dalla Rivista Italiana di Teosofia ANNO LXVII N.10, Ottobre 2011
Rassegna Mensile Della Società Teosofica Italiana – (www.teosofica.org)
L’argomento del nostro Congresso, e cioè la fratellanza senza distinzioni come valida via per il risveglio, è un tema calzante, attuale e illuminante.
Non c’è da stupirsi che il primo Scopo della nostra cara Società Teosofica sia la Fratellanza Universale senza distinzioni. Come uno dei Fratelli Maggiori ha detto, la fratellanza è l’unico fondamento sicuro per la moralità universale. Attraverso essa possiamo costruire una società fondata su principi più elevati. Perché?
La mente umana è per natura duale. Usando la mente per speculare su tutto, l’essere umano genera divisioni che impediscono la percezione della fondamentale unità di tutte le cose e della vita così com’è.
Con il pensiero l’uomo crea segmentazioni, non solo nella propria mente, ma nel mondo e nelle relazioni, il che dà origine a gruppi, parti, fazioni, partiti, atteggiamenti di accettazione o rifiuto, eccetera. Naturalmente queste divisioni generano interessi diversi e quindi conflitti senza fine mentre gli individui – ciascuno di noi – non si rende conto delle divisioni nella propria coscienza.
La Fratellanza, se compresa in profondità, può essere un antidoto contro la tendenza a generare separazioni mentali e quindi conflitti.
La parola “fratellanza” che ha evidentemente un significato facile da comprendere, possiede un contenuto straordinario, molto più ampio e profondo di quanto possa sembrare. A livello superficiale si potrebbe dire che “fratellanza” significa instaurare relazioni gentili e amichevoli. In molti contesti sociali le persone sono disponibili e civili in apparenza, mentre nel loro atteggiamento interiore sono competitive, pensano spesso a calunniarsi a vicenda, nutrono invidia e vivono nella contrapposizione.
Non possiamo quindi pensare alla fratellanza solo come ad una bella idea. Dobbiamo penetrare il suo significato più profondo, che richiede una comprensione della vita e di noi stessi.
La fratellanza richiede non solo comportamenti civili, con partecipazione e buone maniere, ma esige un atteggiamento interiore senza divisioni, fratture, barriere e pregiudizi nella nostra mente. Essa richiede buona volontà, pazienza, equilibrio e consapevolezza dell’unità in tutti i nostri rapporti.
La fratellanza è una naturale espressione dell’amore che deriva dalla consapevolezza della fondamentale unità di tutta la vita.
Tale unità è essenzialmente interiore. Ciò non significa, da un punto di vista materiale, che tutti dovrebbero vivere sotto lo stesso tetto. Questo non può essere possibile per ovvie ragioni. Tale unità è nella coscienza indivisibile, che opera in modo integrato e cooperativo, senza immaginare partizioni, perché vede le cose come sono, senza divisioni o barriere, consapevolmente o meno, nello schermo della mente.
Per essere effettiva, per essere una realtà e non solo una parola, la fratellanza esige necessariamente un’azione fraterna, un atteggiamento aperto e collaborativo, senza distinzioni di alcun tipo. Per renderla reale nella nostra vita è necessario un duro lavoro con noi stessi e nei nostri rapporti, attraverso la conoscenza di sé.
Solo attraverso la profonda e sincera percezione di noi stessi, dei nostri desideri segreti, idiosincrasie e contenuti mentali ed emozionali, saremo in grado di svuotare le nostre menti al fine di aprirci gli uni agli altri, agendo in tutte le relazioni in modo veramente fraterno. Ogniqualvolta vi sia una tendenza egocentrica e le azioni, interne ed esterne, si basino sul senso “dell’io e del mio”, coinvolgendo idee, punti di vista, lavoro personali, eccetera, la fratellanza sarà solo un concetto, o addirittura un’utopia, ma non sarà una realtà.
L’amore, che viene naturale quando ci sono una reale percezione ed una vera comprensione dell’unità, non coesiste con il sé, che per natura è un’entità separativa. A conseguenza di ciò una reale ed effettiva fratellanza, che è una manifestazione dell’amore, non può coesistere con l’egocentrismo. L’io psicologico, come tutte le strutture della personalità, deve essere forte, non per se stesso, ma per servire meglio la natura superiore, attraverso l’espressione dell’amore, la saggezza e la conseguente azione fraterna.
