“Il finito diventa infinito, pur mantenendo le sue proprietà ed anche l’oggetto si trasforma in qualcosa d’altro, pur rimanendo tale. Il simbolo assume la funzione di mezzo per trasformare un oggetto o un atto in qualche cosa di diverso da quel che è nella prospettiva dell’esperienza profana. Nell’esperienza mistica la natura è tutta divina, tutto è archetipo, tutto è ierofania (ciò che mostra il sacro), non esistono più sopra e sotto: per i ‘primitivi’ in genere non esiste una differenza netta fra ‘naturale’ e ‘sovrannaturale’, fra oggetto empirico e simbolo. Un oggetto diviene ‘se stesso’ (cioè incorpora un valore) nella misura in cui riproduce un archetipo, e nella misura in cui rende evidente la complementarietà tra sacro e profano. I simboli, quali segni di una realtà trascendente, annullano i loro limiti concreti, cessano di essere frammenti isolati, per integrarsi in un sistema. Dato che l’uomo dispone di una facoltà creatrice di simboli di cui esso è l’unico fruitore, tutto ciò che compie è simbolico e questo lo porta ad interpretarsi come simbolo in una esperienza esistenziale che gli consente di sentirsi parte di quella rete di simboli per eccellenza che è l’universo. L’uomo non sente più di essere un frammento impermeabile, è invece un Cosmo vivo, aperto a tutti gli altri Cosmi vivi che lo circondano”.
tratto da “Immagini e Simboli. Saggi sul simbolismo magico-religioso” – Edizioni TEA, 1993