“Se prendiamo un pezzo di argilla e ne facciamo un’anfora e quest’anfora un bel giorno prende coscienza di sé, dirà: Io sono un’anfora.
Se dissolviamo l’anfora, rimpastiamo l’argilla e ne facciamo una statua e questa un bel giorno prende coscienza di sé, dirà: Io sono una statua.
Se, ancora, dissolviamo la statua, rimpastiamo quella che ha dato origine all’anfora e alla statua e con essa modelliamo una bella piramide e questa prende coscienza di sé, dirà: Io sono una piramide.
Ma se l’anfora, la statua e la piramide – costruzioni temporali-spaziali qualificate secondo determinate forme – potessero prendere reale coscienza e consapevolezza del loro strato inconscio primordiale, esistenziale, direbbero: Sono l’argilla inqualificata e omogenea che prende forma ora come anfora, ora come statua, ora come piramide.
Di là da ogni “modificazione” formale-strutturale, di là da ogni io-forma-qualità vive eternamente il sostrato che è pura Esistenza (sat).
Sat è quell’essenza indivisa e sempre identica a se stessa che dà vita-apparenza a tutto ciò che esiste o, meglio ancora, a tutto il percepito. Non c’è “io empirico, a qualunque condizione possa appartenere, che non senta in sé in modo connaturato questa presenza eternamente pulsante. Cartesio afferma: “Di tutto posso dubitare, tranne del fatto che io penso, dunque devo esistere”.
Questa esistenza non ha bisogno di dimostrazioni né di argomentazioni filosofiche o scientifiche. La stessa esistenza dell’io-uomo (quale entità separata dal contesto della Vita) è appunto riflesso del sat, Vita che non nasce e non muore. Sat è Brahman, il Sostrato del tutto in quanto reale Esistenza, senza cambiamento né alterazione; Vita Assoluta, puro Essere da cui proviene il moto-cangiamento-causalità.”
da Drigdrisyaviveka - discriminazione tra Sé e non-Sé
a cura di Raphael
Pagg. 9-10
Edizioni Aram Vidya, Edizione 1983