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398. Vaticano Massone di G. Galeazzi e F. Pinotti

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Presentiamo, di seguito, degli stralci dell’interessante libro di Giuseppe Galeazzi e Ferruccio Pinotti “Vaticano Massone”, Edizioni Piemme 2013.

*****

Capitolo 18

I papi come “asset”
della massoneria internazionale


Giovanni XXIII e i rosacroce

I pontefici non rappresentano solo l’autorità suprema della Chiesa cattolica, ma solo allo stesso tempo capi di stato di un’entità sovrana che non solo dispone in tutto il mondo di immense ricchezze finanziarie, ma che vanta anche una “cittadinanza” di fedeli di 1 miliardo e 200 milioni di persone (quanto l’India), un’attiva diplomazia e una rappresentanza capillare nel globo, nonché rapporti politici e religiosi di alto livello con i leader mondiali, in termini e proporzioni irraggiungibili rispetto alle altre grandi religioni monoteiste.
Per queste ragioni, i papi sono sempre stati oggetto di attenzione da parte della politica mondiale, delle segreterie di stato, dei servizi di intelligence e di ogni grande lobby di potere. il grande network della massoneria ha perciò sempre cercato di avvicinare i papi, di stringere relazioni cordiali con loro, di avere accesso al loro entourage ristretto. Si tratta di una storia di rapporti complessa e affascinante, ricca di risvolti problematici.
Il 25 settembre 1964 appariva sul giornale francese “Juvénal” un’intervista rilasciata dal barone Yves Marsaudon, ministro del Supremo consiglio di Francia della massoneria di rito scozzese. Alla domanda del giornalista, se il barone avesse conosciuto bene papa Giovanni XXIII, il gran massone rispose: “Ero molto legato a monsignor Roncalli, nunzio apostolico a Parigi. Mi ha ricevuto più volte alla nunziatura e in diverse occasioni egli è venuto nel mio domicilio di Bellevue nella Seine-et-Oise. Quando sono stato nominato ministro dell’ordine di Malta ho manifestato al nunzio le mie perplessità, a causa della mia appartenenza massonica. Monsignor Roncalli mi ha confermato formalmente di restare in massoneria”.
I rapporti fra il massone Yves Marsaudon e il nunzio Angelo Roncalli sono continuati anche dopo l’elevazione alla tiara del cardinale attraverso benedizioni, segnali di amicizia e persino inviti ufficiali a Castel Gandolfo: “Mi ha ricevuto nella mia qualità di ministro emerito dell’ordine di Malta e mi ha dato la sua benedizione rinnovandomi il suo incoraggiamento per un’opera di riavvicinamento tra le Chiese, come pure tra la Chiesa e la massoneria di tradizione”, ha testimoniato il gran massone francese.
Non stupisce che nella premessa di un libro dello stesso Marsaudon si legga una simile dedica: “Alla memoria di Angelo Roncalli, sacerdote, arcivescovo di Mesembria, nunzio apostolico a Parigi, cardinale della Chiesa romana, patriarca di Venezia, papa sotto il nome di Giovanni XXIII, che si è degnato di accordarci la Sua benedizione, la Sua comprensione e la Sua protezione. Al padre dei poveri, al papa della pace, al padre di tutti i cristiani. All’amico di tutti gli uomini e al suo augusto continuatore, Sua Santità il papa, Paolo VI”.
Anche Virgilio Gaito, ex Gran Maestro del Grande Oriente in due occasioni si è estresso in merito ai rapporti tra la massoneria e Giovanni XXIII: la prima volta in un’intervista a Fabio Andriola apparsa su “Italia Settimanale” il 26 gennaio 1994, e la seconda in un’intervista a Giovanni Cubeddu apparsa sulla rivista “30 Giorni” nel febbraio 1994.
A “Italia Settimanale” Gaito dichiarava: Si dice che Giovanni XXIII sia stato iniziato alla massoneria quando era nunzio a Parigi. Riferisco quello che mi è stato detto. Del resto, nei suoi messaggi ho colto molti aspetti che sono proprio massonici”.
Anche il giornalista Cubeddu di “30 Giorni” Gaito confermò: “Pare che papa Giovanni XXIII sia stato iniziato a Parigi e abbia partecipato ai lavori delle officine a Instabul. Quando poi ho ascoltato le gerarchie ecclesiastiche parlare nelle omelie dell’uomo come centro dell’universo mi sono commosso fino alle lacrime”.
Di fronte a dichiarazioni così autorevoli e pubbliche il Vaticano non ha mai ritenuto di dovere intervenire con vigorose e documentate smentite.
Don Luigi Villa, un combattivo sacerdote bresciano che ha speso la vita a cercare e raccogliere le prove dell’insana infiltrazione della massoneria nella Chiesa, è convinto che già il predecessore di Montini, Giovanni XXIII, fosse vicino alla massoneria. In particolare sembra che Roncalli avesse avuto contatti con la massoneria martinista e con i rosacroce, un gruppo massonico di ricerca filosofica, non tecnicamente scomunicato dalla Chiesa, durante la sua esperienza come diplomatico della Santa Sede. Anche il massone Pier Carpi, iscritto alla lista P2, ha parlato, citando come fonte un anziano membro dei rosacroce, di un’iniziazione di Roncalli ai rosacroce, mentre era delegato apostolico in Turchia, nel 1935.
È documentato, come si è accennato, che Roncalli, mentre era nunzio a Parigi, fu in rapporti amichevoli con il barone Yves Marsaudon, maestro venerabile 33° della Gran Loggia di Francia e ministro dell’ordine di Malta, una realtà cattolica considerata vicina alla massoneria al punto che Pio XII l’aveva messa sotto inchiesta, nominando una commissione cardinalizia che aveva lo scopo di sopprimere l’ordine di Malta, proprio perché sospettato di favorire infiltrazioni massoniche nella Chiesa.
Con papa Giovanni XXIII la situazione mutò e il 24 giugno 1961, giorno della festa di san Giovanni Battista, patrono dell’ordine di Malta, papa Roncalli ricevette in Vaticano i Cavalieri di Malta, annunciando loro la soppressione della commissione cardinalizia voluta da Pio XII. E dichiarando la sua volontà di approvare le Costituzioni dell’ordine, autorizzandolo a eleggere un Gran maestro.

