo Yoga è “scienza iniziatica”. Tutt’altro da ciò che viene mostrato nel confuso e variegato “Mercato yoga del profitto”. Un mercato che pullula di “venditori” e non di “insegnanti”, né tantomeno di “Maestri”. Quanto venduto e mistificato, al pari di una merce, non è Yoga.

Il vero Yoga è basato sul “tradere”, sulla “trasmissione”, sulla “consegna”, da una persona ad un’altra, di una “Conoscenza” acquisibile solo per esperienza diretta. Ogni “iniziando” (figura che dovrebbe essere pari al “miste” che riceveva l’iniziazione ai misteri nell’antica Grecia e che erano soggetti a regole psico-fisiche), infatti, fa esperienze diverse da quelle di altri “iniziandi”: non esistono esperienze identiche ma tutte sfociano nella medesima fonte sapienziale.

La realizzazione attraverso lo Yoga è l’esperienza di uno “stato di Unità”, esente da riflessione e speculazione.
Lo Yoga è Unità che libera: libera dagli automatismi e dalla meccanicità del pensare della persona umana ordinaria, immersa nel sonno della coscienza. Libera dalla dipendenza della memoria accumulata, dalla predeterminazione delle risposte comportamentali e comunicazionali. Lo Yoga rende liberi nel pensiero e nell’azione donando creatività e amore naturali.
Lo Yoga non è l’una o l’altra pratica, formula o tecnica particolari, né tutte le pratiche ad esso inerenti, né le conoscenze che lo riguardano, ma è lo “stato di coscienza” che ne deriva nel praticarlo, nel viverlo: è coscienza-consapevolezza-conoscenza che emerge dalla sua realizzazione. È luce che illumina, chiarisce, decondiziona, libera.
Libertà, per lo Yoga, significa essere liberi da qualsivoglia modello, schema, paradigma, sistema e quant’altro. Si è liberi se si ha la coscienza risvegliata, se si vive con la coscienza di .
Esso agisce in modo diverso in ciascun individuo, rispettandone la natura e la struttura (grossolana-sottile) in cambio di un gran piacere e gioia nella pratica.

Lo Yoga, prima di praticarlo, deve essere considerato una “Chiave” sempre a disposizione, da inserire nella serratura della porta della coscienza addormentata (“posizione coscienziale” ottenuta con la rinascita mediante la bilancia karmica). Se la “Chiave” non verrà inserita e girata non potrà esserci alcun accesso a tutte le infinite possibilità dello Yoga. Molti sono coloro che giungono a prendere la “Chiave” in mano, restando in tale condizione per tutta la vita o per molte vite, senza mai adoperarla davvero, senza inserirla nella serratura. Sono coloro che pur avendo un buon potenziale si limitano a giocare soltanto nella speculazione filosofica, a dire di tutto sulla “Chiave”, che girano e rigirano nelle proprie mani osservandola attentamente, ma senza fare il passo necessario, forse privi del coraggio di inserirla nella serratura per finalmente esperirla.
Spesso l’unico vero impedimento a far scoprire e ad utilizzare la “Chiave” dello Yoga è la mancata riflessione su ciò che si è realmente e su ciò che è bene fare per sé stessi.

Lo Yoga, ripetiamo, è “scienza iniziatica”. Lo Yoga, a livello iniziatico, non è un sapere accumulato, memorizzato da praticare ma una “trasmissione” (orale, personale, iniziatica) a chi è pronto a ricevere e che “trasmette” a sua volta.
Il “tradere” prevede la consegna dell’“essenza” non un sapere fatto di tanti dettagli e per questo può essere indirizzato a tipi di individui (discepoli) differenti tra loro. L’“influsso spirituale” ricevuto trasforma il “contenuto” a seconda dell’iniziando, delle circostanze e dei bisogni effettivi: una adattabilità che ne rivela la natura universale e l’atemporalità (dello Yoga).

Una autentica “trasmissione” iniziatica è “anucana”, ovvero “ciò che perviene direttamente dall’origine”.

