È in corso una vera e propria “degenerazione antropologica”, e non come modo di dire simbolico, un’urgenza che bisognerebbe arrestare, ostacolare a tutti i costi: un processo di regressione che va considerato gravissimo, da affrontare nell’immediato. Tutti dovrebbero sentirsi chiamati a farlo.
La politica non può risolvere questo problema, e nessun altro problema umano, perché non tocca le cause profonde ma si rivolge solo alla sfera degli effetti. La politica non è in grado di esercitare un potere risolutivo per i problemi dell’umanità se, a monte, non viene effettuata una “rieducazione” dell’essere umano, per riorientare il suo complesso energetico (pensiero, emozione, istinto). La stessa politica, in primis, andrebbe rieducata, ovvero tutti coloro che in essa si precipitano per occupare il potere. Tutta la società (tutti gli “ordini sociali”) ha bisogno di essere rieducata per riottenere un certo equilibrio e una certa armonia, per riprendere una giusta direzione.
La politica ha bisogno di essere rieducata perché manifesta e rappresenta una grande contraddizione, oltre che a mancare di una visione: da una parte esige (a parole) accordo, armonia e giusti rapporti, dall’altra poi sospinge verso azioni individualistiche, aggressive, competitive, liberticide; sospinge, cioè, verso tutto ciò che ha avviato la “degenerazione antropologica” che denunciamo. Con le forze della contraddizione non si costruisce nulla ma si distrugge soltanto.
Gli individui se non hanno una mente armonica riflettono per forza una società disarmonica: vale soprattutto per i politici.
La politica, avendo acquisito la frenesia patologica dei ritmi dei social, all’inseguimento del primato nei sondaggi per maggiori consensi, non è in grado di manifestare in sé equilibrio e armonia, quindi non può comunicare-indurre rassicurazione, compostezza nelle opinioni, profonda riflessione e invito al discernimento-discriminazione. Trasmette solo irrequietezza, aggressività e cattivi sentimenti che si scagliano tra le varie fazioni politiche: niente di buono per un pensiero più alto. Il maggior degrado morale, degli ultimi anni, ha consegnato solo dei leader (palloni gonfiati che si avvicendano) capaci di ricercare solo la propria auto-affermazione che per assicurarsela, illusoriamente, hanno servito dei poteri occulti sovranazionali, danneggiando maggiormente la società umana e facilitando la “degenerazione antropologica” di cui si son fatti esemplari.
L’armonia è richiesta dalla vita e dalla ragione ma sono gli individui ad effettuarne la possibilità, dipende dalla volontà di tutta la comunità sociale, di familiari, accademici, imprenditori, ecc.: un accordo necessario di giusti ed equi rapporti. Una società che manca di giusti equilibri crea sregolati rapporti.
Come si fa, con la crisi economica-esistenziale diffusa, a continuare imperturbabili ad utilizzare gli stessi metodi che la crisi l’hanno provocata? Qualcosa non va, sia nell’intelligenza dei politici-fantocci e soprattutto nelle vere stanze del potere. Come si fa, da un lato ad esigere il “risparmio” dei cittadini-contribuenti (che non sono più in grado di risparmiare grazie alla crisi di molti anni che ancora si protrae) per i finanziamenti sociali necessari (che i gestori corrotti hanno rubato o sprecato), e dall’altro lato sospingere i cittadini-contribuenti (disoccupati, precari, licenziati, pensionati in difficoltà, ecc.) al consumismo, all’acquisizione di qualsiasi cosa inutile, oltre che vessarli di troppe, ingiuste, tasse?
La corruzione è un potente simbolo di questa “degenerazione antropologica” in cui è precipitata l’intera umanità. Tutti parlano dell’importanza di eliminare la corruzione, con belle parole, argomenti eruditi, espressioni convincenti: politici, esperti, media parlano di ciò che non mettono mai in pratica per loro stessi, le loro belle parole esplicative sono sempre per gli altri. Senza un pensiero sincero sull’eliminazione della corruzione, seguito dalla forza di una autentica intenzione che si trasforma in azione non si potrà mai risolvere il problema. Se in cuor loro, i politici, pensano sempre come accaparrarsi guadagni, privilegi e potere, con sistemi poco leciti, come possono eliminare la corruzione dalla società se danno l’esempio di come questa corruzione va esercitata? Hanno corrotto anche le stesse idee di morale, etica e ideale: non basta gridare, in campagna elettorale, che bisogna far rinascere l’etica della responsabilità per affrontare, senza ideologia, i rapporti tra pubblica amministrazione e settore privato (il codice degli appalti). A gridare le parole più belle sono sempre coloro che hanno un passato poco trasparente e che quando potevano non hanno fatto ciò che sviolinano nell’oggi ai cittadini, per rubargli ancora una volta il consenso.
