Non puoi risvegliarti alla Metafisica Assoluta se continui ad adoperarti per lo sguardo che vede i fenomeni, per lo sguardo che si aspetta i miracoli (nel divenire) e ricerca, in ogni dove, il prodigioso. Neanche se ti ostini a cercare “percezioni sottili”, vere o fatue, puoi risvegliarti alla Metafisica Assoluta (ricorda che queste fanno parte del divenire, si manifestano nella prakrti, nei tre livelli della Manifestazione universale – causale, sottile e grossolana – , quindi nella maya). Cercare in ciò che non è reale resta una vuota esperienza, mentre ciò che è reale, che è oltre il Quarto Stato, turiya (il fondamento metafisico, di là dai tre stati dell’Essere-Isvara), la realtà Trascendentale, la Metafisica Assoluta, Immobile perché completa di Tutto, che non abbisogna di nulla, offre infinite possibilità di Realizzazione. Ci si riferisce, ovviamente, ad eventuali “percezioni sottili”, tue o di sedicenti medium (o di speciali sensitivi che dir si voglia) cui si tende a prestare credito ad occhi chiusi, senza discriminazione-discernimento alcuna. Spesso molti sadhaka, privi di vera conoscenza e di esperienza, pretendono di potersi muovere o dissertare in ambiti a rischio inganni, incappando nelle brame di pasticcioni o di imbroglioni delle cose sottili-occulte. Inseguire le “percezioni sottili” di un medium, non verificabili dagli astanti, è rischioso: potrebbero essere plagianti menzogne a fini di lucro o di “potere”, da voler esercitare sugli ingenui o sulle persone in buona fede; potrebbero essere “percezioni” indefinibili per i più (soggetti a confusione o a errate interpretazioni), di varia natura e forma, ma sempre nel divenire, nella mutabile maya. Le “percezioni sottili” sono possibili tramite gli strumenti della percezione interiore, cioè tramite la mente (chiamata “organo interno”, antahkarana), ma se questa non è purificata, illuminata e dotata della capacità di saper distinguere il reale dal non reale, ci si imbatte facilmente in errore, si prendono lucciole per lanterne. La mente risiede nel corpo sottile (lingasarira) dove risiede anche il prana, l’energia-forza-sottile onnicircolante nella triplice Manifestazione (prakrti): è qui che si possono avere vari tipi di percezioni, quelle mediate dai sensi (pratyaksa, soggette ad errori di interpretazione, perché dirette verso gli oggetti sensibili), quelle di deduzione logica (anumana), quelle di comparazione (upamana), quelle fondate dalle ipotesi (arthapatti), quelle non mediate dai sensi (aparoksa) perché dirette, di apprendimento intuitivo, grazie al risveglio della buddhi e le non-percezioni (anupalabdhi) che riguardano la maggior parte degli individui che non hanno risvegliato il senso di esistere. Le “percezioni sottili”, ad una certa maturità della sadhana correttamente praticata, costituiscono la “verifica” alla cui luce (fioca o luminosa) esercitare una profonda riflessione (manama), sulla Dottrina (l’Insegnamento ricevuto e qualche errore collezionato).
Colui (pramatr) che giunge alla retta conoscenza (prama) e se ne avvale lo fa solo in funzione dell’uscita dal gioco della conoscenza duale (nel divenire) per realizzare l’Uno-senza-secondo.
Solo colui che ha praticato correttamente il samyama è in grado di svelare l’essenza delle cose (comprese ogni tipo di “percezione sottile”) e quindi della Realtà ultima, e un tale ente non potrebbe di certo fare il medium che si fa riverire o foraggiare impropriamente. Al di fuori di tale posizione coscienziale può esistere solo il ciarlatano dell’Assoluto o un risvegliato in evoluzione dalle necessarie rettifiche di percorso, lungo lo sviluppo delle facoltà latenti, in quanto le sue “percezioni sottili” non possono ancora essere perfette, ma perfettibili. La corretta individuazione e definizione delle “percezioni sottili”, necessita per forza di un graduale percorso di penetrazione coscienziale che conduce al di là di tempo-spazio-causa.
Ci si può imbattere in “percezioni” di apparenti entità che invece sono semplici registrazioni dell’akasa (scene vitali del passato che bisogna saper riconoscere per la mancanza di interazione con il percipiente); oppure “percezioni” che riguardano semplici pensieri-forma o egregore (immagine-forma-energia di un Maestro, di un Avatara, di una divinità archetipica universale, di un santo di qualunque tradizione, ecc., circolanti nell’aura di uno o più astanti, oppure nella pellicola akasica di un ambiente dedicato al sacro); o ancora “percezioni” provocate dall’impatto emotivo-energetico, dell’aspettativa, di un contatto sottile, in un raduno di astanti, che mette in moto, nella mente di ciascuno, immagini evocatorie legate alla forma-entità adorata, consciamente o inconsciamente.
Se cerchi, quindi, ancora una “voce” che ti conforti, un “indice” che ti indichi la via, un “fenomeno” per infiammare la tua devozione incerta o instabile, la tua coscienza è ancora nel mondo della necessità, cioè dell’errore e dell’inganno, ovvero nell’esistenza relativa e non nell’Esistenza assoluta.
Quando cerchi ciò che non esiste, mantieni la tua coscienza nell’inganno che ti fa “vedere”, “sentire”, avere la sensazione di stare sperimentando ciò che invece non può esistere.
La maya (ignoranza metafisica, avidya) non può essere compresa subendola: solo la risvegliante Metafisica Assoluta (vidya) può rivelarti la Realtà e quindi il modo per essere “libero” (“svatantrata”), per ottenere la “liberazione” (“moksa”).
Cercare un miracolo, o scambiare per miracolo le sensazioni percepite di una semplice suggestione indotta, rivela che vivi ancora nell’ingannevole dualità, significa che vivi il Dio separato da te stesso: invece c’è solo Brahman l’Assoluto, non duale, e tu ti limiti ancora a cercare un Dio persona che possa guidarti, così da sottrarti, senza alcuna responsabilità, verso le scelte che potresti fare, anche quelle sbagliate, ma che ti farebbero crescere e risvegliare davvero.
L’Assoluto Brahman è Pura Esistenza che esiste senza una causa.
Rosario Castello
il Capitolo: Un monito al ricercatore sincero
tratto dal Libro Vigrahadharma: Sai Baba l’Avatara
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