La Croce Patente, usata dai Cavalieri del Tempio di Re Salomone, presenta sostanziali differenze con la Croce Cristiana, rivelando significati connessi all’unione con il divino.
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La Croce Cristiana si realizza sull’intersezione di due segmenti perpendicolari e di diversa lunghezza, dei quali il più corto, in posizione orizzontale, intersecato nel suo punto medio, individua, su quello verticale, un punto tale, che la parte ad esso sottostante risulti più lunga di quella opposta e dei due bracci laterali; non di rado la parte sovrastante risulta della stessa lunghezza dei due bracci laterali stessi. Le quattro estremità nelle quali terminano i quattro bracci non denotano particolari caratteri.
La Croce Patente presenta due segmenti della stessa lunghezza, che si intersecano perpendicolarmente nel loro punto medio. Le estremità dei quattro bracci che si diramano dal punto di intersezione vengono raddoppiate, a coda di rondine, in otto punte.
Padre e Madre
Queste differenze morfologiche ne veicolano altrettante sul piano simbolico. Che se ne dica o meno, la nascita della Croce Patente non è attribuibile all’Ordine del Tempio ma, ben nascosta, essa compare da sempre già in Natura: è un dono divino. Il disco ottenuto dalla sezione di una particolare liana della foresta di Panama, custodisce al suo interno una perla: gli Indios le attribuiscono poteri benefici e curativi, lo tengono al collo come amuleto e ne danno questa descrizione: “ Nel midollo dell’albero, che si eleva dalla Terra al Cielo, il simbolo universale della Croce, incontro fra l’asse verticale, maschile, paterno, con quello orizzontale, femminile, materno … “.
Poche parole che, nella loro semplicità, discostano in maniera decisa la Croce Patente, o Panamense, da quella Cristiana: viene considerato il Padre senza dimenticare la Madre; il maschile e il femminile trovano, in questa Croce, la loro unione; gli opposti si completano.
E prosegue: “ Al centro il Figlio dell’Uomo, frutto dell’Amore del Cielo per la Terra, dell’accoglienza della Terra verso il Cielo, espressione di ogni movimento dell’Anima Universale, che nessuno esclude e tutti riporta dentro il Cerchio Sacro della Vita “.
L’idea viene di nuovo ripresa rafforzandone l’intensità, estendendone il valore dualistico, oltre alla coppia verticale e orizzontale, anche a quella Cielo e Terra, distinguendo nella piccola croce interna, più scura, il Frutto del loro Amore: il Figlio dell’Uomo nel Sacro Cerchio della Vita.
Contrariamente alla Croce Cristiana, della quale tra l’altro non si hanno tracce in Natura, la Croce Patente rievoca, nei due segmenti di pari lunghezza, certamente il Padre, ma anche la Madre. In altre parole, richiamando il verticale e l’orizzontale e conferendo loro, nella lunghezza dei segmenti, pari importanza, ci si vuole riferire contemporaneamente ad entrambi i Principi creatori.
I due segmenti, intersecandosi e realizzando un successivo e invisibile movimento rotatorio, si dispongono a tracciare una figura, il cerchio, qui inteso come la Vita.
Un’interpretazione che può trovare un positivo riscontro, ma non proprio piena condivisione. È, infatti, una spiegazione che, trascurando un fondamentale aspetto, risulta troppo immediata nella giustificazione del cerchio, tanto da indurre a credere che si tratti di un adattamento semplificato, dalla versione originale degli Indios, per una più estesa vendibilità sul mercato per così dire globale. Accantoniamo per un attimo il significato del cerchio per poter arrivare, un passo alla volta, alla sua comprensione.
Partiamo dallo “scheletro” della Croce della Liana: la Croce Greca.