Paolo VI e la presunta iniziazione

Secondo diversi studiosi delle relazioni tra Chiesa e massoneria, la posizione di Paolo VI nei confronti dei liberi muratori è stata ancora più favorevole di quella del suo predecessore Giovanni XXIII.
Una testimonianza significativa è stata quella di un sacerdote che era massone dichiarato, il paolino padre Rosario Esposito, scomparso nel 2009 a 88 anni, che per decenni ha sostenuto strenuamente e instancabilmente la tesi delle grandi “concordanze” tra Chiesa e massoneria. La decennale fedeltà di padre Esposito per i liberi muratori è stata persino il 2 dicembre 2006 dal Gran maestro della Gran Loggia nazionale d’Italia Luigi Danesin, che gli ha conferito il titolo di “maestro libero muratore onorario”.
La nomina di padre Esposito come maestro onorario non poteva passare inosservata ai vertici del Vaticano, visto che l’anziano sacerdote apparteneva alla Società San Paolo, don Silvio Sassi, datato 5 giugno 2007, recitava: “In merito alle notizie, diffuse da alcuni organi di stampa, riguardanti il sacerdote della Società San Paolo don Esposito Rosario che, mediante atto pubblico, avrebbe liberamente aderito alla massoneria, si precisa che la cerimonia alla quale ha partecipato il suddetto sacerdote con l’attribuzione del titolo, non richiesto, di maestro libero muratore onorario, non riveste in alcun modo il significato di un rito di iniziazione né di pubblica appartenenza. Si tratta, infatti, di una libera iniziativa della massoneria della Gran Loggia d’Italia per esprimere apprezzamento e gratitudine all’attenzione manifestata da don Rosario Esposito in tanti anni di contatti e di dialogo. Ciononostante non si può non deplorare che il sacerdote, sia pur in situazione di grave malattia, abbia accettato tale onorificenza”.
Non si sarebbe trattato cioè di un’iniziazione in senso “tecnico”, bensì di un’ammissione “bilaterale” del rapporto di grande simpatia e “fratellanza” esistente tra un qualificato esponente della Chiesa e la libera muratoria.
Tuttavia padre Esposito, classe 1921, originario di Pomigliano d’Arco (Napoli), ex missionario in Congo e docente negli atenei pontifici di Roma e Napoli, con i suoi libri ha sottolineato i punti di convergenza tra Chiesa e massoneria, avviando i suoi studi “massonologici” nel lontano 1954 e pubblicando oltre 200 titoli sull’argomento tra libri e articoli. Tra le sue opere principali si segnalano Le grandi concordanze tra Chiesa e massoneria e Chiesa e massoneria. Un dna comune.
Il religioso paolino, in una intervista al periodico “Corriere Partenopeo” si professò “massone fino al profondo dello spirito” affermando: “Sono totalmente solidale con loro, condivido tutto. Le costituzioni, i landmarks, gli antichi doveri: sono totalmente con loro”.
Secondo padre Esposito, papa Montini seguiva e incoraggiava i pubblici incontri che, in spirito di ecumenica fratellanza, ebbero luogo tra il 1969 e il 1977 fra esponenti della Chiesa e altissimi dignitari della massoneria.
Anche Rosario Esposito partecipò a tali incontri e ne fu testimone diretto con altri colleghi prelati: il salesiano monsignor Vincenzo Miano, segretario del Segretariato vaticano per i non credenti; il vescovo Alberto Ablondi (1924-2010), presidente della commissione episcopale per l’ecumenismo, il cui nome apre la lista pubblicata da Mino Pecorelli nel 1978 e quella di “Panorama” del 1976; il gesuita padre Giovanni Caprile, firma di primo piano della rivista dei gesuiti “Civiltà Cattolica”.
