Nell’oggi, sia in Oriente sia in Occidente, la parola Maestro (Guru) è stata inflazionata, sminuita del suo vero significato e valore, volgarizzata e commercializzata da innumerevoli “indegni” di tale nome. La parola Maestro, invece, nel campo spirituale dovrebbe essere carica di profondo significato.
Un vero, autentico, Maestro non è altro che l’incarnazione di una particolare “qualità” divina, ovvero universale. La “qualità” divina incarnata da un Maestro può essere l’Amore (prema), la Conoscenza (vidya), la Rettitudine (dharma, l’incarnazione del giusto agire), la Volontà divina (icchasakti). Ogni Maestro, incarnandosi-nascendo nel mondo del divenire, porta in sé una specifica missione da compiere, di natura pubblica o di natura privata riservata a pochi. Alcuni particolari Maestri hanno trasceso le qualità-guna così il loro Insegnamento è fuori dal contesto dei guna (cioè nirguna, privo di qualità-guna).
La cosa importante da sapere è che un vero Maestro esprime l’Insegnamento con il pensiero, le parole e l’azione in quanto autentico “canale universale”.
Coloro che danno sfoggio sull’erudizione della teoria della Dottrina e la trasmettono senza incarnarla (cioè senza “essere” quella Dottrina) non sono veri maestri.
Esistono, quindi, falsi e indegni Maestri. Esistono, però, anche falsi aspiranti-discepoli. Gli uni e gli altri si attraggono facilmente grazie al magnetismo delle loro aure.
Un cosiddetto aspirante spirituale è alla ricerca di “qualcosa” di cui non ha ancora compreso la natura e che non ha ancora trovato: corre così da un insegnamento all’altro, da un maestro all’altro, parla e straparla di questioni spirituali, esoteriche, iniziatiche, crede di aver compreso la Dottrina e spesso tende a diventarne il nuovo messia. Un tale presuntuoso, arrogante aspirante adepto crea molta confusione, devia molte persone ma non realizza un bel nulla. Da un lato parla troppo di spiritualità, atteggiandosi a discepolo molto evoluto, quasi un iniziato, e dall’altro lato si crogiola ancora nelle cose del mondo profano.
Il vero, autentico, sincero ricercatore-discepolo ha tutt’altro comportamento: parla molto poco, schiva i rumorosi satsang, ama il silenzio e cerca di realizzare quello a cui aspira: sembra “entrato nella corrente” (come dice Raphael). La vera Via, infatti, non è fatta di parole ma di azioni che incarnano principi.
Le “nature” di molti ricercatori spirituali mostrano debolezza psicologica: una debolezza che fa tendere alla dipendenza, che nella spiritualità rappresenta un ostacolo. Significa, in questi casi, che non è stato fatto, a priori, un buon lavoro di integrazione della personalità-individualità. L’aspirante-discepolo che si avventura in una sadhana con queste carenze si assicura molti problemi lungo il percorso scelto. L’errore della maggior parte dei ricercatori aspiranti-discepoli è di cercare e di vedere nel Maestro la figura del padre, della madre, di uno psicologo o di un taumaturgo che con un solo gesto cancella qualsiasi problema e concede l’Iniziazione.
Un vero Maestro, invece, ha l’obiettivo di risvegliare la coscienza proponendo la Dottrina esercitando l’Influsso spirituale sovraindividuale. Un Maestro non può dare “qualcosa” a chi non ce l’ha per natura: ecco perché opera solo su chi ha sviluppato già le “qualificazioni” necessarie per l’Iniziazione. Il Maestro si preoccupa di portare dalla potenza all’atto ciò che realmente già è il neofita. I tanti maestri che dispensano “iniziazioni di massa” sono falsi maestri, gli indegni del Kaliyuga che trovano facilmente i falsi aspiranti-discepoli da asservire.
Un sincero aspirante-discepolo deve ammettere e comprendere, in tutta umiltà, che il suo percorso comincia dallo stato di “uomo decaduto” per giungere, attraverso molte fasi graduali, a poter esprimere la Verità che la “Vita è unità indivisa”. L’aspirante-discepolo deve abbandonare, quindi, quelle passioni, quei sentimenti che esprimono l’amore degenerato, perché il vero Amore è sempre accompagnato dalla Coscienza-Consapevolezza-Conoscenza, una presa di consapevolezza della Verità universale.
Un aspirante-discepolo non può avviarsi in un percorso spirituale se non “sente”, e “accetta” in sé, la Verità “una e senza secondo”, realtà che però dovrà, prima o poi, attuare in pratica.
Molti aspiranti-discepoli, anche se non falsi nelle loro intime intenzioni, si ritrovano nell’impossibilità di esprimere verità che appartengono a un altro “ordine dell’essere” (quello che invece dovrebbero conseguire) perché ancora stazionati (come “posizione coscienziale”) nello “stato individuato”, cioè del “senso dell’io” (l’ahamkara) e non lo riconoscono. È questo uno dei motivi che li induce a commettere errori di valutazione riguardo alla genuinità di un sentiero e di un maestro scelti.
Le forze (nere) della contro-iniziazione approfittano di tali circostanze per rafforzare in loro le “forze egoiche” e allontanarli dallo sviluppo delle necessarie “qualificazioni”.
