Un “aspirante spirituale”, che si appresta ad intraprendere seriamente il “sentiero spirituale” per la realizzazione delle proprie istanze interiori, dovrebbe già essere consapevole di come il comportamento di un singolo individuo abbia riflessi sia nel “micro” sia nel “macro”, cioè nel “particolare” come nell’“universale”.
Non è necessario, perciò, per assumere un comportamento etico, aspettare particolari stati di coscienza contemplati in un “sentiero realizzativo”.
L’esempio di un “aspirante spirituale” deve essere quello di partire dall’accettazione del proprio stato coscienziale da cui far seguire azioni immediate e ben intenzionate, finalizzate al completo Risveglio-Realizzazione-Liberazione.
Non è sufficiente desiderare emotivamente e sentimentalmente la Realizzazione spirituale, né fare lo sforzo di pensare e comportarsi correttamente, neanche leggere molti testi, frequentare gruppi di ricerca, visitare luoghi sacri o fare il giro di uomini santi.
Il vero “sentiero realizzativo” inizia solo dopo molto tempo che si è creduto di averlo intrapreso. Una volta intrapreso molti sono gli insuccessi assicurati, come le tante cadute. Se però il “praticante” persevera ha buone possibilità di avanzare e di conseguire livelli di coscienza superiore sempre maggiori.
La qualità dell’aspirazione alla Realizzazione-Liberazione dipende dalla maturità conseguita nel passaggio dalla vita profana al momento della scelta di seguire le proprie istanze realizzative.
Chiunque senta la spinta profonda verso istanze realizzative, verso una ricerca spirituale dell’esistenza, ha l’obbligo di far precedere, qualsiasi tipo di “sentiero realizzativo” scelto, dalla conoscenza della condizione umana dal punto di vista olistico.
Per iniziare un autentico sentiero di Risveglio-Realizzazione-Liberazione necessita la presa di consapevolezza della condizione umana quale unità e diversità. Cominciare dalla base di un riconoscimento dell’identità terrestre è una buona partenza responsabile. Se si aggiunge la comprensione e l’etica del genere umano, nella complessità di un individuo-società-specie, la pista di volo è ben corredata.
Essere consapevoli della propria entità incarnata nella specie umana e in un destino planetario fornisce un importante visione per il Lavoro da svolgere, con tutte le scelte responsabili.
Percorrere un proprio sentiero significa essere connessi ad altri che stanno percorrendo sentieri simili, fornendo una naturale rete coscienziale attivata la cui forza di influenza può aiutare, a più livelli, l’umanità nelle sue crisi epocali.
Chi è l’“aspirante spirituale”?
È colui che avendo raccolto i frutti delle sue passate esistenze (di un gran numero di personalità) è pronto per permettere il risveglio delle qualità divine latenti. Ciò che egli prova, come spinta e motivazione, è la sintesi in lui di un lungo processo di maturazione. I suoi strumenti (il corpo fisico grossolano, il corpo sottile e il corpo mentale) sono adatti alla sua attuale possibilità, con essi può cogliere esperienze più profonde, sottili e precise, può avventurarsi sul sentiero di Risveglio-Realizzazione-Liberazione.
Cosa deve cercare e trovare un “aspirante spirituale”?
La Coscienza, quella in cui non c’è differenza tra la coscienza individuale e la coscienza universale. La Coscienza è la sorgente di ogni cosa ma non si può conoscere con i sensi, con la mente o l’intelletto. È questione di andare in profondità per sperimentarla. Il sentiero spirituale (sadhana) è questo andare in profondità fino a fare conoscenza della Realtà ultima, chiamata nell’antichità AtmaVidya.
L’aspirante, avventurandosi verso tale esperienza, deve imparare a distaccarsi dalla percezione limitata e imperfetta dell’uomo ordinario (non risvegliato) perché è tale percezione che induce a vedere tutte le cose come diverse e separate tra loro.
L’obiettivo dell’aspirante deve essere, quindi, l’Uno-senza-secondo che offre Verità, Bontà e Bellezza in quanto sono le esteriori manifestazioni della Realtà ultima.
