Siva (a, m, N): “benigno”, propizio, benefico, favorevole (Ma. Ka. 1.29, 2.33), fausto; uno dei tre aspetti della trimurti, il Divino considerato particolarmente sotto il suo aspetto (murti) distruttore in quanto trasformatore e risolutore della forma. Tuttavia esso, in unione con la sua sakti (Parvati), assume la funzione di costruttore, di creatore: come tale ha per simbolo il linga. Le dottrine saiva diversificano la funzione dissolvitrice da quella creatrice e conservatrice, per cui tanto gli aspetti di Siva quanto le relative sakti sono differenziati, ma, nello stesso tempo, considerano Siva come il Principio unico e assoluto in seno a cui il relativo, mondo dei nomi e delle forme, ossia il divenire, può emergere solo in modo apparente: si ha così una dottrina parallela e, sotto molti aspetti, concomitante con il vivartavada vedantico. Troviamo la medesima designazione di Siva sia nell’Assoluto in sé, privo di dualità e di attributi (paramasiva o sivanirguna), sia nel Principio qualificato (sivasaguna o isvara) che, a sua volta, si polarizza e si scinde in Siva-Sakti ove Siva rappresenta il polo maschile, immobile e positivo, e Sakti quello femminile, mobile e negativo. A loro volta tanto Siva quanto la Sakti si suddividono l’uno nelle “persone” della trimurti (Brahma, Visnu, Siva) e l’altra nelle corrispondenti “energie” (Sarasvati, Laksmi, Parvati). Il principio Siva si ritrova dunque in ogni aspetto dell’esistenza e costituisce ciò che per il Vedanta è il sempre e ovunque presente Uno-senza-secondo, ossia il Brahman. Siva è anche il grande yogin (mahayogin) cui ci si avvicina soprattutto col jnanayoga; è chiamato anche Pasupati, “Signore degli esseri”; infine è la Coscienza pura (caitanya) onnipervadente e senza modificazioni. Nel suo aspetto di trasformatore della forma prende il nome di Rudra o “Fiammeggiante”, o di Bhairava ossia il “Terrifico”. Cfr. Sivasutra, Paramarthasara.
tratto da Glossario Sanscrito, a cura del Gruppo Kevala – Asram Vidya
Ogni ente planetario di ogni tempo, a qualunque livello di risveglio o stato di oblio si trova, cerca istintivamente di comprendere i segreti della creazione. Cerca di dare un nome alle cose, alle forze e ai Principi che sperimenta o intuisce.
In questo processo si serve del “già conosciuto” (cioè l’immaginazione) ma con tutti i limiti che il mondo tridimensionale comporta.
Solo un risvegliato di buon livello, che ha sviluppato un certo grado di intuizione, riesce ad intuire ciò che non può essere espresso con le parole: ecco allora un simbolo, un nome.
L’ente planetario ordinario però finisce, senza l’uso della fantasia, per immiserire ogni conquista dell’intuito: ne fa perdere il vero significato.
Il Sadhaka-Yogi cavalca, invece, la corrente intuitiva e attraverso l’ispirazione linguistica sa far corrispondere il Principio intuito. Solo in tali termini si può dire che si crea con l’intuizione ma in effetti si descrive la Realtà Spirituale: elevandosi alla propria Anima si riesce a dare un nome ad energie, forze, fattori naturali e Principi (divinità, cosmologie, mitologie).
Il nome Siva è sconosciuto negli antichi testi sacri Veda. In essi si parla solo del terribile Rudra (il dio delle tempeste). In quei tempi si usava il termine Siva come epiteto (il Fausto, riferendosi a Rudra). Con gli antichi riti Grhya l’epiteto Siva viene messo accanto a Rudra, diventando così Rudra Siva.
Ai fini della Conoscenza-Coscienza ciò che si può chiamare con Rudra, Siva o con “mille altri nomi” non è altro che il Principio con cui il Sadhaka-Yogi deve assolutamente incontrarsi, se ha intrapreso un autentico “sentiero realizzativo”.
Ogni ente planetario, di allora (ci riferiamo ai tempi pre-vedici e vedici) come di oggi (post-vedici), deve prima accorgersi di trovarsi in balia della devozione all’ignoranza e subito dopo scegliere, non senza difficoltà, una “via” per risvegliarsi al Sé Sovrano. Riconoscere di aver bisogno di un percorso consapevole per il risveglio e lo sviluppo della coscienza è cosa fondamentale. La scelta di un sentiero è la chiave per comprendere ciò che l’Anima ha potuto intuire del Mistero della Creazione.
Lo sviluppo di una lingua, e di un termine all’interno di una lingua, ha a che fare con le possibilità innate, nell’ente planetario, per il risveglio e lo sviluppo della coscienza. I termini di una lingua fanno da testimoni alle migliori possibilità di risveglio della coscienza umana.
È errato, quindi, dire che il dio Siva è stato creato linguisticamente: è stato, invece, intuito il nome migliore di quanto esisteva già come Principio, da sempre. Intuendo il modo migliore di chiamare questo fondamentale Principio esistente, l’ente planetario, ha scoperto il lato buono di tutte le cose: il Male e il Bene, nella stessa medaglia.
