Se il Mondo Sai, cioè la comunità ideale formatasi attorno agli Insegnamenti elargiti da Sri Sathya Sai Baba (1926-2011), si è frammentato, diviso e organizzato in fazioni le une contro le altre, dopo la morte fisica del Maestro, ci sarà pure un motivo: motivo che forse sarebbe il caso di comprendere attraverso, però, una sana e sincera introspezione da parte di tutti. L’ignoranza metafisica, la superstizione e l’infantilismo spirituale se non vengono sradicati, all’inizio di una buona sadhana, avvelenano la coscienza anche dei migliori potenziali sadhaka, rendendo impossibile la chiara visione sulle cose come stanno realmente.
Una cosa è certa: gli Insegnamenti metafisici di Sai Baba sono stati disattesi dalla maggior parte di coloro che lo avevano seguito. È prevalsa, in gran parte, la superficialità orizzontale e non la profondità tipica del sentiero verticale (la famosa “Via stretta”). È prevalsa l’ignoranza metafisica-avidya in quasi tutti i devoti.
Sai Baba affermava rivolgendosi ai devoti con piena consapevolezza del perché:
“L’oscurità verrà scacciata dal mondo semplicemente
pronunciando la parola ‘Luce’?
Una malattia può essere debellata solo ascoltando
la spiegazione dell’efficacia di una medicina?
I poveri possono uscire dalla loro condizione
ascoltando i principi dell’economia?
La fame può essere saziata ripetendo i nomi di varie pietanze?
No! Similmente, potrete raggiungere la beatitudine
soltanto quando metterete in pratica la conoscenza”.
Sri Sathya Sai Baba (1926-2011)
“La Sadhana deve essere intrapresa sotto la direzione di un esperto
che conosce la vostra salute e il vostro temperamento.
Eccessivo entusiasmo e irregolarità devono essere evitati.
Se viveka (la discriminazione) inganna,
la Sadhana è una trappola:
una piccola dimenticanza dei limiti di calore può rovinare una fornace di mattoni;
alcune manciate in più di soda per lavare rovineranno un mucchio di vestiti nel lavaggio;
alcune parole in più con il vicino senza tener conto del tempo
e un intero recipiente di riso diverrà scotto e da buttare.
Vigilanza, riguardo, circospezione, sono molto importanti per il Sadhaka.
Lo Yoga spesso diventa Roga per mancanza di un continuo autoesame”.
Sri Sathya Sai Baba (1926-2011)
Sai Baba consigliava a tutti una sistematica disciplina, interna ed esterna, non certamente a caso. Perché? Perché la disciplina protegge il praticante di una sadhana (sentiero spirituale). Una pratica superficiale risulta una pratica incompleta, una pratica soggetta a far cadere facilmente il suo praticante o ad essere insidiato dalle forze involutive, mediante degli emissari consci o inconsci dell’oscurità. La vera e buona disciplina protegge perché opera, a livello profondo, una trasformazione nelle funzioni dell’”organo interno”, cioè l’”antahkarana”, ovvero la mente nella sua intera estensione. Le quattro funzioni dell’antahkarana, mediante l’equilibrio dei tre guna-qualità (sattva, rajas e tamas), e una prevalente stabilizzazione sattvica, elevano le frequenze circolanti nell’aura del praticante-sadhaka, creando una sorta di aiuto-scudo spirituale ma, nello stesso tempo, accendendo una specie di faro in grado di individuare le insidie possibili sapendole riconoscere. La discriminazione-discernimento fa parte delle necessarie pratiche di ogni sadhana che, se allenata sistematicamente, entra in funzione ad ogni stato di necessità, aiutando il praticante-sadhaka. Se all’interno della sadhana si abbracciano gli Insegnamenti di un Maestro, allenandosi a metterli in pratica, allora il praticante-sadhaka-discepolo può considerarsi protetto dalle insidie interiori (provenienti da antichi samskara e vasana) o dalle insidie esterne mosse da emissari, consci o inconsci, della contro-iniziazione. Sai Baba ha consegnato Insegnamenti metafisici e strumenti per la sadhana impareggiabili: uno di questi strumenti è il gayatrimantra. Esortava a recitarlo continuamente, illustrandone sempre i vari aspetti. Insisteva sulla pratica del gayatrimantra e sulla conoscenza dell’antahkarana (la mente con le sue quattro funzioni). Nulla di ciò che diceva era frutto del caso: chi stava innanzi ai suoi piedi viveva nella percezione dell’ignoranza ma Egli, di ciascuno, era pienamente consapevole del passato, del presente e del futuro e quelli che sembravano semplici suggerimenti erano perfetta coscienza-consapevolezza-conoscenza. Vivendo nello stato del Continuo-Infinito-Presente diceva molte cose che avrebbero riguardato il futuro, infatti la sua insistenza a ripetere alcune cose, che al momento apparivano incomprensibili, avevano il fine di far riflettere alcuni perché aprissero un canale-pensiero fino al momento della manifestazione nel futuro, degli eventi preannunciati sotto forma di affermazioni insistenti.
