Nella visione dello Yoga il corpo umano, con tutti i suoi organi e sistemi, ha una valenza che va oltre l’ordine materiale delle cose: ha una valenza spirituale. L’attitudine dello Yogi dovrebbe essere, infatti, sempre quella della piena considerazione dell’integrità del deha (il corpo) nei suoi aspetti fisico-grossolano e sottile. Per uno Yogi dovrebbe essere impossibile separare corpo fisico, emozionale, mentale e spirituale.
Per lo Yoga è molto importante la parte inconsistente (sottile) perché è quella che controlla, plasma e dirige tutto il resto.
Lo Yoga, nel suo aspetto posturale (gli Asana), svolge una rieducazione neuro funzionale psicocorporea. La postura (l’asana), più che un atteggiamento corporeo è uno stato mentale (attenzione, equilibrio, stabilità): più che fisica è sottile. L’aspetto posturale è solo uno dei mezzi che portano lo Yogi ad essere asamsari, cioè colui che è al di là del samsara (il ciclo del divenire).
Lo Yoga offre, al Sadhaka-Yogi praticante, potenti veicoli coscienziali quali sono le mudra (vedi Gheranda Samhita e Hatha Yoga Pradipika) e i mantra (“increati” ed “eterni”). Infatti il mantrayoga (le parole o suoni di potere che costituiscono mantravidya, la scienza dei mantra) ha il fine di risolvere la mente in Brahman. I mantra insieme alle mudra (gesto o movimento gestuale ma anche particolare “postura”) suggellano precisi stati di consapevolezza. Il suono per eccellenza che lo Yogi deve coscienzalizzare, se vuole procedere verso la mukti o moksa (la liberazione), è il suono del silenzio (muka), il suono prodotto dal primordiale movimento che provocò l’”emergere” della maya da Brahman (l’Aum o pranavasabda).
Senza tralasciare naturalmente, quali modalità funzionali importanti, quelle del pranayama (dal controllo del respiro-prana alla sintonizzazione con l’Essere universale). Il controllo del flusso prana-respiro equilibria ed armonizza il mentale-coscienziale.
Lo Yoga porta a governare la propria vita iniziando dal proprio corpo (deha o sarira). La pratica posturale riprogramma lo schema corporeo ottimale.
La pratica Yoga aiuta ad ascoltare i messaggi del corpo e la presa di coscienza delle funzionalità integrate emotive, razionale e corporea che sono il fondamento per l’individualità umana. Ma ciò che aiuta a fare veramente è una cosa di estrema importanza per la Sadhana: superare dehadhyasa, lo stato di identificazione col veicolo grossolano e la dipendenza da esso.
Il Sadhaka-Yogi praticante non può procedere lungo il sentiero realizzativo senza aver superato la falsa idea (dehatmabuddhi) di essere solo il corpo.
Come abbiamo detto in altre occasioni non esiste, e non può esistere uno Yoga antico ed uno Yoga moderno: lo Yoga, innanzitutto, è fuori dalle concezioni di tempo, spazio, quantità e misure.
Far rientrare le pratiche Yoga tra l’insiemistica delle terapie considerate alternative è soprattutto una idea errata oltre che a snaturarne l’essenza, lo scopo, la portata. Le diverse pratiche dello Yoga, svolte correttamente, fanno ottenere quegli effetti consequenziali che favoriscono molti disturbi dei vari sistemi corporei dell’organismo grossolano: muscolare, scheletrico, circolatorio, nervoso, linfatico, endocrino, urinario, apparato respiratorio, apparato digerente, apparato riproduttore. La pratica degli Asana libera, a livello encefalico, delle sensazioni di pace e di benessere donando una potente azione distensiva a livello muscolo-scheletrico e riducendo eventuali dolori. Quindi lo Yoga agisce efficacemente a livello psico-neuro-endocrino-immunologico e non solo.
Una importante risposta psicofisica è quella del rilassamento profondo, non tanto per il diffuso senso di benessere totale, di cui il praticante viene a beneficiare, quanto per le implicazioni esoterico-spirituali riguardanti i corpi sottili. Infatti il sanscrito indica, con il termine savasana, la postura per il rilassamento profondo, che deriva infatti da sava che sta per “apparenza di un corpo morto”, cosa che dà l’idea di quale profondità di rilassamento si debba intendere nello Yoga.
Altro mezzo importante nello Yoga è dharana, la concentrazione, l’accentramento dell’attenzione e della consapevolezza su un solo punto (esteriore o interiore).