Così Siva insegna a sfuggire agli inganni del mondo illusorio.
Il “processo” del risveglio della coscienza fa sperimentare infiniti livelli e graduali stati di coscienza: gradi sempre maggiori di intuizioni dove si colgono aspetti sempre più elevati e profondi delle possibili personificazioni dell’energia Siva (Sakti).
L’immersione in un tale oceano di intuizioni è la risposta alle sollecitazioni della Realtà Spirituale, che è la stessa in ogni tempo.
Il risveglio del potere creativo spirituale avvicina sempre di più al rientro nella “Sfera dell’Alto”.
La scelta di un atto mentale creativo, come quello dei “mille nomi” con cui chiamare il Principio Siva, si può comprendere solo sui piani intuitivi superiori: in un dialogare con gli dèi.
Questo Principio-Siva è chiamato: Siva “il Benevolo”; Hara “il Distruttore”; Samkara “il Salvatore”; Mahadeva “il Grande Dio”; Candrasekhara “colui che ha la luna per diadema”; Nilakantha “Colui che ha la gola blu scura”; Ardhanarisvara “il Signore metà donna” (l’Androgino); Girisa “il Signore delle montagne”; Kamasvara “il Signore del desiderio”; Mahakala “il grande tempo”; Nataraja “il Signore della danza”; Mrtyumjaya “il Vincitore sulla morte”; Sadasiva “Siva l’eterno”; Sambu “Luogo di felicità”; Tripurantaka “il Distruttore di Tripura”; ecc.
Per il Sadhaka-Yogi di ogni tempo è importante la forma-nome Candrasekhara “colui che ha la luna per diadema”.
Siva porta, sul ciuffo frontale, la Luna crescente, il simbolo del Tempo. In una mano tiene il Tridente, l’arma del vincitore dei Tre Mondi; in un’altra il Toro, simbolo fallico di Siva.
Candrasekhara esprime la realtà al di là dello spazio e del tempo e infatti richiama la forma di Siva Nataraja (il Re della Danza Natya nei supremi passi Tandava, il dio dei Lila – i giochi divini mediante i quali il mondo fenomenico si crea e si dissolve dentro la Ruota del Mondo, circondata dalle fiamme di Agni – ). Quindi Candrasekhara è il padrone del tempo, di ciascun ente planetario. Nella comprensione di questa forma di Siva si ha la possibilità di sfuggire alle impalcature delle parole, agli inganni della mente, e il Dio che distrugge ciò che ha creato con le illusioni si rivela.
Grande è l’importanza della recitazione del mantra:
Sivo ‘ham” (“Io [sono] Siva”)
ma solo dopo aver compreso e consapevolizzato il significato e la natura reale di Siva. Ripeterlo semplicemente, meccanicamente e automaticamente, è solo una vana e vuota, se non inutile, pratica.
Ogni autentico Sadhaka-Yogi deve realizzare la propria natura di Siva, immergendosi così nella beatitudine, e facendo svanire l’apparenza del samsara.
Da sapere su Siva
“Siva Samhita” è una delle principali opere sull’Hathayoga.
“Sivasutra” è un’opera dello Sivaismo trika del Kasmir (attribuita a Vasugupta).
“Sivalinga” è la forma di fallo (ovoide di giada, di pietra grezza, di cristallo, di metallo, ecc.) in cui viene adorato Siva, simbolo del Divino nell’atto di manifestarsi (dall’informale alla forma).
“Sivaratri”, “notte di Siva”, è una festa in onore di Siva che si tiene nella quattordicesima notte di luna calante (luna nuova, novilunio) del mese di gennaio-febbraio (magha). Anche Mahasivaratri (“grande notte di Siva”).
“Sivasahasranama” indica i “mille nomi di Siva”.
“Sivasakti” è l’unione della polarità Siva-Sakti, inseparabili aspetti dell’unica stessa realtà. Il significato si equivale alla diade vedantica di Purusa (Siva) e Prakrti (Sakti).
“Sivapancaksaram” è il mantra, dalle cinque sillabe (Na-Mah-Si-Va-Ya), sacro a Siva: “namah sivaya”.
Si recita preceduto dalla Om: “Om namah sivaya”.
Cinque le sillabe perché cinque è il numero di Siva.
Siva è menzionato:
nella Kaivalya Upanisad (come “Signore che tutto governa”); nella Mundaka Upanisad (come “il Sé interiore di tutti gli esseri viventi”); nel Mahabharata (come “Grande Dio” – “Mahadeva”); nell’Hathayoga Pradipika come “il Protettore primo” – Adinatha; ecc.
“Là dove non vi è oscurità, - né notte, né giorno, - né Essere, né Non-essere, - là vi è il Propizio, solo, - assoluto ed eterno; - là vi è il glorioso splendore - di quella Luce dalla quale in principio - sgorgò antica saggezza”.
Svetasvatara Upanisad, IV, 18