“Sta diventando un’epidemia. Non rido di nessuno, né incolpo nessuno. Ma la verità deve essere conosciuta. Ci sono delle persone qui ad Amalapuram, che vanno dicendo che io piombo su di loro, ne prendo possesso e parlo per loro tramite. Agitano le mani, tremano e si dimenano e la gente è indotta a credere che agiscono sotto la Mia influenza. Rispondono a domande, ed i loro agenti o rappresentanti affermano che concedono interviste, proprio come faccio io. Questa malattia si sta spargendo fra la gente semplice per opera di individui astuti e imbroglioni. Ogni qualvolta vi capiti di vedere o sentire qualcuno che ne soffre, fermatela subito: prima di tutto, eliminate gli agenti, poi insegnate al bambino o al debole di mente a tacere e a comportarsi in modo equilibrato.
Io non parlo mai attraverso altri, né mi servo dell’involucro fisico altrui per esprimermi. Non sono un fantasma, né uno spirito per agire così e non ho bisogno di un medium. Io vengo direttamente, parlo direttamente, mi presento come sono o, se voglio, in un’altra forma da me creata. Non uso veicoli umani deboli e vacillanti: concedo direttamente i miei doni, senza servirmi di intermediari”.
Sri Sathya Sai Baba (1926-2011)
Discorso del 29 marzo 1965 a Amalapuram
tratto dal libro di Kasturi La vita di Sai Baba (Vol II p.142,143)
Il gayatrimantra è un verso del Rg Veda Samhita, composto di 24 sillabe divise in tre gruppi da 8 ciascuno. È da sempre considerato un potente mantra sacro per eccellenza (“visto” e rivelato dal rsi Visvamitra). È illuminatore dell’intelletto e dell’intuizione. Siccome si rivolge al sole quale “vivificatore” della vita viene chiamato anche “savitri”, in realtà si rivolge al sole quale simbolo della Divinità immanente e trascendente.
Il gaytrimantra protegge chi lo recita ovunque si trovi e in qualsiasi circostanza. Influenza positivamente l’atmosfera circostante bonificando e ispirando tutti coloro che vi risiedono. Facendone una pratica quotidiana aiuta a correggere gli effetti karmici delle scelte sbagliate. Esso è meditazione e preghiera. Il praticante che tratta con superficialità il gatrimantra inganna sé stesso, ma non la Verità, senza ottenere alcun beneficio.
Il gayatrimantra è, dunque, in grado di mettere il sadhaka-praticante in connessione con sé stesso e fare pulizia in tutti e tre i suoi stati di coscienza (veglia-jagrat; sogno-svapna; sonno profondo-susupti), permettendogli di allinearsi con le proprie scelte nel profondo (e con tutto il creato) e di determinare il migliore destino per lui e per tutti quelli che lo circondano.
Versione vedica (Rg Veda) del gayatrimantra:
“Tatsaviturvarenyam bhargo devasya dhimahi dhiyo yo nah pracodayat”
Il gayatrimantra è una invocazione universale che viene normalmente recitata nella versione upanisadica, con l’aggiunta, all’inizio, della sacra formula “bhur bhuvah svah”, formula indicata nello Yajurveda (Taittiriya aranyaka 2.11):
Om
bhur bhuvah svah
tat savitur varenyam
bhargo devasya dhimahi
dhiyo yo nah prachodayat
Il gayatrimantra viene rappresentato mediante l’immagine dai cinque volti che indicano i cinque prana (prana, apana, samana, udana e vyana).
Il gayatrimantra dona un chiaro intelletto in modo che la Verità possa sempre esservi riflessa senza distorsione o deformazioni. È ciò di cui ha bisogno un vero e sincero Yogi-sadhaka-discepolo che, prima di giungere ad una sana maturità spirituale, è soggetto più volte a cadere, percependo, le verità che incontra sul suo cammino, in modo distorto o deformate.
“Ci sono alcuni che esaltano altri per l’assurda ragione di credere che Sai Baba parli attraverso di loro! Quanto sono sciocchi! È tutta una recita che inganna le menti malate. Non diventate vittime di costoro. Questo è il motivo per cui Io vi dico di mantenere la devozione dentro di voi, di tenerla sotto controllo, e di non essere portati fuori strada da imbroglioni e opportunisti che vi danno un’idea errata della manifestazione del Signore. Essi insudiciano la fede che i loro fratelli e le loro sorelle ripongono in Dio.”