La corruzione è il sistema di un “io” funzionale ad asservire altri “io” spregiudicati e manipolabili, un sistema perfettamente penetrato anche nella pubblica amministrazione, in tutti i gangli della società. Questi “io” si distinguono per una evidente mancanza del senso della legalità, non percepiscono la gravità delle loro azioni che reputano azioni di un normale modus operandi, perché diffuso. Sono degli “io” in cui il senso di impunità pervade ogni comportamento: mancano di percezione del disvalore, sia sociale sia penale, tanto da manifestare una sistematica violazione delle norme giuridiche per la sola realizzazione dei propri interessi e delle proprie ambizioni personali, in spregio alle finalità pubbliche dei ruoli rivestiti. Sono i segni incontestabili dell’avanzare inesorabile della “degenerazione antropologica”.
La condizione umana, allo stato attuale, è seriamente critica, talmente critica che ciò che bisognerebbe cominciare a fare ha poca importanza se a farlo è un credente, un ateo, un materialista, uno spiritualista, un moralista, un etico, un intellettuale, un metafisico, ecc.. È tanta l’oscurità, in cui è immersa l’intera umanità, che le risposte comportamentali e comunicazionali di tutti gli individui vengono spinte verso direzioni sbagliate, imprigionanti, alienanti, per questo necessita il sollievo anche di un lieve venticello di libertà morale e fare “qualcosa” perché lo si deve.
Lo spettacolo mondiale è piuttosto deprimente, sconfortante se ci si limita a guardare da un qualsiasi punto di vista all’interno del mondo del divenire: milioni di persone superficiali (ego-centrati), mediocri, banali, vuote, in preda ai più bassi sentimenti senza alcun pensiero elevato e disinteressato. Milioni di persone che si sentono super e sono invece dei ridicoli manipolati, delle prede, degli schiavi, dei demagoghi al servizio del potere occulto sovranazionale, che governa il mondo dietro i governi ufficiali di tutti i Paesi. I più si credono liberi, ma fanno tutte le loro scelte secondo i modelli mentali indotti dal potere, un’induzione invisibile mediante la cultura dominante, appositamente corrotta e degradata, perché gli individui-cittadini siano delle facili marionette etero-dirette dai fili tirati dai pupari che ne hanno ricevuto il mandato occulto.
L’oscurità morale, etica, intellettuale e spirituale regola la vita sociale dei più che non se ne rendono conto perché hanno strappato loro la capacità di discernere-discriminare.
Sono pochissimi ormai coloro che vivono moralmente liberi, cioè secondo i principi e i valori che hanno individuati e scelti: una seria ed onesta ricerca di auto-conoscenza che li ha messi di fronte ad un dialogo interiore con la propria coscienza. Quanti, in questo mondo decaduto, fanno questo lavoro con piena libertà e coraggio? Non è necessario chiamare spirituale questo lavoro con la propria coscienza, non è importante definire ciò che conduce a quella realtà che non è subordinata a qualsiasi altra cosa e per questo rende liberi.
L’individuo moralmente libero rispetta la propria dignità, la difende rifiutando qualsiasi forma di schiavitù inflitta da altri. Se fosse costretto alla schiavitù farebbe di tutto per liberarsene.