Lo Yoga, quindi, non si insegna ma si “trasmette”. La “trasmissione” dell’influsso silenzioso e radiante di un vero Maestro (Guru) dona “anugraha” (la “grazia”), in grado di penetrare nel cuore del discepolo e portarlo a maturazione coscienziale.

Il vero realizzato dello Yoga sottolinea, nel mondo dei fenomeni, gli opposti ma riconosce la “non-dualità delle cose”, cioè l’“Uno-senza-secondo”. Il realizzato è colui che non ha fatto differenza tra la vita e la ricerca spirituale, che non le ha considerate due cose diverse ma come una cosa sola.
Lo Yoga è, iniziaticamente, “stato di coscienza” ma nella vita di tutti i giorni diventa “mezzo” per meglio vivere, per meglio comprendere la relazione con gli altri, per al meglio essere uno spirito-anima (jivatman) incarnato.
Non esiste, infatti, uno Yoga del passato, uno Yoga del futuro o uno Yoga moderno, ma uno “Yoga sempre-presente” in ogni epoca per chi sa coglierne il suo valore eterno.

Lo Yoga del profitto, dai tanti nomi e colori, tanto diffuso oggi ovunque, nulla ha a che fare con il vero Yoga. Troppi maestri del profitto, acchiappa clienti-discepoli-consumatori, annebbiano il campo delle possibilità di oggi.
Negli ambiti dello Yoga del profitto non possono nascere relazioni speciali tra “insegnanti” e “allievi”. Non si vedono nemmeno tanti allievi sinceramente motivati dagli elevati valori dello Yoga ma prevalgono individui che vogliono diventare maestri velocemente, in vista di un profitto possibile. Si vedono individui-allievi che corrono da tutte le parti per accaparrarsi più “nozioni” (non “conoscenza”) possibili e poter mostrare “certificazioni” di ogni tipo. Seguono più di un insegnante, leggono molti libri (senza discernimento) ma non ottengono nulla di importante se non sciocche soddisfazioni egoiche, ma non il “sutra” con un vero Maestro capace di “trasmettere”.

Poche sono le buone possibilità. Esistono degli insegnanti di buona qualità ma non tutti, anche se in buona fede, sono in grado di “trasmettere” secondo “anucana”.

Tanti gli asram e tante le scuole ma rari i “trasmettitori” (cioè coloro che hanno fatto l’“Esperienza”) dello Yoga come “stato di coscienza”.

Non è un Maestro colui che insegna lo Yoga con rigidità, incanalando tutti gli allievi negli stessi schemi obbligatori, in metodi perimetrati dalla propria volontà. Un tale insegnante non può chiamarsi Maestro perché la sua rigidità, la mancanza di fluidità, dimostra che “non ha fatto l’Esperienza”.
Pretendere di istruire, durante la pratica, con una fiumana di parole, significa distrarre, deconcentrare, irritare, impedire delle possibilità e, a volte, condizionare. L’allievo non può sviluppare consapevolezza se tenuto tra l’incudine e il martello dell’ammonimento, dell’esortazione ma anche di gentili consigli. È la pratica che deve far “prendere coscienza” all’allievo non la pressione costante di un insegnante incapace che vuol sentirsi maestro per forza. I limiti deve scoprirli l’allievo, per poi superarli, e non deve indicarli colui che insegna. Il vero Maestro fa emergere dall’allievo le possibilità non le inculca.

