L’essere umano è un ego.
Ma che cos’è un ego?
In molti straparlano, eruditi, esperti, ignoranti tuttologi, ma prevale la confusione e si diffondono errate interpretazioni. Si tratta di un concetto manipolato all’inverosimile (in psicologia, psicoanalisi, psichiatria, neuroscienze).
L’ego di una persona non è altro che una delle funzioni della mente costituita da una funzione chiamata mente empirica, da una chiamata mente subconscia, da una chiamata intelletto superiore e da una chiamata, per l’appunto, ego, cioè “senso dell’io-mio”. Questa funzione (struttura organizzatrice) dell’ego, purtroppo, nella maggior parte delle persone permane in uno stato di squilibrio, di disarmonia in cui il senso d’identità individuale si trasforma in un anomalo “senso del possesso”, in comportamento prorompente, sfociando spesso nell’egocentrismo.
L’ego, in realtà non esiste ma tutto fa sembrare che esiste e condiziona la vita delle persone. L’ego non fa che affermare, in sé stesso ma anche all’esterno della persona, “io sono questo”, “io sono quello”, “io sono un manager dalla grande leadership”, “quello che penso io è la cosa giusta”, “io ho sempre ragione”, “io sono più bravo e più furbo degli altri”, “io sono davvero superiore”, “mi sento e sono davvero grande”, “posso conquistare il mondo”, “io mi sento e sono un dio”, ecc..
Le neuroscienze non sono ancora riuscite a trovare la localizzazione dell’ego anche se è indubbio che esista qualcosa che modula sentimenti come il dubbio e l’ansia e la fiducia in sé stessi: manifestano soltanto dei sospetti che possa trovarsi presso la corteccia prefrontale mediale, ma niente di certo. La cosa certa è che l’ego manifesta un’attività mentale autoreferenziale.
Al giorno d’oggi possono osservarsi moltissimi individui con veri e propri disordini dell’ego-io, patologie ben identificabili ma le persone non se ne rendono conto e si credono sane e interpretano quello che provano come esaltazione della personalità come ad uno stato superiore rispetto agli altri, mentre si trovano in “una perdita dei confini dell’io”, meglio ancora in un stato di “delirio schizofrenico di onnipotenza”. Viene perso il senso d’identità che fa emergere un disturbo narcisistico di personalità. Il soggetto attribuisce una grande importanza a sé stesso, fino al punto da sopprimere morale, etica e spiritualità, e non riesce più a vedere il punto di vista degli altri. Dove si trovano questi soggetti? Ovunque e sono sempre più diffusi perché la società è come se si fosse ammalata di egoismo. Questi soggetti si trovano, spacciandosi per persone sane e superiori, tra i politici che danno molti buoni esempi ingannando gli elettori, tra i manager nelle aziende che rendono la vita impossibile ai propri preposti, tra i vari opinionisti, tra i vari esperti tuttologi, tra i sempre più diffusi influencer, ecc..
Cos’è un ego?
L’uomo, volente o nolente, comunica con gli altri esseri umani (anche se in modo sbagliato), con gli animali e con la natura intera. L’uomo comunica anche con sé stesso, attraverso un dialogo-linguaggio fra sé e sé e questo per cercare di dare forma e parole a quello che sente, che pensa.
Le parole hanno una grande importanza nella comunicazione ma la forma verbale non è l’unica disponibile.
Se si osserva attentamente si capisce bene come l’essere umano sia un sistema molto complesso di comunicazione verso l’esterno e verso l’interno.
Solo le scienze esoteriche spiegano in modo completo il mistero della comunicazione attraverso la conoscenza che rivela come l’uomo viva contemporaneamente su tre livelli: un piano fisico grossolano, un piano sottile e un piano mentale (con una mente sia concreta sia astratta). I tre livelli sono parte di un’unica realtà in continua e reciproca comunicazione, interna ed esterna.
Il linguaggio ha un grande valore sia individuale sia sociale.
Nella società di oggi gli ego autoreferenziali, prorompenti, deliranti, si sono diffusi a macchia d’olio: tutti si sentono dei grandi, dei super e così l’essere umano sperimenta il proprio triste impoverimento e la sua inverosimile barbarizzazione compresa l’inevitabile involuzione sociale, forse regressione antropologica.
In pochi pensano, parlano e agiscono per arricchire il percorso dell’umanità, attraverso l’equilibrio, l’armonia e la Bellezza.
L’ego autoreferenziale, prorompente e delirante giudica gli altri e li combatte, anche senza un vero motivo, l’ego equilibrato non giudica gli altri e neanche si sente separato da essi. L’ego equilibrato cerca sempre la possibilità di comprendere al meglio le cause di ogni evento-situazione e di operare per il bene comune. L’ego equilibrato vive la dimensione dell’essere e non quella dell’”apparire e dell’avere”.
Nel mondo di oggi l’uomo ha finito per distorcere quello che è, peggiorando la propria condizione umana, e a sospingerlo verso il peggio lo ha aiutato il mondo della Rete che lo ha inchiodato all’”apparire”, ad una insana vanità (autoritratti, selfie, video, videochiamate, post, tutte cose che parlano della propria immagine) che mira soltanto all’approvazione, ai “follower”, ai “mi piace”.