Nell’attualità degradata dei like sui social, dei post, dei tweet, delle fake news, nessuno pensa più a coltivare la propria interiorità, non solo in senso spirituale ma nemmeno in senso intellettuale. Neanche l’erudizione viene presa in seria considerazione, diffondendo così una preoccupante ignoranza, un ridicolo pressapochismo anche tra i vip, l’assenza della capacità critica, una grave incomunicabilità, un’incompetenza pericolosa, ecc.. Nessuno vede la propria prigione mentale e neanche i lacci che sottraggono la libertà: i più vivono della convinzione illusoria di fare libere scelte e di prendere decisioni. Gli individui (i tanti “io”) vivono in funzione del giudizio degli altri, si costruiscono profili (veri o finti) che disseminano su internet per catturare apprezzamenti, consensi e prostituiscono la propria persona per riempire la mancanza che li macera ma che non cercano di riconoscere, comprendere e risolvere. Ecco a cosa è dovuto il degradato livello della attuale condizione umana.
A nulla servono anche le migliori leggi e la politica se per una vera emancipazione sociale non si mettono da parte le conflittuali istanze dell’“io” (egoista-individualista) riconoscendo quelle del Sé, impersonale, disinteressato e universale. Non può esserci vera democrazia con una infinità di “io” in conflitto che non cercano di risolversi.
Tutto sta precipitando e i vari “io”, preoccupati solo di sé stessi e degli “oggetti” e “ruoli” di cui si vogliono appropriare, si fanno responsabili di un mondo che potrebbe sprofondare in una indesiderabile nuova barbarie.
Occorrerebbe l’accendersi di uno spirito di fratellanza per riunire e concentrare le energie degli individui, energie fisiche, psichiche, razionali ed emotive, indirizzandole verso la visione di un cambiamento desiderabile per tutta l’umanità.
C’è un grande problema di fondo: sono pochissime, ormai, le persone che hanno e seguono istanze spirituali, di erudizione o realizzative. Sono tutti concentrati nel mondo dell’“io”: dei tanti oggetti rincorsi; delle infinite e inutili informazioni che sommergono gli individui; dell’immaginazione catturata e manipolata dagli spot, dai programmi tv, dai film (veri e propri “programmi” di manipolazione dei contenuti subcoscienti), dai social; ecc.; della connessione compulsiva che compromette le capacità cognitive; della sovrastimolazione sensoriale; ecc.. Gli individui assorbono, senza rendersene più conto, tutto quanto li rende dei perfetti contenitori di nulla, per essere manipolati e dominati.
La società è un prodotto della storia degli uomini che hanno dei contenuti mentali che proiettano nel mondo del divenire, dandogli nomi e forme, con cui finiscono per identificarsi, limitandosi ed alienandosi. È l’attaccamento ai nomi e alle forme proiettati nel mondo della dualità, della contrapposizione, dei mutamenti, dell’instabilità, del relativo che crea i veri problemi nella comunità umana, non tanto nel possederli, nell’usarli, nel farne esperienza. È la profonda motivazione insana, che finisce per schiavizzare l’individuo, che aziona una irrefrenabile creatività senza una visione di bene supremo per tutti. La società umana è la proiezione del mondo dell’“io” che è moto appropriativo, lotta, cambiamento, sopraffazione, limite, alienazione, non-realtà, ecc.. Solo un ritorno alla vera spiritualità potrebbe migliorare le condizioni della società umana, ma non a risolvere tutti i problemi che la sovrastano. È quasi impossibile poter risolvere i vari problemi accumulatisi, perché la società è strutturata secondo l’incompiutezza degli infiniti “io” in eterno conflitto con sé stessi e con gli altri “io”. Non va ricercata la libertà dell’io ma la libertà dall’io, altrimenti tutto continua a cambiare per fare restare le cose come stanno. Per questo la ricerca della Verità, per risolvere i problemi esistenziali dell’umanità, la effettuano in pochissimi, perché la vogliono in pochissimi.
Tutti i gruppi sociali divenuti ciechi al Principio da cui emanano, manifestano soltanto una guerra di classe che rende impossibile ogni risoluzione.
I veri nemici dell’uomo sono dentro l’uomo stesso così come la soluzione (la “Realtà”) di tutti i suoi problemi, ma egli non rivolge al suo interno lo sguardo preso com’è dall’irreale.
La Realtà non può essere pensata (di Essa non esistono immagini) ma solo realizzata e per questo l’individuo deve trasformare sé stesso, eliminando dal campo della sua coscienza “ciò che non è la realtà”.