La spiritualità, nell’oggi, sembra creare più facilmente dei fanatici che veri discepoli: crea più facilmente una via deviata rispetto a quella che dovrebbe essere, alimenta spesso una passionalità unilaterale del neofita. Basta vedere quello che avviene in certi gruppi esoterici che, in nome di un iter iniziatico che si sono immaginati e affibbiati a sé stessi, fanatizzano gli insegnamenti che perseguono contrapponendosi ad altri gruppi, costituendo così un potente apparato egoico molto pericoloso, perché capace di tutto.
L’errore di molti, nella spiritualità, è quello di viverla a livello di “concetti” illudendosi di stare vivendo la realtà che sta dietro ai “concetti”.
È così che molte brave persone, avendo intrapreso una via spirituale, non si rendono conto di appartenere, con quanto stanno facendo, all’ordine del divenire, esprimendo solo “avere” (“apparire”) e non “Essere”.
Le forze contro-iniziatiche, che sono sempre nascoste in ogni ambito spirituale, sfruttano lo psichico-sentimentale per insidiare e dividere ogni forma di organizzazione, provocando lotte, contrapposizioni, forme di violenza e persino, in molti casi, lo svuotamento dei conti correnti di molti egoici pseudo-discepoli, illusi ad arte di essere dei grandi iniziati e offertisi come bancomat degli indegni maestri che non sono stati in grado di riconoscere.
Fanatizzando una organizzazione vi si crea annebbiamento e si dispensa illusione nella coscienza e nella mente dei più. Una organizzazione così “trattata” (segretamente in modo occulto) permette ad un eventuale impostore di insediarsi, di appropriarsi del contenuto espressivo di un vero Maestro, ma piegandolo ai propri fini. Accade, a volte, che l’impostore associ o sovrapponga del tutto il proprio nome e la propria forma al vero Maestro che è venuto a mancare, per ricavarne maggior valore e credito. È ciò che è accaduto, addirittura, negli asram di molti grandi Maestri.
Dietro ogni forma di fanatismo spirituale operano sempre forze contro-iniziatiche che si servono, manipolandole, di forti individualità manasiche presenti nell’organizzazione insidiata. Una organizzazione insidiata non è più un derivato del principio dell’Amore ma della passione di un amore degradato.
Perché accadono molti problemi negli ambienti della ricerca spirituale che invece dovrebbero rappresentare un faro nella società umana? Tutti coloro che vi giungono restano nella più totale confusione riguardo alle vere cose dello spirito perché non rinunciano alle forze dell’ahamkara.
Molti di coloro che sostengono di aver intrapreso una via spirituale, addirittura un sentiero esoterico-iniziatico, dimostrano da sé stessi, con le parole espresse, con le risposte comportamentali e comunicazionali, di avere le idee molto confuse, ad esempio, sulla Metafisica, il fondamento della ricerca, su “ciò che è” e su “ciò che non è”.
Più spesso di quanto si possa pensare, occultisti, magisti, ermetisti, alchimisti, spiritisti, ecc., chiamano, definiscono metafisico ciò che non è prettamente materiale nel senso comune del termine. Chiamano metafisico quanto appartiene ai piani sottili e invisibile all’occhio fisico sensoriale.
La Metafisica è ciò che trascende il fisico grossolano, il piano sottile e l’informale principiale. Tutto ciò che avviene nel piano sottile, anche con un riflesso fenomenico speciale (prodigioso) nel grossolano, non può essere chiamato sovrannaturale perché rientra in ciò che è del tutto “naturale”. La Metafisica riguarda il Brahman nirguna, il Turiya (il “Quarto” stato), il Trascendentale.
I tre stati, invece, che formano la “Natura” sono:
il piano causale (Brahman saguna, Isvara), la fonte principiale del Moto della Manifestazione universale;
il piano sottile (Hiranyagarbha), quale mondo delle energie sottili, che è il dominio della “scienza occulta”;
il piano fisico grossolano (Virat) che è il dominio della “scienza accademica” che studia i fenomeni del mondo delle forze.
Questi tre Stati o Piani, per quanto appartenenti a dimensioni vibratorie diverse, fanno parte della “Natura” (“Triplice”) e sono quelli contemplati dai Piccoli Misteri (aparavidya). I Grandi Misteri (paravidya) contemplano la Conoscenza Suprema del Turiya, della Metafisica assoluta.
La confusione ha avuto la meglio anche sui vari Rami tradizionali o iniziatici: lo dimostrano loro stessi per come si contrastano, gli uni con gli altri, per incomprensione. Così non c’è esoterismo ma settarismo. Mancando la visione Metafisica, o la capacità per avere una visione Metafisica, la situazione resta critica.
Una corrente spirituale o una scuola iniziatica non possono essere poste nell’ambito di semplici processi mentali né di quelli passionali: non possono essere ciò che sostengono di essere.
Chi vuole accedere alla vera Conoscenza Metafisica deve trascendere il proprio stato individuato.
Il vero Maestro, che è posto nello stato universale e non individuato, fa scendere l’Influsso spirituale sovraindividuale che stimola la coscienza del discepolo risvegliandola all’attuazione di sé. Il Maestro è attraverso il Silenzio che comunica direttamente, dalla sua coscienza alla coscienza del discepolo e così in tale condizione l’Influsso spirituale opera immediatamente.
Il Maestro vero, essendo la Conoscenza (vidya) stessa, non ha nozioni mentali da offrire al discepolo, nulla che il discepolo debba memorizzare.