Sri Sathya Sai Baba (1926-2011)
tratto dal Discorso del 15 ottobre 1964
“Parlando di fede, devo darvi un avvertimento. Molte persone raccolgono denaro in diversi luoghi usando il Mio Nome per vari scopi, come creare posti d’accoglienza, costruire templi, fare Puja ecc. Ciò non è autorizzato ed è contro il Mio desiderio e il Mio comando. Non cedete a queste richieste e non incoraggiate tale pratica, tutte cose che Io condanno”.
“Esiste un’altra serie di persone che traggono profitto dalla vostra fede. Esse diffondono la notizia che Io parlo attraverso un medium o qualche altro mezzo. Trattate tutte queste persone e i loro emissari o intermediari come trattereste degli imbroglioni. Se non li trattate così, allora siete complici di tale inganno”.
“Ci sono altri che radunano gruppi di seguaci e ammiratori e raccolgono denaro. Essi dichiarano anche: ‘Baba mi ha mandato da voi per raccogliere del denaro’, oppure: ‘Baba mi ha dato questo’, o ‘Baba mi ha dato speciali benedizioni per...’, e poi domandano il vostro aiuto, la vostra approvazione o il vostro portafogli! Io vi chiedo di redarguire tutto questo genere di persone e di allontanarli da voi, chiunque siano”.
Sri Sathya Sai Baba (1926-2011)
tratto dal Discorso del 25 novembre 1962
Sai Baba invitava alla recita del gayatrimantra perché esso risveglia e illumina l’intelletto, sviluppa il discernimento e crea il distacco, tanto necessari ad ogni ricercatore spirituale (sadhaka-yogi-discepolo).
Dice Sai Baba: “Cantate ogni giorno la Gayatri ed essa vi condurrà alla realizzazione dello splendore del Signore, liberandovi dalle limitazioni che sono insite nei tre mondi, nelle tre qualità e nel triplice aspetto del tempo. La Gayatri dovrebbe essere cantata al fine di purificare la mente e, come i raggi del sole, essa dissiperà le tenebre in voi.
Questa è la vostra occasione, aprite il cuore, recitate il mantra e la vita vi arriderà. Come l’albero poggia sul tronco, la Gayatri sostiene l’uomo, senza di essa, l’albero della vita sarebbe privo di linfa. Se cantate la Gayatri e rispettate ogni essere come manifestazione di Dio, gli effetti si sommeranno e porteranno ad un grande risultato nella nostra vita, infondendo in voi nobiltà e acume”.
Quando cantarlo.
È stato stabilito che il Gayatri mantra debba essere cantato tre volte al giorno, nel momento delle sandhya del mattino, pomeriggio e sera. Sandhya significa la congiunzione di due stadi di tempo.
Pratah Sandhya è il momento di transizione dalla notte al giorno. Così il sandhya serale è il momento in cui il giorno scivola nella notte. Il Madhyana Sandhya è il momento in cui il mattino si congiunge al pomeriggio.
L’uomo è l’incarnazione dei tre guna. Questi tre attributi non sono solo relativi all’uomo, anche il tempo li possiede. Anch’esso ha: satva, rajo e tamo guna. Cosa intendiamo per satva guna del tempo. Tutti questi attributi hanno 24 ore da dividersi; ognuno di essi occupa 8 ore: il satva ha 8 ore, il rajasa ha 8 ore ed 8 ore il tamasa. Quali sono le ore satviche? Le ore comprese nei periodi dalle 4 alle 8 del mattino e dalle 16 alle 20 del pomeriggio. Il periodo dalle 8 alle 16 è rajasico. È durante questo periodo che tutte le forme di vita svolgono le mansioni che devono assolvere. Non solo gli uomini, ma anche gli animali e simili devono svolgere i loro compiti in queste otto ore. L’operaio, l’industriale, l’agricoltore e tutti gli altri devono lavorare in queste otto ore. Così vediamo che ogni individuo sperimenta il suo periodo di tempo rajasico.
Poi abbiamo il periodo dalle 20 di sera alle 4 di mattina. Questo è tempo tamasico. Che sia veramente tamasico lo scopriamo per nostra esperienza. La caratteristica principale associata a questo periodo è il sonno ed in questa analisi, il sonno è equiparato al tamasico.