Per la parte massonica, riferiva padre Esposito, era quasi sempre presente il Gran maestro Giordano Gamberini, coinvolto nella vicenda P2 (e morto nel 2003), affiancato di volta in volta da altri esponenti del Grande oriente d’Italia e, in un caso, da un rappresentante della Gran Loggia nazionale di Francia.
Fu sempre padre Esposito a scrivere su “La rivista massonica” del luglio 1978: “ Il domenicano padre Felix Morlion, molto noto come fondatore dell’Università internazionale Pro Deo, mi confidava un giorno di avere parlato con l’allora monsignor Giovan Battista Montini dei rapporti disastrosi esistenti fra la Chiesa e la massoneria. Monsignor Montini gli disse: ‘Non passerà una generazione e tra le due società la pace sarà fatta’ ”.
Quella che sembrava una affermazione profetica fu invece interpretata da padre Esposito come l’intenzione, la volontà di Montini attuata da pontefice e nei termini temporali preannunciati.
Esistono altri elementi che i teorici di questa linea interpretativa considerano a favore di una possibile vicinanza di Paolo VI alla massoneria. Suo grande elettore fu il cardinale Leo Suenens, il cui nome figura nella lista dell’”Osservatorio politico” di Pecorelli e di “Panorama”. La nomina di Paolo VI fu inoltre preceduta, propiziata e forse decisa in un incontro riservato, una sorta di “preconclave” tra cardinali – storicamente documentato – tenutosi nella villa di Grottaferrata di Umberto Ortolani (1913-2002), membro della P2, da alcuni addirittura indicato come il vero cervello della Loggia di Licio Gelli.
L’affiliazione alla massoneria spiegherebbe anche le ragioni di alcune simpatie di Paolo VI per personaggi discussi e di dubbia reputazione. Il papa di origine bresciana accordò piena fiducia al finanziere piduista Michele Sindona, suo amico fin dai tempi in cui lui, Montini, era arcivescovo di Milano. Tramite il cardinale Sergio Guerri, Montini affidò a Sindona l’incarico di liquidare buona parte del patrimonio immobiliare della Santa Sede.
Montini ebbe rapporti anche con Licio Gelli, al quale conferì un’ambita onorificenza vaticana. Abbiamo già accennato al ricordo di Licio Gelli: “Sì certo, papa Montini lo conobbi. Gli feci recapitare un letto con la struttura laccata in oro zecchino e un materasso speciale. Serbo di Paolo VI un ricordo ottimo, magnifico”, ha raccontato il venerabile della P2. “Avemmo una breve conversazione, poi il papa mi chiese – eravamo seduti davanti a un tavolino – ‘Mi può segnare il suo recapito su un pezzo di carta? Non si sa mai …’. Lo fece battere a macchina”.
Alla morte di Paolo VI, la “Rivista Massonica” del luglio 1978 uscì con un articolo dell’ex Gran maestro della massoneria italiana Giordano Gamberini. Il passo è quanto mai significativo: “Per noi è la morte di chi ha fatto cadere la condanna di Clemente XII e dei suoi successori. Ossia è la prima volta che muore il capo della più grande religione occidentale non in stato di ostilità coi massoni. E per la prima volta nella storia i massoni possono rendere omaggio al tumulo di un papa senza ambiguità né contraddizioni”.