La Verità non si realizza con la sola credenza né con la sua affermazione a parole, ma tramite una autentica trasformazione interiore e la pratica di quella visione della vita unitaria intravista.
Per un “aspirante spirituale”, che voglia diventare un Discepolo in prova, è fondamentale conoscere la mente, saperla usare e soprattutto dominarla.
La conoscenza di ciò che significa dominare la mente è molto importante, come è importante il sapere cosa sia la mente che deve essere dominata, ma soprattutto chi è colui che la domina. L’“aspirante spirituale” deve superare la condizione di ignoranza con cui l’uomo ordinario (non risvegliato, ancora dormiente coscienzialmente) pensa a sé stesso, a come si rappresenta. L’uomo ordinario si identifica con il nome, con la forma, con i ruoli e le funzioni: si identifica completamente con l’ego-corpo-personaggio (la personalità, non ancora individualità formata). Quando pensa o parla di sé stesso si riferisce a quella funzione della mente che è il “senso dell’io”, l’ego-ahamkara: tutto concentrato nell’ego non fa altro che pensare-dire “io sono questo”; io penso; io sento; io so; io faccio; io possiedo questo; questo o quest’altro è mio”. Pensa, parla e si comporta in termini di possesso anche per gli affetti più cari (il compagno o la compagna; i figli; i familiari; gli amici; i colleghi di lavoro o i propri dipendenti; ecc.).
L’uomo ordinario non comprende che l’“io” che tanto ostenta è illusorio. L’“aspirante spirituale” ammette l’illusorietà dell’“io” intellettualmente ma nella vita pratica dimentica di ammetterlo, non riesce a vivere come uomo del mondo tale conoscenza. L’aspirante finché non supera in modo chiaro questo stadio, attraverso cui tutti devono passare, non riuscirà ad ottenere una vera padronanza di sé, assolutamente necessaria sul “sentiero realizzativo”.
Riconoscere, nella vita pratica di ogni giorno, l’illusorietà dell’“io” è un’ottima ginnastica interiore per non far cedere la mente alle passioni e creare una volontà forte, capace di dirigersi verso la giusta meta.
Conoscere la mente (antahkarana) nell’estensione delle sue quattro funzioni non basta. È attraverso la conoscenza delle sue quattro funzioni, quella della mente empirica (manas), quella dell’intelletto superiore (buddhi), quella della mente subconscia (citta) e quella del “senso dell’io”, dell’ego-ahamkara, che l’aspirante attento, studioso, diligente comprende che “qualcosa” oltre la mente agisce.
L’“aspirante spirituale” scopre che non solo la mente è difficilissima da dominare ma anche che è complicato conoscere-percepire cosa si muove oltre la mente. Le conoscenze teoriche non bastano, esse devono essere realizzate. Un giorno, infatti, l’aspirante scoprirà che moltissimi dei pensieri che non riesce a dominare, in realtà, non gli appartengono perché originano nella mente di altri uomini, avendoli egli attratti con il proprio pensare. Comprende che anch’egli influenza la mente altrui con i propri pensieri: scopre così la responsabilità del pensare rettamente. Il pensiero, quindi, può essere trasmesso da cervello a cervello (da mente individuale a mente individuale, da un’aura all’altra) senza l’intermediazione della parola parlata o scritta: la natura del pensiero è la vibrazione (“spanda”).
Gli esseri umani, quindi, si influenzano tutti reciprocamente per mezzo del pensiero silenzioso che circola da un individuo all’altro, da un pensiero-forma collettivo a più individui, dall’inconscio collettivo alla mente subconscia individuale, e così via.
