Nelle pagine precedenti, abbiamo lasciato quasi completamente da parte la questione della localizzazione effettiva della “contrada suprema”, questione molto complessa e del resto, dal punto di vista nel quale ci siamo posti, secondaria.
Sembra che si possano prendere in considerazione varie localizzazioni successive, corrispondenti ai diversi cicli, suddivisioni di un altro ciclo più esteso, il Manvantara; del resto, se si considerasse l’insieme di quest’ultimo mettendosi in qualche modo fuori del tempo, vi sarebbe da osservare, fra quelle localizzazioni, un ordine gerarchico corrispondente alla costituzione di forme tradizionali le quali poi non sono altro che adattamenti della tradizione principale e primordiale, che domina tutto il Manvantara. D’altra parte, ricorderemo ancora che possono esservi, simultaneamente, oltre al centro principale, molti altri centri ad esso collegati, e che sono altrettante immagini di esso, il che dà luogo facilmente a confusioni, tanto più che, essendo i centri secondari più esteriori, sono proprio per questo più appariscenti del centro supremo. (Secondo l’espressione che Saint-Yves riprende dal simbolismo dei Tarocchi, il centro supremo sta fra gli altri centri come “lo zero chiuso dei ventidue arcani”)
A questo proposito abbiamo già notato in particolare la somiglianza di Lhassa, centro del Lamaismo, con l’Agarttha; aggiungeremo ora che, anche in occidente, sono note ancora almeno due città la cui disposizione topografica presenta particolarità che, in origine, hanno avuto una simile ragion d’essere: Roma e Gerusalemme (e abbiamo visto che quest’ultima era effettivamente un’immagine visibile della misteriosa Salem di Melki-Tsedeq). Esisteva infatti, nell’antichità, una sorta di geografia sacra o sacerdotale, e la posizione delle città e dei templi non era arbitraria ma determinata da leggi molto precise (Il Timeo di Platone sembra contenere, in forma velata, certe allusioni alla scienza di cui si tratta); si possono intuire in questo i legami che univano l’”arte sacerdotale” e l’”arte regale” all’arte dei costruttori (Si ricordi quanto è stato detto sul titolo di Pontifex; l’espressione “arte regale” è stata conservata dalla Massoneria moderna), come anche le ragioni per cui le antiche corporazioni erano in possesso di una vera tradizione iniziatica (Per i Romani Janus era al tempo stesso il dio dell’iniziazione ai Misteri e quello delle corporazioni di artigiani – Collegia fabrorum – ; vi è, in questa doppia attribuzione, qualcosa di particolarmente significativo). Del resto, tra la fondazione di una città e la costituzione di una dottrina (o di una forma tradizionale, per adattamento a condizioni definite di tempo e di luogo), vi era un rapporto tale che la prima era usata spesso quale simbolo della seconda (Citeremo come esempio il simbolo di Anfione che edifica le mura di Tebe grazie al suono della sua lira; si vedrà fra breve che cosa indica il nome della città di Tebe. È nota l’importanza della lira nell’Orfismo e nel Pitagorismo; anche nella tradizione cinese si parla spesso di strumenti musicali che hanno un ruolo similare ed è evidente che quanto viene detto in proposito va inteso anch’esso simbolicamente). Naturalmente si doveva ricorrere a precauzioni speciali quando si trattava di fissare la sede di una città destinata a divenire, per un aspetto o per l’altro, la metropoli di tutta una parte del mondo; e i nomi delle città, come anche tutto ciò che si racconta intorno alle circostanze della loro fondazione, meriterebbero di essere esaminati accuratamente da questo punto di vista (Quanto ai nomi, si possono trovare alcuni esempi nelle pagine precedenti, in particolare per quelli che si ricollegano all’idea di bianchezza, e ne indicheremo altri ancora. Ci sarebbero anche molte cose da dire sugli oggetti sacri cui erano legate, in certi casi, la potenza e la conservazione stessa della città: tale era il leggendario Palladium di Troia; e, a Roma, gli scudi dei Salii – che si diceva fossero stati intagliati in un aerolito al tempo di Numa; il Collegio dei Salii era composto da dodici membri – ; questi oggetti erano supporto di “influssi spirituali”, come l’Arca dell’Alleanza per gli Ebrei).