Dharana prepara alla meditazione (dhyana) il mezzo fondamentale che prepara l’esperienza di samadhi (“identità reale”). La sua esperienza si manifesta in una serie di gradi sempre più elevati che svelano l’essenza di tutte le cose, l’essenza dell’uno-senza-secondo.
Tutti i mezzi yogici aiutano ad avere samadarsana, l’unicità di visione (tutti gli estremi in una visione onnicomprensiva e unitaria).
I circuiti neuronali di ciascun ente sono diversi da tutti gli altri perché corrispondono alle esperienze vissute (fisicamente, a livello delle sensazioni, emotivamente, mentalmente e spiritualmente). Ogni neurone eccitato risponde con un impulso nervoso che sfocia in una trasmissione elettro-chimica e quindi sono molte le miscele di neuro-trasmettitori e di neuro-modulatori.
La Sadhana Yoga offre esperienze che si riflettono in una consequenziale plasticità cerebrale.
Lo Yoga è una Via iniziatica al Trascendente.
Dopo quella del guru (Maestro, cioè colui che elimina l’ignoranza-oscurità: gu = ignoranza-oscurità e ru = rimozione) lo Yoga non può non evocare la visione di una antichissima comunità di iniziati la cui influenza giunge fino all’oggi nel cuore del Sadhaka-Yogi praticante mediante il supporto dei testi tramandati o il contatto con una catena (Gurusisyaparampara) da guru a discepolo (sisya) nella trasmissione della Dottrina.
Lo Yoga è la speciale procedura che “risveglia” dal sonno principiale, da quel sonno della coscienza consustanziale all’ignoranza.
Lo Yoga libera, come sentiero realizzativo, dalla falsa conoscenza.
Il jiva (essere vivente, anima individuata), finché non ha realizzato l’ultima Verità, è connaturato all’ignoranza metafisica (avidya).
Il jiva deve “risvegliarsi” alla Consapevolezza dell’identità con il Brahman (Realtà assoluta, l’Assoluto in sé).
Il Sadhaka-Yogi praticante superando i limiti dei circuiti elettro-bio-chimici può entrare nelle dimensioni superiori ed operare come un tutt’Uno con la Mente Eterna dell’Io Sono.
Sperimentare il “risveglio” implica la conoscenza e la consapevolezza di alcune cose fondamentali che un buon Sadhaka-Yogi praticante deve sapere.
Gli insegnamenti indicano l’importanza dell’arresto delle attività della sostanza mentale. Cosa significa? Ovviamente non significa l’eliminazione della sostanza mentale (e le sue vrtti – modificazioni, onde, vibrazioni – ) ma la possibilità dell’esperienza diretta di essa.
Il rischio per molti è, se non hanno ancora rimosso un certo pensare in senso quantitativo (sia verso il mondo oggettivo sia verso il mondo astratto), astrazione quantitativa, di vincolare il pensiero yogico ad una esperienza interiore del materialismo. Lo Yoga invece deve fornire una conoscenza sovrasensibile capace di escludere, finché non si è “pronti”, una consapevole esplorazione spirituale nella materia.
Le forze in gioco, nel sentiero realizzativo, sono potenti quindi il contenuto dello Yoga (Asana, Mantra, Mudra, Pranayama, l’apertura alla Sakti, la connessione alla corrente di Kundalini, Savasana e Dhyana) deve diventare dominio delle forze del Sé. Sperimentare la sintesi delle forze che si articolano in prakrti fa congiungere con una scaturigine originaria di vasta portata.
È bene, per un Sadhaka-Yogi praticante, non dimenticare che il Sé (atman) all’interno del corpo-personaggio di un ente incarnato è indipendente dai cinque involucri chiamati pancakosa.
I pancakosa costituiscono la struttura umana: annamayakosa, pranamayakosa, manomayakosa, vjnanamayakosa, anandamayakosa.
1 Annamayakosa corrisponde al corpo fisico grossolano.
2 Pranamayakosa è il penultimo involucro che avvolge il jivatman prima del corpo fisico. È l’involucro costituito di prana, dell’insieme delle energie sottili dette praniche che mantengono in vita il corpo grossolano e lo tengono in attività. È inserito nel fisico denso tramite la rete di nadi (canali di natura sottile, conduttori di prana). È in questo involucro che risiedono i cakra. Pranamayakosa corrisponde alla parte più densa del corpo sottile (lingasarira o suksmasarira).
3 Manomayakosa è l’involucro dove è attivo il senso dell’io (ahamkara). È costituito dalla mente empirica (selettiva-istintuale) che opera tramite attrazione-repulsione. Il suo dinamismo agisce su pranamayakosa attraverso i cakra condizionando sia lo stesso corpo pranico sia il corpo fisico.