Grazie al suo primo scopo la nostra Società è ben fondata sul principio della Fratellanza Universale, senza distinzione di razza, credo, sesso, casta o colore. Tutto questo sembra essere stato sufficientemente compreso da coloro che sono stati coinvolti nel movimento teosofico per qualche tempo. Tuttavia, abbiamo ancora bisogno di comprendere a fondo la necessità che ciascuno di noi non faccia distinzioni.
Anche all’interno della Società Teosofica spesso siamo testimoni di atteggiamenti che sono espressione di simpatie e antipatie, con motivazioni personali, sia che queste si presentino in modo conscio o inconscio. Non è raro vedere membri che lasciano un gruppo per passare ad un’altro perché non simpatizzano con alcuni fratelli. Molte volte alcune persone si rifiutano di cooperare perché chi conduce il lavoro è una determinata persona, invece di un’altra. Questa situazione è spesso impercettibile. In altri contesti, essa dà luogo a conflitti che non dovrebbero esistere in un’istituzione come la nostra.
Non basta parlare di fratellanza. Dovremmo essere fraterni sia all’interno che all’esterno della Società Teosofica e in tutte le circostanze della nostra vita. Per agire fraternamente dobbiamo percepire noi stessi, le nostre preferenze, simpatie e antipatie, così come la tendenza a creare divisioni e le barriere mentali nella nostra coscienza. Così facendo queste inclinazioni possono essere messe da parte affinché non interferiscano con il nostro comportamento.
L’azione fraterna di cui abbiamo bisogno in tutte le circostanze non può esistere se l’amore non fiorisce dalla nostra natura più profonda. E l’amore non verrà se non prendiamo coscienza di tutta la “spazzatura”, residuo di emozioni e pensieri non percepiti, che può essere rimossa solo attraverso l’osservazione attenta di ogni movimento soggettivo e le correlazioni di quei pensieri ed emozioni con la vita oggettiva.
Non ci può essere una divisione tra vita spirituale e vita materiale. Questo è un altro gioco creato dal pensiero, che divide e polarizza tutto. La vita materiale è la vita spirituale. Se non è tale, la vita spirituale sarà semplicemente un altro, ulteriore segmento, un pezzo, una fonte di conflitto nella nostra vita incompresa e frammentata.
La conoscenza di sé, che consente l’auto-percezione, presuppone un’osservazione costante di noi stessi, della vita e delle relazioni. Senza questo atteggiamento siamo schiavi di comportamenti di cui non ci accorgiamo e di idee che non hanno corrispondenza con la verità, e molto spesso, inconsapevolmente, agiamo in modo poco fraterno.
Usare la parola “fratellanza”, o giocare con l’idea che dobbiamo essere fraterni, non ci rende necessariamente tali. E’ essenziale avere un atteggiamento amorevole in tutte le situazioni della vita. Ciò avverrà solo se si percepisce il sé con le sue esigenze e i suoi infiniti bisogni. Ogni volta che vogliamo far prevalere il nostro punto di vista, e quindi imporci in una discussione, ogni volta che nutriamo pensieri negativi o parliamo male di qualcuno, quando non riusciamo a collaborare a causa di antipatie personali, quando esercitiamo e adoriamo il potere, dentro o fuori la Società Teosofica, agiamo mossi dall’io e perciò manchiamo nell’essere fraterni.
Non possiamo trasformare il mondo senza trasformare noi stessi. Allo stesso modo, non possiamo parlare di fratellanza, se vuole essere una realtà e non solo una parola, senza la percezione di noi stessi e senza auto-trasformazione.
La vita spirituale è sia in noi che fuori di noi. Richiede un’armonizzazione interiore che deriva dal cogliere le molteplici sfaccettature del nostro sé personale e il suo naturale abbandono. Richiede inoltre relazioni non fondate sul “sé”, in altre parole, sul proprio interesse. Solo le azioni che non derivano da una motivazione basata su quell’interesse, sono veri atti fraterni.
