“Acintaiva param dhyanam”
“La più alta forma di meditazione è essere senza pensieri”
Sankaracarya
“Acintaiva param dhyanam”
“La più alta forma di meditazione è essere senza pensieri”
Sankaracarya
“Se prendiamo un pezzo di argilla e ne facciamo un’anfora e quest’anfora un bel giorno prende coscienza di sé, dirà: Io sono un’anfora.
Se dissolviamo l’anfora, rimpastiamo l’argilla e ne facciamo una statua e questa un bel giorno prende coscienza di sé, dirà: Io sono una statua.
Se, ancora, dissolviamo la statua, rimpastiamo quella che ha dato origine all’anfora e alla statua e con essa modelliamo una bella piramide e questa prende coscienza di sé, dirà: Io sono una piramide.
Ma se l’anfora, la statua e la piramide – costruzioni temporali-spaziali qualificate secondo determinate forme – potessero prendere reale coscienza e consapevolezza del loro strato inconscio primordiale, esistenziale, direbbero: Sono l’argilla inqualificata e omogenea che prende forma ora come anfora, ora come statua, ora come piramide.
Di là da ogni “modificazione” formale-strutturale, di là da ogni io-forma-qualità vive eternamente il sostrato che è pura Esistenza (sat).
Sat è quell’essenza indivisa e sempre identica a se stessa che dà vita-apparenza a tutto ciò che esiste o, meglio ancora, a tutto il percepito. Non c’è “io empirico, a qualunque condizione possa appartenere, che non senta in sé in modo connaturato questa presenza eternamente pulsante. Cartesio afferma: “Di tutto posso dubitare, tranne del fatto che io penso, dunque devo esistere”.
Questa esistenza non ha bisogno di dimostrazioni né di argomentazioni filosofiche o scientifiche. La stessa esistenza dell’io-uomo (quale entità separata dal contesto della Vita) è appunto riflesso del sat, Vita che non nasce e non muore. Sat è Brahman, il Sostrato del tutto in quanto reale Esistenza, senza cambiamento né alterazione; Vita Assoluta, puro Essere da cui proviene il moto-cangiamento-causalità.”
da Drigdrisyaviveka - discriminazione tra Sé e non-Sé
a cura di Raphael
Pagg. 9-10
Edizioni Aram Vidya, Edizione 1983
Il sadhaka è il riflesso di coscienza che si identifica con le proiezioni mentali, alla stregua dell’uomo profano, ma a differenza di lui cerca di sperimentare, mediante l’assenza di desiderio consapevole, la Verità acquisita come Insegnamento, ma pienamente cosciente che va assolutamente realizzata. Solo così il suo cuore mortale potrà diventare immortale ottenendo il Brahman.
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