L’uomo comune, ordinario, “normale” che costituisce la maggior parte dell’umanità, è un “dormiente”, è, cioè, addormentato nella coscienza; pensa, parla e agisce in modo meccanico e automatico, non è cosciente. Non è in grado di modificare nulla in sé stesso e nell’ambiente che lo circonda. Sa rispondere solo in modo distruttivo a causa dell’ignoranza che lo avvolge. È soggetto al flusso degli eventi. L’uomo cosiddetto normale è come se fosse costituito da un insieme di “io”, un aspetto che ricorda un interessante riferimento che si legge nel Vangelo di Marco, 5,9 dove Gesù chiede al demone che possiede un uomo quale sia il suo nome, e gli viene risposto “Legione è il mio nome, perché siamo molti”. Prevale nell’uomo ordinario la confusione di una coscienza frammentaria: è come se egli non fosse un’Anima e sprovvisto, per questo, della possibilità di far riferimento a un centro di governo unitario della propria personalità, sulla scia della convinzione di essere del tutto mortale. In realtà egli è solo prigioniero di una terribile condizione, quella ben descritta nel mito della “caverna di Platone” dalla quale ha bisogno di fuggire con l’aiuto di qualcuno che, già liberato, conosca tuttavia i modi per realizzare questa impresa. Egli non è consapevole di questa prigionia, non sa di essere un’Anima immortale.
Per questa condizione di cecità in cui si trova molte scuole, dell’antichità e moderne, sostengono che l’uomo sia senz’anima. Costoro sono vittime, a loro volta, di una profonda ignoranza metafisica. Ve ne sono altre che lo affermano come aspetto strategico del loro insegnamento esoterico. La Tradizione Primordiale insegna che egli è uno spirito-anima incarnato nella dimensione della materia perché “caduto spiritualmente” ma che risvegliandosi, prendendo nuovamente consapevolezza di sé, della propria natura divina, può fare ritorno alla propria condizione originaria, attraverso un apposito “sentiero realizzativo” (la “via stretta” o “via verticale”) da percorrere fino in fondo. È necessario, quindi, una Illuminazione-Realizzazione-Liberazione.
Come essere incarnato nella materia è un’Anima condizionata, soggetto a subire la conseguenza dei limiti materiali e a soffrire dell’inconsapevolezza di sé stesso che lo fa sentire sempre incompleto, in qualunque tipo di esperienza e di relazione.
È condizionato a un limitato numero di risposte comportamentali e comunicazionali e reagisce in modo meccanico e automatico, come se avesse a disposizione solo un certo range di espressioni, confinandosi all’interno di un ristretto raggio d’azione.
È limitato anche nel sognare come se non si rendesse conto dell’illimitata gamma di opportunità, circostanze, occasioni, condizioni possibili e realizzabili. È improprio definirlo “normale”. È intrappolato e reso schiavo del mondo sensibile: non si rende ben conto, a pieno titolo, nemmeno del corpo fisico grossolano che possiede né della natura sottile della materia. Non riesce ad andare oltre le apparenze fisiche quindi disconosce la realtà profonda delle cose.
Al di là del fatto che l’uomo è inconsapevole di essere un’Anima e prigioniero nelle dinamiche intrappolanti della materia possiede una struttura predefinita, tre corpi-veicoli:
1 corpo fisico grossolano o carnale (sthulasarira);
2 corpo sottile o astrale (lingasarira);
3 corpo causale o mentale spirituale (karanasarira).
Tutti hanno, quindi, tre corpi-veicoli ma è come se avessero solo quello fisico grossolano di cui non sono nemmeno pienamente consapevoli.
Il primo passo fondamentale per permettere una eventuale possibilità di risveglio, è quello di conquistare consapevolezza e una certa padronanza del corpo fisico grossolano. Un impegno che potrebbe richiedere molte vite con esperienze mirate.
Il secondo passo è quello della percezione-consapevolezza che riguarda il corpo sottile o astrale per ritrovare l’unità interiore attraverso le emozioni-sentimenti. Anche per questo passo potrebbero volerci molte vite.
Il terzo passo è quello che spinge nella direzione della conoscenza e comprensione del corpo causale mentale-spirituale, come cardine del proprio potere. Questo terzo passo richiede maggiore impegno rispetto ai primi due e per questo potrebbero volerci moltissime vite. In questa direzione, quando si raggiunge un elevato grado di maturità si comincia a intuire, a “percepire-sentire”, un ulteriore stato, il “Quarto” (turiya), il Trascendentale, riguardante il corpo divino ma in pochi riescono ad accedervi. Pochissimi, quindi, raggiungono lo stato di vero “Uomo spirituale”, cioè di “Liberato” (in vita).
Il “Liberato” è colui che ha raggiunto la consapevolezza e il pieno controllo dei corpi inferiori, non essendo più condizionato da essi. Il “Liberato” con la propria volontà-coscienza è colui che conduce il carro dell’esistenza, senza esserne più trascinato inconsapevolmente.
Sia l’uomo d’Oriente sia l’uomo d’Occidente, nonostante abbiano dato vita a scuole, filosofie, gnosi, discipline esoteriche che segnano percorsi apparentemente diversi e in molti casi addirittura opposti, condividono lo stesso fine, la stessa via da percorrere (la Via Verticale), lo stesso scopo ultimo dell’esistenza umana. Indagare, esplorare la realtà umana deve portare a incontrare, svelare la propria natura divina per poi vivere, da quelle altezze, in conformità con i principi dello Spirito così da conferire alla parola “vita”, finalmente, il vero significato che gli si addice.