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1025. Per una semantica del corpo (Introduzione) di Roberto Tassan

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Perché una semantica del corpo? Semantica è, in effetti, il termine che denota la scienza che studia i significati della comunicazione scritta e parlata (Frank Palmer) mentre le pagine che seguono si propongono, un po’ ambiziosamente, di studiare i significati dei segni del corpo. Mi è parso legittimo appropriarmi di questo termine, credo finora mai usato per questa modalità espressiva, anche per contribuire a colmare quella che mi è sempre apparsa una lacuna.
Veniamo ora ad alcune questioni pratiche. È probabile che i nostri pazienti lettori si porranno almeno due interrogativi:
1 la lettura di questo libro mi permetterà di interpretare correttamente i segnali non verbali di chi comunicherà con me? Sarò in grado di trasformarmi in una sorta di “mago” della comunicazione, in grado di comprendere meglio gli atteggiamenti ed i pensieri di coloro che incontro, grazie alle conoscenze acquisite?
2 che “valore aggiunto” mi offre questo testo, rispetto ad altri sul medesimo argomento?

Inizio da secondo interrogativo che, apparentemente, sembra il più semplice.
Certamente molti autori hanno affrontato questo tema, che ispira grandi curiosità ed ha il fascino un po’ magico di un atout che permette di migliorare l’interpretazione dei comportamenti degli altri (grande aspirazione dell’uomo fin dagli albori della civiltà!). Posso qui menzionare per tutti l’opera di Desmond Morris, che il lettore troverà citata più volte in questo testo.
Ritengo però, a costo di essere tacciato di ovvietà, che i nostri lettori appartengano a due distinte categorie (tertius non datur!): chi si avvicina per la prima volta a questa materia e chi invece intende approfondirla.
Per il primo gruppo di lettori mi sono prefisso alcuni obiettivi: essere molto chiaro e schematico e descrivere organicamente i vari segnali del corpo e alcune modalità per interpretarli (giudicheranno i lettori se ci sono riuscito!).
Per il secondo gruppo posso solo dire che l’approfondimento di un argomento così complesso deve necessariamente comprendere la lettura di più testi, allo scopo di confrontare i diversi punti di vista ed arricchire così le proprie conoscenze con gli elementi di novità ed originalità che ogni autore solitamente apporta. È questa l’esigenza che spinge chi si occupa di un determinato argomento o approccio scientifico – comunicazione compresa! – ad essere sempre insoddisfatto di ciò che sa ed a progredire sulla strada dell’apprendimento. Mi viene qui in mente una simpatica storia citata in un testo per formatori: I porcospini di Schopenhauer. Come progettare e condurre un gruppo di formazione di adulti (Casula Consuelo, Franco Angeli).
La storia ha per protagonista un giovane violinista che per la prima volta arriva a Milano e, appena uscita dalla stazione con il fodero del suo strumento in bella vista, chiede ad un vigile urbano come si può arrivare al Teatro della Scala. Il vigile lo guarda bonariamente e con grande saggezza risponde: “È molto semplice. È necessario studiare, studiare, studiare e ancora studiare!”. È lo stimolante, anche se faticoso, destino di chi vuole migliorare la sua arte o le sue conoscenze ed è condannato a non essere mai completamente soddisfatto.
Il primo interrogativo che ho provato è forse un po’ più complesso del secondo, per quelli che in inglese si definiscono “basic reasons”, motivi di fondo. Purtroppo infatti i segnali del corpo hanno una caratteristica che fa dannare gli studiosi. Sono, in una certa misura ambigui, vale a dire che spesso lo stesso gesto, la stessa postura fisica o lo stesso segnale si prestano ad interpretazioni diverse. Come venirne allora a capo per evitare di essere tacciati di pressapochismo o peggio di ciarlataneria? Il giudizio (o pregiudizio!?) positivista ci ha insegnato infatti che “solo la conoscenza dei fatti è feconda; che il modello della certezza è fornito dalle scienze sperimentali; che lo spirito umano, nella filosofia come nella scienza, evita il verbalismo o l’errore solo a condizione di mantenersi costantemente a contatto con l’esperienza e di rinunciare a ogni a priori …” (Andrè Lalande). In estrema sintesi la scienza, secondo i positivisti, per essere tale, deve essere assolutamente vera!
Cosa possiamo allora offrire, noi poveri studiosi di comunicazione, che affrontiamo un terreno così affascinante ma al tempo stesso così infido? Io credo che possiamo solo fornire alcuni strumenti di analisi da applicare ai diversi aspetti della comunicazione, da considerare nel rispetto delle loro reciproche relazioni. Quando vogliamo interpretare un segnale del corpo dobbiamo porlo in relazione ad alcuni altri eventi: in primo luogo allo stimolo che l’ha provocato, poi alle altre manifestazioni gestuali che lo accompagnano, al senso del messaggio verbale associato, al tono ed alle caratteristiche della voce. In sostanza dobbiamo compiere ciò che in semantica si definisce un processo di “disambiguazione”. Solo in questo modo il quadro si definisce meglio nei suoi contorni. Mettere in relazione elementi diversi della comunicazione – verbale e non verbale – ci offre una sufficiente certezza di aver correttamente interpretato il messaggio. E ciò non è sicuramente poco!
Oggi viviamo tempi piuttosto bui se si considera la qualità della comunicazione e non la quantità. Siamo colpiti da un gran numero di messaggi ma quasi tutti di livello scadente. Veniamo bombardati da una pletora di stimolazioni pubblicitarie e da modelli comportamentali televisivi e mass-mediologici artefatti. Molte delle informazioni che ci raggiungono sono solo apparenza effimera (doxa) e segnali illusori. E così tendiamo a rinchiuderci in noi stessi e ad isolarci. E ciò, in realtà, significa vivere male. Comunicare bene con i nostri simili migliora sicuramente la qualità della nostra vita di relazione.
Con questo testo mi sono prefisso un obiettivo molto ambizioso: migliorare in chi legge la capacità di capire e capirsi. Thomas Hora ha scritto in un suo bel libro (Tao, zen e psicoterapia esistenziale) una frase molto bella della quale sento il bisogno di appropriarmi per manifestare ciò in cui credo profondamente:
Per capire se stesso l’uomo ha bisogno di essere capito dall’altro. Per essere capito dall’altro ha bisogno di capire l’altro”.

Roberto Tassan
tratto da Per una semantica del corpo
Franco Angeli 2005

 

 

Letture consigliate
L’intelligenza emotiva, Daniel Golemann, BUR 1999
Elementi di semiologia, Barthes Roland. Einaudi 2002
Trattato di semiotica generale, Umberto Eco, Bompiani 1975
Leadership & Analisi transazionale, Roberto Tassano, Franco Angeli 2004
Il percorso strategico della comunicazione, Antonello Goi, Franco Angeli 2004
Gestire costruttivamente il dissenso, Herbert Kindler, Franco Angeli 2000
La gestione delle risorse umane, Luca Labano e Domenico Laterza, Franco Angeli 2011
Introduzione alla semantica, Frank Palmer, Mondadori 1982

 

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