4 Vjnanamayakosa è il secondo involucro che avvolge il jiva ed è fatto di intelletto superiore (ovvero buddhi che esercita il discernimento intuitivo, l’intuizione sintetica, il saggio atto di valutazione). Questo involucro quando risvegliato e sviluppato equilibra manomayakosa. Se reso “sattvico” lo Yogi è in grado di contemplare gli archetipi universali.
5 Anandamayakosa è l’involucro composto di beatitudine, il più interno dove la coscienza giace nel suo stato di unità indistinta. È questo involucro che ha prodotto tutti gli altri. È il corpo-causa che viene chiamato anche ajnanakosa, ossia involucro di ignoranza, ove l’unità di coscienza rifrange ma senza riflettere la pura beatitudine dell’atman. È, quindi, la sede del jiva nello stato di sonno profondo. Questo involucro è al di là dal tempo-spazio tridimensionale e sottile. La “beatitudine” di questo involucro non è generata da alcuno stimolo sensoriale esterno e, quindi, non è come il “piacere” che offre il corpo sottile rappresentato da manomayakosa.
Nell’ordine individuale lo Yogi sperimenta, nel piano grossolano della manifestazione, la coscienza nello stato di veglia (jagrat) e gli corrisponde il corpo grossolano (sthulasarira). Piano di Annamayakosa.
Poi la sperimenta, nel piano sottile, nello stato di sonno con sogni (svapna) e gli corrisponde il corpo sottile (lingasarira o suksmasarira). Piani di Pranamayakosa, Manomayakosa e Vjnanamayakosa.
E ancora la sperimenta, nel piano causale, nello stato di sonno profondo senza sogni (susupti) e gli corrisponde il corpo causale (karanasarira). Piano di Anandamayakosa
E per finire la sperimenta in quello chiamato il “Quarto stato” (Turiya) che li trascende tutti. È qui che si sperimenta l’Uno-senza-secondo, la Non-dualità (advaita). Turya è la pura e assoluta Coscienza non duale, priva di modificazioni (vrtti), di sovrapposizioni (upadhi) e di oggetti. È lo stato che può essere realizzato con il nirvikalpasamadhi (il samadhi senza differenziazione tra conoscitore, conoscenza e conosciuto).
Noi consigliamo a tutti i promettenti Yogi di conoscere “Paramarthasara” (“Essenza della Realtà Suprema”), l’importante opera sivaita non-dualista composta da Abhinavagupta.
Consigliamo al Sadhaka-Yogi praticante, per avere la certezza della meta, di mettere nel proprio cuore “paramabhakti”, ossia la devozione suprema che conduce alla conoscenza della Realtà.
La “paramabhakti” opera la trasfigurazione di sé.
Il Sadhaka-Yogi praticante a nulla potrà pervenire, in fatto di realizzazione, se non comincia sin dai suoi primi passi con l’affrontare, in modo risolutivo, i cinque grandi problemi che condizionano l’essere umano, chiamati i Klesa (afflizioni):
1 Avidya – ignoranza metafisica
2 Asmita – senso dell’individualità, illusione dell’ego, egoismo
3 Raga – amore, ovvero attrazione, attaccamento, passione
4 Dvesa – repulsione, odio, avversione
5 Abhinivesa – eccessiva sete di esistenza e di esperienza
La Verità-Realtà, a disposizione di tutti coloro che la vogliono accettare (vivere), per quanto possa essere oscurata o velata non potrà mai essere distrutta.
In appendice a quanto già detto sopra si vuole ribadire che lo Yoga è un sistema iniziatico così come lo è il Tantra.
Il Sadhaka-Yogi praticante, che si accosta iniziaticamente al sentiero “realizzativo scelto”, sarà guidato alla più ampia comprensione dei mezzi iniziatici sperimentabili secondo i principi più elevati possibili.
Il Tantra, ancora così poco conosciuto dai così detti esperti occidentali, prende in grande considerazione il principio femminile (femminino) sakti.
Il Tantra non va considerato un complesso di pratiche sessuali secondo le istanze dell’uomo profano.
Incoronano il Tantra un insieme di fondamentali concetti filosofici, di pratiche e di tecniche rituali dal profondo carattere magico-esoterico.
Il Tantra insegue una realizzazione spirituale e come tutte le vie autentiche la liberazione dell’Anima.
Il Tantra carezza l’energia divina creatrice, primordiale e presente in ogni essere.
