I Maestri sono dei veri grandi leader perché sanno tirare fuori il meglio da quegli enti planetari che scelgono le vesti di Sadhaka-discepoli.
Un discepolo resta legato liberamente ad un Maestro dopo aver “visto”, percepito la sua “visione”, sentendo il bisogno di condividerla, essere utile, rispondendo emozionalmente. Emerge nel discepolo una motivazione profonda che forma un legame senza tempo col Maestro, vivificato costantemente da un amore-emozione senza limiti. Si viene a creare la situazione come se un “sutra” (filo, corda) legasse costantemente il discepolo al Maestro e questo “filo” speciale e invisibile potesse essere “tirato” sia dall’uno sia dall’altro in un qualsiasi momento per comunicare urgentemente. Quanto descritto è come se fosse così: nella realtà è difficile spiegare ai non iniziati.
Tali discepoli amano la presenza del Maestro, vogliono essere al suo servizio, vogliono far sempre meglio per essergli più vicini, vogliono condividere la sua “visione”, vogliono partecipare alla riuscita dei suoi “piani”.
Il comportamento di questi discepoli non è servile ma sono semplicemente motivati e spinti all’azione perché pervasi dall’ispirazione del Maestro ed amano rispondere a tale stato con le migliori azioni che possono aiutare il successo dei suoi “piani”.
I Maestri non provocano risposte comportamentali soffocanti o affettuosamente sciocche ma instillano una corrente divina d’azione in grado di far lavorare da un alto livello di intelligenza emozionale.
I discepoli a parole, ma non di fatto, sono quelli che sono rimasti devoti solo all’ignoranza metafisica, all’ego e che, infatti, si lamentano sempre, manifestano risentimento, rabbia e aggressività.
Di questi non-discepoli i Maestri si dispiacciono per la mancata occasione-possibilità ma non possono far nulla se essi non avanzano verso di Lui, facendo lo sforzo di rinunciare all’ego seguendo la via del bene collettivo, innamorandosi realmente della “visione”.
Molti pseudo discepoli vivono in contraddizione, indulgono in scoppi d’ira, si manifestano lunatici, scadono nell’autoritarismo, fraintendono il significato dell’autentica libertà, cadono in depressione, non hanno chiarezza d’idee e di visione.
Il Maestro insegna, suggerisce, ispira, consiglia ma non impone; aspettando che il cuore del discepolo si dischiuda completamente. Nell’attesa, il Maestro cerca di intravedere i segni utili del risveglio.
L’investigazione più semplice che effettua il Maestro è l’osservare il corpo fisico grossolano del discepolo: le espressioni negative (rigidità, tensioni, fastidi, ecc.) che indicano “quanto” non è stato riconosciuto e lasciato andare. Ascolta poi le parole-testimone delle emozioni provocate dagli eventi non digeriti che continuano ad influenzare fino a trascinare l’intera individualità umana in una invisibile gabbia autolimitante. Il Maestro scruta i pensieri della rabbia e del risentimento che si annidano, mascherandosi, e che non vengono riconosciuti e liberati. Egli cerca nel discepolo il senso di responsabilità dei propri sentimenti, perché la responsabilità dei sentimenti è un importante segno di maturità che partecipa alla giusta direzione da seguire. Osserva anche in quale misura il discepolo offre e prende fiducia non solo nella condivisione dei sentimenti ma su tutto. Prende in seria considerazione il grafico della tendenza egocentrica del discepolo perché è importante capire quanto è in grado di liberarsi dalle emozioni tossiche per poter far parte di eventuali compiti di servizio al prossimo, spiritualmente parlando.
Una Sadhana non può contenere stress, mancanza di fiducia, forme di ostilità latente o segni di resistenza nei confronti della comunità: in tal caso il discepolo sta vivendo un problema emozionale che non riesce a gestire o rilasciare, minacciando il proprio rapporto con la visione perseguita e innescando una serie indesiderabile di contraddizioni.
Il Maestro osserva e opera da un profondo-alto livello del regno dell’intelligenza spirituale e si muove, quindi, per offrire sempre occasioni di contatto d’amore, di compassione, di gioia, di pace interiore: cerca di trasmettere il “Sacro” nella vita di tutti i giorni. Egli vuole, per i discepoli, esperienze che li tocchino nel profondo per risvegliarli ai dialoghi con l’Anima, espandendo la loro coscienza senza sforzo, con naturalezza.
Il Maestro lavorando con i singoli discepoli lo fa andando oltre le situazioni immediate, ottenendone nel tempo un’anima di gruppo: operando alchemicamente sull’intelligenza emozionale dei discepoli li risveglia all’uso dell’intelligenza spirituale.
È per questo che un Maestro, per la Tradizione Primordiale, è un’incarnazione della “Luce”: il Maestro sa illuminare (risvegliare) con Saggezza.