Senza dilungarci su tali considerazioni che riguardano solo indirettamente il nostro argomento, diremo ancora che un centro simile a quelli di cui abbiamo parlato esisteva a Creta nell’epoca preellenica (Il nome Minosse era di per sé un’indicazione sufficiente a questo riguardo, come quello di Menes per quanto concerne l’Egitto; quanto a Roma, rimanderemo a ciò che si è detto sul nome di Numa, e ricorderemo il significato di quello di Schlomoh per Gerusalemme. – A proposito di Creta, segnaleremo l’uso, da parte dei costruttori del medioevo, del Labirinto come simbolo caratteristico; la cosa più curiosa è che il percorso del Labirinto, tracciato sul pavimento di certe chiese, era considerato quale una sostituzione del pellegrinaggio in Terra Santa per coloro che non potevano compierlo), e che sembra che l’Egitto ne contenesse molti, probabilmente fondati in epoche successive, come Menfi e Tebe Come si è visto, Delfi aveva avuto questo ruolo per la Grecia; il suo nome evoca quello del delfino, il cui simbolismo è molto importante. – Altro nome degno di nota è quello di Babilonia: Bab-Ilu significa “porta del Cielo”, che è una delle qualifiche attribuite da Giacobbe a Luz; tale nome, d’altra parte, può avere anche il significato di “casa di Dio”, come Beith-El; diviene però sinonimo di “confusione” – Babe – allorché la tradizione è perduta: si verifica allora il rovesciamento del simbolo, e la Janua Inferni prende il posto della Janua Coeli). Il nome di quest’ultima città, che fu anche quello di una città greca, deve richiamare la nostra attenzione, riguardo alla designazione di centri spirituali, a causa della sua manifesta identità col nome della Thebah ebraica, cioè dell’Arca del diluvio. Quest’ultima è anch’essa una rappresentazione del centro supremo, considerato specialmente in quanto garante della tradizione allo stato, per così dire, di avviluppamento (Questo stato è assimilabile a quello rappresentato, per l’inizio di un ciclo, dall’”Uovo del Mondo”, che contiene in germe tutte le possibilità che si sviluppano nel corso del ciclo; l’Arca contiene, d’altra parte, tutti gli elementi che serviranno alla restaurazione del mondo e che sono anche i germi del suo stato futuro), durante il periodo transitorio che fa da intervallo fra due cicli ed è segnato da un cataclisma cosmico che distrugge lo stato anteriore del mondo per far posto a un nuovo stato (Un’altra funzione del “Pontificato” è quella di garantire il passaggio o la trasmissione tradizionale da un ciclo all’altro; la costruzione dell’Arca ha qui lo stesso significato di quella di un ponte simbolico, perché entrambi sono destinati a permettere il “passaggio delle acque”, il quale, a sua volta, ha significati molteplici). Il ruolo del Noah biblico (Si noterà inoltre che Noè è designato come colui che per primo piantò la vigna – Genesi, IX, 20 – , il che va collegato con quanto abbiamo detto prima sul significato simbolico del vino e sul ruolo nei riti iniziatici, a proposito del sacrificio di Melchisedec) è simile a quello che, nella tradizione indù, svolge Satyavrata, il quale diviene poi, sotto il nome di Vaivaswata, il Manu attuale; ma bisogna notare che, mentre quest’ultima tradizione si riferisce così all’inizio del presente Manvantara, il diluvio biblico segna soltanto l’inizio di un altro ciclo più ristretto, compreso all’interno di questo stesso Manvantara (Uno dei significati storici del diluvio biblico può essere riferito al cataclisma in cui scomparve l’Atlantide); non si tratta del medesimo accadimento, ma soltanto di due accadimenti analoghi (La stessa osservazione va applicata naturalmente a tutte le tradizioni diluviane che si ritrovano presso numerosi popoli; ve ne sono che concernono cicli ancora più particolari, ed è questo il caso, in particolare, presso i Greci, per i diluvi di Deucalione e di Ogige).
Bisogna rilevare inoltre il rapporto esistente fra il simbolismo dell’Arca e quello dell’arcobaleno, rapporto che nel testo biblico è suggerito dall’apparizione di quest’ultimo dopo il diluvio, come segno dell’alleanza fra Dio e le creature terrestri (Genesi, IX, 12-17). L’Arca, durante il cataclisma, galleggia sull’oceano delle acque inferiori; l’arcobaleno, nel momento che indica la restaurazione dell’ordine e il rinnovarsi di tutte le cose, appare “nella nube”, cioè nella regione delle acque superiori.