Il Tantrismo è un sistema iniziatico che guarda agli esseri umani in tre classi:
1 Pasu – i materialisti che hanno quasi una coscienza animale;
2 Vira – i responsabili, gli eroici, i cuori nobili;
3 Dvija – gli enti dalle qualità divine che manifestano la compassione e la virtù.
Il Tantra si esprime in due scuole:
1 la Daksinacara – della “mano destra” (essoterica)
2 la Vamacara – della “mano sinistra” (esoterica)
La Vamacara è una via difficile perché contempla una visione eroica dell’amore verso la divinità: utilizza con distacco proprio i mezzi considerati normalmente pericolosi per la vita spirituale. La salvezza, la liberazione è cercata in quegli “atti” che fanno bruciare l’uomo profano identificato con la carne.
L’unione sessuale iniziatica, il Maithuna, (il maschio è Siva e la femmina è Sakti) non ricerca la gratificazione dei sensi ma l’unione con la divinità.
La fase ritenuta importante è quella del risveglio di Kundalini che inoltrandosi deve congiungersi con Sahasrara Cakra.
Il Tantra tiene in alta considerazione la conoscenza ma molto di più la “potenza” per conseguire la realizzazione certa.
I testi tantrici si dividono, per contenuto, in quattro parti:
1 jnana
2 yoga
3 kriya
4 carya
“Un serio e preparato discepolo cui domandassimo perché pratica lo Yoga risponderebbe di certo in questo modo: perché riconosco – come affermano i Veda, le Upanisad e anche la Tradizione iniziatica occidentale – che sono caduto nell’avidya obliando così la mia vera natura; praticando lo Yoga sconfiggerò l’avidya e mi reintegrerò nella mia pura essenza o pura coscienza”.
Raphael (Essenza e Scopo dello Yoga, pag. 29-30)
Colui che aspira sinceramente all’iniziazione posiziona il proprio cuore verso la direzione del Sanatana Dharma, la Conoscenza di origine non-umana, in una delle vie che assumono la forma di “sentiero realizzativo”.
tratto da “Il Sentiero Realizzativo” di Rosario Castello (su: www.amazon.it)
DELLO STESSO AUTORE:
Yoga – Piccola guida per conoscerlo
Il Volto del Male – Mistero e Origine
Il Sole D'Oro - Una Via per Shambhala
L'invisibile identità del potere nascosto
Tradere – Per le Stanze dell’Esoterismo Volume I
Tradere – Per le Vie immateriali dell’Esistenza Volume II
Tradere – Per le immortali Vie dello Yoga Volume III
Libri consigliati dal Centro Paradesha:
di Raphael Edizioni Asram Vidya
Essenza e Scopo dello Yoga
La Scienza dell’Amore
di Swami Satyananda Saraswati Edizioni Satyananda Ashram Italia
Asana Pranayama Mudra Bandha
Tantra
Kundalini Tantra
Il Mantra
Concentrazione e Meditazione. La via più breve alla realizzazione di sé.
Yoga Nidra
Surya Namaskara
Karma Yoga
Quattro Capitoli Sulla Libertà
La Visione dello Yoga (insieme a Swami Niranjanananda Saraswati)
Dhyana Yantras. Strumenti per la Meditazione
di B.K.S. Iyengar
Teoria e pratica dello yoga Edizioni Mediterranee
di Swatmarama
Hathapradipika La Chiara Lanterna dello Hatha Yoga Edizioni Savitry
di Danielle Audoin
Avviamento allo Studio dello Yoga Edizioni Teosofiche Italiane
di Gabriella Cella Al-Chamali
Il Grande Libro dello Yoga Edizioni Rizzoli
Il rilassamento di Sarah Cervellati Edizioni Promolibri Magnanelli
Manuale di Meditazione di Claudio Lamparelli Edizioni Oscar Mondadori
Concentrazione e Meditazione di Sivananda Edizioni Mediterranee
Neurofisiologia dell’Illuminazione di Robert Keith Wallace Ed. Tecniche Nuove
Livelli di Coscienza di Rabten Ghesce Ed. Ghe-Pel-Ling 1988
Meditazione e Azione di Yesce Ed. Chiara Luce Pomaia 1992
La via della Meditazione di Sri Satya Sai Baba Ed. Mother Sai Publication
L’estasi di M. Margnelli Ed. Sensibili alle Foglie Roma 1996
Meditazione Trascendentale di Jack Forem Ed. Astrolabio-Ubaldini
Sette stati di coscienza di Anthony Campbell Ed Astrolabio-Ubaldini