Logge e diplomazia vaticana

Nella lista dei prelati massoni pubblicata da Mino Pecorelli nel 1978, una delle figure più altolocate e in vista era quella del cardinale Agostino Casaroli, padre della ostpolitik vaticana e leader dell’ala diplomatica della Santa Sede, che ricoprì per diversi anni la carica di segretario di stato, che nella Chiesa, dopo quella del papa, è la mansione più prestigiosa.
Sull’appartenenza alla massoneria di questo altissimo prelato un indizio molto significativo lo ha fornito, oltre a Pecorelli, padre Rosario Esposito, come si è visto lui stesso dichiaratamente massone, il quale in un suo libro del 1987 intitolato Le grandi concordanze tra Chiesa e massoneria riferisce che il cardinale Agostino Casaroli il 20 ottobre 1985, in occasione delle celebrazioni del quarantesimo anniversario dell’ONU, tenne, nella chiesa di San Patrizio a New York, “un’omelia di vasto respiro” i cui contenuti “attestano che le concordanze fra la Chiesa e massoneria possono essere considerate di fatto acquisite”. Padre Esposito osserva che nell’omelia il cardinale Agostino Casaroli usò quasi esattamente le stesse parole che aprono e designano la bolla In eminenti apostolatus specula con cui nel 1738 papa Clemente XII (1652-1740) aveva lanciato la prima scomunica contro la massoneria, ma in un contesto e con valenza inversi, “quasi a ricomunicare ciò che era stato scomunicato”.

Gravano forti indizi di affiliazione massonica anche sul cardinale Franz Konig (1905-2004), autorevole arcivescovo di Vienna, che con il cardinale Leo Suenens e altri prelati fu uno dei principali promotori delle innovazioni conciliari. Oltretutto Konig, grande elettore di Giovanni Paolo II, viene indicato dallo storico ufficiale della massoneria italiana Aldo Mola, sulla base – come egli stesso dice – delle informazioni di un “altissimo e ottimamente informato dignitario giustinianeo”, come membro di una Loggia coperta romana, Giustizia e Libertà. Di questa Loggia avrebbero fatto parte Cesare Merzagora, Marcello Saccucci, Giuseppe Caradonna, Luigi Preti, Eugenio Cefis, Guido Carli, Enrico Cuccia, Michele Sindona e altri noti protagonisti della vita politica ed economica italiana.

Anche lo scrittore e giornalista piduista Pier Carpi, grande amico del venerabile Licio Gelli, in un’intervista rilasciata all’”Europeo”, il 12 dicembre 1987, intitolata Nella Loggia di San Pietro, ha indicato Antonio Samorè quale membro attivo e influente della Loggia Ecclesia. Una Loggia che, secondo Carpi, avrebbe operato in Vaticano alle dirette dipendenze del duca di Kent, Gran maestro della Gran Loggia madre all’amico scrittore, definì come “potentissima” e composta “solo da cardinali e alti prelati”.

L’ipotesi di un complotto massonico dietro la morte di papa Luciani

Il 6 agosto 1978 muore Paolo VI. Mutano gli scenari e si accentua lo scontro tra massoneria e Opus Dei: al soglio sale infatti un pontefice che aveva espresso pubblicamente simpatie per l’Opus Dei e antipatie per i rapporti “massonici” coltivati da monsignor Marcinkus, responsabile delle finanze vaticane, con Sindona e Calvi. Il 26 agosto 1978 Albino Luciani, patriarca di Venezia, diventa papa e prende il nome di Giovanni Paolo I. a poco più di un mese dalla sua elezione, dopo soli trentatré giorni di pontificato, nella notte fra il 28 e il 29 settembre 1978, Giovanni Paoli I muore per un infarto miocardico che non è mai stato clinicamente documentato: il corpo venne subito imbalsamato, senza nemmeno essere sottoposto ad autopsia.
La morte, apparentemente naturale, suscitò molti sospetti e aprì un dibattito sulle intenzioni “politiche” di papa Giovanni Paolo I, che pare fossero di risanamento e pulizia di alcuni settori, fra cui quello finanziario.

Secondo Yallop a papa Luciani – la mattina in cui morì – sarebbe stata somministrata una dose di veleno, nel caffè o misciata alle medicine che regolarmente assumeva.

La sua morte fu scoperta attorno alle 5 del mattino, mentre l’esame del corpo da parte del medico del Vaticano, il dottor Buzzonetti, avvenne alle 6.
David Yallop scrive:”La notizia cominciava a diffondersi per la Città del Vaticano. Nel cortile accanto alla banca vaticana il sergente Hans Roggan [delle guardie svizzere, N.d.A.] incontrò il vescovo Paul Marcinkus. Erano le 6.45. cosa stesse facendo a quell’ora del mattino il presidente dello Ior, che vive a Villa Stritch e che notoriamente non è un mattiniero, rimane un mistero. Villa Stritch è a venti minuti d’auto dal Vaticano. Roggan gli svelò la notizia: “Il papa è morto”. Marcinkus fissò con gli occhi sgranati il sergente della guardia svizzera. Roggan gli si avvicinò: “Papa Luciani. È morto, lo hanno trovato sul suo letto”. Marcinkus continuava a fissarlo, senza mostrare alcuna reazione”.

stralci tratti da “Vaticano Massone
di G. Galeazzi e F. Pinotti, Edizioni Piemme

 

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(con Domenico Mogavero) La Chiesa che non tace
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