L’“aspirante spirituale” viene a intuire che la maggior parte degli uomini vive di pensieri altrui, non propri, ed è spinta all’azione dai pensieri di altri: pochi sono coloro che originano un proprio pensiero senza influenza altrui. Un pensiero specifico scelto, mantenuto, direzionato intenzionalmente acquista maggior potere e diventa creativo. Un pensiero forte e definito crea una potente struttura energetica (“pensiero-forma”) teso a realizzare lo scopo della sua creazione. Un pensiero manifesta sempre delle onde che si propagano nello spazio-akasa circostante, crea dei vortici nella sostanza mentale (“cittavrtti”). Come un sasso lanciato nelle acque del lago produce una modificazione (“vrtti”) così nella sostanza mentale si producono onde, vortici, vibrazioni che avviano una attività mentale (“pravrtti”).
“(…) Nell’akasa vi è un continuo incrociarsi di idee. Un pensiero emesso da un cervello, senza una precisa direzione, va a raggiungere a distanza un altro cervello che, a sua volta, dopo averlo captato lo proietta nuovamente nell’ambiente. Questo semplice fenomeno spiega le grandi correnti d’opinione che attraversano il mondo intero. Le persone più sensitive captano le idee vaganti, le maturano in sé stessi, poi le trasferiscono magari in un libro, in un’opera d’arte, in un discorso. In tal modo una stessa idea proiettata nell’ambiente da molti cervelli, viene captata e rimessa in circolazione attraverso scritti, parole, azioni. L’aria è popolata da un numero infinito di pensieri, idee, vibrazioni che agitano l’atmosfera in cui tutti sono immersi.
La maggior parte degli enti planetari non dà una direzione precisa a tutte le proprie riflessioni; di conseguenza esse sono in balia delle vrtti (onde fluidiche) che turbinano attorno a tutti. Alcune predizioni avute da certi risvegliati-sensitivi non sono altro che semplici percezioni particolareggiate delle grandi correnti d’opinione. Alcune forme di meditazione sensibilizzano a queste grandi correnti d’opinione.
Non bisogna dimenticare che tra le molte vibrazioni rilasciate nell’akasa vi sono quelle emesse dalla natura animale, vegetale e minerale.
Gran parte di quello che viene considerato il “pensiero spontaneo” è frutto del concorso di molte influenze che trovano la loro sede nell’inconscio (…)”.
“(…) L’Aura di un individuo è incredibilmente soggetta a molte influenze: l’irradiante influenza delle persone, vicine o lontane, attratte o interessate al soggetto da un qualsiasi punto di vista; l’influenza che gli giunge da coloro cui lui è interessato; l’influenza di individui a lui sconosciuti che alcune analogie mettono però in rapporto sintonico con lui. Sono dunque molte le influenze che a sua insaputa lo spingono a fare scelte inconsapevoli. La pratica della meditazione, a lungo andare, elimina questo problema.
Analogamente, se due persone vicine fisicamente pensano su due piani molto distinti, emettono su lunghezze d’onda senza reciproca ricettività (…)”.
Rosario Castello
tratto da Vita occulta di un risvegliato
Capitolo: Mente, Prana, Cakra, Aura e Kundalini (pag.51 di MobiEpub)
L’“aspirante spirituale”, rispetto all’uomo ordinario, comincia ad esercitare il buon uso del pensiero grazie alle pratiche di “concentrazione” (“dharana”): mantenere l’attenzione concentrata su di un pensiero ben definito quieta la mente, permette un suo maggior controllo e rafforza l’aura proteggendola dall’influenza dei pensieri altrui che vagano.
Il dominio della mente, da parte del Sé-atman, è una condizione dal quale un Discepolo propriamente detto non può sfuggire: egli deve acquisire la padronanza sullo strumento dal quale i pensieri sono prodotti.
Il ricercatore spirituale è da aspirante che deve imparare a pensare in modo ordinato, chiaro e preciso, così la mente si abitua a dare le giuste risposte restando calma e tranquilla. Pensare correttamente conduce alla meditazione-dhyana, la pratica più importante in una Via spirituale. La meditazione è il più completo addestramento per la mente. Egli, attraverso la pratica della meditazione di tutti i giorni, scoprirà di essere molto di più della mente ma non perché qualcuno glielo avrà detto ma per scienza propria, come risultato del proprio iter esperienziale. Scoprire di essere la Coscienza-Sé-atman apre tutte le possibilità del futuro Discepolo.