È durante il periodo satvico, cioè dalle 4 alle 8 e dalle 16 alle 20, che dobbiamo intraprendere i nostri doveri sacri e nobili; questo santificherà la nostra vita. Noi dobbiamo comprendere ed apprezzare come il tempo sia stato suddiviso per le varie attività e solo allora potremo realizzare la vera natura della nostra esistenza. Questo Gayatri mantra deve essere cantato in qualsiasi momento dalle 4 alle 8 e dalle 16 alle 20. È assolutamente necessario che voi cantiate questo Gayatri mantra o nelle prime ore del mattino o nelle ore serali.
Anche a metà giornata si può cantare, ma per particolari motivi. Quando considerate il canto come un sadhana, sono le ore del mattino e della sera ad essere sacre. Dovete cantare questo mantra almeno tre volte al mattino e tre volte alla sera (nelle ore satviche). Quando fate questo, potete sicuramente liberarvi dai frutti del vostro karma. Si chiede che un canto quotidiano si prenda cura di tutte le cattive conseguenze del karma della giornata.
La Gayatri è l’incarnazione di tutte le forme di Dio, “Sarva Devata Svarupam”. La Gayatri non appartiene a nessuna casta, ad alcuna setta o ad alcuna religione: il suo scopo è universale.
Om: Brahman (l’Assoluto). Suono come base della creazione.
Bhur: Si riferisce al corpo umano, composto dai 5 elementi. La terra, la materia grossolana.
Bhuvah: Il mondo sottile. L’atmosfera, l’etere. Bhuvah è anche Prana Shakti, il potere dell’energia vitale.
Svaha: Il cielo come dimora degli Dei.
Tat: Quello. Paramatma, Dio o Brahma. La realtà ultima è definita semplicemente “quello” perché è al di là di ogni descrizione.
Savitur: Indica la divinità Savitri. La forza vivificante del sole.
Varenyam: Degno di adorazione.
Bhargo: Lo splendore, l’effulgenza spirituale, la luce che dona la saggezza.
Devasya: La realtà divina.
Dhimahi: Noi contempliamo.
Dhi Yo: L’intelletto.
Yo: Che.
Nah: Il nostro.
Prachodayat: Illumina.
Insisteva su questa pratica perché consapevole che il gayatrimantra, recitato a voce alta, sussurrato o mentalmente, per la potenza del suono-vibrazione-energia, risveglia i poteri spirituali latenti in ogni ente planetario, e che da potenziali si possono trasformare in reali ed effettivi.
Recitando i tre aspetti “bhur bhuvah svah” della natura umana e dei tre piani di esistenza si accendono le forze necessarie al risveglio spirituale effettivo: (bhur) del corpo fisico grossolano (sthulasarira) del sadhaka, ma anche del piano della materializzazione che vi corrisponde; (bhuvah) della mente (antahkarana) del sadhaka, ma anche del piano della sostanza mentale che vi corrisponde; (svah) dell’atman, ciò che è veramente il sadhaka, ovvero il Sé, la Luce auto-risplendente, in relazione con lo spazio causale (cidakasa).
Un sadhaka-devoto-discepolo ha bisogno di un intelletto illuminato altrimenti, nonostante lo svolgimento di una buona sadhana, le sue cadute non potrebbero più contarsi. È normale, prima di una vera e propria illuminazione dell’intelletto, cadere o restare vittime di insidie contro-iniziatiche. Importante è accorgersene, riconoscerlo umilmente e fare i giusti e coraggiosi passi indietro e dedicarsi ad aiutare gli altri a farlo.
“La gente dice: ‘Baba mi è apparso in sogno e mi ha ordinato di farvi questo o quello, di raccogliere la tal somma da voi ecc.’ Non date ascolto a tali imbroglioni; redarguiteli nel modo che meritano. Questo è il consiglio che devo darvi”.
“Non credete a chiunque venga da voi e dichiari: ‘Sathya Sai Baba mi è venuto in sogno e mi ha incaricato di farGli pubblicità. Vi prego, aiutatemi il più possibile. ’ Io non autorizzo nessuno a fare tali cose, né in sogno né da sveglio. Queste persone sono dei truffatori; trattateli come tali, senza pietà”.
Sri Sathya Sai Baba (1926-2011)
tratto dal Discorso del 26 marzo 1965 (Kakinada)
Il gayatrimantra deve essere recitato in piena consapevolezza, non meccanicamente, in modo esatto, senza alcuna fretta, a voce alta, o sussurrata, oppure mentalmente. Se si rispettano tali indicazioni si otterranno tutti i benefici previsti per il gayatrimantra.
Se il gayatrimantra, invece, verrà recitato meccanicamente, senza devozione e in modo impreciso e frettoloso, l’intelletto di chi lo recita sarà avvolto nell’oscurità.