L’Ottagono
Quella greca è una croce in cui sono presenti, come già visto, i riferimenti agli opposti complementari, nei due segmenti verticale e orizzontale; l’idea della Vita è già consegnata dalla loro semplice sovrapposizione e dalla figura che ne consegue: il quadrato. Esso, e non il cerchio, facendo appello al numero 4, rappresenta i punti cardinali e quindi lo spazio in cui la Vita ha origine e si sviluppa. Al quadrato, dunque, piuttosto che al cerchio, spetta l’onere di raffigurare la Vita.
Consideriamo ancora la Croce Greca, ma questa volta nell’accostamento a quella del Tempio; essa risulta graficamente sovrapponibile ma amputata di otto particolari: lo sdoppiamento a coda di rondine delle quattro estremità dei bracci.
Nella Croce della Liana, se non proprio nello sdoppiamento delle punte, la stessa simbologia è senz’altro leggibile nel raddoppiamento della superficie che le sue estremità ricoprono. È in questo dettaglio grafico, piuttosto che nei segmenti, che va rinvenuta, simbolicamente, la giustificazione dell’inscrivibilità nel cerchio … ma procediamo ancora con ordine.
Due elementi, quindi, accomunano la Croce Patente e quella della Liana:
- Il simbolismo legato alla loro struttura di base, la Croce Greca: in essa si leggono le diagonali di un quadrato, che rimanda ai punti cardinali e quindi allo spazio della Vita e dell’uomo. Il 4 è il numero legato a tali concetti.
- Sulle estremità dei loro bracci è codificato graficamente il numero 8.
Quale parte spetta, in questo gioco dei ruoli, al numero otto? Richiamandolo nelle loro croci, Templari e Gaudenti volevano suggerire qualcosa.
È bene, a questo punto, rivelare il significato del cerchio: considerato, per eccellenza, la figura piana perfetta, non può che prestarsi alla rappresentazione del Divino. Quale rapporto tra quadrato e cerchio, quindi come nesso tra la Vita, legata al piano della materia, e il Divino, intuito come puro spirito, l’ottagono, figura piana che nell’otto trova il suo numero, si pone come la bramosa tensione umana alla Conoscenza di Dio. Questo è ciò che si può leggere nella Croce Patente! La nobiltà spirituale come sinonimo, da un lato, di elevazione dal piano della materia, il quadrato, dall’altro, come aspirazione ad una condizione puramente incorporea, il cerchio. L’ottagono si frappone tra il quadrato e il cerchio a rappresentare la fase mediante la quale il primo può trasformarsi nel secondo.
Questo avviene quando l’uomo, nel suo desiderio di ascensione, riesce, in un istante successivo a quello dell’intuizione, ad esperire, toccandola, una realtà superiore e spirituale, nella quale “incontra” e acquisisce il clone di se stesso, differente dall’originale, da sé, solo nel “genere”. Giocando ancora con le figure vedremmo formarsi un quadrato di segno opposto a quello di partenza, un quadrato passivo, nero, femminile, di contro al primo attivo, bianco, maschile, il quale, ruotando di 45°, si disporrebbe a creare la struttura di base: nell’ultimo passaggio, percorrendo alternativamente i vertici delle due figure, l’ottagono si mostrerebbe all’occhio.
Nel risultato raggiunto i due quadrati si presentano al passaggio successivo: opposti di segno, nel loro essere attivo e passivo, come positivo e negativo, producono la “differenza di potenziale” sufficiente a far ruotare l’ottagono e raggiungere, oltre l’infinito e l’eterno, il cerchio … lo zero assoluto … il Bene assoluto: Dio. L’ottagono gioca il suo ruolo nell’interporsi tra il materiale e lo spirituale, altrimenti disgiunti, ovvero, divenendo cerniera tra gli opposti, l’ottagono si rende ponte tra Terra e Cielo, stargate tra immanente e trascendente, mutando quell’amalgama quale il grigio, in uno per il quale il bianco, se mescolato al nero, consente la vista di tutti i colori che lo compongono: è quell’arcobaleno che gli Inca volevano androgino …
tratto dal periodico mensile “Fenix” – direttore Adriano Forgione – n° 24 Ottobre 2010 –