Il mondo dei nomi e delle forme è fatto di fenomeno, di nascita, morte, cambiamento, sviluppo, conflitto, incompiutezza, relatività. Tutti vivono in conflitto perché ogni individuo si identifica “con ciò che non è”. Tutti vivono in una propria circonferenza conoscitiva chiusa (quella dell’uomo comune, del contadino, dell’operaio, dell’impiegato, del manager, dell’artista, del religioso, del filosofo, del sociologo, dello scienziato, ecc.): tale circonferenza chiusa dà ad ognuno percezioni che falsano la Realtà, perché ognuno si identifica con i contenuti in essa accumulati, scambiando il relativo per assoluto. Il risveglio spirituale della coscienza, quando irrompe, infrange questa circonferenza conoscitiva chiusa in modo tale da poter conoscere la Totalità, la Verità-Realtà.
Una Realtà è tale se non dipende da altre realtà. Non è realtà assoluta ciò che è subordinato a qualsiasi altra cosa. Nel mondo dei nomi e delle forme non può trovarsi la Realtà; con la Filosofia dell’Essere, la metafisica, che si riferisce al Principio senza inizio e senza fine, si può incontrare la Realtà, l’Assoluto invariante.
La conoscenza del mondo dei nomi e delle forme è interessante ma quella che la trascende offre la Realtà. La realtà empirica è solo un fenomeno apparente che appare e scompare (maya).
L’individuo corre, in lungo e in largo, nel mondo del divenire ma gli sfugge il vero scopo dell’esistenza. Il divenire è il mondo dell’“io” che soffre d’insoddisfazione, di conflitti irrisolti, di dubbi che lo corrodono, d’incompiutezza che lo logora ma non comprende che è colpa della sua devozione all’ignoranza, che lo fa aggrappare continuamente a dei “sostegni” illusori (ideali mentali).
La società umana, allo stato attuale delle cose, ha poca speranza perché si trova in una posizione piuttosto precaria: gli individui che vi vivono sono intrappolati nel concetto di divenire, sono chiusi in quella circonferenza suddetta in cui per tutti usa lo stesso punto di vista sbagliato, quello del concetto di evoluzione. Concezione aggravatasi maggiormente nel dopo Charles Robert Darwin. Dal punto di vista della metafisica non esiste evoluzione, non si può sviluppare ciò che non esiste in potenza già nel seme. L’evoluzione è nel concetto di divenire che presuppone tempo, sviluppo, ma si tratta di una costruzione mentale (non ha realtà ontologica).
La Realtà è compiutezza sempre presente, non ha bisogno di tempo, di sviluppo, del concetto di divenire, del concetto di evoluzione per rappresentarsi. Quella che viene chiamata impropriamente “evoluzione” è solo “svelamento” di ciò che c’era già ma racchiuso nel suo embrione.
L’individuo può “svelare” quello che in potenza ha sempre avuto: è un risvegliarsi a ciò che da sempre “è”. Il Risveglio-Realizzazione-Liberazione si ottiene non per evoluzione ma per svelamento.
Il mondo dell’“io” è nemico della Verità-Realtà: la Realizzazione è ostacolata dai contenuti egoici subconsci perché impediscono ogni presa di coscienza del Sé. La mente è, infatti, conflitto e dualità, produttrice del soggetto sperimentatore e dell’oggetto da sperimentare fornito dalla interna subcoscienza o dall’esterno mondo circostante del divenire.
Il corpo mentale, infatti, è un composto energetico che risponde a determinate possibilità. Il corpo fisico grossolano è sensitivo al mondo delle percezioni sensoriali; il corpo mentale è sensitivo al mondo delle percezioni delle idee, dei concetti. La mente ha la capacità di visualizzare o proiettare infiniti universi e di percepirli simultaneamente.
La maggior parte degli esseri umani (i tanti “io” in eterno conflitto gli uni con gli altri) non è in grado di fermare la propria corsa nevrotica nel divenire. Questi tanti “io” non riescono ad osservare con capacità critica il via vai frenetico che si svolge nel mondo del divenire: guardano ma non ne vedono la follia disumana. Non sanno guardare in profondità, oltre le apparenze, ma nemmeno sul piano di superficie. Concepiscono le cose, solo per interesse egoistico, in termini di positivo o negativo, di relazione conveniente o meno. Non hanno alcun sentore di ciò che è di là da ogni relazione e da ogni rapporto.