Sai Baba insisteva sulla pratica del gayatrimantra perché potessero emergere dei discepoli con un antahkarana (“organo interno”, ovvero la mente con le sue quattro funzioni) purificato e illuminato: discepoli capaci di “percepire-vedere-sentire” le invisibili forze dell’oscurità, sempre pronte a insidiare i pellegrini della Luce, e saperle affrontare.
Il gayatrimantra è, infatti, l’essenza dell’Insegnamento vedico e per questo detto “Vedamata”, cioè la “Madre dei Veda”.
Nel 1977 Sai Baba diceva: “Non dimenticate mai il gayatrimantra; potete ignorare qualsiasi altro mantra, ma recitate il gayatri almeno alcune volte al giorno: esso vi proteggerà dal male ovunque siate”.
Nel 1983 diceva: “I raggi del gayatrimantra illuminano la mente e l’intelligenza, promuovono la conoscenza, la saggezza e il discernimento”.
Nel 2000 diceva: “Il gayatrimantra è la Madre di tutti i Veda, l’essenza di tutti i Veda, la base di tutte le Scritture, la sintesi di tutte le mete e la meta di tutte le vie”.
Cosa deve risvegliare e illuminare il gayatrimantra?
Tutto ciò che nasconde, che vela l’atman, i vari involucri-kosa che lo circoscrivono successivamente e concentricamente: anandamayakosa, vijnanamayakosa o buddhimayakosa, manomayakosa, pranamayakosa e annamayakosa.
È anandamayakosa che costituisce il corpo causale (karanasarira); mentre vijnanamayakosa o buddhimayakosa, manomayakosa e pranamayakosa costituiscono il corpo sottile o mentale (lingasarira o suksmasarira o corpo astrale); invece annamayakosa costituisce il corpo fisico grossolano (sthulasarira).
È importante comprendere il corpo sottile (lingasarira), il corpo mentale-energetico-luminoso costituito dai tre kosa (vijnanamayakosa o buddhimayakosa, manomayakosa e pranamayakosa) che corrisponde alla condizione di “sogno” (svapna), da localizzare fisicamente al centro della fronte, energeticamente e coscienzialmente nell’ajnacakra. La mente (“organo interno” o “antahkarana”) è un suo costituente, con le sue quattro funzioni: buddhi-intelletto che discrimina, ahamkara-ego (senso dell’io-mio), manas (mente empirica) e citta (coscienza individuale e subcoscienza). È il corpo sottile che accompagna l’anima nel processo di trasmigrazione dopo la morte in quanto questa non lo distrugge. Esso si estingue solo con la soluzione finale nel divenire del samsara (il perenne flusso del divenire), con la conclusione del karman che ha provocato l’indefinita successione di nascita-vita-morte-rinascita (samcarana). Il raggiungimento della soluzione finale indica il conseguimento spirituale detto moksa o liberazione.
A buona ragione Sai Baba considerava il gayatrimantra la sintesi dei contenuti dei quattro mahavakya (i “grandi detti”) dei quattro Veda sulla Suprema Realtà:
1 prajnanam brahma (Aitareya Upanisad 3.3 del Rg Veda): “Brahman è pura Coscienza”;
2 tat tvam asi (Chandogya Upanisad 6.8.7 del Sama Veda): “Tu sei Quello”;
3 ayam atma brahma (Mandukya Upanisad 1.2 dell’Atharva Veda): “Questo atman è Brahman”;
4 aham brahmasmi (Brhadaranyaka Upanisad 1.4.10 del Sukla Yajur Veda): “Io sono Brahman”.
I mahavakya esprimono sinteticamente la dottrina Vedanta: non vanno analizzati razionalmente dalla mente empirica (manas) ma, mediante la meditazione, intuiti dalla buddhi (intuizione superconscia).
Si aggiunge, per il sadhaka praticante, un ulteriore mantra-vakya dello Yajur Veda “nero” quale triplice simbolo di Brahman:
Om tat sat
“Quello è la Realtà-Verità”
Quello (tat) è l’Essere (sat), è om, è il Brahman, l’Uno-senza-secondo
Le nostre sono osservazioni, constatazioni, evidenze, riscontri di quanto avvenuto nel Mondo Sai dopo la morte fisica di Sai Baba. Sai Baba ha svolto una Grande Opera, offrendo un campo infinito di possibilità come mai era avvenuto: ha offerto Insegnamenti metafisici e strumenti tali da risvegliare e realizzare innumerevoli enti planetari se solo li avessero seguiti e non disattesi.