L’essere umano, credendo di aver conquistato una grande libertà, si è imprigionato dentro uno schermo a mostrare tutto di sé, ed apparire a tutti i costi. E anche se in una videochiamata ci sono altre facce l’ego autoreferenziale guarda solo sé stesso, ascolta solo sé stesso, pretende la massima attenzione.
Tutti ormai cercano di raccontarsi al meglio così l’ego-centrato si lascia sedurre, insinuare dalla diabolica vanità, cioè da quello che vorrebbe che gli altri pensassero di lui, dopo aver elaborato una grande opinione di sé stesso.
Tutta la tecnologia di oggi a disposizione ha peggiorato, invece di migliorare, il problema dell’ego-centramento fuori controllo.
Tutti manipolano facilmente l’immagine di sé stessi, quindi quasi nessuno dice la verità. Questi racconti di sé non regalano libertà e gli sforzi di presentare l’idea sognata di sé stessi finisce per trasformarsi in una ossessione.
Nella folle urgenza di essere approvati (follower, like, cuoricini, ecc.) rinunciano a qualsiasi forma di autenticità.
Il delirio degli ego-centrati, prorompenti, è ormai inarrestabile: l’involuzione sociale è assicurata. A livello collettivo non c’è speranza, ma solo a livello individuale se si lascia emergere la consapevolezza del discernimento-discriminazione.
La cattiva comunicazione o la comunicazione strumentale per manipolare creano danni immani nel tessuto sociale. Dalla corretta e giusta comunicazione possono dipendere tutte le cose che riguardano il bene comune.
Che cosa spinge una ragazzina di 9 anni di Lecce a mettersi il cappio al collo, come il ragazzino di Bari, nel bagno della scuola? Soltanto una errata comunicazione sociale, non chiara e decisa che lascia spazio alla confusione, alla destabilizzazione delle identità. Troppi casi, troppo ravvicinati: “qualcuno” sta manipolando dietro le forme di sfida sul web e persegue, mediante un linguaggio-comunicazione, un progetto oscuro. È una evidenza.
Anche il caso di Firenze, dove hanno accerchiata, picchiata e ripresa una 13enne, postando poi il video sui social, è dovuto all’effetto di una errata, distorta, ambigua comunicazione sul web e in tutti i media, anche negli spazi delle istituzioni che non prendono seriamente il problema.
La corretta comunicazione è tutto.
Gli ego-centrati, autoreferenziali, prorompenti e deliranti si precludono la possibilità di sviluppare l’empatia, fondamentale per una vera e profonda comunicazione. Essere empatici non significa essere risucchiati nel mondo emotivo dell’altro (l’interlocutore): si tratta di imparare, oltre ad affinare, la sensibilità a saper distinguere le proprie emozioni da quelle degli altri. Si compartecipa alla sofferenza eventuale dell’altro senza però farsene carico.
Come si esprime l’empatia? Con lo sguardo; mediante il contatto (delle mani); mediante dei movimenti, quasi danzanti, che seguono i movimenti dell’altro e permettono di entrare in sintonia; attraverso l’empatia con sé stessi, mediante un sorriso interiore alla Buddha.
Gli ego-centrati, la maggior parte degli esseri umani, vogliono influenzare, dominare, costringere ma non comunicare: amano l’approccio coercitivo che spesso si basa sullo strillare all’altro (il capo-caporale al proprio sottoposto nei luoghi di lavoro che diventano spesso luoghi di pena per colpa di questi soggetti), ma anche sul minacciare e ricattare. Nei luoghi di lavoro si impone, più spesso di quanto si possa immaginare, il soggetto ego-centrato, autoreferenziale, prorompente e delirante che purtroppo ha un ruolo di responsabile che si comporta da capo-caporale.
In realtà l’ego-centrato, autoreferenziale, prorompente e delirante è un soggetto che soffre affettivamente, perché rimasto immaturo emotivamente, che non sa gestire la propria sofferenza e per questo ha sviluppato una patologia comunicativa di cui si rende conto solo raramente (e se la cava chiedendo scusa e dicendo di starci lavorando sopra) ma senza cambiare, in realtà, alcunché e continuando a mietere vittime con la sua insana comunicazione.
Si tratti di un politico, dei membri di un governo, di un manager, di un professore, di un economista, di famosi vip o influencer, un ego-centrato, autoreferenziale, prorompente e delirante è pur sempre qualcuno che è affetto da una patologia comunicativa che rema contro il bene comune.
Chi è che avrebbe bisogno di una buona “formazione” sulla comunicazione nel mondo delle professioni? Certamente i manager (a qualunque livello di responsabilità), i formatori, gli insegnanti, i medici, gli avvocati, i giudici, l’addetto alle relazioni col pubblico, il consulente aziendale, il counselor relazionale, lo psicoterapeuta familiare, ecc.: in molti hanno bisogno di acquisire conoscenze e tecniche attinenti la comunicazione interpersonale, anche nella vita privata perché non solo nei luoghi di lavoro necessita un maggiore benessere psicofisico e una realizzazione esistenziale.
Letture consigliate
L’illusione del narcisista, Giancarlo Dimaggio, Baldini & Castoldi
Comunicazione multimodale e influenza sociale, Isabella Poggi, Francesca D’Errico, Carocci
Farsi capire, Annamaria Testa, BUR
Tecniche della comunicazione interpersonale, Enrico Cheli, FrancoAngeli