L’“io” ricorre ad atteggiamenti di superiorità (effimera, illusoria) per compensare la sua incompiutezza ma resta nella conflittualità irrisolta. Esso escogita un’infinità di modi per perpetuarsi, fino a mendicare opportune compensazioni, rinunciando a ogni dignità per un qualsiasi tipo di riconoscimento, per apparire quello che non è.
Molti sono, infatti, gli “io” che si mascherano ad alti candidati alla Verità-Realtà, mentre sono soltanto dei mediocri ricercatori della Sapienza (ovvero, dell’accaparramento di informazioni utili da manipolare per “apparire” agli occhi degli altri) e del Potere (occulto, secondo la loro insana fantasia). Gli ignoranti non comprendono quando finiscono nelle fauci della magia nera e della stregoneria, seguendo i propri moti ambiziosi.
Chi ricerca la conoscenza dei poteri occulti nella natura (Yajnavidya), senza essere guidato da elevate istanze spirituali realizzative, per esercitarla nel divenire, sbaglia sentiero e modo di perseguirlo. La giusta Conoscenza da seguire è Atmavidya, la “Conoscenza dell’Anima”, l’unica in grado di far trascendere l’“io” e condurre alla Verità-Realtà.
L’umanità è divisa anche nell’interpretazione dell’essere. Prevalgono, possiamo dire, tre correnti principali di pensiero, di cui ognuna ha sviluppato le proprie scuole: quella che interpreta l’essere in termini materialistici (cellule, molecole, atomi, ghiandole, processi chimici, ecc.); quella che lo fa in termini di pensiero, intelletto, cioè Homo sapiens; quella che lo concepisce in termini di corpo, anima e di spirito. Millenni che non hanno mai trovato un vero punto-momento di dialogo.
Noi ci pronunciamo per la Filosofia dell’Essere (l’Atmavidya), che non è contro nessuno.
Molti sono i mali della società umana che da millenni non si riescono ad estirpare: significa che questo male è desiderato, inconsciamente o consciamente. Violenza, dominio, sopraffazione, separatività, contrapposizione, egoismo, corruzione, degradazione, ecc., possono essere eliminati tagliandone le radici, ma nessuno lo fa.
Ogni “io”, per la propria relativa natura, si rifugia sempre in “qualcosa” (mestiere, religione, politica, filosofia, sport, relazione, altro), ma finisce puntualmente per cadere nel conflitto e nella sofferenza. L’“io”, spinto sempre dall’irrequietezza di fondo, costruisce sogni, immagini, formule, parametri, proiezioni che finiscono per alienarlo, poiché la Realtà non è tutto questo.
L’“io”, infatti, non conosce il vero amore che pacifica e completa, perché cerca inutilmente di “possederlo” o di “mendicarlo”.
Questi mali sono nell’“io”, che si dibatte per la sopravvivenza impossibile nel mondo del divenire: l’“io” vuole sopravvivere ma il relativo è destinato a scomparire. Un buon motivo per scegliere l’Assoluto trascendendo l’io-relativo.
Un contenuto psichico qualsiasi produce un certo stato vibratorio che si sintonizza, a sua volta, con altri stati similari, rafforzandosi maggiormente. Ogni stato attira vibrazioni corrispondenti. Per rompere e superare tale cerchio vizioso di miseria umana (dell’“io”) basterebbe vibrare in modo tale da toccare quelle armoniche superiori che trascendono la peculiare condizione umana egoica.
Bisognerebbe ripartire da una tale forma di rieducazione per l’essere umano, ma non solo.
Quello dell’“io”, nel divenire, è il mondo della necessità e per uscirne è richiesta la Dignità. Trascendere il mondo di maya, cioè quello dell’avidya-ignoranza, significa tuffarsi nello splendore della Beatitudine del Quarto stato o Turiya, l’Essenza assoluta (trascendentale), significa realizzare il vero scopo dell’Esistenza.
Possiamo concludere con delle domande, per cercare di trovare delle risposte.
Cosa sono il conflitto e la sofferenza degli “io”?
Qual è l’origine del conflitto e della disarmonia dei vari “io”?
Come possono essere eliminati i conflitti tra tutti i vari “io”?
Cosa si può fare per arrestare la “degenerazione antropologica” in atto?