Egli ha fatto quanto doveva; gli innumerevoli enti planetari, chiamati a raccolta, hanno manifestato quanto era in loro realmente: un certo numero, protesi verso la luce, che proseguono indenni e lontani dall’insidia contro-iniziatica; un gran numero, offuscati ancora dai bisogni egoici, che proiettano direzioni inesistenti; pochissimi i “trovatori” della Luce.
Cercando le ombre nel fenomenico si rischia di perdere la strada che conduce allo “stato d’essere dell’atman”.
Perché insistiamo col dire che gli Insegnamenti (metafisici e non solo) di Sai Baba sono stati disattesi? Chi e quanti hanno seminato le Sue parole nel proprio cuore e fatte diventare “azioni” e “stati di coscienza”?
Perché è una evidenza che il Mondo Sai ha disatteso gli Insegnamenti di Sai Baba e che si è spaccato, frammentato, con vari pezzi che si contrappongono, dimostrando che solo un muro di ipocrisia nasconde la perduta unità, caduta sulle sue fragili basi. Perché è una evidenza che l’”Organizzazione Sathya Sai”, indebolitasi per la mancata vigilanza dei suoi responsabili, ha percorso e sta percorrendo molte strade dell’”Errore”.
I moltissimi che lo hanno incontrato (pochissimi coloro che lo hanno conosciuto davvero) hanno attinto solo “nozioni” non “flussi di coscienza”, flussi sempre irradiati da Sai Baba per gli attenti. I disattenti hanno giocato con le “nozioni” come si fa con i balocchi, convincendosi di stare percorrendo il vero “Sentiero spirituale”, senza rendersi conto di trovarsi ancora nella fase instabile della ricerca. Il mancato ingresso in una vera sadhana e l’inquietudine irrisolta, provocata dalle vrtti incontrollate, non hanno permesso una stabilizzazione coscienziale capace di proteggere dalle scelte sbagliate.
Sai Baba ha insegnato, insistendovi molto, che prima di un “Sentiero spirituale” da percorrere servono le necessarie “qualificazioni”. Una volta possedute le “qualificazioni” significa soltanto trovarsi all’ingresso di detto sentiero mentre i più, non avendo ben ascoltato, confondono le “qualificazioni” con il “Sentiero spirituale” propriamente detto. Per questo in molti “cadono” o si “perdono” in ciò che non è realmente spirituale: non sanno distinguere il Reale dal non-reale.
Le “qualificazioni” necessarie sono:
mumuksutva, cioè l’anelito alla Liberazione (moksa), la principale delle qualificazioni utili per penetrare nel mondo delle cause e spezzare la catena delle false sovrapposizioni;
viveka, la discriminazione tra reale e non-reale, il discernimento intuitivo;
samadi, la calma e le altre virtù mentali come l’auto-dominio (dama), il raccoglimento interiore (uparati), la pazienza perseverante (titiksa), la fede (sraddha), stabilità mentale (samadhana);
vairagya, il distacco da ogni frutto dell’azione, il non-attaccamento.
Molti insegnamenti di Sai Baba fanno riferimento ad un “percorso formativo”, adatto a chi, senza parlare di merito o demerito, ancora deve “formare” ciò che un giorno potrà “realizzare”. C’è, quindi, un “percorso formativo” corredato di tanti metodi quanti possono essere i ricercatori sinceri, adatti alle più svariate nature; ed un “percorso realizzativo” (Sadhana propriamente detta) per quanti, una volta “formati” (educati) alle “scelte responsabili”, possono essere in grado di sostenere, senza più ricorsi infantili dell’Ego, le prove-possibilità-responsabilità che il Divino reputa più opportune.
Nel Mondo Sai una grande responsabilità l’ha avuta, e dovrebbe averla ancora, l’”Organizzazione Sathya Sai” con i vari responsabili di vertice che si sono avvicendati, che non sempre hanno fatto le cose giuste (l’”azione giusta” menzionata nella Bhagavad-Gita), secondo gli Insegnamenti di Sai Baba.
Ritornando al problema degli Insegnamenti metafisici disattesi, dati da Sai Baba, coloro che l’hanno disattesi sono quelli che hanno fatto “resistenza” e, per una qualche paura inconscia irrisolta (non affrontata), si sono identificati con alcuni contenuti psicologici e varie esperienze (con manas). Costoro hanno reagito agli Insegnamenti con i guna-qualità non con la coscienza: è sulla coscienza che puntava Sai Baba.
In molti li hanno disattesi perché non li hanno ascoltati veramente, per questo non compresi pienamente e non li hanno potuti consapevolizzare con la coscienza. Hanno fatto prevalere, e usata, la mente anziché il cuore-coscienza. Le “qualità” che Sai Baba insisteva di far emergere, in molti le hanno fatte diventare solo “immagini mentali” proiettate. La proiezione è la caratteristica principale della mente: per questo ostacola anche il migliore dei sadhaka. Tanto utile la mente se conosciuta e saputa usare, tanto dannosa con il prevalere dell’ignoranza.