Lo Yoga, infatti, è in grado di far percepire-esperire il giusto “punto di vista” della dimensione tempo-spazio-causa. Mostra come gli uomini vivano in un errato stato di accelerazione che chiamano percorso verso il progresso. È la mancanza di coscienza che li intrappola in una tale illusione: vivono di automatismi che li mantengono accelerati e senza coscienza.
Questa accelerazione, individuale e collettiva, condiziona la vita generale di tutti, della società intera: così tutti corrono, producono, partecipano alla guerra del profitto maggiore e invece di distribuire quanto necessario nelle giuste quantità, in modo eguale per tutti fanno crescere le disuguaglianze.
La mancanza di coscienza in ciò che chiamano “organizzazione”, “autorità”, “potere” crea, ciclicamente, l’alternanza di “ismi” epocali che aumentano i problemi anziché risolverli, fino a manifestazioni dall’estrema pericolosità per il genere umano.
Le malattie psichiatriche aumentano per la netta separazione tra i ritmi del corpo e della mente. Il corpo ha i suoi naturali e calmi ritmi (come quelli nella natura macrocosmica), involontari, legati ai sistemi-circuiti tutti interdipendenti che formano, però, un’unità dal ritmo lento. Il mentale, invece, si è accelerato ed esteriorizzato a causa degli automatismi che inseguono una illusoria velocità del progresso. Gli individui corrono troppo mentalmente senza rispettare i ritmi del corpo, che viene violentato nei suoi funzionamenti neurofisiologici, facendo perdere equilibrio, armonia e pace. La mente degli individui sembra lanciata in una inconsapevole corsa-attività compulsiva: vibrazioni, onde, vortici, fluttuazioni di una sostanza mentale che crea solo identificazioni, opposizioni, differenziazioni, molteplicità, separazione e incoscienza.
La mente sembra nemica del corpo e il corpo sembra nemico della mente: uno scisma pericoloso che guida l’uomo moderno, mancante di coscienza, verso un futuro incerto.
Questo insano stato di accelerazione diffuso, accettato inconsciamente dalla cultura dominante, che vuole l’uomo sprint (e per questo fuma, beve, si droga, assume ogni tipo di integratore o psicofarmaco stimolante o calmante, si tuffa in ogni tipo di situazione adrenalinica, ecc.) provoca l’aumento di malattie nervose, metaboliche, scompensi endocrini, scoppi di incredibili follie in ogni dove, ecc.. Lo stile di vita nevrotico di questo non ben identificato progresso, tanto rincorso, è responsabile anche delle malattie tiroidee in aumento, l’ipertiroidismo e l’ipotiroidismo.
Questa accelerazione, che tutti ignorano come non vista, sta massacrando generazioni di bambini e adolescenti destinandoli ad una vita adulta da malati, da disturbati (organicamente o psichicamente). Possono dei bambini di otto o di quindici anni essere vittime di attacchi di panico che gli esperti non sanno spiegare?
Bambini super impegnati in molteplici attività prestazionali, oltre alla scuola, con tanto di pretesa dei genitori e dei vari personal trainer come possono, prima o poi, non scivolare nei subdoli attacchi di panico per finire sull’incerto terreno dell’ansia, della depressione o dell’ira? Se vengono sottratti al tempo dei giochi, delle emozioni e della fantasia e posteggiati, invece, dopo lo stress prestazionale, ai pc, ai tablet, a internet, ai social, agli smartphone, non ci si può aspettare altro che patologie a grappolo per un destino compromesso sin dai suoi inizi.
I modelli sociali (basati sulla velocità, sulla fretta, sul presto è bene, sul futuro da acchiappare, ecc.) che tutti inseguono sono i responsabili che provocano paure, fobie, panico, ansia, angoscia, depressione, irosità, i più vari disturbi psico-fisici.
La vita moderna intesa come un viaggio continuamente in corsa, come se si stesse perdendo il treno, non può che generare una popolazione di ammalati che non si rendono conto di esserlo. Compresa, ovviamente, tutta la classe dirigente.
Lo stato di accelerazione spinge gli individui come a cercare di precedere o superare il corpo: il mentale dovrebbe, invece, camminare insieme al corpo perché, questi, è connesso e guidato da un’energia sottile vitale (prana) che è Intelligenza profonda che coordina e regola. Far guidare, invece, tutto al mentale, ignorando il corpo e il prana che lo anima, significa far prevalere un automatismo che impone ritmi sempre più rapidi, favorendo l’insano stato di accelerazione.
Gli uomini sono diventati consumatori di parole, di rumore, di caos, non consumano più il silenzio e la pace.
Il mentale andrebbe riportato dallo stato di accelerazione alla natura autentica propria di uno spirito-anima incarnato nella forma d’Uomo, nella natura del mondo.
Il vero Yogi, ad esempio, diviene un comunicatore silenzioso e quieto, riserva la parola solo all’essenziale.