Si tratta dunque di una relazione di analogia nel senso più stretto della parola, il che significa che le due figure sono inverse e complementari l’una rispetto all’altra: la convessità dell’Arca è volta verso il basso, quella dell’arcobaleno verso l’alto e la loro unione forma una figura circolare o ciclica completa, di cui essi rappresentano le due metà (Queste due metà corrispondono a quelle dell’”Uovo del Mondo” come le “acque superiori” e le “acque inferiori”; durante il periodo di confusione, la metà superiore è divenuta invisibile ed è nella metà inferiore che si produce allora ciò che Fabre d’Olivet chiama l’”accatastarsi delle specie”. Le due figure complementari di cui si tratta possono inoltre, sotto un certo aspetto, essere assimilate a due falci di luna girate in senso inverso – l’una essendo il riflesso dell’altra e sua figura simmetrica in rapporto alla linea di separazione delle acque – , il che si riferisce al simbolismo di Giano, di cui la nave, del resto, è uno degli emblemi. Si noterà inoltre che vi è una sorta di equivalenza simbolica tra la falce lunare, la coppa e la nave, e che la parola “vascello” serve a designare queste ultime due – il “Santo Vascello” è una delle denominazioni abituali del Graal nel medioevo). Questa figura infatti all’inizio del ciclo era completa: essa è la sezione verticale di una sfera la cui sezione orizzontale è rappresentata dal recinto circolare del Paradiso terrestre (Questa sfera è anch’essa l’”Uovo del Mondo”; il Paradiso terrestre si trova sul piano che lo divide nelle sue due metà, superiore e inferiore, cioè al limite del Cielo e della Terra); e il recinto è diviso da una croce formata dai quattro fiumi che escono dalla “montagna polare” (I Cabbalisti fanno corrispondere a questi quattro fiumi le quattro lettere dell’alfabeto che formano in ebraico la parola Pardes; abbiamo segnalato altrove il loro rapporto analogico con i quattro fiumi degli Inferi – L’Esoterisme de Dante, 1957, p. 63 – ). La ricostituzione deve operarsi alla fine del medesimo ciclo; ma allora, nella figura della Gerusalemme celeste, il cerchio è sostituito da un quadrato (Questa sostituzione corrisponde a quella del simbolismo vegetale col simbolismo minerale, di cui abbiamo indicato altrove il significato – L’Esoterisme de Dante, 1957, p. 637 – . Le dodici porte della Gerusalemme celeste corrispondono naturalmente ai dodici segni dello Zodiaco e alle dodici tribù di Israele; si tratta proprio, dunque, di una trasformazione del ciclo zodiacale, consecutiva all’arresto della rotazione del mondo e alla sua fissazione in uno stato finale che è la restaurazione dello stato primordiale, allorché sarà compiuta la manifestazione successiva delle possibilità che questo conteneva. – L’”Albero della Vita”, che era al centro del Paradiso terrestre, è al centro della Gerusalemme celeste, e qui porta dodici frutti; questi sono in un certo rapporto con gli Aditya, come l’”Albero della Vita”, a sua volta, è in rapporto con Aditi, l’essenza unica e indivisibile da cui essi sono stati generati), il che indica la realizzazione di ciò che gli ermetici designano simbolicamente come la “quadratura del cerchio”: la sfera, che rappresenta lo sviluppo delle possibilità attraverso l’espansione del punto primordiale e centrale, si trasforma in un cubo quando tale sviluppo è compiuto e l’equilibrio finale è raggiunto per il ciclo considerato (Si potrebbe dire che la sfera e il cubo corrispondono qui rispettivamente ai due punti di vista dinamico e statico; le sei facce del cubo sono orientate secondo le tre dimensioni dello spazio, come le sei braccia della croce tracciate a partire dal centro della sfera. – Per quanto riguarda il cubo, sarà facile un accostamento con il simbolo massonico della “pietra cubica”, che si riferisce parimenti all’idea di compiutezza e di perfezione, cioè alla realizzazione della pienezza delle possibilità implicite in un certo stato).
tratto da “Il Re del Mondo” – di Réne Guénon – Adelphi Edizioni
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Il Risveglio della Tradizione Occidentale – Edizioni Atanor
La Tradizione e le Tradizioni – Edizioni Mediterranee