La natura della mente tende ad estrovertersi, a manifestarsi oggettivamente: è la sua funzione di veicolo sottile (la mente è un costituente del corpo sottile, il lingasarira, il corpo astrale e ajnacakra è il suo organo – il terzo occhio o l’occhio dell’intuizione – per fare esperienza dell’intelligenza superiore quando risvegliato) che se correttamente usata rivela la pura realtà interiore e fa conoscere, sotto la giusta luce, le cose della realtà esterna.
L’uomo ordinario pone la realtà fuori di sé, per questo essa gli sfugge sempre, sperimentando l’alienazione e la sottomissione alle sue proiezioni mentali.
Costoro, i molti, proiettando le immagini delle “qualità” anziché farle emergere da sé stessi, hanno ottenuto solo delle proiezioni del vero Amore, della vera Conoscenza, della vera Volontà, ecc., mentre la coscienza è rimasta immutata. Solo la mente ha giocato: ingannando.
Con la mente, tramite la proiezione (funzione propria della mente), si creano solo degli idoli-qualità che alienano i discepoli spirituali, dimezzati, così, nella migliore delle sadhane.
Gli Insegnamenti di Sai Baba, ad un certo momento, dalla semplice esposizione dottrinaria andavano assunti direttamente (a livello esperienziale). Andava acquisita coscienzialmente quella “Verità” che l’Idea dell’Insegnamento incorporava. Doveva subentrare la maturità coscienziale necessaria che non ha bisogno di sostegni. I più, che non hanno vissuto questi passaggi di maturità spirituale, dopo la morte di Sai Baba (1926-2011), credendo di attuare una condizione molto avanzata, hanno effettuato una specie di abbandono (prematuro anche questo). L’abbandono, per raggiunta maturità coscienziale, presuppone l’apertura alla Luce suprema, perché possa riassorbire il “riflesso-jiva” (la Luce-Essere che risolve il suo raggio diffuso).
Senza maturità raggiunta, l’abbandono, mette il sadhaka-discepolo in balia del mondo intermedio (il sottile-psichico-astrale), sotto l’influsso delle ombre utilizzate nella medianità. L’abbandono prematuro crea problemi perché è stato trascurato, nella sadhana, uno stadio o fase importante, la vera parte attiva dell’opera di trasformazione, quella solare, ben indicata da Sai Baba: l’opera consapevole di soluzione dell’io. L’abbandono prematuro elabora una spiritualità infantile, superstiziosa, di totale deresponsabilità (del tipo “questa o quest’altra cosa l’ha voluta Dio”, nel bene o nel male, l’individuo in questione, affibbia ogni cosa a Dio e non alla propria scelta-responsabilità). Solo dopo ha senso l’abbandono, quella parte della sadhana che è “attesa cosciente”, non passività né deresponsabilità, perché quello che c’era da fare attivamente è stato fatto e resta quell’imponderabilità perché tutto si compia definitivamente.
Nell’oggi, sia in Oriente sia in Occidente, la parola Maestro (Guru) è stata inflazionata, sminuita del suo vero significato e valore, volgarizzata e commercializzata da innumerevoli “indegni” di tale nome. La parola Maestro, invece, nel campo spirituale dovrebbe essere carica di profondo significato.
Un vero, autentico, Maestro non è altro che l’incarnazione di una particolare “qualità” divina, ovvero universale. La “qualità” divina incarnata da un Maestro può essere l’Amore (prema), la Conoscenza (vidya), la Rettitudine (dharma, l’incarnazione del giusto agire), la Volontà divina (icchasakti). Ogni Maestro, incarnandosi-nascendo nel mondo del divenire, porta in sé una specifica missione da compiere, di natura pubblica o di natura privata riservata a pochi. Alcuni particolari Maestri hanno trasceso le qualità-guna così il loro Insegnamento è fuori dal contesto dei guna (cioè nirguna, privo di qualità-guna).
La cosa importante da sapere è che un vero Maestro esprime l’Insegnamento con il pensiero, le parole e l’azione in quanto autentico “canale universale”.
Coloro che danno sfoggio sull’erudizione della teoria della Dottrina e la trasmettono senza incarnarla (cioè senza “essere” quella Dottrina) non sono veri maestri.
Esistono, quindi, falsi e indegni Maestri. Esistono, però, anche falsi aspiranti-discepoli. Gli uni e gli altri si attraggono facilmente grazie al magnetismo delle loro aure.