Ecco perché l’uomo ha bisogno di risveglio, di intraprendere la direzione opposta di quella imposta dalla società che tira i fili di uomini senza coscienza, dal pensiero automatico e meccanico, con un conflitto-scisma interno di cui non si rende conto.

Lo Yoga, infatti, offre il risveglio della coscienza e un cammino di responsabilità.

Lo Yoga è, nella vita di tutti i giorni, una ricerca della coscienza di sé, attraverso il respiro-energia, attraverso le posture-asana, attraverso la concentrazione-meditazione (dharana-dhyana): una ricerca che attua l’alchimia di una trasformazione rivelandosi, gradatamente o improvvisamente, (a seconda dei casi), nella reale esperienza di uno stato di coscienza.
Il percorso esperienziale è individuale in quanto ogni individuo è differente.

Un Maestro “trasmette”, l’allievo “riceve” lo Yoga, perché si tratta di una trasmissione iniziatica. Quando tale “trasmissione” è possibile significa, iniziaticamente, che si è in presenza di un vero Maestro e di un allievo “pronto” a ricevere: non a prendere, non ad apprendere, non a comprendere. Lo Yoga non è la proposta di un’astrazione o di un’evasione, è proposta concreta di un percorso per il Reale.
In molti non incontrano il vero Maestro perché restano imperniati in un’attitudine sbagliata: impediscono l’attrazione e l’incontro per l’accumulo di energia egoica (dell’ego-ahamkara, del senso dell’io-mio, teso solo a voler “prendere”, anche il Maestro).
Il Maestro (Guru), il vero Yoga, la realizzazione non si “prendono” con la forza del volere. Bisogna manifestare lo stato d’animo di chi abbandona “qualcosa” per permettere a sé stessi di poter “ricevere” con semplicità (il Maestro, lo Yoga, la possibilità della realizzazione).

Ecco perché lo Yoga è una “Chiave” che bisogna saper usare.

È l’ego che, con i suoi schemi automatici, blocca il processo di evoluzione e trasformazione dell’uomo, privandolo della coscienza di sé. A causa di questo blocco l’uomo soffre perché non riesce ad adeguarsi, momento per momento, alle situazioni presenti sempre mutevoli nel mondo del divenire: una terribile assenza di adeguatezza.
Lo Yoga, se correttamente abbracciato, inverte il processo spingendo all’abbandono (che neutralizza l’ego-ahamkara) che bandisce gli sforzi per il “prendere” (dell’ego, con il senso dell’io-mio) e predisponendo al “ricevere” (svuotati dei contenuti egoici).

Rallentare i pensieri, fino a sospendere il loro insorgere ininterrotto, è Yoga. La “sospensione” (nirodha) dei pensieri mette fuori uso l’ego e permette di essere presenti al presente, coscienti di sé stessi, superando l’assenza di adeguatezza.
È così che l’iniziando scopre il potere di inserirsi fra un pensiero e l’altro, uno spazio infinitesimale che rivela un diverso livello di coscienza non mentale, uno spazio interiore che non è un vuoto-niente ma una fonte di creazione.

Con lo Yoga sia il mentale sia i sensi del corpo continuano a funzionare ma non disturbano più, perché si evolvono insieme. Lo stato di accelerazione, una volta cessato, non scinde più il mentale e i sensi del corpo, non squilibra e disarmonizza più l’individuo. L’Unità per lo straordinario è compiuta: l’uomo-Yogi è pronto per “essere”.

La “Chiave” ha aperto l’accesso alle infinite possibilità.

 

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