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5. L'Avatar e i Miracoli di Sri Aurobindo

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di Sri Aurobindo (Op. Omnia, Vol. 13, pag. 156)


L’Avatar è sempre una duplice manifestazione di divinità e umanità; il Divino accoglie in la natura umana con tutte le sue limitazioni esteriori e le trasforma nelle circostanze, i mezzi e gli strumenti della conoscenza divina e del divino potere, un recipiente della nascita divina e delle opere divine. E così deve essere, perché altrimenti non sarebbe raggiunto l’obiettivo della discesa di un Avatar; l’obiettivo, infatti, è di mostrare che la nascita umana, con tutte le sue limitazioni, può veramente essere il tramite e lo strumento della nascita divina e delle opere divine, proprio per mostrare che il tipo di coscienza può essere compatibile con l’essenza divina di una coscienza resa manifesta, che può essere trasformata nel suo recipiente, portata ad una affinità quanto più possibile vicina mutando la sua forma ed elevandone i poteri di luce e amore, forza e purezza; e anche per mostrare come ciò possa essere fatto. Se l’Avatar dovesse agire in modo soprannaturale, tale obiettivo non sarebbe raggiunto. Un Avatar solo soprannaturale e miracoloso sarebbe un’assurdità senza significato; non che ci debba necessariamente essere una totale assenza dell’uso di poteri sopranormali come i cosiddetti miracoli di guarigione del Cristo, perché l’uso di poteri sopranormali è senz’altro una possibilità della natura umana; ma non è affatto una necessità, e in ogni caso non rappresenta la base della materia, né avrebbe senso una vita che non fosse altro che un’esibizione di fuochi d’artificio soprannaturali. L’Avatar non viene come un mago taumaturgico, ma come una guida divina dell’umanità e campione di un’umanità divina.

Anche il dolore umano e la sofferenza fisica devono essere da Lui assunti e usati, in modo da mostrare, primo, come quella sofferenza possa essere un mezzo di redenzione – come fece il Cristo – secondo, per mostrare come, essendo stata assunta dall’anima divina nella natura umana, possa anche essere superata dalla stessa natura, - come fece il Buddha. Il razionalista che vorrebbe aver gridato al Cristo: “Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce”, o che con saggezza rileva come non fosse divino, perché è morto, e per di più di malattia, non sa quello che dice: egli manca l’essenza del problema. E ancora, l’Avatar del dolore e della sofferenza deve venire prima che possa esserci l’Avatar della gioia divina; deve essere assunta la limitazione umana al fine di mostrare come possa essere superata; e il modo e l’estensione del superamento, se soltanto interno o anche esterno, dipende dallo stadio di avanzamento dell’umanità; non deve essere il risultato di un miracolo non umano.




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