Un cosiddetto aspirante spirituale è alla ricerca di “qualcosa” di cui non ha ancora compreso la natura e che non ha ancora trovato: corre così da un insegnamento all’altro, da un maestro all’altro, parla e straparla di questioni spirituali, esoteriche, iniziatiche, crede di aver compreso la Dottrina e spesso tende a diventarne il nuovo messia.
L’errore della maggior parte dei ricercatori aspiranti-discepoli è di cercare e di vedere nel Maestro la figura del padre, della madre, di uno psicologo o di un taumaturgo che con un solo gesto cancella qualsiasi problema e concede l’Iniziazione.
Un vero Maestro, invece, ha l’obiettivo di risvegliare la coscienza proponendo la Dottrina esercitando l’Influsso spirituale sovraindividuale. Un Maestro non può dare “qualcosa” a chi non ce l’ha per natura: ecco perché opera solo su chi ha sviluppato già le “qualificazioni” necessarie per l’Iniziazione. Il Maestro si preoccupa di portare dalla potenza all’atto ciò che realmente già è il neofita. I tanti maestri che dispensano “iniziazioni di massa” sono falsi maestri, gli indegni del Kaliyuga che trovano facilmente i falsi aspiranti-discepoli da asservire.
Un sincero aspirante-discepolo deve ammettere e comprendere, in tutta umiltà, che il suo percorso comincia dallo stato di “uomo decaduto” per giungere, attraverso molte fasi graduali, a poter esprimere la Verità che la “Vita è unità indivisa”. L’aspirante-discepolo deve abbandonare, quindi, quelle passioni, quei sentimenti che esprimono l’amore degenerato, perché il vero Amore è sempre accompagnato dalla Coscienza-Consapevolezza-Conoscenza, una presa di consapevolezza della Verità universale.
Un aspirante-discepolo non può avviarsi in un percorso spirituale se non “sente”, e “accetta” in sé, la Verità “una e senza secondo”, realtà che però dovrà, prima o poi, attuare in pratica.
La spiritualità, nell’oggi, sembra creare più facilmente dei fanatici che veri discepoli: crea più facilmente una via deviata rispetto a quella che dovrebbe essere, alimenta spesso una passionalità unilaterale del neofita.
Chiamano metafisico quanto appartiene ai piani sottili e invisibile all’occhio fisico sensoriale.
La Metafisica è ciò che trascende il fisico grossolano, il piano sottile e l’informale principiale. Tutto ciò che avviene nel piano sottile, anche con un riflesso fenomenico speciale (prodigioso) nel grossolano, non può essere chiamato sovrannaturale perché rientra in ciò che è del tutto “naturale”. La Metafisica riguarda il Brahman nirguna, il Turiya (il “Quarto” stato), il Trascendentale.
I tre stati, invece, che formano la “Natura” sono:
il piano causale (Brahman saguna, Isvara), la fonte principiale del Moto della Manifestazione universale;
il piano sottile (Hiranyagarbha), quale mondo delle energie sottili, che è il dominio della “scienza occulta”;
il piano fisico grossolano (Virat) che è il dominio della “scienza accademica” che studia i fenomeni del mondo delle forze.
Questi tre Stati o Piani, per quanto appartenenti a dimensioni vibratorie diverse, fanno parte della “Natura” (“Triplice”) e sono quelli contemplati dai Piccoli Misteri (aparavidya). I Grandi Misteri (paravidya) contemplano la Conoscenza Suprema del Turiya, della Metafisica assoluta.
La confusione ha avuto la meglio anche sui vari Rami tradizionali o iniziatici: lo dimostrano loro stessi per come si contrastano, gli uni con gli altri, per incomprensione. Così non c’è esoterismo ma settarismo. Mancando la visione Metafisica, o la capacità per avere una visione Metafisica, la situazione resta critica.
Una corrente spirituale o una scuola iniziatica non possono essere poste nell’ambito di semplici processi mentali né di quelli passionali: non possono essere ciò che sostengono di essere.
Chi vuole accedere alla vera Conoscenza Metafisica deve trascendere il proprio stato individuato.
Il vero Maestro, che è posto nello stato universale e non individuato, fa scendere l’Influsso spirituale sovraindividuale che stimola la coscienza del discepolo risvegliandola all’attuazione di sé. Il Maestro è attraverso il Silenzio che comunica direttamente, dalla sua coscienza alla coscienza del discepolo e così in tale condizione l’Influsso spirituale opera immediatamente.
Il Maestro vero, essendo la Conoscenza (vidya) stessa, non ha nozioni mentali da offrire al discepolo, nulla che il discepolo debba memorizzare.