E’ inutile pensare di poter cambiare gli altri, come accade di solito. L’esistenza di divisione e conflitti deve essere percepita e compresa da noi stessi, nella nostra interiorità che è il nostro mondo soggettivo. Una volta che le divisioni vengono eliminate dalla nostra mente tutti i problemi si risolvono e l’azione fraterna nasce spontaneamente e con naturalezza in tutte le nostre relazioni.
Non commettiamo errori, non v’è spiritualità se non in connessione con la consapevolezza di noi stessi e dei rapporti che si fondano sull’interesse personale. Tale percezione, quando è presente, trasforma la coscienza perché è un incontro con la verità, con le cose come sono, sia nei loro aspetti oggettivi che soggettivi.
Nessuna istituzione, neppure la Società Teosofica, può portare chiunque alla verità o a relazioni amorevoli. Ognuno deve fare il lavoro da se stesso, osservando i suoi bisogni, i suoi schemi mentali ed emotivi, l’insieme delle proprie idee su ciò che pensa essere giusto o sbagliato, in breve tutto il suo mondo interiore, in modo che tale spazio possa essere svuotato. Da questo spazio, che è infinito, una nuova azione può nascere, non fondata su di sé e sui propri interessi.
Questo è un compito alla nostra portata. Non è una forma di spiritualità idealizzata, utopica e irrealizzabile. L’azione veramente fraterna ha il suo posto nella nostra vita qui e ora, in tutti i nostri pensieri e relazioni.
Morire al sé significa nascere a una vita dove l’amore, l’azione e la cooperazione fraterna scaturiscono naturalmente. Ciò significa anche ravvicinarci davvero al centro della vita che è l’unità di fondo di tutte le cose.
Essere fraterni significa essere consapevoli del piccolo sé e delle sue esigenze senza fine e trasformarlo in una semplice coppa per ricevere la vita divina. Senza rendersene conto siamo schiavi di questo sé e di tutti i suoi interessi. Le motivazioni personali non cesseranno di esistere, perché abbiamo bisogno di vivere e di muoverci nel mondo, con responsabilità che sono proprie della persona. Questi stessi interessi personali tuttavia avranno un’importanza infinitamente ridotta di modo che l’intera struttura umana diventi un qualcosa di semplice, che sia in grado di ricevere amore e di irradiarlo a tutte le manifestazioni della vita.
Le dimensioni personale e impersonale necessitano di coesistere armoniosamente in ognuno di noi. Ciò sarà possibile solo se saremo consapevoli che tutto quel che è personale è limitato. Questa percezione cambia il focus della nostra coscienza e apre lo spazio a quella dimensione dove quell’energia benefica, che è amore, è sempre presente. In questo modo si mette da parte in maniera spontanea ciò che è proprio e si serve ciò che è impersonale.
Se vogliamo che la nostra amata Società Teosofica sia una luce in questo mondo, che è così confuso e conflittuale, così pieno di orrori e sofferenze, dobbiamo fare il nostro lavoro. Se ogni teosofo è consapevole di cosa veramente vuol dire essere fratelli, vivendo in accordo con questa comprensione, cambieranno molte cose nel mondo.
Come ha detto uno dei responsabili della fondazione del nostro movimento, il valore di un gruppo di persone che lavorano assieme non si misura dal loro numero, ma dalla loro ardente sincerità.
Se non siamo consapevoli di noi stessi, con onestà e umiltà, se non lavoriamo duramente e costantemente sull’osservazione di noi stessi e delle relazioni fondate su interessi personali, non saremo in grado di rimuovere gli infiniti ostacoli che ci impediscono di essere, qui e ora, un nucleo reale e potente di Fratellanza Universale.
Se ognuno effettua il lavoro della conoscenza di sé, se ogni membro è attento e persistente nell’osservazione che, naturalmente, comporta la percezione di noi stessi e delle nostre relazioni, se moriamo ai nostri interessi personali, sacrificandoli in modo amorevole, in nome di interessi superiori, di tutta l’umanità, saremo uniti in un unico organismo che sarà sempre più idoneo ad essere utilizzato dai Santi Esseri, che guidano i destini dell’umanità, nel loro lavoro per dissipare l’ignoranza e la sofferenza.
Relazione presentata in occasione del 10° Congresso Mondiale della Società Teosofica
(Roma 10-15 luglio 2010) – Traduzione di Augusto Picerni –